I mercati non hanno punito le violazioni al Trattato di Maastricht da parte di Francia e Germania. Ma non si tratta di un’autorizzazione generalizzata a interpretazioni flessibili delle regole. Perché a non rispettarle sono stati due paesi dai fondamentali fiscali storicamente stabili, la situazione è percepita come transitoria e l’avversione al rischio sui mercati è in questa fase particolarmente bassa. L’atteggiamento dei mercati sarebbe probabilmente diverso se protagonisti e situazioni fossero altri.

L’assenza di visibili sanzioni di mercato di fronte alle violazioni del Trattato di Maastricht da parte di Francia e Germania, ha portato alcuni commentatori a concludere che l’interpretazione flessibile del Trattato potrebbe essere praticata da altri paesi, sostanzialmente senza punizioni sul costo di finanziamento del debito.

Fondamentali fiscali e finanziamento del debito

Vorrei offrire qualche considerazione sulla relazione tra fondamentali fiscali e costo di finanziamento del debito.

In generale, il merito di credito di un paese è riflesso in differenziali di tassi di interesse pagati su debito, emesso nella stessa valuta, tra paesi rischiosi e paesi non rischiosi. Si pensi, ad esempio, al differenziale di tasso tra le emissioni in dollari del Tesoro brasiliano e del Tesoro statunitense o sulle emissioni in euro del Tesoro italiano e del Tesoro tedesco.

L’andamento dei differenziali di tassi nel tempo è spiegato da due fattori, uno internazionale e uno interno. Il fattore internazionale è il grado di avversione al rischio dei mercati, che varia nel tempo. Il fattore domestico è la stabilità dei fondamentali fiscali, quali il rapporto tra il debito e il Pil e la differenza tra l’avanzo primario effettivamente realizzato e l’avanzo primario necessario per stabilizzare il rapporto fra debito e Pil (l’indicatore economico fondamentale, che il tetto del tre per cento al rapporto disavanzo Pil cerca di approssimare per un paese tipico che rispetti tutti gli altri criteri di Maastricht).

Il fattore internazionale influenza l’andamento nel tempo di tutti i differenziali di tasso di interesse. L’intensità con cui queste variazioni si trasmettono ai differenziali di interesse dipende dalla stabilità dei fondamentali fiscali. L’effetto delle fluttuazioni dell’avversione al rischio sui differenziali può diventare molto più elevato quando crisi inattese innescano fenomeni di panico contagioso in cui il normale rapporto tra fondamentali macroeconomici e variabili finanziarie è notevolmente alterato (si veda il sito di Roberto Rigobon per evidenza empirica sulla relazione tra crisi “contagiose” e crisi “annunciate”).

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Per illustrare il punto si considerino la Figura 1 e 2 nella quale riportiamo rispettivamente il differenziale di rendimento tra titoli decennali emessi in dollari dal governo brasiliano e statunitense e il differenziale tra titoli decennali del governo italiano e tedesco, assieme a una variabile che approssima il grado di avversione al rischio sui mercati, cioè il differenziale di rendimento tra titoli a dieci anni emessi da aziende statunitensi con un rating di BAA e titoli a dieci anni emessi dal governo statunitense.

Il differenziale Italia-Germania fluttua, dal 1999 in poi con la scomparsa del rischio di cambio, tra i dieci e i quaranta punti base. Lo spread Brasile-Stati Uniti si colloca a livelli ben diversi, tra 600 e 2500 punti base. Tuttavia è evidente una marcata correlazione tra tutte le variabili: le fluttuazioni dell’avversione al rischio dei mercati sono il fattore comune che influenza tutti i differenziali di interesse pagati dai paesi percepiti come più rischiosi. Lo stesso fattore si trasmette con diversa intensità ai diversi paesi emittenti a seconda della rischiosità specifica che è funzione dei fondamentali fiscali (il Brasile è molto più rischioso rispetto agli Stati Uniti di quanto lo sia l’Italia rispetto alla Germania).

Chi e quando ha violato il Patto

Alla luce di questa evidenza vorrei sottoporre all’attenzione del lettore le seguenti considerazioni.

1. Le violazioni al Patto da parte di Francia e Germania sono avvenute in un momento in cui l’avversione al rischio sui mercati è particolarmente bassa e in discesa (infatti, siamo attorno ai minimi degli ultimi quattro anni)
2. Le violazioni al Patto sono avvenute da parte di paesi che hanno fondamentali fiscali storicamente stabili: il rapporto debito Pil di Francia e Germania fluttua attorno al 60 per cento.La differenza tra il rapporto disavanzo primario/Pil e il rapporto avanzo primario/Pil che stabilizza il rapporto debito Pil non è elevato in questo momento per questi paesi(il costo di finanziamento del debito è molto basso e il rapporto debito/Pil è in linea con i criteri di Maastricht).
3. La violazione del patto da parte di Germania e Francia non è inattesa ed è probabilmente percepita come transitoria, in quanto legata a una situazione congiunturale di mancanza di crescita che non sembra destinata a perdurare nel tempo.

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Prima di concludere che il mercato non sanzionerebbe ulteriori violazioni, sarebbe opportuno chiedersi cosa sarebbe successo se le violazioni fossero avvenute da parte di Italia e Grecia, ad esempio, nel momento della crisi “Enron” e in una fase di pessimismo sulle prospettive della crescita mondiale.

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