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Lo Small business act, questo sconosciuto

Lo Small business act adottato dall’Unione Europea vuole valorizzare le imprese di micro, piccole e medie dimensioni. Il suo recepimento in Italia ha permesso di varare una serie di misure per rendere più competitive le Mpmi, soprattutto in tempo di crisi. Peccato che le aziende non lo sappiano.
L’EUROPA DELLE PICCOLE IMPRESE
Le micro, piccole e medie imprese rappresentano in Italia, come in gran parte delle economie europee, il vero tessuto imprenditoriale, garantendo buoni livelli occupazionali rispetto alla grande impresa.

Tabella 1

1Fonte: Elaborazioni Cambridge Econometrics su dati Eurostat.
Proprio per questo, ha preso avvio una nuova politica comunitaria, con lo scopo di creare un contesto più favorevole e rafforzare la competitività delle Mpmi europee, che da tempo si confrontano sul mercato con le economie dei paesi emergenti e la dinamicità di quella statunitense. Ispirandosi alle “buone pratiche” scambiate nell’ambito della Carta europea delle piccole imprese firmata a Feira nel 2000, e attuando le conclusioni del Consiglio europeo della primavera 2006, l’Unione Europea e gli Stati membri hanno sensibilmente migliorato il quadro normativo e intensificato gli interventi a favore delle micro, piccole e medie imprese riconoscendone l’importanza economica, strategica e sociale. (1)
Il processo è sfociato nel 2008 nella pubblicazione da parte della Commissione europea dello Small Business Act, mentre la direttiva di attuazione dello Sba è stata approvata dall’Italia nel maggio del 2010.
LO SBA E I SUOI STRUMENTI
Lo Sba si configura come una nuova politica industriale basata su dieci principi guida: il credito, i tempi di pagamento, gli strumenti e le azioni per la crisi di impresa; politiche per l’innovazione, l’energia e la sostenibilità ambientale; strumenti per la crescita dimensionale, l’aggregazione, la trasmissione di impresa; politiche e strumenti per l’internazionalizzazione; semplificazione e raccordo tra i livelli di governo nei confronti delle imprese. (2)
In questa ottica, sono state introdotte diverse misure di estrema importanza e originalità. Primo fra tutti, il contratto di rete, uno strumento grazie al quale le imprese, di diverso settore o Regione, possono mettersi in rete attraverso un programma comune che permette di scambiarsi collaborazioni e know how, migliorando così le loro performance aziendali, in particolar modo il fatturato e l’export. (3) Negli ultimi due anni l’azione dei Governi si è poi concentrata su misure per stimolare la crescita economica procedendo al potenziamento e rifinanziamento del fondo centrale di garanzia finalizzato a sostenere lo sviluppo delle Mpmi concedendo una garanzia pubblica a fronte di finanziamenti concessi dalle banche anche per investimenti all’estero. Le operazioni accolte nel 2012 sono state 61.408, per un importo finanziato di 8.189 milioni di euro e garanzie per 4.035 milioni di euro, con un aumento dell’11,5 per cento delle domande accolte rispetto al 2011. Il fondo nazionale innovazione, dotato di 80 milioni di euro, è invece pensato per permettere alle aziende di accedere a finanziamenti bancari e al capitale di rischio anche in questo momento di crisi, e ha lo scopo di sostenere quelle imprese che vogliono introdurre nel mercato prodotti innovativi sulla base di brevetti o disegni o modelli. Mentre il fondo italiano d’investimento, il principale fondo di private equity con risorse che ammontano a 1,2 miliardi di euro, ha realizzato ventisette investimenti diretti per circa 267 milioni di euro e tredici investimenti indiretti per 265 milioni di euro. Per parte sua, Il ministero dello Sviluppo economico è impegnato nella diffusione del fondo unico di venture capital istituito nel 2007 per incentivare investimenti in mercati ritenuti strategicamente fondamentali per l’internazionalizzazione delle Mpmi. Il fondo, dotato di 228,6 milioni di euro, a fine ottobre del 2012 ha fatto registrare una disponibilità residua di 27,9 milioni, ma solo il 15 per cento degli interventi del fondo ha interessato le micro, piccole e medie imprese.
Di fondamentale importanza nel campo della semplificazione amministrativa e burocratica, la comunicazione unica che permetterà alle imprese di utilizzare le tecnologie informatiche per le comunicazioni al Registro imprese, e accentrerà in un’unica pratica anche le richieste di codice fiscale e partita Iva, apertura di posizione assicurativa Inail, iscrizione Inps dei dipendenti e lavoratori autonomi, di fatto permettendo di costituire l’impresa in un solo giorno. Nello stesso tempo, con lo sportello unico in luogo degli accertamenti d’ufficio previsti dalla Dia, sarà sufficiente uno schema di autocertificazione per ottenere ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale. Mentre la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) sostituisce autorizzazioni, licenze, concessioni non costitutive, permessi o nulla osta, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio dell’attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, in quanto si autocertificano i requisiti che le varie leggi prevedono.
Nonostante tutte queste novità e vantaggi, lo Sba non è molto popolare tra le imprese, come dimostra una recente indagine svolta dal ministero dello Sviluppo economico su un campione rappresentativo di mille imprese: poco meno di due imprese su dieci, pari al 18,1 per cento del campione intervistato, segnala di conoscere lo Sba anche se la quota risulta in miglioramento rispetto a quella (intorno al 7 per cento) emersa da un’indagine svolta dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne nel 2010. Le principali fonti di informazione sullo Sba sono rappresentate da internet (secondo il 58 per cento del campione), il commercialista (46,6 per cento) e le associazioni di categoria (27,7 per cento). Poco meno del 12 per cento delle imprese dichiara di conoscere lo Sba grazie alle azioni del ministero. (4) Bisognerebbe quindi sforzarsi per migliorare la politica di comunicazione sia a livello centrale che sul territorio attraverso il ruolo degli enti pubblici locali, ad esempio Camere di commercio, e di quelli privati come le associazioni di categoria.
(1) L’UE ha riconosciuto la grande importanza delle piccole imprese con l’approvazione della Carta europea per le piccole imprese in occasione del Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno del 2000.
(2) Per un approfondimento riguardo ai dieci principi Sba si rimanda al seguente indirizzo.
(3) In base all’art. 3, commi 4-ter e ss., del Dl 10 febbraio 2009, n. 5, con il contratto di rete “più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.
(4) Per una sintesi dei risultati dell’indagine del ministero dello Sviluppo economico

