La neonata e lungamente attesa Autorità dei trasporti non può iniziare il proprio lavoro perché i membri designati dal Governo non hanno ancora ottenuto il gradimento del Parlamento. La causa sono i veti incrociati espressi dai gruppi maggiori su due dei tre nomi. Si rischia così di pregiudicare  una scelta che avrebbe dovuto scuotere dal torpore un settore infrastrutturale cruciale. Forse il presidente del Consiglio dovrebbe adottare anche in questo caso il “metodo Rai”, opponendosi alle pressioni dei partiti e facendo prevalere il bene comune. Nell’interesse primario degli utenti.

In recenti seminari a porte chiuse e in convegni pubblici, il Governo ha espresso la ferma intenzione di animare la “ripresa autunnale” con interventi volti a favorire la crescita e il riequilibro strutturale dell’economia italiana. Potrebbe dare un immediato ancorché circoscritto segnale di vitalità: agire per superare lo “stallo” che blocca l’avvio operativo dell’Autorità dei trasporti, l’organismo indipendente di regolazione settoriale istituito dal “cresci Italia” del gennaio scorso. (1)

IL TASSELLO MANCANTE

L’Autorità dei trasporti è il tassello che manca per completare il quadro regolatorio delle public utilities tracciato nello scorcio degli anni Novanta con la nascita dei regolatori indipendenti dell’energia e delle telecomunicazioni e poi proseguito con la recentissima riforma delle competenze sui settori idrico e postale. (2) Stenta ora a decollare a causa di un disdicevole gioco di veti incrociati sulle candidature proposte dal Governo emerso sotto traccia in Parlamento.
Eppure, in molti avevano accolto la pur tardiva nascita dell’Autorità con misurata soddisfazione: ne avevano apprezzato la vastità delle competenze, che abbracciano tutti i modi di trasporto e permettono di tenere conto degli effetti di concorrenza e di complementarietà intermodale fra i diversi servizi; ma ne avevano rilevato pure i limiti di mandato (alcune “riserve indiane” non toccate, come le concessioni autostradali in essere) e di contesto (mancata soppressione di altri organismi, come l’Enac o il Nars). (3)
Lo stallo sull’Autorità dei trasporti è un problema serio, anche se ovviamente circoscritto rispetto ai macigni finanziari e fiscali che gravano sull’Italia, in quanto contraddice la volontà pro-concorrenziale più volte espressa dal Governo.

VETI INCROCIATI

Ricapitoliamo per sommi capi le vicende recenti.
Dopo lunghi tentennamenti e qualche colpo di scena dell’ultima ora, su proposta del ministro dello Sviluppo economico, il Consiglio dei ministri dell’8 giugno 2012 designa la terna dei componenti dell’Autorità dei trasporti, indicando Mario Sebastiani come presidente, Barbara Marinali e  Pasquale De Lise come membri: si tratta di uno stimato economista dei trasporti, che unisce rigore analitico a pragmatismo; di una giovane esponente del ministero di settore, presso cui ha funzioni di Direttore generale; e di un giudice di lungo corso della magistratura amministrativa, reduce dal tentativo di assumere la direzione della neonata Agenzia per le infrastrutture stradali, naufragato per raggiunti limiti di età.
Come previsto dalle norme, i componenti designati dal Governo devono essere ascoltati dalla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei Deputati che, ai sensi della legge istitutiva delle autorità indipendenti (legge n. 481 del 1995, art. 2, comma 7), deve esprimere il gradimento sulle designazioni votando inizialmente (in “prima attuazione”) a maggioranza qualificata dei due terzi. Dopo l’audizione emergono i veti incrociati dei due partiti maggiori su uno dei due membri e sul presidente designato;
Interviene nel frattempo un’autorevole, ma opinabile, interpretazione letterale della legge n. 481/95 da partedell’ufficio di presidenza della Camera che ritiene la fase di “prima attuazione” esaurita con le vicende istitutive di Aeeg e di Agcom. Pertanto, la norma che abbassa alla maggioranza assoluta il quorum dei due terzi, decorsi trenta giorni dalla richiesta del parere di gradimento, non sarebbe più applicabile: visti gli equilibri parlamentari, i veti incrociati rischiano così di cristallizzare lo stallo sulla nomina del collegio. (4)
Infine, il 2 agosto viene pubblicato in Gazzetta ufficiale il Dpcm 11 maggio 2012 che situa a Roma la sede dell’Autorità. È una scelta che presenta alcune ombre (prossimità ai centri di influenza dei concessionari, forte dipendenza iniziale da risorse umane di provenienza ministeriale) e qualche (fioca) luce (facilità e rapidità di funzionamento operativo). In ogni caso, ha il merito di fissare un punto fermo nell’iter attuativo della riforma.
I ritardi parlamentari nel varo dell’Autorità dei trasporti rischiano così di pregiudicare una scelta coraggiosa e lungamente attesa, compiuta dal Governo attuale per scuotere il torpore di un cruciale settore infrastrutturale, da più parti indicato come fattore di ritardo competitivo del Paese.

