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Come si recluta un buon insegnante

A due anni dall’ultimo concorso, si ritorna a parlare di reclutamento nella scuola. La proposta del ministro Giannini proroga una graduatoria che doveva avere validità limitata, rimettendo in discussione i punti fermi raggiunti.

LA SCUOLA, IL RECLUTAMENTO E IL DOPPIO CANALE

A due anni dal concorso bandito dall’allora ministro Profumo, si ritorna a parlare di reclutamento, il problema dei problemi della scuola italiana. Anche se la riforma Fornero ha allontanato il rischio di un esodo quasi apocalittico di insegnanti per raggiunti limiti di età  tra il 2010 e il 2020 (così come prevedeva il Quaderno bianco), il turnover annuale previsto per i prossimi anni è comunque significativo e richiede una programmazione di assunzioni adeguata.
Il ministro Giannini ha perciò presentato un piano di reclutamento che, sulla scia di quanto già indicato dal precedente ministro Carrozza, prevede l’inserimento graduale di circa 63mila insegnanti nel corso dei prossimi tre anni scolastici (29mila nel 2014-15, 22mila nel 2015-16 e 12mila nel 2016-17). Il problema è stabilire un criterio per le nuove assunzioni.
I precedenti Governi avevano delineato una procedura di reclutamento basata su due obiettivi fondamentali. Il primo era quello di rispondere alle esigenze dei molti lavoratori precari presenti all’interno della scuola. Il secondo assunto era quello di definire chiaramente un percorso formativo e abilitante per i futuri partecipanti ai concorsi a cattedra banditi con frequenza biennale. Il decreto 356/2014 presentato il 25 maggio dal ministro sembra invece riaprire il dibattito e mettere in discussione anche questi assunti.
Come nel 2012, infatti, anche oggi si devono fare i conti con i precari storici inseriti nelle graduatorie a esaurimento che da anni permettono alla scuola italiana di funzionare. Non solo: si devono ricordare i diritti di quanti hanno investito tempo e denaro per frequentare le scuole (Ssis, Silsi) che negli anni passati hanno permesso a molti di ottenere un’abilitazione alla fine di un percorso faticoso. Si devono poi dare risposte ai tanti che, passando attraverso una selezione, si sono abilitati attraverso i tirocini formativi attivi (Tfa) nel 2012-13 in vista della partecipazione ai futuri concorsi. E come dimenticare le esigenze dei vari precari che, pur non in possesso di abilitazione, hanno frequentato i percorsi abilitanti speciali (Pas) per partecipare ai concorsi? Tante categorie, altrettante esigenze.
Nel 2012, per trovare una sanatoria parziale di queste situazioni passate, prima dei nuovi concorsi ne fu bandito uno solo per insegnanti già in possesso del titolo di abilitazione, comunque conseguito, o di titoli di studio legati al vecchio ordinamento universitario. La procedura introduceva la novità di fare concorsi validi per vincere le cattedre messe a bando per i tre anni indicati, senza concedere (ecco la novità) alcuna possibilità di avanzare pretese per ulteriori posti che si sarebbero liberati negli anni successivi.
Con l’obiettivo di sistemare molti che già da anni lavoravano nella scuola, il concorso aveva escluso la partecipazione dei giovani laureati che erano invece indirizzati a conseguire un titolo di abilitazione attraverso la frequenza di percorsi di formazione/abilitazione (Tfa e in un secondo tempo i Pas). Il regime di doppio canale per l’entrata era peraltro coerente con la normativa vigente in materia di assunzione: il testo unico 297/94 prevede che le assunzioni avvengano per metà attingendo dalle graduatorie a esaurimento e per l’altra metà dalle graduatorie di merito dei concorsi per titoli ed esami.
Insomma, il dibattito sviluppatosi due anni fa sembrava aver posto alcuni punti fermi: non ampliare il numero dei docenti presenti nelle graduatorie a esaurimento, impedendo ulteriori inserimenti, e costruire bandi di concorso tesi a non alimentare le aspettative di quanti non erano collocati abbastanza in alto in graduatoria da vincere una delle cattedre messe a bando.
Oggi a soli due anni di distanza, con il decreto 356 del 25 maggio 2014 il ministro Giannini proroga la validità delle graduatorie del concorso ordinario del 2012 e dichiara che gli idonei presenti nella graduatoria di merito di questo concorso hanno titolo, a decorrere dall’anno scolastico 2014-15, a essere destinatari di contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il rischio è che questa decisione rimetta in discussione i punti fermi fissati con fatica nel recente passato.

