Un approccio multidisciplinare, che coinvolga teorie economiche, sociali e psicologiche, può spiegare le attuali inefficienze dei mercati finanziari e come i loro movimenti siano sempre meno determinati da aspettative razionali degli operatori. Dall’effetto gregge a quello annuncio, dall’acquisto sulla base di voci ai pregiudizi cognitivi, fino all’ancoraggio, ecco i principali fattori di tipo psicologico che prendono il sopravvento sui corretti processi decisionali basati sull’elaborazione delle informazione pubblicamente disponibili.

A partire dall’ipotesi di Adam Smith sulla “mano invisibile” che regola il mercato attraverso il perfetto meccanismo di incontro tra domanda e offerta di beni, gli studi economici e la finanza aziendale hanno assunto che gli operatori del sistema e gli investitori adottino aspettative razionali in merito alle loro decisioni. (1)

ASPETTATIVE RAZIONALI E NON

Dopo la crisi del 1929, già John M. Keynes notava peraltro la presenza di fattori esterni al mercato che condizionavano il funzionamento del commercio mondiale. (2) Nondimeno, auspicava in certi casi l’intervento di governi o banche centrali per evitare ipotesi di fallimento.
Durante il secolo scorso, l’illusione che il mercato economico si autoregolasse in maniera ottimale sulla base di scelte e criteri di assoluta economicità ha continuato a reggere.
Basti pensare alle politiche monetarie espansive degli anni Cinquanta e Sessanta, sospese durante la crisi degli anni Settanta, ma uscite ancora più rafforzate nel decennio successivo improntato al neoliberismo, alle privatizzazioni, alla deregulation secondo i dettami dell’economista Milton Friedman e delle politiche Ronald Reagan e Margaret Thatcher. (3)
La riduzione del potere di intervento statale sembrava dare buoni frutti ancora negli anni Novanta, finché lo scoppio dell’enorme bolla speculativa e i collassi di importanti conglomerati finanziari e industriali non hanno influenzato l’ultimo decennio.
A questo punto non ci resta che ammettere la sempre più frequente inefficienza dei mercati finanziari nel rispecchiare le aspettative razionali dei trader, e dare risalto alla necessità di un approccio che coinvolga l’economia come una di quelle scienze sociali di cui anche la psicologia fa parte.

MERCATI E FATTORI PSICOLOGICI

Gli studi economici che asseriscono l’efficienza dei mercati sono stati criticati da numerosi contributi accademici che a partire dagli anni Cinquanta costituiscono un filone di pensiero alternativo, fino alla pubblicazione dellaProspect Theory degli psicologi israeliani Daniel Kahneman e Amos Tversky, i quali esplicano quella che oggi definiamo “teoria dell’utilità attesa“. (4)
In due recenti articoli Martin Sewell, dell’università di Cambridge, ripercorre dapprima la storia degli studi in merito alla finanza comportamentale, per poi soffermarsi sulle principali categorie di fattori che la definiscono nello specifico. (5)
I principali fattori di tipo psicologico che possono discostare gli operatori dall’attenersi a una valutazione del giusto prezzo che sarebbe intrinseco all’attività finanziaria valutata razionalmente possono essere classificati tra i seguenti:
– effetto gregge: il mercato si muove conformandosi alle opinioni della maggior parte degli operatori o dei grandi investitori, seguendone le tendenze di breve periodo a elevata volatilità (anche detto “effetto guru”);
– teoria Brsn – Buy on the Rumor, Sell on the News: molti operatori prendono posizione sul mercato sulla base di avvenimenti incerti e probabili, ma non ancora verificatisi, per poi abbandonare l’investimento al momento della notizia vera e propria; (6)
– ancoraggio: l’andamento dei titoli può essere legato ad avvenimenti passati che condizionano la razionalità di scelte successive;
– euristica: si tratta di decisioni prese a livello emotivo e dunque tendenzialmente irrazionali, oppure fondate su pregiudizi cognitivi;
– effetto annuncio: rispecchia l’ipotesi secondo la quale i prezzi di mercato si muovono non sulla base dei dati fondamentali delle aziende, bensì in ordine allo scostamento di questi dati dalle aspettative.

Leggi anche:  Alle banche tedesche un bel regalo da tutti noi *

Tutti questi effetti irrazionali prendono il sopravvento su corretti processi decisionali degli operatori nell’elaborazione dell’informazione pubblicamente disponibile, e in particolare in tempi di incertezza e instabilità economica, come quelli odierni, costituiscono utili spunti di riflessione da considerare per capire i trend di mercato.

(1) Adam Smith “The Wealth of Nations”, 1776.
(2) John M. Keynes “The General Theory of Employment, Interest and Money”, 1936.
(3) M. Friedman (1912-2006) fu il leader della Chicago School of Economics, un gruppo di studiosi che teorizzò politiche monetarie fortemente improntate al liberismo economico. Chi fosse interessato alle politiche economiche statunitensi degli anni Settanta e Ottanta, veda anche il contributo in quel periodo della Supply Side of Economics.
(4) Per gli studi sull’efficienza dei mercati si veda E. F Fama “Efficient Capital Markets: A Review of Theory and Empirical Work”, Journal of Finance, May 1970, 383-417; “Market Efficiency, Long-Term Returns, and Behavioural Finance”, Journal of Financial Economics, September 1998, 283-306; i modelli Capital Asset Pricing Model; gli studi di Modigliani e Miller “The Cost of Capital, Corporate Finance and the Theory of Investment”, American Economic Review, 1958, 48 (3), 261-297; o anche: “Corporate Income Taxes and The Cost of Capital: A Correction”, American Economic Review, 1963, 53 (3), 433-443; la teoria razionale di diversificazione del portafoglio di William F. Sharpe “Capital Asset Prices: A Theory of Market Equilibrium under Conditions of Risk”, Journal of Finance, September 1964, 425-442. Tra i critici, invece, Herbert A. Simon, “A Behavioural Model of Rational Choice”, The Quarterly Journal of Economics”, Vol. LXIX, February 1955. D. Kahneman e A. Tversky, “Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk”, 1979, Econometrica, 47 (2), 263-292.
(5) M. Sewell “Behavioural Finance”, 2007 (revised 2010); “Psychology of Successful Investing”, 2011, linkesterno su www.behaviouralfinance.net.
(6) Richard L. Peterson: “Buy on the Rumor: Anticipatory Affect and Investor Behaviour”, Journal of Psychology and Financial Markets, 2002, Volume 3, Issue 4, 218-226.

Leggi anche:  I profitti eccezionali delle banche? Non resteranno a lungo

 

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  La Bce e la disinflazione: sarà davvero un pasto gratis?