Uno degli scopi dell’introduzione del Dpef (nel 1988) era separare il momento in cui si fissano gli obiettivi sul disavanzo pubblico da quello in cui si definiscono in modo preciso i provvedimenti da inserire nella manovra di finanza pubblica. Prima di allora gli obiettivi venivano stravolti durante la sessione di bilancio in Parlamento e, quasi sempre, si ricorreva all’esercizio provvisorio.

La prima definizione delle attuali procedure di bilancio risale al 1978, con la legge n. 468, che istituì, tra l’altro, la legge finanziaria. Il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) è stato introdotto dieci anni dopo, con la legge n. 362 del 1988. L’obiettivo principale, mutuato dall’esperienza del bilancio federale degli Stati Uniti (che presenta molti punti di somiglianza con quella italiana (1)), era quello di separare il momento in cui si individuano gli andamenti tendenziali e si fissano gli obiettivi sulle principali grandezze di bilancio (soprattutto, il disavanzo) da quello in cui si definiscono in modo preciso gli interventi concreti necessari per raggiungere quegli obiettivi. Nel quadro della legge 468 del 1978, le due cose avvenivano contestualmente in settembre con la legge finanziaria.

L’innovazione del 1988 – il Dpef come vincolo per la successiva legge finanziaria (2) – ha dato un contributo importante al risanamento finanziario realizzato dal nostro paese. Innanzi tutto, mentre in precedenza gli obiettivi sul disavanzo fissati nel progetto di finanziaria del Governo venivano spesso stravolti nel corso dell’esame parlamentare, dopo il 1988 ciò non è più avvenuto. La tabella è indicativa al riguardo: con il regime precedente, le modifiche decise durante la sessione di bilancio in Parlamento (non di rado di fonte governativa, a conferma del fatto che la divisione dei ruoli tra Governo e Parlamento nel nostro sistema non è così netta come a volte si pensa) provocavano sempre aumenti del disavanzo previsto, spesso di dimensioni molto rilevanti, in un paio di casi superiori a 50.000 miliardi di lire. Dopo il 1988, l’effetto sul saldo di bilancio degli emendamenti approvati durante l’esame parlamentare è frequentemente nullo, a volte va nella direzione di ridurre il disavanzo e, comunque, resta sempre di dimensioni tutto sommato trascurabili.

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Va poi ricordata una seconda questione: la mancata fissazione preventiva del disavanzo nel periodo 1979-1987 ha contribuito a far sì che solo in tre casi su nove si sia riusciti ad approvare finanziaria e bilancio entro la fine dell’anno evitando così il ricorso all’esercizio provvisorio. Negli altri sei anni la finanziaria e il bilancio sono stati definitivamente approvati solo a marzo o aprile dell’anno successivo. Al contrario, a partire dal 1988 i documenti di bilancio sono sempre stati approvati entro il 31 dicembre.

 

       Saldo netto da finanziare del bilancio dello stato 
  al netto delle regolazioni debitorie
    (miliardi di lire)


(*) milioni di euro

(1) Il sistema italiano è stato non solo debitore ma anche fonte di ispirazione per quello americano. Nel 1990, abbandonata per la sua inefficacia la legge Gramm-Rudmann che fissava vincoli sul livello disavanzo del bilancio federale, il Congresso ha introdotto un obbligo di copertura degli oneri finanziari delle nuove leggi che ricalca quello previsto dal quarto comma dell’art. 81 della nostra Costituzione.

(2) Il Dpef non è una legge. Tuttavia, i suoi obiettivi vengono fatti propri dal Parlamento nelle risoluzioni approvate da Camera e Senato con il valore di vincolo per la successiva sessione di bilancio.

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