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IL RISCHIO DI NUOVI CONTENZIOSI

Il rischio è che il nuovo decreto apra un’altra stagione di contenziosi.
Il bando del concorso del 2012 per le sue finalità di stabilizzare una situazione difficile di precariato aveva privilegiato quanti già operavano da anni all’interno della scuola, rendendo praticamente impossibile la partecipazione al concorso dei più giovani che venivano “rimandati” a un futuro concorso che avrebbe dovuto essere bandito immediatamente dopo la conclusione dei primi cicli di Tfa iniziati nello stesso 2012.
Il prolungamento della durata della graduatoria di merito dei concorsi del 2012 e la sua trasformazione ingraduatoria di idonei (includendo cioè tutti quelli che hanno superato il concorso e non solo chi si è collocato nelle posizioni di testa utili per “conquistare” le poche cattedre messe a bando) allontana di altri due anni la possibilità per i giovani di ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato, condannando la scuola italiana a essere una scuola con un corpo docenti sempre più vecchio.
Oltre a ciò se si definisce il diritto di quanti sono in graduatoria di merito a ottenere un incarico a tempo indeterminato come sarà possibile, passati gli anni scolastici 2014-15 e 2015-16 (gli anni di validità della graduatoria secondo il ministro) escludere tutti gli altri? E non si tratta di bazzecole: a fronte di 12mila cattedre messe a bando si sono formate graduatorie di merito con circa 40mila docenti. Se diritto c’è, deve essere garantito a tutti e allora ecco riaprirsi un fronte di possibili contenziosi con pesanti conseguenze sulla certezza e sui tempi del reclutamento, oltre che sulla funzionalità delle stesse istituzioni scolastiche.

CHIAREZZA E RIGORE NELLE PROCEDURE AMMINISTRATIVE

Il ministro nel rispondere ad alcuni quesiti che le sono stati posti in Parlamento ha giustificato questa decisione riferendosi alla norma (citata in precedenza) che impone di accedere a due graduatorie differenti per le assunzioni e alla necessità di avere una graduatoria di concorso per esami e titoli cui attingere per l’anno scolastico 2015-2016, quando ancora non sarà in essere la graduatoria del concorso che dovrebbe svolgersi nel 2015.
Se tuttavia il problema è avere sempre a disposizione due graduatorie differenti per l’assunzione a tempo indeterminato nella scuola, allora devono essere banditi concorsi per coprire i posti che via via si liberano con scadenze regolari. Se invece una legislazione ancora in essere impedisce di innescare nuove procedure concorsuali fino a che esistono delle graduatorie di idonei di un concorso precedente, allora non è facile spiegare perché il concorso bandito nel 2012 dal ministro Profumo non tenesse in dovuta considerazione questa norma (Tu 297/94 art. 400).
Chi ha partecipato a questo percorso concorsuale era convinto di concorrere per ottenere le cattedre messe a bando e non per entrare in una graduatoria dalla durata pluriannuale. Chi ha scelto di non partecipare a un concorso che prevedeva certe regole che cosa deve pensare oggi che le regole sono cambiate in corso d’opera (a fine opera, veramente)?
I ricorsi che a valanga si abbattono sui più recenti concorsi gestiti dal ministero sembrano indicare che in questa fase sono necessarie regole il più possibili chiare e semplici, che lascino pochi margini a operazioni di aggiustamento di percorso.
Infine, il ritorno in primo piano della discussione sulle graduatorie ha purtroppo messo in ombra il tema principale connesso al reclutamento, cioè quali caratteristiche deve avere un docente per essere il buon insegnante della scuola del 2020.

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  1. piertoussaint

    Basterebbe il buono-scuola. E la libertà delle scuole di assumere i prof nei quali hanno fiducia. Le famiglie sanno benissimo quali sono le scuole migliori e quelle non valide, chi sono i prof migliori e quelli inadatti a svolgere la loro mansione. Che, essendo una vocazione speciale, non è da tutti. Fine. Lo stesso vale per i presidi. La libertà effettiva di educazione, a parità economica, stimola la concorrenza e accresce esponenzialmente la qualità del servizio educativo svolto. Tra l’altro, Fondazione Agnelli documentò a suo tempo che la scuola pubblica non statale costa un 30% in meno di quella statale. Ma lo Stato statalista, Renzi compreso, questo risparmio non lo vuol proprio fare, e il buono-scuola, di sua sponte, non lo darà mai. Perché così facendo perderebbe il suo potere sulle nuove generazioni. Quando le famiglie saranno pronte, si attiveranno in questo senso.

