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Modigliani e la politica economica

Franco Modigliani è stato l’economista che ha esercitato maggiore influenza sulla politica economica italiana. I suoi interventi hanno determinato scelte fondamentali di politica monetaria, politica fiscale e politica dei redditi. Tutto ciò grazie naturalmente alla sua elevatissima qualità intellettuale e scientifica. Ma anche per il senso della realtà e la capacità di farsi capire e di persuadere. E per la totale indipendenza dal potere. Soprattutto però è stata la sua passione civile a farne una figura di riferimento per i potenti come per la gente comune.

Per circa trent’anni, Franco Modigliani è stato l’economista che ha esercitato maggiore influenza sulla politica economica italiana. Influente nel modo più pieno che si possa concepire per una società democratica: verso la comunità scientifica, la gente comune, la classe dirigente. È stato punto di riferimento critico della professione accademica; ha formato molti dei migliori economisti oggi in cattedra; ha dato un controllo e una misura di qualità alla produzione scientifica italiana. È stato, poi, colui che sapeva spiegare al cittadino attento che cosa doveva essere fatto e che cosa doveva essere evitato nel governo dell’economia, spesso persuadendolo di verità spiacevoli; l’impiegato, il piccolo imprenditore, l’operaio, lo capivano e avevano fiducia in lui. È stato, infine, l’interlocutore e il consigliere dei potenti, di coloro che conducevano la politica economica, quali ministri, sindacalisti, industriali, banchieri centrali. Su tutti questi fronti egli era – pur lontano – presente, attento e vicinissimo.

Tre filoni di influenza

Gl’interventi attraverso i quali si esercitò l’influenza di Modigliani sulla politica economica italiana possono essere divisi in tre grandi filoni: politica monetaria e cambio (dalla consulenza alla Banca d’Italia, alle questioni del Sistema monetario europeo e dell’Unione monetaria); politica fiscale e di bilancio (tassa da inflazione, calcolo di debito pubblico e disavanzo, debito pubblico, pensioni); politica dei redditi e mercato del lavoro (scala mobile, inflazione, indicizzazione e inflazione programmata, flessibilità e occupazione). Tentiamone una breve rassegna, nella quale, per tema di dimenticarne qualcuno, ometteremo di moltissimi nomi di chi gli è stato, di volta in volta collaboratore o co-autore.

Politica monetaria: Modigliani portò in Italia la concezione avanzata della politica monetaria che caratterizzò il Governatorato di Carli e formò la generazione degli economisti cresciuti in via Nazionale negli anni Sessanta e Settanta. Egli guidò l’elaborazione del primo modello econometrico della Banca. Successivamente, fu preziosissimo interlocutore di chi disegnava e attuava il passaggio da strumenti amministrativi a strumenti di mercato nella conduzione della politica monetaria.
Scala mobile e indicizzazione salariale: fu Modigliani a denunciare e a dimostrare gli effetti perversi quando farlo era ancora scandaloso intellettualmente, socialmente e politicamente. Sistema monetario europeo: fu Modigliani nel 1978 a spiegare perché l’Italia dovesse entrarci, quando gran parte del mondo accademico e perfino la Banca d’Italia esprimevano forti riserve. Salari e inflazione: Franco Modigliani fu instancabile nell’esercizio del persuadere gl’italiani – e, innanzi tutto, politici, imprenditori e sindacati – della necessità di fermare la corsa dei prezzi e suggerì, quale metodo, di riferire gli accordi salariali all’inflazione programmata anziché a quella realizzata.
Inflazione e risanamento di bilancio: fu Modigliani a mostrare come, usando un metodo contabile che tenesse correttamente conto della crescita dei prezzi, il risanamento dei conti pubblici italiani non fosse quell’impresa impossibile che molti ritenevano e come esso richiedesse innanzi tutto l’abbattimento dell’inflazione. Inoltre Modigliani sostenne che l’effettiva situazione patrimoniale dello Stato italiano non era correttamente rappresentata, se non si consideravano, oltre alle poste passive (il debito pubblico), quelle attive (la ricchezza dello Stato: dalle imprese pubbliche ai beni del demanio). Ne deduceva che il problema del debito era impropriamente drammatizzato, anche se ammetteva che quelle poste attive erano ardue da valutare e non meno ardue da liquidare.
Sistema pensionistico: i problemi del sistema pensionistico italiano furono seguiti da Modigliani con vera passione per molti anni e fino a poche settimane fa. Erano al cuore del suo lavoro scientifico sulla teoria del risparmio e della finanza, ma anche vicini alla sua sensibilità sociale. Di qui i suoi specifici suggerimenti sul passaggio dal sistema a ripartizione a un sistema a capitalizzazione (e su come farlo). Dei qui la sua indicazione che la liquidazione (il cosiddetto Tfr), era non solo un’anomalia tutta italiana, ma anche una ricchezza che andava investita per usarne il rendimento in sostituzione di parte delle pensioni fondate sul sistema a ripartizione.

