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I cittadini d’Europa? Più aperti dei loro governanti

La maggioranza dei cittadini europei chiede politiche economiche veramente europee per affrontare gli effetti della crisi, il problema che più li preoccupa. L’Unione dovrebbe impegnarsi anche in campi finora monopolio dei governi nazionali, come le politiche del lavoro. L’indagine Eurobarometer.

UN’INDAGINE SULL’EUROPA

Definite le liste dei candidati alle prossime elezioni europee, i partiti stanno lavorando ai programmi. A tal fine può valer la pena guardare con attenzione ai bisogni, alle opinioni e alle aspettative dei cittadini europei così come emergono dall’ultima indagine demoscopica svolta alla fine dello scorso anno dalla Commissione europea nei ventotto Stati dell’Unione (Eurobarometer n. 80).
Le interviste svolte su oltre 28mila soggetti mostrano chiaramente l’ordine di priorità dei problemi che l’Unione Europea dovrebbe affrontare: in primo luogo, ai cittadini europei sta a cuore la cattiva situazione economica, seguita dalla disoccupazione e dallo stato della finanza pubblica dei suoi membri. Molto meno sentiti sono i problemi dell’immigrazione, dell’inflazione, della criminalità, o altro (vedi tabella 1). La stabilità del settore finanziario, a cui l’Unione nella scorsa legislatura ha dedicato la maggior parte delle energie (vedi Unione bancaria, Basilea 3), non trova invece menzione nella classifica.
Se poi fermiamo la nostra attenzione sull’opinione dei singoli paesi, troviamo poche differenze fra i ventotto membri. Con alcune eccezioni interessanti: la Germania, dove l’ordine delle priorità risulta invertito, nel senso che la situazione delle finanze pubbliche degli Stati membri occupa il primo posto nelle preoccupazioni dei tedeschi; l’Inghilterra, in cui il problema dell’immigrazione è relativamente più sentito; mentre in Italia la tassazione è vista con particolare inquietudine, atteggiamento comprensibile se si pensa alle infinite manovre fiscali che si sono succedute in questi anni.

Tabella 1 – Quale è a tuo avviso il tema più importante che l’Ue deve affrontare in questo momento?
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La stessa indagine mostra come i cittadini europei ritengano che l’Ue, al pari degli Stati sovrani, sia l’organismo meglio attrezzato per affrontare gli effetti della crisi economico-finanziaria (vedi grafico 1). Il convincimento è ulteriormente rafforzato da una serie di domande in cui una larga maggioranza degli intervistati si dicono convinti che gli Stati membri dovrebbero lavorare assieme per affrontare i problemi economici e finanziari (90 per cento), che la crisi ha ulteriormente aumentato la necessità di cooperare (83 per cento) e che un maggior coordinamento delle politiche economiche le renderebbe più efficaci (76 per cento).
Benché la maggioranza dei cittadini europei, come peraltro molti economisti, sia convinta che sia più facile uscire dalla crisi con politiche comunitarie, il dibattito politico sembra muoversi in direzione opposta. Oggi in Italia, come in molti altri paesi europei, le proposte dei principali partiti sono polarizzate su due linee guida, apparentemente molto diverse: 1) la necessità di allentare i vincoli alle politiche di bilancio imposte dai trattati europei (come il fiscal compact) per permettere ai singoli paesi di stimolare la domanda interna; 2) l’opportunità di uscire dall’euro per dare maggiore competitività al sistema produttivo. Entrambe queste piattaforme politiche, pur nella loro diversità, hanno un comune denominatore: assegnare maggior autonomia alle politiche economiche delle singole nazioni. Gli stessi rigoristi nordici pensano che bastino seri programmi di riforme interne svolti da ciascun membro per promuovere la crescita economica.
Al di là dei pro e dei contro delle singole posizioni, peraltro abbondantemente discusse, oggi nessuno schieramento propone politiche economiche veramente europee, come richiede la maggioranza della popolazione europea e forse il buon senso. (1)

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Grafico 1 – Quale istituzione è meglio in grado di affrontare la crisi economico finanziaria?
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OLTRE LA SFERA ECONOMICA

