Efsf e programma Omt fanno sì che gli spread sui titoli di Stato tornino a riflettere i fondamentali dei paesi. Ma ciò non basta per garantire una crescita equilibrata dell’Europa. Che invece richiede più istituzioni europee. Per favorire una vera integrazione serve uno strumento centralizzato per il finanziamento delle attività di esportazione delle aziende dell’area euro. La competizione nei mercati internazionali sarebbe così su qualità e prezzo del prodotto e non in base alla forza dei rispettivi sistemi finanziari. Il tutto nel pieno rispetto dei vincoli di bilancio.
La possibilità per i paesi dell’area euro di richiedere aiuti da parte dell’Efsf per l’acquisto dei loro titoli di stato sul mercato primario, combinata con l’intervento su mercato secondario della Bce via il programma Omt, Outright Monetary Transaction, offre la garanzia che gli spread di rendimento tra i titoli di Stato rifletteranno i fondamentali dei paesi e saranno liberati dalla componente di “sentimento di mercato”. È una condizione necessaria, ma non sufficiente per riportare una crescita uniforme in Europa. Questa ha infatti bisogno di istituzioni europee che creino una situazione di pari opportunità per tutti gli Stati e riparino i danni creati dalla crisi del debito in termini di asimmetrie tra le opportunità dei diversi stati membri.
RIDOTTO L’EFFETTO CONTAGIO
La possibilità di intervento sul mercato secondario da parte di Bce via il programma Omt, condizionata all’intervento sul mercato primario dei titoli di Stato da parte di Efsf, riduce grandemente gli effetti di contagio e sentimento di mercato sugli spread senza sottrarre i paesi alla disciplina di mercato: per essere ammessi al programma occorre presentare un piano di stabilizzazione che deve essere approvato inizialmente all’unanimità da Efsf e che viene sottoposto successivamente a continue verifiche con scadenza trimestrale. A parere di chi scrive, tutti i governi che hanno a che fare con una probabilità anche piccola di crisi di contagio sui loro titoli di Stato dovrebbero fare domanda immediata di ammissione al programma. Ricorrere al programma in situazione relativamente tranquilla dei mercati, e non sotto attacco, ha gli importanti vantaggi di segnalare un impegno permanente alla stabilizzazione, riducendo l’impatto sui mercati di incertezze sulle future decisioni dei governi, magari legate a scadenze elettorali; di garantire che “il bazooka “ sia di sicuro disponibile per fronteggiare un eventuale attacco e di non consentire dubbi sulla tempistica con cui uno strumento teoricamente disponibile venga poi reso operativo in pratica.
PARI OPPORTUNITÀ PER GLI ESPORTATORI
Tuttavia, separare gli spread dal sentimento di mercato e condurli alla loro fisiologica relazione con i fondamentali è condizione necessaria, ma non sufficiente per garantire una crescita equilibrata in Europa.
La crescita dell’Europa richiede più istituzioni europee. Due esempi permettono di illustrare meglio la nostra affermazione.
In questo momento una banca austriaca che ha attività “cross-border” sia nel Tirolo del Nord che nel Tirolo del Sud applica sui prestiti ad aziende italiane un tasso più alto di circa 350 punti base rispetto ad aziende austriache con un rischio comparabile. Questo spread è generato dalla supervisione bancaria nazionale che impone di fatto dei controlli di capitale che non permettono un flusso di fondi tra due filiali delle stessa banca localizzate in Austria e in Italia. Passare a una supervisione europea ed eliminare i vincoli sul flusso di fondi tra l’Europa “core” e quella periferica è una condizione necessaria perché l’impulso monetario si trasmetta in maniera uniforme a tutti i paesi membri.
Un’altra importante opportunità per creare un level playing field in Europa è la possibilità di riformare il ruolo delle entità che sostengono il credito all’esportazione (Eca).
La risposta all’instabilità dei mercati finanziari, e alla crisi di intermediazione da essa generata, non può essere solo di natura macroeconomica, ma ha bisogno anche di interventi micro, di politica industriale. Da questo punto di vista, l’Europa dispone di validi strumenti per il mercato interno; basti pensare all’operatività della Bei, focalizzata sul finanziamento di progetti di sviluppo prevalentemente in Europa. Per il sostegno all’export si procede invece in ordine sparso. Ne derivano distorsioni che – con mercati dei finanziamenti segmentati e una trasmissione asimmetrica della politica monetaria – possono alterare in maniera significativa l’attività delle Eca e, di conseguenza, la competizione tra le imprese esportatrici.
Non tutte le Eca in Europa possono infatti finanziare direttamente le esportazioni, contrariamente a quello che accade in altri paesi extraeuropei nostri concorrenti. Diviene quindi fondamentale la disponibilità da parte del sistema bancario a erogare finanziamenti con garanzia Eca. L’attuale situazione italiana è caratterizzata da difficoltà nel reperire finanziamenti bancari, specie a medio-lungo termine e in dollari (anche in presenza di garanzia pubblica della Sace). Il costo di tali finanziamenti è inoltre elevato, a causa di alti “premi” per la liquidità e il rischio paese, in linea con lo spread che si registra sul mercato dei titoli di Stato.
Un esportatore italiano, che si trovi a competere con concorrenti di paesi nordeuropei, è pertanto in una situazione di svantaggio. Si consideri, ad esempio, il caso di una fornitura di importo pari a 100milioni di euro, finanziata con un prestito di durata media otto anni: ipotizzando uno spread di 300 punti base tra un prestito garantito dalla Sace e uno garantito da una Eca del Nord Europa, il differenziale nominale di competitività è di 24milioni di euro, ossia il 24 per cento del valore della fornitura. Un tale differenziale altera la concorrenza tra le imprese.
Una soluzione a valenza strutturale, capace sia di risolvere in parte le difficoltà congiunturali presenti sui mercati finanziari sia di rendere il quadro competitivo più equo a livello europeo, è quella della creazione di unostrumento centralizzato per il finanziamento, in Europa, delle attività di esportazione. Questo strumento finanzierebbe nuova attività di export delle imprese europee erogando credito agli acquirenti stranieri. Il fundingavverrebbe attraverso la vendita di tali crediti sul mercato obbligazionario, eventualmente con una garanzia solidale delle Eca europee per migliorare il rating e rendere le emissioni più appetibili e conseguentemente più liquide.
Il meccanismo, complementare al mercato, consentirebbe sia di evitare di collegare direttamente l’attività di finanziamento al rischio del paese cui l’esportatore appartiene, sia di superare i vincoli di regolamentazione e raccolta delle banche, che nelle attuali condizioni di mercato hanno una minore capacità di impiegare fondi a medio-lungo termine.
Vi sono alcuni limiti. Nell’immediato, per gli emittenti europei, per quanto di elevato standing finanziario, l’accesso a funding in dollari e di lungo termine potrebbe risultare ancora problematico. Rimane inoltre un divario rispetto alle condizioni estremamente aggressive offerte da istituzioni pubbliche di supporto all’export dei maggiori paesi emergenti, non vincolati al rispetto delle regolamentazione Ocse in materia.
La soluzione proposta favorisce una vera integrazione europea attraverso il raggiungimento di un level playing field per gli esportatori di tutti i paesi dell’area euro, che andrebbero a competere nei mercati internazionali su qualità e prezzo del prodotto e non in base alla forza dei propri sistemi finanziari. Il tutto nel pieno rispetto dei vincoli di bilancio dei paesi comunitari.
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