Dal 2004 i servizi di trasporto pubblico saranno assegnati tramite gara. L’Europa sembra orientarsi verso una soluzione di concorrenza controllata. In Italia, a parte i ritardi delle Regioni, non sempre si riescono a premiare le aziende più efficienti. Perché i criteri di ammissibilità sono spesso ritagliati sulle caratteristiche dei vecchi concessionari, cosicché è scoraggiata la partecipazione di altre imprese. Intanto però il settore si sta ristrutturando attraverso acquisizioni, incorporazioni e alleanze.

Dopo alterne vicende, ricordate nel contributo di Andrea Boitani , l’emendamento alla legge sulla delega ambientale approvato dalla Camera impone che entro il 31 dicembre 2003, i servizi del trasporto pubblico locale (Tpl), siano allocati tramite gara. A tutt’oggi, però, sono ancora poche le gare indette e concluse. Alcune Regioni, come il Lazio, intendono allungare i termini di scadenza delle vecchie concessioni. Si apre così un contenzioso con il Governo che ha impugnato la delibera regionale.

L’esperienza europea

In generale, l’apertura al mercato dovrebbe condurre a un risultato che ottimizza due variabili: il contenimento del costo al chilometro e la capacità di intercettare quote crescenti di passeggeri.
In Europa, la concorrenza nella strada è stata applicata solo nel Regno Unito e per i servizi extraurbani. I risultati ottenuti dopo un ragionevole arco temporale non sono del tutto incoraggianti, per effetto del drastico calo dei passeggeri, pur in presenza di costi a chilometro molto più contenuti.

La proposta di Regolamento del Parlamento europeo sugli obblighi di servizio pubblico e aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri individua nella forma di mercato, espressa dalla concorrenza controllata, lo strumento più idoneo per pervenire a un servizio pubblico di livello elevato.

I risultati della ricerca svolta dall’istituto Isotope “Improved Structure and Organisation for urban Transport Operation of Passengers in Europe” del 1997, mostrano come sia forte la correlazione tra struttura del mercato del Tpl e livello di efficienza del servizio, calcolato come costi di produzione a bus/km. Nei mercati chiusi il costo è di 3,02 euro per bus/km, in quelli a concorrenza controllata scende a 2,26 euro, nei mercati de-regolamentati scivola a 1,44 euro.
Per quanto riguarda l’efficacia del servizio, espressa dal rapporto passeggeri/km, i risultati offrono un quadro diverso. Le migliori performance si registrano nei paesi che nel periodo 1990-1997 hanno adottato la soluzione della concorrenza controllata, all’estremo opposto si ritrovano i paesi che hanno de-regolamentato i servizi.

a) costi di produzione per bus/km espressi in euro
b) variazione riscontrata nel periodo 1990-1997 del rapporto passeggeri/km

Fonte: Commissione europea Proposta di regolamento

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Un aspetto importante che vincola la progettazione e l’organizzazione del servizio di Tpl è la sua densità e articolazione spaziale. In altri termini, si tratta di delineare i bacini da servire e offrire un’alternativa al mezzo privato a chi risiede nelle località non toccate dal servizio di Tpl. Il modello inglese tende a eliminare le tratte a basso traffico e a bassa redditività, concentrandosi solo su quelle più attrattive. Quasi tutti gli altri paesi europei, Italia compresa, proprio per non penalizzare gli abitanti di queste tratte optano per una proposta alternativa che consiste nella progettazione pubblica (Regione, provincia, comune) del servizio e nell’assegnazione della gestione con il sistema della procedura a evidenza pubblica. In questo caso, all’interno di un bacino possono coesistere tratte con livelli di traffico e di redditività differenti.

I problemi italiani

Solo Friuli e Valle d’Aosta hanno assegnato tramite gara tutti i servizi di Tpl. Liguria e Lombardia ne hanno assegnati alcuni.
Con la fine del periodo transitorio, nel 2004, le società che hanno la gestione del servizio con il meccanismo della concessione, non potranno più partecipare alle gare, per evitare il manifestarsi di posizioni di sussidi incrociati.

Si tratta di una clausola con effetti potenzialmente dirompenti soprattutto su quelle società pubbliche domiciliate nelle Regioni in ritardo sul programma di realizzazione delle gare.

La progettazione delle gare deve rispondere a una precisa politica industriale perché è destinata a condizionare la crescita delle società presenti sul territorio, nonché, più in generale, l’intera offerta del settore.
Tradizionalmente, il settore del Tpl è caratterizzato da una struttura di imprese molto polverizzata (l’offerta globale ammonta a circa 1.100 imprese). Poche di queste, spesso a controllo pubblico, hanno una dimensione medio-grande (solo l’8 per cento dispone di un parco mezzi superiore alle mille unità) mentre la maggioranza, a controllo privato, si colloca nella fascia bassa (il 47 per cento ha un parco mezzi inferiore alle sei unità).

Le gare hanno sollecitato processi di aggregazione tra diversi operatori: dall’acquisizione di imprese da parte di società italiane o estere (l’operazione più rilevante è l’acquisizione di Sab da parte del gruppo inglese Arriva) alla creazione di nuove società che incorporano le precedenti (forse la soluzione più diffusa soprattutto tra imprese pubbliche), fino alla ricerca di fattori produttivi da gestire congiuntamente per perseguire economie di scala.

La gara dovrebbe favorire l’assegnazione del servizio alle imprese più efficienti attraverso un processo trasparente di selezione. Ma per realizzare questo obiettivo, non basta indire le gare, serve che ci sia un’ampia partecipazione di imprese che presentano una propria offerta. In parecchi casi, invece, l’ente locale banditore, ne ha ricevuto una sola. Inoltre, la creazione di Ati (associazione temporanea d’impresa) ha portato a blindare le gare.
Vincitori delle gare sono risultati quasi sempre i vecchi concessionari, confermando che l’incumbent gode di significativi vantaggi, a partire dall’essere controllato dallo stesso soggetto che dovrebbe selezionare il fornitore del servizio di Tpl. Per esempio, fino a questo momento, in Lombardia si sono registrati solo due casi in cui il precedente gestore ha perso la gara (servizi urbani di Como, dove ha vinto Atm di Milano, e area di Crema).

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I criteri di assegnazione troppo spesso sono stati costruiti a misura del vincitore. Le gare per i servizi di Tpl urbani di Milano e Roma, hanno sollevato critiche anche da parte dell’Authority. La dimensione del lotto e i criteri di ammissibilità alla gara spesso sono forti disincentivi alla concorrenza per il mercato. Nel caso di Milano, le anticipazioni di stampa pongono in evidenza un forte trade off tra l’obiettivo del Comune di favorire la propria società attraverso l’introduzione di criteri stringenti, e la possibilità di offrire un servizio di qualità. Obiettivo che richiede che alla gara possano partecipare altri concorrenti.

I costi a chilometro dei servizi messi a gara sono risultati inferiori di poco rispetto ai valori da bando, con l’eccezione delle primissime gare realizzate in Toscana. I ribassi sono dell’ordine del 1-3 per cento annuo.
Le esperienze italiane confermano quindi i risultati europei:il meccanismo del mercato controllato non è il migliore se l’obiettivo perseguito è quello del contenimento del costo a chilometro. Per ovvi motivi di tempo, non è ancora possibile verificare se il secondo obiettivo, quello dell’efficacia, sia invece centrato.

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