La Bce si appresta ad assumere specifici compiti di vigilanza sulle banche europee. Si tratta di una svolta, perché si realizzano i presupposti di un vero e più stabile mercato bancario europeo. E finalmente gli operatori non saranno più costretti a interloquire con una moltitudine di autorità, ciascuna con le proprie prassi e linguaggi. Anche se restano da sciogliere alcuni nodi, il treno del trasferimento della sovranità dei controlli è ormai partito. E per i tanti interessi di parte sarà difficile fermarlo in corsa.
Potrebbe sembrare una novità, ma non lo è: pochi ricordano che l’originario progetto di statuto della Bce includeva fra i suoi compiti principali la vigilanza; nel testo definitivo questa competenza fu “derubricata” per le formidabili resistenze degli Stati membri, le stesse che con assoluta caparbietà hanno per anni chiuso ogni possibile sbocco concreto alla possibilità di una supervisione europea. Era inevitabile, poi, che nel corso degli anni la asimmetria tra regole bancarie armonizzate e una vigilanza frammentata tra le giurisdizioni nazionali, mostrasse tutte le sue contraddizioni e pericolose lacune. Ma, come la storia insegna, ci vogliono sempre dolorosissime crisi per risvegliare regolatori sonnolenti. Comunque, meglio tardi che mai.
I POTERI DI VIGILANZA
La proposta presentata dalla Commissione europea, sfrutta la previdente via di uscita lasciata dall’articolo 127 del Trattato che consente al Consiglio, all’unanimità e con una procedura speciale che coinvolge il Parlamento, di attribuire alla Bce specifici compiti di vigilanza sulle banche, ma non sulle assicurazioni.
Questo è il motivo per il quale il perimetro dei nuovi poteri della Bce previsti dall’articolo 4 del progetto di regolamento comprende i conglomerati finanziari (e cioè gruppi bancari e assicurativi), ma non le singole imprese di assicurazione. Ed è un problema che dovrà in futuro essere necessariamente affrontato se si pensa, l’esperienza d’oltreoceano lo insegna, alla rilevanza sistemica che questi operatori possono assumere.
IL CARDINE DEL SISTEMA
L’articolo 4 rappresenta il cardine del nuovo impianto normativo, declinando tutte le competenze di vigilanza della Bce, dai poteri di autorizzazione, alle misure sulla stabilità al controllo dei rischi. La discussione sui destinatari della vigilanza (soprattutto i tedeschi avevano chiesto di esonerare le banche locali) viene risolta con un meccanismo di gradualità. Prima gli intermediari di maggiori dimensioni e quelli salvati dai soldi pubblici, poi tutte le banche, comprese le piccole, saranno controllate.
D’altronde, e giustamente, la Commissione sottolinea come con grande frequenza la patologia si annida proprio nel piccolo, che quindi non può sfuggire alla maglie dei supervisori. Naturalmente, è prevista (articolo 5) una procedura per definire le modalità con le quali la Bce potrà utilizzare la banche centrali nazionali per l’esercizio delle sue competenze, e collaborare (articolo 6) con le autorità dei paesi fuori dall’area dell’euro. È un passaggio molto delicato perché il presupposto per il successo della vigilanza unica è proprio la creazione di una rete che si avvalga dei “terminali territoriali” delle autorità nazionali per consentire un efficiente e costante monitoraggio “in loco” degli intermediari. La Bce, è bene sottolinearlo, avrà poteri diretti, ad esempio in materia ispettiva (articolo 11), ma è innegabile che l’avvio e la funzionalità di un meccanismo così complesso richiede una integrazione molto stretta, e non sarà cosa semplice, tra centro e periferia.
LA GOVERNANCE
Opportunamente, la proposta della Commissione si preoccupa anche della nuova governance della Bce per garantire l’indipendenza della funzione di vigilanza, e soprattutto prevenire i rischi di commistione, che comunque ci saranno, con la funzione monetaria. Sarà nominato un apposto supervisory board al quale parteciperanno anche i rappresentanti delle banche centrali i nazionali e, in veste di osservatore, il presidente della già esistente European Banking Authority (Eba). A questo proposito, è importante sottolineare che anche la disciplina dell’Eba subirà qualche rilevante modifica, non solo, come è ovvio, per un miglior coordinamento con i nuovi compiti della Bce, ma anche per rafforzare il suo ruolo (rendendo più agili i meccanismi decisionali) di implementazione delle regole comunitarie (single rulebook). Ruolo essenziale per il funzionamento della vigilanza unificata, che potrebbe indebolirsi se in ciascun ordinamento si interpretassero le norme (ed è noto che in passato è già successo) a geometria variabile a seconda dei bisogni del momento.
IL TRENO È PARTITO
Ci può essere il rammarico di essere arrivati dopo tanto tempo, ma sicuramente la nuova Bce rappresenta una svolta, perché realizza i presupposti di un vero e più stabile mercato bancario europeo che potrà diventare una sorta di laboratorio di soluzioni e orientamenti in grado di avere una portata molto più ampia sul piano comunitario. Senza considerare il fatto che finalmente anche gli operatori non saranno più costretti a interloquire con una moltitudine di autorità, ciascuna con le proprie prassi e linguaggi.
Ma non bisogna farsi illusioni: Michel Barnier, il commissario al Mercato unico, ha sgombrato il campo da facili entusiasmi richiamando l’esigenza di un approccio prudente e graduale. (1) Il rischio è che dopo anni di colpevoli silenzi, tutti saltino sul nuovo vagone con i soliti proclami retorici, ma che poi, quando si vanno a mettere le carte sul tavolo, molte mani si tirino indietro. Rimangono, infatti, ancora alcuni nodi da sciogliere, come il coordinamento dei poteri della Bce con le misure di soluzione delle crisi e gli interventi di salvataggio, e occorrerà verificare sul campo, in termini di flussi informativi, scambio di risorse, adeguati assetti organizzativi, la reale volontà di tutti i paesi membri di creare quella rete tra centro e periferia alla quale facevo prima riferimento.
Ma il treno del trasferimento della sovranità dei controlli è ormai partito e sarà veramente difficile per i tanti interessi di parte e gelosie nazionali fermarlo in corsa.
(1) L’intervista di Michel Barnier al Sole-24Ore del 31 agosto 2012.
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