    • Mic

      La Scuola Pubblica Statale permette a ragazzi con disabilità di frequentare normali lezioni quotidiane (per quanto possibile, ovviamente), assumendo e pagando insegnanti di sostegno che, spesso, sono veri e propri missionari. Poi ci sono i fannulloni, per carità, ma con grandi numeri è facile imbarcare anche persone non all’altezza. Ma la fondamentale funzione sociale e di inclusione (anche per quanto riguarda gli stranieri, che a volte arrivano nelle ultime classi della scuola primaria senza conoscere una parola della nostra lingua) è garantita esclusivamente dalla Scuola Pubblica. Provi lei ad iscrivere un ragazzo con qualche problema fisico e/o cognitivo ad una scuola privata o a chiedere di inserire in qualche bella ed efficiente primaria confessionale un figlio straniero arrivato da un altro pianeta, che non capisce nulla della nostra lingua e della nostra cultura. Le diranno gentilmente (forse) che per questi casi c’è, appunto, la Scuola Pubblica. Sfido che i privati risparmino. E vogliono pure il sostegno dello Stato. Eh, così son capace anch’io di fare imprenditoria, perché di questo si tratta.

  2. Emanuele Ripamonti

    Vorrei fare alcune osservazioni e segnalare alcuni problemi che ho riscontrato leggendo questo articolo.
    1) Come accennato anche nell’articolo, il tentativo di limitare il numero di posti messi a concorso ad un numero predeterminato di “vincitori” era destinato a fallire dal punto di vista giuridico. Per il semplice motivo che è stato effettuato solo attraverso il Bando di concorso, e non attraverso la modifica del testo unico che regola i concorsi della scuola (e che prevedono che la graduatoria di un concorso abbia valore fino al concorso successivo; in vedi in particolare il comma 17 dell’art. 400 del DL n. 297 del 16/04/1994, come modificato dalla legge n. 124 del 03/05/1999). Da questo punto di vista, il DM 356 non fa che adeguarsi alla normativa vigente.
    2) Lo stesso tentativo si è rivelato disastroso dal punto di vista pratico per via di numerosissimi errori marchiani nella stima del numero di “vincitori” da bandire in ciascuna classe di concorso e in ciascuna regione. Il Miur aveva dichiarato di aver stimato il fabbisogno totale per i due anni scolastici 2013-14 e 2014-15 (era previsto un altro concorso nel 2014) per poi bandirne la metà (in accordo con il Testo Unico l’altra metà sarebbe andata ai “precari storici” inseriti nelle “graduatorie ad esaurimento” – GaE). In pratica le stime del Miur si sono spesso rivelate lontane dalla realtà: in alcuni casi il numero di vincitori è eccessivo (ad esempio, in Abruzzo erano stati banditi 100 posti per la scuola primaria; ma nel 2013 sono state assunte 8 persone dal concorso ed 8 dalle GaE); in altri, è troppo esiguo (ad esempio, in Veneto nella classe A059 – matematica e scienze per le scuole medie – sono stati banditi 10 posti, ma il fabbisogno 2013 è stato di 59 persone) [questi sono casi mediamente estremi; ma una discrepanza di un fattore 2 era la norma; se qualcuno lo desiderasse, posso inviare una tabella con un confronto completo fra numero di posti messi a bando e fabbisogno effettivo 2013]. In questo senso il DM 356 è un tentativo di rimediare ai problemi delle classi di concorso dove i “vincitori” sono/saranno esauriti prima del prossimo concorso (tanto più che è ormai certo che saranno usate anche per il 2015-2016, ovvero per 3 anni anziché per i 2 previsti inizialmente), specialmente nei (pochi, ma non pochissimi) casi in cui anche le GaE sono “agli sgoccioli”.
    3) Il numero di 40mila persone nelle graduatorie è corretto ma fuorviante: anzitutto, andrebbero sottratti i circa 11.500 vincitori; e poi, bisogna correggere per i “doppioni”, ovvero per chi è presente nelle graduatorie di più classi di concorso (l’insegnamento della medesima materia in ordini diversi di scuola corrisponde a cdc diverse: ad esempio A043 per italiano alle scuole medie ed A050 per italiano alle scuole superiori). Questa correzione abbassa il numero degli “idonei non-vincitori” a circa 15.000. Va poi tenuto presente che una frazione molto consistente (fra il 50% ed il 70%, a seconda delle stime) di questi 15.000 non sono “nuovi” precari, ma persone già presenti nelle GaE (ovvero “precari storici”).
    4) Il DM 356 non dà alcuna garanzia agli “idonei non-vincitori”: semplicemente permette alla graduatoria di “scorrere” fino al prossimo concorso, che in molti casi sara’ bandito molto prima di giungere alla fine della graduatoria stessa (tornando al primo esempio sopra: il primo degli “idonei non-vincitori” della graduatoria per la primaria in Abruzzo non e’ più escluso “a priori” dalle assunzioni; ma le sue probabilità di assunzione restano ridicolmente basse). Le stesse dichiarazioni del ministro Giannini (che – ottimisticamente, a mio parere – ha parlato di circa 7.000 immissioni in ruolo di “idonei non-vincitori”) fanno capire che non vi e’ l’intenzione di assorbire tutte queste persone.

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