Una larga maggioranza degli europei non limita l’importanza dell’Europa alla sfera macroeconomica, ma la ritiene cruciale in molti altri campi che, contro qualsiasi logica, gli Stati membri hanno sinora bloccato. Tra questi ci piace riconoscere la sicurezza e la difesa, dove il 73 per cento degli intervistati ritiene più efficace iniziative comuni; la politica estera (63 per cento); la risposta alle minacce e alle sfide globali (55 per cento); la tutela dei cittadini (54 per cento); la facilità di fare business nei paesi dell’Unione (62 per cento). Unica eccezione rilevante è quella di creare le condizioni per trovare posti di lavoro (40 per cento). Su questo tema tuttavia sinora poco o nulla è stato fatto dalle istituzione europee.
È infine interessante ricordare che cittadini europei ritengono che i migliori successi dell’Ue siano stati quelli di assicurare la libertà di movimento delle persone e dei beni, la pace tra gli Stati membri, l’euro e i programmi di scambio degli studenti. La politica economica svolta dall’Unione conquista, invece, una modesta quinta posizione, appena sopra la corporativa politica agricola europea e la scarsa influenza diplomatica dell’Ue (vedi grafico 2).

Grafico 2 – Quali sono risultati migliori conseguiti dall’Unione Europea?
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I riconoscimenti nei confronti dell’Europa solo apparentemente si scontrano con la fortissima perdita di fiducia osservata negli ultimi anni verso le sue istituzioni e in particolare nei confronti del Parlamento europeo, della Commissione, del Consiglio e soprattutto della Banca centrale europea, come abbiamo documentato in un precedente articolo. Certamente il mal funzionamento delle istituzioni ha aumentato le frustrazioni dei cittadini europei e dato spazio ai movimenti antieuropeisti, ma questo dovrebbe spingere le forze politiche più responsabili a riformarle per renderle più efficaci.
Anche l’euro ha visto, negli ultimi anni, sotto i colpi della crisi, cadere drasticamente la sua popolarità (vedi grafico 3). È tuttavia interessante osservare come ancora oggi il 63 per cento della popolazione dell’area euro veda con favore la moneta unica, contro il solo 34 per cento dei cittadini dei paesi fuori dall’area. In altre parole, chi ha scelto di optare per una moneta comune la ritiene a larga maggioranza ancora la scelta migliore. Fra i paesi più favorevoli rimangono il Lussemburgo (79 per cento), il Belgio (74 per cento ) e la Germania (71 per cento), mentre in Italia il 53 per cento del campione si dichiara a favore della moneta unica. Particolarmente rilevante appare il dato tedesco dove, forse, l’opinione dovrebbe essere disposta a fare qualche sacrificio in più per difendere la moneta europea, dati i benefici che i suoi cittadini dichiarano di trarne.

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Grafico 3 – Sei favorevole o contrario all’Unione monetaria europea e all’euro?
(Campione Ue-28)
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In conclusione, diversamente dal passato, quando il progetto di unificazione europeo venne guidato dalle élite politiche, oggi i cittadini europei sembrano molto più aperti dei loro governanti. Infatti, un programma ambizioso per l’Europa dovrebbe, da un lato, riconoscere come irrinunciabile la necessità di riformare le istituzioni comunitarie rendendole più democratiche, comprensibili e vicine ai cittadini. Dall’altro lato, l’Unione dovrebbe impegnarsi anche in campi finora affrontati con troppa timidezza: in primo luogo la mobilità del lavoro (perché non pensare alla creazione di un’agenzia europea che faciliti il collocamento intraeuropeo o alla portabilità delle pensioni da anni in discussione?), la formazione dei giovani (lo studio delle lingue straniere è unanimemente riconosciuto un fattore di sviluppo individuale e collettivo, mentre in paesi come l’Italia è ancora vietato offrire corsi universitari solo in inglese), la tutela dei consumatori (molte leggi quali quella del “made in” approvate la Parlamento europeo vengono poi bloccate dalla Commissione), ma anche la politica estera, la sicurezza, la difesa, e così via.
Chissà se un giorno le ambizioni di Matteo Renzi si spingeranno fino al punto di prendere quale riferimento le idee di Altiero Spinelli e Jacque Delors, invece di limitarsi a chiedere l’allargamento dei parametri di finanza pubblica.

 

(1) Per inciso, è interessante osservare come la stragrande maggioranza dei cittadini europei si dichiari favorevole a misure che affrontino rapidamente il problema del deficit e i debiti pubblici nel proprio paese (77 per cento). La percentuale sale ulteriormente nel caso dell’Italia (80 per cento).

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  1. monica montella

    Perché non pensare alla creazione di un’agenzia europea che faciliti il collocamento intraeuropeo o alla portabilità delle pensioni da anni in discussione? Mi piace l’idea perché non la proponiamo subito?

