Nel giro di tre anni le fede di questo governo nelle virtù taumaturgiche delle sue politiche economiche è bruscamente calata. Nel Dpef 2002 si prefigurava una crescita reale del PIL sopra il tendenziale di un punto l’anno per tutto il periodo 2002-2006; nel Dpef 2003 il contributo della politica economica alla crescita era stimato in 0,2 punti nel 2003 e 0,6-0,7 punti in ciascuno dei tre anni successivi. Nel Dpef 2004 si presume che le azioni di politica economica avranno effetti ancora più modesti: 0,2 punti l’anno nel 2004 e 2005, 0,3 nel 2006, 0,5 nel 2007. Ritorno coi piedi per terra o rinuncia a qualsiasi azione riformatrice?

Tra gli indicatori più importanti per prevedere la dinamica dell’economia vi sono le aspettative delle famiglie e delle imprese: misurano l’ottimismo o il pessimismo che queste nutrono sull’andamento futuro del reddito, dei prezzi e dell’occupazione.

Meno analizzata è la fiducia dei governi nella capacità delle loro politiche di incidere sugli andamenti tendenziali dell’economia. Quello dell’efficacia della politica economica è un tema molto dibattuto tra gli economisti che – tra gli anni ’60 e gli anni ’80 – sono passati dalla fiducia quasi illimitata della vulgata keynesiana al pessimismo delle aspettative razionali.

Una parabola simile si nota, nel caso italiano, confrontando gli ultimi tre Dpef: gli obiettivi di maggiore crescita dell’economia rispetto al suo andamento tendenziale sono divenuti via via meno ambiziosi. Nel Dpef 2002 ci si proponeva una maggiore crescita reale del PIL di un punto l’anno per tutto il periodo 2002-2006, nel Dpef 2003 il differenziale di crescita era di 0,2 punti nel 2003 e 0,6-0,7 punti in ciascuno dei tre anni successivi. Nel Dpef 2004 si presume che le azioni di politica economica avranno effetti ancora più modesti: 0,2 punti l’anno nel 2004 e 2005, 0,3 nel 2006, 0,5 nel 2007.

Insomma, niente miracoli in vista. Anche perché sembrano, almeno per il momento, abbandonate le idee lafferiane di tagli alle imposte che stimolino l’economia senza intaccare il gettito. Anzi, “nel breve periodo il risanamento dei conti pubblici prevarrà sull’azione di stimolo all’economia” (Dpef 2004, p. 67). Un cambiamento di prospettiva verso il pessimismo che non è detto sia un male: può indurre un po’ di ottimismo sulle prospettive dei conti pubblici. Ma si potrebbe anche pensare che dietro a questo calo di fiducia nelle virtù taumaturgiche della politica economica ci sia la rinuncia a qualsiasi serie azione di liberalizzazione dei mercati e di riforma del sistema della ricerca scientifica.

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