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Dieci anni bui per le famiglie italiane

I giovani sono penalizzati dalla crisi. E anche quando hanno un lavoro, guadagnano meno dei giovani di dieci anni fa, mentre per gli anziani è vero il contrario. Se però si seguono nel tempo gli stessi gruppi di famiglie, si vede che la riduzione del reddito è stata un fenomeno più generalizzato.

I GIOVANI E LA CRISI

È ormai assodato che gli effetti della crisi iniziata nel 2008 sono stati molto severi per le fasce di età più giovani, che più delle altre hanno perduto il lavoro o non riescono a trovarne uno, o ricevono salari d’ingresso molto inferiori a quelli dei loro genitori. La figura 1 sembra confermare questo giudizio. È calcolata sui dati dell’indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane e presenta, per classe di età della persona di riferimento, i redditi medi delle famiglie italiane nel 2002 e nel 2012. Si nota subito che il reddito medio delle fasce di età più basse è diminuito, mentre quello dei nuclei anziani è aumentato.
Tra le due indagini, però, sono trascorsi dieci anni, quindi chi nella prima rilevazione aveva tra 20 e 29 anni ha, nel 2012, un’età compresa tra 30 e 39 anni: per sapere come è cambiato il suo reddito nel tempo, è più corretto confrontare il suo reddito del 2012 con quello che avevano i trentenni nel 2002 o con quello che egli stesso aveva dieci anni fa? Nel nostro caso, forse è più utile seguire nel tempo i valori medi degli stessi gruppi di famiglie, definite in base all’età della persona di riferimento.

Figura 1 – Reddito medio delle famiglie per età della persona di riferimento (a prezzi costanti 2012)

Schermata 2014-04-10 alle 15.02.42

COSA CAMBIA IN DIECI ANNI

La figura 2, che contiene gli stessi dati della precedente, fa proprio questo, attraverso piccole frecce che seguono nel tempo i redditi degli stessi gruppi di famiglie. La freccia più a sinistra, ad esempio, ci dice che il reddito medio delle famiglie con persona di riferimento ventenne nel 2002 è, dieci anni dopo (cioè quando il capofamiglia è trentenne), aumentato. Il reddito degli altri gruppi “giovani” diminuisce, ma ora si nota che anche per gli anziani il reddito diminuisce nel tempo. Certo i settantenni di oggi hanno un reddito più alto dei settantenni di dieci anni fa, ma chi oggi ha 70 anni ne aveva 60 nel 2002, e tra il 2002 e il 2012 il reddito delle famiglie dei sessantenni è diminuito, non aumentato come può apparire dalla figura 1. La figura 2 dice, insomma, che negli ultimi dieci anni il reddito è diminuito per quasi tutte le famiglie italiane, e questo ci aiuta a riconciliare i dati con la percezione di molti anziani, che non si sono accorti di un incremento, nel periodo, del proprio tenore di vita.

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Figura 2 – Reddito medio delle famiglie per età della persona di riferimento (a prezzi costanti 2012)

Schermata 2014-04-10 alle 15.07.40

La dinamica del reddito dipende anche da fattori legati al ciclo di vita: il reddito dei giovani spesso aumenta per la progressione di carriera, mentre quello delle famiglie anziane diminuisce, anche perché il numero dei famigliari si riduce. Ma il grafico non cambia molto se al posto del reddito totale famigliare consideriamo il reddito equivalente, che tiene conto del numero dei componenti, e usiamo come unità di osservazione il singolo individuo, e non la famiglia (figura 3). (1) In questo caso si nota che gli anni Duemila hanno penalizzato soprattutto i ventenni e i trentenni.
È utile leggere questi grafici in entrambi i modi: confrontando a parità di età le due cross-section osserviamo che in effetti i giovani di oggi guadagnano meno dei giovani di ieri, mentre per gli anziani è vero il contrario. Ma seguendo nel tempo gli stessi gruppi di famiglie, si osserva che la riduzione nel reddito è stata, nel corso degli ultimi dieci anni per i quali si hanno dati, un fenomeno più generalizzato.

Figura 3 – Reddito medio equivalente per età della persona (a prezzi costanti 2012)

Schermata 2014-04-10 alle 15.08.09

(1)
Attribuiamo cioè a ogni individuo del campione il reddito pro-capite della famiglia di appartenenza.

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Il Punto

  1. Elisabetta

    Molto chiara la duplice lettura del fenomeno. La condivido in pieno. Apprezzo anche la immediatezzza e la chiarezza con cui è stato trattato un argomento il più delle volte inutilmente complessificato dagli addetti ai lavori.

  2. maria maione

    Non si può non condividere quanto chiaramente esposto nell’articolo. Lo stesso ceto medio-alto è stato colpito dalla crisi direttamente ed indirettamente per le condizioni in cui sono venuti a trovarsi i giovani e non tanto più giovani che operavano in determinati settori qualificati, con lauree e master. Posti persi per cui, non avendo appoggi politici od altro, hanno dovuto adattarsi a lavori o precari, a tempo determinato, perdendo ogni diritto acquisito. Ad esempio un quarantenne con lavoro da ricercatore con contratti a progetto, lasciato a casa per mancanza di fondi o per altri motivi che ci riportano a considerare un grave problema come quello di corruzione, se riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro sono costretti ad accettare lavori anche più precari come borsisti per mesi o massimo un anno. L’unica fortuna: se hanno alle spalle una famiglia che si sostituisce ad un datore di lavoro; ma quelli che non godono di tale possibilità cosa fanno o chi garantisce loro una vita che sia almeno un po’ dignitosa. La crisi non di certo si ripercuote su coloro che sono riusciti ad inserirsi a vita nel mondo del lavoro perché, non sempre meritevoli, sono i baciati dalla “fortuna”.

  3. Enrico

    Ottimo articolo, chiaro e lineare. Condivido l’analisi. Tra l’altro si evidenzia pienamente dove si sono incentrate le politiche sul reddito degli ultimi 10 anni: le pensioni (complici i sindacati e scelte elettorali basate sui numeri di un Paese che invecchia).

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