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La passione civile di un grande economista

“Economia politica” è locuzione ormai antica che nasce quasi insieme con la scienza economica. Politica economica, invece, è locuzione recente non priva di qualche ambiguità: la scienza economica dovrebbe qualificare la politica e non viceversa. L’incontro tra la politica e l’economia spesso è più felice quando, nonostante l’incontro, la distinzione rimane forte. Si pensi alla collaborazione tra De Gasperi ed Einaudi o quella fra Adenauer e Erhard o ancora alla determinazione nel volere la moneta europea di due politici puri come Mitterrand e Kohl.
Ci possiamo chiedere, allora, quali elementi si siano combinati nella misteriosa ricetta che ha fatto di Franco Modigliani una figura così influente nella politica economica italiana. Il primo è senz’altro l’elevatissima qualità intellettuale e scientifica. Samuelson gli ha dato la palma di più grande macro-economista del nostro tempo. Gli interventi di Modigliani nella politica economica non erano mai privi di fondamento teorico, né scissi dalla sua opera attiva di scienziato. Le sue prese di posizione sulla politica economica erano in genere accompagnate e sostenute da contributi scientifici che elaboravano e argomentavano le sue tesi di politica economica in chiave analitica. In secondo luogo il senso della realtà, di cui l’analisi empirica e la conoscenza dei fatti erano il primo, ma non il solo aspetto. Chi ha conosciuto Modigliani sa quanto lunga fosse la fase dell’informazione, quanto incessante il suo domandare, quanto accurata fino alla pedanteria l’analisi dei dati. La conoscenza dei fatti si estendeva alle istituzioni, alle procedure, alle leggi, alle motivazioni, alle parti sociali ed economiche. Queste qualità, indispensabili al buon economista anche quando egli non esce dal mondo della ricerca per avventurarsi in quello della politica economica, in Franco Modigliani erano eminenti. In terzo luogo, l’indipendenza dal potere. L’economista, certo, può assumere direttamente la veste del politico: si pensi a Luigi Einaudi o, più recentemente, a Larry Summers. Ma se non compie un tal passo e resta consigliere, ispiratore, persuasore, l’indipendenza dal potere è non meno indispensabile della capacità di dialogo. La totale indipendenza di Franco Modigliani ha contribuito tanto quanto la sua qualità scientifica a conquistargli il rispetto degli interlocutori, soprattutto nei momenti in cui il disaccordo con essi era massimo. Nessuno – persona, istituzione o partito – poteva illudersi di arruolare Modigliani tra i suoi. Lo trovava oggi al suo fianco, domani suo acceso avversario, con identico spirito d’ indipendenza, vigore polemico e senso di rispetto. Per l’intellettuale che voglia porsi in rapporto col potere, e forse in special modo per l’economista, la completa indipendenza dal potere è, forse, uno strumento; ma è, ancor più, un’etica. Poi ancora, la capacità di farsi capire e di persuadere. Ricordiamo la concretezza degli esempi, la capacità di semplificare teoremi complessi per renderli comprensibili a tutti, il suo considerare qualunque interlocutore (primo ministro o cameriere d’albergo) ugualmente bisognoso e capace di capire. Decenni dopo aver lasciato l’Italia uscivano dalla sua bocca semplici e forti parole italiane che vengono direttamente dal Dante o Manzoni. Il giorno del Nobel spiegò con grande chiarezza al telegiornale, nel minuto e mezzo datogli dall’intervistatore, la teoria del ciclo vitale del risparmio che gli aveva valso il premio. Infine, la passione civile, molla indispensabile per curarsi della cosa pubblica senza ricerca del tornaconto personale. Quando si occupava di questioni italiane, Modigliani aveva la passione civile di un italiano; e molti conoscono la rapidità con cui, nel suo discorrere, il pronome “noi” cessava di riferirsi agli americani per significare “noi italiani”. Era, ancor più profondamente che un mai spento sentirsi italiano, una passione di uomo per la civitas. Egli l’aveva a Washington quando parlava al Congresso, a Madrid quando discuteva di politica economica spagnola, o a Francoforte quando criticava la politica monetaria della Bundesbank.

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Ci vorrà tempo per misurare appieno che cos’ha significato Franco Modigliani per la politica economica italiana. Ma prima che a questo bilancio si accinga uno storico, sarebbe giusto che chi ha avuto esperienza diretta della sua opera e della sua influenza raccogliesse i propri ricordi e rendesse testimonianza.

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  1. Carlo

    Rileggevo questo articolo scritto dall’ex ministro dell’Economia (governo Prodi bis), che ho sempre sperato rimanesse in carica a lungo. Modigliani e la sua capacità di farsi capire e persuadere sia i potenti che la gente comune. Come mai un competente ed esperto economista, ammiratore di Modigliani, non è riuscito a persuadere gran parte del popolo italiano sulle reali necessità del paese? Gli italiani della seconda repubblica, tra promesse dei Marajà, tubi catodici e rabbia da perdita di potere d’acquisto strumentalizzata da furbi populisti, ha perso il senso della realtà? La domanda è retorica. Cioè penso di sì. Oggi mi pare che la figura dell’intellettuale, del competente, dello scienziato applicato non dà fiducia e non soddisfa. Dopo che l’illuminismo scientista e i suoi illustri rappresentanti hanno spopolato e determinato modi di pensare e agire, l’avvento di alcuni bisogni parallelamente a tecnologie di massa dai poteri ipnotici, hanno generato una sorta di scala di valori più facile e abbracciante. Gli italiani vogliono i Modigliani e i Padoa-Schioppa, o i santoni, i druidi e i maghi che promettono l’irrealtà? Purtroppo la realtà dice che anche questa domanda è retorica.

  2. Massimo Parisi

    Non mi sento di potere parlare del Professore Tommaso Padoa Schioppa. Solo, da cittadino qualunque quale sono, desidero ricordare che: con entusiasmo appresi della Sua nomina a Ministro dell’ Economia, con rammarico ne accolsi la decadenza dal ministero a causa della crisi del Governo Prodi. D’accordo sul Suo pensiero di felicità delle tasse. A disaggio quando dovete cedere su un tesoretto che sapeva avrebbe determinato problemi (praticamente il prologo della pessima idea sul rimaneggiamento dell’ici). Non completamente d’accordo sui bamboccioni. L’Italia perde un grande Uomo.

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