La difficoltosa cessione di Alitalia a Etihad porta con sé una grande mole di esuberi. Il costo ricadrà sull’erario e quindi sui contribuenti. È forse l’atto conclusivo di una vicenda fallimentare, il cui prezzo è stato pagato dai cittadini. Le responsabilità sono di molti.
“E io pago!” … con Alitalia la morale è sempre quella. Il conto della mancata vendita di Alitalia ad Air France continua a salire, ma quello che non cambia è il pagatore ultimo: noi contribuenti. Ma anche dalle storie peggiori possiamo cercare di trarre qualche lezione.
Non si tratta di aiuti di stato, ma dell’ennesimo, necessitato, intervento a tutela di chi perde il posto di lavoro. Il fatto che anche questa avventura imprenditoriale non avesse molto senso industriale era stato – ahimè – ampiamente previsto da molti, ma non dai capitani di impresa che la hanno creata. Contavano sulla protezione pubblica? Sul fatto che il mondo non sarebbe cambiato rispetto all’epoca delle compagnie di bandiera? O semplicemente sono stati “pagati” su un altro tavolo? Poco conta, ormai.
POLITICHE INDUSTRIALI SBAGLIATE
Il tentativo di difendere l’italianità di Alitalia – già costato svariati miliardi all’erario – continua a produrre effetti negativi alle nostre affaticate finanze pubbliche. Quindi, la lezione numero uno è che i tentativi di violentare i mercati sono palliativi che hanno conseguenze che si trascinano nel tempo. Valutare il costo dell’interferenza del Governo di allora sarà possibile solo al termine di una storia che ora vive un altro capitolo.
Un aspetto particolarmente frustrante è che oggi probabilmente non abbiamo molta scelta: data un’esposizione debitoria immensa e flussi di cassa che continuano a frustrare le speranze, l’alternativa ad accettare di pagare per i 2.500 esuberi di oggi sarebbe la chiusura – comunque più pesante anche per le casse del nostro welfare state.
IL LIBERISMO IPOCRITA DELL’UNIONE
Una seconda lezione è quella che si trae guardando alla politica europea a riguardo. Negli anni, ci hanno messo in croce per gli aiuti di stato ad Alitalia, avevano protestato per la difesa della italianità da parte del governo italiano. Eppure oggi proprio i nostri partner europei ci ricordano che, se la “italianità” è un peccato mortale, la “europeità” è una virtù imprescindibile. Non si può cedere il 51 per cento a soggetti non europei senza perdere i privilegi riservati alle compagnie europee. Purtroppo l’Unione Europea si arroga il diritto di insegnare lezioni di liberismo agli altri quando in realtà la parola d’ordine è il protezionismo (agricoltura e aviazione sono esempi piuttosto limpidi). Due torti non fanno un diritto. L’unico modo legittimo di fare policy è di essere coerente, e le molte incoerenze europee (dalle politiche di bilancio a quelle per i mercati) sono a volte davvero irritanti. Non giustifico l’antieuropeismo oggi così popolare; ma lo capisco.
POLITICA E BANCHE, UN LEGAME DA SPEZZARE
Una terza lezione riguarda le banche capitaliste del nostro paese. Prima, concedono esposizioni debitorie irragionevoli rispetto a gruppi politicamente ben protetti. Poi, fanno le registe nei processi di ristrutturazione di tali gruppi, per salvare i propri debiti, che nel frattempo non vengono rimborsati. Infine, rinunciano a parte dei debiti e trasformano il resto in equity. Visto quanto bene fanno il loro mestiere, non c’è da stare allegri. Se non si rompe il legame tra le banche e la politica, sono errori destinati a ripetersi.
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rob
Egregio Professore, per non sapere né leggere né scrivere, non è che in questa vicenda c’entra qualcosa il sindacato? Gli esuberi, le eccedenze, gli eccessi non si sapevano mentre si facevano? 30 anni di governo della Lega le dicono qualcosa? La follia dei 1000 aeroporti la fa riflettere? Un aeroporto al Nord dove il taxi costava il doppio del biglietto dell’aereo lo ricorda? Adesso le colpe sono della Germania e dell’ Europa? Prendiamoci in giro tranquillamente. Il sonno della ragione prelude un tragico e brutto risveglio.
