Il sacrosanto sdegno per gli scandali emersi in alcune Regioni rischia di generare un’ondata di antifederalismo. È utile allora ricordare il buon fondamento e le solide prospettive del federalismo. In realtà, occorre accentuare quel concetto di responsabilità nell’autonomia, che ne è l’essenza. I cittadini devono godere visibilmente del buon governo locale e devono pagare loro stessi, attraverso maggiori imposte e minori servizi locali, per le malefatte o l’incompetenza di coloro che hanno eletto.

Attenzione a non buttar via il bambino con l’acqua sporca. Le gesta dei governanti laziali stanno generando una forte ondata antifederalista: meglio ridurre o addirittura eliminare il ruolo delle Regioni, visto che già producono abbastanza guai le istituzioni centrali. Così l’antifederalismo rischia di diventare il punto di immediato coagulo dell’antipolitica. Occorre tuttavia vincere l’emotività e dare un po’ di spessore temporale alle nostre riflessioni.

LE RAGIONI DEL FEDERALISMO

Ricordiamoci allora che il federalismo nasce in Italia negli anni Novanta, dopo avere accettato per mezzo secolo un centralismo dimostratosi alla fine fallimentare. Nasce dall’insoluta crisi del Sud, la cui soluzione giustificava tale centralismo. Nasce dalla drammatica presa di coscienza di una gestione macroeconomica dissennata: solo con la feroce stretta del governo Amato nel 1992 il paese si rende conto dell’enorme debito scaricato sulle future generazioni, di cui portiamo ancor il peso. Nasce dalla scoperta, con Tangentopoli, che la corruzione aveva corroso in profondità tutte le istituzioni pubbliche e con Bettino Craxi era addirittura diventata arrogante. Il federalismo italiano – con la sua speranza in un rapporto tra elettori ed eletti più stretto e controllabile e perciò più sano ed efficace – è dunque nato tardi, ma con buone fondamenta.
E anche il futuro parla a favore del federalismo. Ovviamente, il futuro di un’Italia ancorata a  un’Europa di nuovo in marcia verso l’unificazione politica; non certo il futuro che toccherebbe a un’Italia uscita dall’euro, costretta a riaffidarsi a un governo centrale con pieni poteri nel gestire le svalutazioni competitive della lira come unico strumento di sopravvivenza. Negli Stati Uniti d’Europa saranno svuotati i poteri dello Stato nazionale, non quelli delle Regioni e dei comuni.

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LE RESPONSABILITÀ DEGLI ELETTORI

Ma anche sul piano etico il federalismo in Italia è ben giustificato, a dispetto degli scandali che sembrano dimostrare il contrario. Perché è l’unica speranza rimasta di acquisire quella maturità politica che sta alla base della democrazia e che coniuga la gelosa difesa dei diritti individuali con il senso di appartenenza e diresponsabilità collettiva. Guai alla rassegnazione di chi, in buona fede o per pigrizia politica, considera gli italiani incapaci di passare da sudditi a cittadini (magari con la giustificazione, intrisa di snobismo intellettuale, che siamo geneticamente proni al principio cattolico di autorità perché non abbiamo avuto la riforma protestante; come se nulla contassero il Risorgimento e la Resistenza). E tuttavia prende lo scoramento quando si assiste alla solita indignazione liberatoria verso i politici, senza che mai nessuno si interroghi sulle proprie responsabilità di elettore: perché non c’è concentrazione di potere mediatico che possa assolverci dalla colpa di averedemocraticamente eletto quei politici inetti e immorali che ora condanniamo. Da questo punto di vista, il decentramento non è una ricetta sicura, esposto com’è al rischio di un intreccio ancora più pervasivo tra gruppi di pressione e poteri pubblici. Ma altre ricette non si vedono, perché, come già insegnava Tocqueville, è solo dal basso che il senso di responsabilità può essere creato e sviluppato. Ecco il punto: il federalismo italiano, per come è stato sin qui configurato nelle leggi attuative, rischia di abortire per difetto, non per eccesso, di quel binomio – autonomia e responsabilità – che ne rappresenta l’essenza. I cittadini devono godere visibilmente del buon governo locale e devono pagare loro stessi, attraverso maggiori imposte e minori servizi locali, per le malefatte o l’incompetenza di coloro che hanno eletto. Questo è il futuro, non il ritorno al centralismo.

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