Ma è davvero così?
LA SELEZIONE DELLA CLASSE POLITICA
Appare sempre più evidente che il paese soffre di un gravissimo problema di bassa qualità della classe politica, sia in termini di competenze che di semplice onestà nei comportamenti. Ma che di tutto questo sia responsabile il titolo V sembra difficile da sostenere. Le cronache dell’ultimo anno mostrano come il malaffare sia diffuso a ogni livello di governo e a ogni latitudine; e c’entrano poco anche le regole elettorali, nonostante il gran parlare che se ne fa in questi giorni: i quattro livelli di governo che caratterizzano l’Italia e le sue venti Regioni hanno sistemi elettorali diversi fra loro. Ma tutti hanno problemi simili di selezione della classe politica.
Come se ne esce non è ovvio; ma è evidente che piuttosto che la revisione del Titolo V, una strategia più efficace è quella di tagliare retribuzioni, rimborsi e discrezionalità nell’uso delle risorse per la politica, a tutti i livelli, e introdurre leggi più severe sulla corruzione. Il Titolo V non impedisce interventi di questo tipo, tant’è vero che nessuno ha palesato eccezioni di incostituzionalità rispetto ai recenti provvedimenti di riforma del governo. Se questi provvedimenti non sono stati adottati prima, dunque, è esclusivamente per mancanza di volontà politica.
LE SPESE LOCALI
Un altro argomento della vulgata mediatica è che la devoluzione di responsabilità e competenze alle autonomie introdotte dal Titolo V abbia generato un’esplosione incontrollata delle spese regionali e locali. La tabella 1 non supporta questa affermazione: la crescita della spesa primaria delle autonomie nel decennio è stata solo di poco superiore di quella registrata dal centro, anche al netto della previdenza e del servizio del debito.
Naturalmente, ciò non significa che la spesa sanitaria sia quella “giusta” o anche che possiamo permettercela. È del tutto legittimo sostenere che l’evoluzione della spesa pubblica italiana (locale, regionale e di previdenza) sia stata negli anni Duemila comunque eccessiva rispetto alla dinamica del prodotto. Solo non c’è traccia dell’esplosione della spesa indotta dal Titolo V di cui tanto si parla. Inoltre, in alcune Regioni la qualità della spesa sanitaria (e locale) è di buon livello (come insiste sempre l’Oms), pur nella pluralità dei modelli adottati: non è affatto ovvio che lo Stato centrale avrebbe saputo fare altrettanto bene o meglio.
Tuttavia, seppur utile, la proposta di riforma non è probabilmente sufficiente e non affronta il vero problema creato dal Titolo V: la moltiplicazione dei legislatori negli stessi ambiti pubblici, che ha introdotto incertezze, complicato la vita a cittadini e imprese, e dilatato i tempi e i costi delle decisioni. Questo problema si risolve definendo meglio chi decide e su che cosa, non imponendo semplicemente una gerarchia tra le leggi. Su questo occorrerà intervenire.
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