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ADOTTARE IL METODO RAI

Tuttavia, il tema meriterebbe forse una maggiore attenzione da parte dei vertici del Governo, certamente preoccupati da questioni più urgenti. Finora si registra solo la promessa del sottosegretario Antonio Catricalà di risolvere lo stallo sull’Autorità “a settembre”. (5) Il quesito è però in che modo? In ambienti romani circolanoipotesi molto discutibili: designazione di nuova terna, che vedrebbe una composizione di profilo dichiaratamente “politico”, fino a ipotizzare l’inclusione di esponenti delle Commissioni parlamentari incaricate di vigilare sulla qualità delle designazioni, circostanza che configurerebbe un  preoccupante cortocircuito istituzionale. Non si intravede in Parlamento una via d’uscita praticabile. Sappiamo che le liberalizzazioni danno frutti a lungo termine, ma non vorremmo che si inverasse il famoso adagio di Keynes. Il silenzio assordante della stampa economica sulla vicenda suggerisce inoltre il sospetto non troppo malizioso che settori dell’establishmenttrasportistico (aziende incombenti, lobbisti istituzionali, fornitori dei quasi-monopsonisti, sindacati e altri) vogliano volgere il ritardo di sviluppo dell’Autorità in una morte in culla.
Nel caso della Rai, Mario Monti è stato in grado di resistere alle pressioni dei partiti, tenendo il punto su un “marziano” come Anna Maria Tarantola. Ma in quel caso disponeva dell’arma totale: il commissariamento dell’azienda, che per l’Autorità dei trasporti non può brandire. Ci auguriamo che il presidente del Consiglio esprima comunque eguale determinazione anche in questo caso, opponendosi alle pressioni dei partiti e facendo prevalere il bene comune sulle pretese di parte.
Gli utenti dei servizi di trasporto rappresentano oggi il lato debole del mercato: pochissima voice sulla qualità del servizio (si pensi al caso per molti versi drammatico del trasporto regionale su ferro), possibilità di exit spesso limitate all’opzione di mobilità privata. Proprio nell’interesse primario degli utenti è dunque indispensabile che la nuova Autorità veda rapidamente la luce: meglio se guidata da un collegio di elevata qualità e di sicura indipendenza.

* Tesi e commenti contenuti in questo scritto sono esclusivamente personali e non coinvolgono in alcun modo l’istituzione di appartenenza dell’autore.

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(1)   Art. 37 del Dl 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella legge 24 marzo 2012, n. 27.
(2)   
Il disegno originario del legislatore prevedeva infatti che l’Autorità dei trasposti venisse creata quindici anni fa, contestualmente ad Aeeg e Agcom.
(3)   
Richiamiamo in particolare le valutazioni positive espresse nelle ultime Considerazioni finali dal Governatore della Banca d’Italia, dalla Article IV Consultation del Fondo monetario internazionale del luglio scorso (punto 31) e dalle Raccomandazioni della Commissione europea sul Piano nazionale di riforma annesso al Def 2012. Per le considerazioni di merito valgano per tutte la ricostruzione di contesto e le valutazioni contenute nel saggio di Carlo Scarpa “I servizi pubblici: nuove autorità, regole migliori ma la solita incertezza” in Rapporto 2012 sulla finanza pubblica italiana, a cura di Alberto Zanardi, edito dal Mulino.
(4)   
In effetti, il primo collegio dell’Aeeg, presieduto da Pippo Ranci, poté insediarsi nel 1996 in base a un parere espresso a maggioranza assoluta dopo il mancato raggiungimento in Commissione parlamentare iniziale della maggioranza dei due terzi dei votanti.
(5)   
 La promessa è contenuta in un’intervista al Corriere della Sera del 5 agosto.

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