Amegighi
Sono d’accordo, anche se ovviamente, pur nella puntualità delle obiezioni, il discorso cade un po’ nel solito populismo. Sarebbe molto interessante per noi (che in fin dei conti siamo stati gli “azionisti” di Alitalia e, ora, i “compratori” di tutto questo debito attuale e passato) sapere a quanto esattamente ammontano in valore tutti gli sbagli di questa vicenda. Alla fine credo che sia oltremodo giusto sapere chi ha sbagliato e quanto questi sbagli ci sono costati. Compresi gli sbagli del Sindacato (o del Governo che ha accettato il diktat dei Sindacati?)
rob
Attenzione, non confondiamo la memoria storica con il populismo da bar! La memoria di una persona, di una popolazione, di un sistema serve per valutare e possibilmente non ricadere negli errori passati. In pratica può indicarci una via. Poteva reggere un aeroporto dove pagavi 150 euro di taxi e 70 di biglietto aereo? Poteva reggere un aeroporto ad Albenga, come a Brescia, come a Salerno, etc.? Poteva reggere il ricatto delle assunzioni a pioggia sistematicamente messo in atto dai sindacati? Poteva avere futuro un Paese dove alle Riforme si mette uno come Umberto Bossi (per dirne uno dei tanti). Allora non si vuole fare populismo, si vuole analizzare le cose e non fare la guerra ai mulini a vento. Vero che la Germania predomina, ma può permetterselo perché ha piani industriali vincenti. Se lei svolge un lavoro privato le chiedo: ma questi “signori” di cui sopra dove sono? Se lei fa l’imprenditore conosce l’assunzione di responsabilità! Ma costoro?
Amegighi
E difatti concordo in pieno con Lei e la sua visione. Vede però che alla fine i nomi vengono fuori, così come le giuste e corrette obiezioni.
Il problema è che per anni (e ancora adesso) continuiamo a non avere il coraggio di chiamare le cose e le persone con il giusto nome. Sindacati? Giusto, ma diciamo chi e cosa, altrimenti si ricade nella solita guerra del rimpiattino.
Io non sono imprenditore, ma faccio un lavoro in cui è fondamentale l’analisi pragmatica delle cose.
If you want to fix a problem you must know what is the problem, to understand how to fix the problem and then fix it. E, pertanto, non mi crea problemi, né mi offendo (cosa alquanto frequente tra noi in Italia) se uno ha una idea diversa dalla mia, purché questa risolva il problema.
La Germania lo ha capito da tempo e ha investito pesantemente nella ricerca. Ha ragionato fin dall’inizio pensando che la sfida globale si cavalca non abbassando il costo del lavoro (sfida impossibile rispetto ai paesi emergenti) ma producendo cose che gli altri non sono in grado di pensare, progettare e produrre. Cioè ha investito in Ricerca e Sviluppo.
Da noi si fatica a capire in quale direzione deve andare la ricerca e, soprattutto cosa vogliamo fare di qui a venti anni.
Si dice che i cervelli se ne vanno perché qui non trovano sbocco. Cosa vuol dire questo? Non trovano lavoro? O non trovano un condizione che garantisca loro di perseguire una ricerca che andrà avanti anni? E allora, se non la trovano qui, la condizione la trovano da chi gliela dà. Ad esempio la Germania, che ringrazia. E noi, ancora a mettere a riformare l’Università e la Ricerca a degli Economisti (che poco sanno di tecnologie nuove) e a degli Umanisti (che poco sanno cosa sia la Scienza e il fare Scienza ora). Provi a leggere, senza pregiudizio, le critiche puntuali su progetto Mose, le verranno i brividi a pensare quanto pressapochismo sta nei nostri governanti.
Purtroppo qui da noi è così, ma, alla faccia del populismo dilagante, è un piacere sentire che ci sono ancora persone perbene come Lei. Io sono dell’opinione che forse siamo anche quasi una maggioranza silenziosa, ma maggioranza. E Lei cosa pensa?
rob
La maggioranza che dice Lei a mio avviso la certifica in parte l’enorme astensionismo che supera abbondantemente il 60% per cui già maggioranza. Io credo che questo Paese sta pagando una crisi culturale a differenza di altri Paesi che possono soffrire di crisi strutturale. Le crisi di struttura si risolvono con maggiore velocità se si ha un Paese altamente culturale e poco ideologico. Un aeroporto ad Albenga è frutto di un atteggiamento ideologico- populista, non sarebbe possibile farlo se predomina la logica di un pensare culturalmente alto. La follia delle Regioni è frutto di un progetto che aveva come obiettivo Governi alternativi allo strapotere Dc senza minimamente pensare che 21 Governi paralleli non possono esistere in un territorio che per intero è grande quanto uno dei 50 Stati degli USA. “Il piccolo ma bello”, “i fenomeni del Nord-Est”, il Titolo V etc.: è stata la classica biada somministrata ad un popolo analfabeta. Siamo numeri 1 dell’alimentare ma in Italia Mac Donald impiega 13 mila dipendenti! Le ambasciate regionali all’estero, le fiere internazionali affrontate in ordine sparso con risultati zero! La festa è finita: chi ha un po’ di senso critico intuisce che la situazione non può risolversi in 3-4 anni. Il piano industriale dell’auto in Germania è partito nel ’69-’70 i frutti si vedono oggi in tempo di crisi. Pensiamo per un attimo a coloro che con una faccia di bronzo dicono “A settembre riparte la Fiat”. Almeno facciamo dire di quale anno!