  2. marco

    Negli anni ’60 da giovane informatico frequentavo il centro di calcolo dell’Euratom di Ispra e condividevo il grande entusiasmo e la fiducia nel futuro della cooperazione europea. Quarant’anni dopo mi sorprendo sempre più critico verso questa Europa forzata ad una unica moneta e a mille regole burocratiche vessatorie su tutto e tutti, con il risultato di essere sempre meno sopportabile dai cittadini. Siamo andati troppo avanti nelle imposizioni sul modo di vivere, di produrre beni, di mangiare quello che vogliamo, di regolare nei dettagli tutti gli aspetti della nostra vita. Le regole imposte dall’Europa stanno distruggendo la ricchezza delle nostre differenze, a vantaggio di che cosa? Si corre il rischio di un rigetto complessivo dell’Europa, perché non fare un passo indietro e tornare ad un livello di integrazione più accettabile e gradito da parte dei cittadini? Sarebbe più augurabile integrare invece di più ad esempio le forze armate ottenendo il risultato di una maggiore efficienza e minori spese per tutti i paesi, oppure, altro esempio, perché non insegnare la stessa storia nei licei europei per migliorare la conoscenza del passato ed educare meglio alla reciproca comprensione?

    • Maurizio Cocucci

      Non comprendo cosa intende con “imposte dall’Europa”. In primo luogo all’Europa apparteniamo anche noi e in secondo luogo tutti i vincoli ai quali probabilmente allude non provengono dall’Europa, ma da trattati discussi e sottoscritti dai vari capi di Stato o di governo. C’è una differenza notevole in questo. Al Parlamento Europeo vi sono 73 rappresentanti dell’Italia su un totale di 766, non burocrati provenienti dall’altra parte del mondo. Impariamo prima come è costituita l’Europa che critichiamo, quali sono le sue istituzioni, leggiamo quali sono i compiti e i poteri di ciascuna di esse altrimenti parliamo a vanvera.

  3. Massimo Matteoli

    I cittadini comuni dimostrano maggiore saggezza dei grandi soloni dei governi e delle istituzioni finanziarie.

    Eppure basta un pò di comune buon senso per capire che dalla crisi l’Europa può uscire solo unita, più solidale e più federale, e che i costi di una crisi dell’Unione o della Moneta Unica sarebbero enormi.

    E quasi sicuramente quelli economici non sarebbero nemmeno i più gravi.

    Alla vigilia di elezioni che sembrano dominate (almeno nell’immagine) da populisti della peggior specie, se non da veri e propri sciacalli della politica, questo articolo getta almeno una luce di speranza.

    Spero che ciascuno di noi con un voto consapevole il prossimo 25 Maggio la rafforzi.

  4. Una vera politica europea e’ anche una politica monetaria fatta nell’interesse dell’Europa, ora fino ad oggi la politica monetaria e’ stata fatta nell’interesse della Germania.
    Un’allentamento dei parametri, ora che la politica della spesa facile e’ stata imbrigliata con il fiscal compact, sarebbe il più grave errore. Si tornerebbe alla politica della spesa senza controllo e all’anno sulla, solo itala a, dove la casta politica e’ la più pagata del mondo.
    Al contrario per gli investimenti in infrastrutture, i singoli stati dovrebbero accedere agli eurobond, si potrebbe timidamente iniziare un percorso comune sul debito per rilanciare infrastrutture e quindi Pil e quindi lottare alla disoccupazione.
    Naturale che alla politica monetaria espansiva da attuare subito da parte della Bce, deve seguire un’integrazione fiscale, in difetto non penso che l’euro possa essere ancora accettata dai cittadini, vi sarà l’inevitabile rottura dell’area valutaria.
    L’intervento di politica monetaria non deve essere solo verbale come fino ad oggi fatto da Draghi, deve essere effettivo, penso che 1000 miliardi promessi non sono sufficienti, deve essere almeno triplicato, è realizzato in un arco di dieci anni, senza sterilizzazione degli effetti, si dovrà accettare l’inflazione anche superiore al 2% ( rientra nel mandato della Bce lo stesso, il tasso importante e’ quello tendenziale, quindi se vi è un piccolo sforamento si dovrà continuare con la politica monetaria espansiva).
    Mentre la Bce effettua tale politica di intervento agli stati dovranno cominciare a procedere ad una integrazione fiscale che attualmente è’ pari solo all’1% del Pil! si dovrà arrivare almeno al. 10% del Pil e il parlamento europeo dovrà avere più poteri per le scelte europee.

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