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  1. Piero

    Lo SBA e’ una bellissima cosa, ma deve essere attuato nella pratica, tutti i auspicano che ciò in esso riportato possa concretizzarsi.

  2. Cesare

    Lo SBA rappresenta sicuramente un nuovo
    modo di essere più vicini e pensare al
    piccolo (alle MPMI), e non come erroneamente è tradotto su vari siti
    istituzionali “in piccolo”. Nonostante i 10 buoni propositi
    per agevolare le mpmi, c’è ancora molto
    da fare, soprattutto nella citata politica di semplificazione. Basterebbe
    vedere l’esempio del SUAP (sportello delle attività produttive) per capire come
    non ci sia una strategia centralizzata a livello nazionale e regionale. L’idea
    del SUAP nasce come semplice e corretta : procedimento ed interlocutore unico
    per le istanze delle imprese. Purtroppo così non è stato per vari motivi:
    difficoltà riscontrate da parte degli enti locali (soprattutto piccoli) al
    cambiamento organizzativo imposto a volte anche da decreti governativi,
    impreparazione del personale con le tecnologie informatiche, assenza di
    procedure e modulistica standard, difficile gestione dei rapporti con le
    rappresentanze locali di enti centrali, difficoltà delle imprese a reperire le
    informazioni e le novità.
    Sono alcune problematiche da inserire fra le priorità a livello di
    paese per essere vicini al sistema socio-economico italiano, che deve a tutti i
    costi focalizzare le proprie attenzioni per ridurre il peso della burocrazia
    nei confronti delle imprese e di fornire risposte chiare in tempi certi.

  3. Sarastro

    La tabella però è incompleta, forse volutamente: mancano i dati relativi al valore aggiunto prodotto per ciascuna classe dimensionale. In particolare, le grandi imprese in Italia producono il 31,7% del valore aggiunto, contro il 41,9% della media UE.
    Forse dovremmo occuparci di più delle grandi imprese, e di come aumentare la dimensione media delle imprese italiane.

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