Guest
” Se non si rompe il legame tra le banche e la politica, sono errori destinati a ripetersi”. Se non si rompe il legame tra l’economia e la politica. Se non si rompe il legame tra l’editoria e la politica. Se non si rompe il legale tra n cose e la politica. Qual è il leitmotiv?
Benedetto
Ottimo articolo. Le politiche concorrenziali della EU sono irritanti. Sarebbe interessante raccontare la storia della prima procedura d’infrazione per aiuti di stato all’Alitalia nel 2001, pochi anni dopo che BA e Lufthansa avevano effettuato indisturbate operazioni simili. E la successiva assunzione alla BA del commissario europeo incaricato.
rob
Mettiamoci in una posizione di vantaggio e poi battiamo i pugni sul tavolo, ammettendo che ci siano “politici” capaci. Ma quando si fa decollare ogni settimana un Dc-9 tratta Roma-Albenga, andare a sostenere e a chiedere è dura!
IlGranchio
Si potrebbe semplicemente lasciarla fallire. E’ successo a Swissair e Sabena Sarebbe un segnale di cambiamento. Gli ammortizzatori di cui si parla sono uno schiaffo a chi perde il lavoro e resta senza protezione o chi il lavoro non lo trova e non ha tutele.
piertoussaint
Grazie a Scarpa. Secondo il ministro Lupi la manovra Etihad era un fatto ammirabile e risolutivo. Ma c’è dell’altro, e forse di peggio. Rilancio l’accenno di Scarpa alle banche: siccome lo Stato è in bancarotta – 2300 miliardi reali di debito! – da un po’ c’è questo nuovo trend, non a caso silenziato dai media, dalla politica e dalle istituzioni. E’ questo: ora i soldi nelle keynesiane “opere grandi” e/o “imprese fallimentari” ce li mettono le banche. Non i banchieri, ovviamente. I banchieri ci mettono i soldi dei depositanti degli istituti da loro gestiti. Lo stesso fa la Cassa Depositi e Prestiti, con i soldi del risparmio postale. Vedi, esempi concreti:
1. Passera che a suo tempo ha fatto dare da banca Intesa 700 mln a Ntv-Italo Treno, che ha perso 139 mln in tre anni. Eppure l’ex Ad di Intesa pontifica tranquillo in Tv e medita di fondare un partito, improntato all’efficienza e all’etica. Nessuno che gli chieda conto dell’operazione Ntv. Significativo, no?
2. Ancora Intesa, con Unicredit e un significativo pool di banche, ovviamente con la Cdp che non può certo mancare la partita, che finanziano le “nuove autostrade lombarde”, parimenti fallimentari, in barba ai “project-financing” che dovrebbero caratterizzarle, e che paiono però, fino a prova contraria finti. Alla faccia della “legalità” e della necessità dei “conti in ordine” così spudoratamente richiamate da tante figure istituzionali, però costantemente silenti su questi passaggi
Sono segnali del fatale avvitamento del sistema verso lo schianto finale. Chiudo in positivo, segnalando che la soluzione al problema politico c’era: http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/fiatpomigliano-darcomelfi-come-mettere-a-frutto-la-lezione-di-pier-luigi-zampetti-per-risolvere-il-conflitto-tra-capitale-e-lavoro/. Ma, ovviamente, questo sistema perverso la tiene celata.
rob
A mio modesto avviso e a sostegno della teoria di Zampetti, questo Paese ha fatto sistema, pur con tutte le cose negative, fino ai primi anni ’60. Qualcuno può contestare ” altri periodi storici” per cui non confrontabili. Ma c’è un’ etica di fondo nella politica che è un modello adattabile a tutti i periodi storici. Questa etica di comportamento, di visione, di lungimiranza è stata spazzata via in nome di una “presunta rivoluzione” iniziata nel ’68-’70 per finire nel ’92. La rivoluzione francese fu figlia dell’illuminismo. Masaniello fu un pescivendolo vestito con abiti e lustrini.
Luctam
Faccio la solita domanda un po’ ingenua, ma credo sempre motivata: Alitalia non è una compagnia privata?
Allora “abbiamo già dato” dovrebbe valere ancora di più!
Pipponat
Il caso Alitalia e la trattativa in corso ci mettono di fronte ai soliti temi: le banche, i dipendenti in esubero, il ruolo di Malpensa, etc. Nel dibattito e nelle proposte non emerge la necessità di porsi in termini nuovi, di cambiare registro e prospettare nuovi percorsi. Perché nell’accordo non traspare la cosiddetta “vocazione turistica” del nostro paese e di conseguenza l’impostazione di nuove rotte ed aeroporti coinvolti? Perché invece di parlare di “esuberi” non si progetta la nascita di una società collaterale “terminal turistico” con hostess plurilingue capace di promuovere e sostenere servizi turistici nuovi? Ci costerebbe meno e ci avvieremmo su un percorso di valorizzazione delle nostre risorse.