L’operazione Scip ha vantaggi presunti, ma finora non provati. Infatti, i risultati del 2003 sono largamente al di sotto delle aspettative. Né sembra vero che la cartolarizzazione acceleri il processo di vendita degli immobili. Di sicuro, consente di far cassa subito e di migliorare l’aspetto dei conti pubblici. Ma altrettanto sicuri sono i costi di cui occorre rendere nota la dimensione. Senza dimenticare i futuri costi della politica delle entrate straordinarie perseguita in questi anni.

Un contributo fondamentale ai risultati ottenuti sui conti pubblici negli ultimi anni è venuto dalle cartolarizzazioni (“securitization”).
Nel triennio 2001-2003, le operazioni promosse direttamente dallo Stato hanno dato luogo all’emissione di titoli per quasi 26 miliardi di euro, che si sono tradotti in riduzione del debito pubblico e, in alcuni casi, anche dell’indebitamento delle amministrazioni pubbliche.

Le tre Scip

L’operazione di dimensioni maggiori è quella nota come Scip2, varata a dicembre 2002: titoli per 6.637 milioni a fronte di un patrimonio immobiliare di proprietà degli enti di previdenza valutato in 7.797 milioni.
Scip2 non è stata l’unica operazione immobiliare, né probabilmente sarà l’ultima: è stata preceduta da Scip1 (dicembre 2001) con un’emissione di 2.300 milioni, sempre a fronte di immobili degli enti previdenziali, e dovrebbe essere seguita nel 2004 da Scip3 che riguarderà immobili della Difesa.
Secondo il ministero dell’Economia la dismissione mediante cartolarizzazione avrebbe il vantaggio di accelerare il processo di vendita: con i “meccanismi incentivanti delle cartolarizzazioni”, il tempo necessario per le vendite si sarebbe ridotto di tre volte.

In un precedente intervento, basato sull’esperienza di Scip1 (nel quale era confluito un programma di vendite la cui elaborazione era comunque iniziata nel 1996), avevamo espresso dubbi su questa tesi, che vengono confermati da quanto sta succedendo per Scip2.
I risultati delle vendite nel 2003 sono stati largamente inferiori alle previsioni.
Per gli immobili residenziali, gli incassi sono stati di 556 milioni, circa il 30 per cento della previsione del business plan; per gli immobili commerciali, le vendite effettive sono state pari solo all’1 per cento delle previsioni. Nell’insieme, i ricavi generati dagli immobili – vendite e canoni di affitto – alla data del 31 dicembre 2003 (al netto delle commissioni spettanti agli enti previdenziali che continuano a gestire gli immobili ma al lordo di ulteriori spese e commissioni pagabili a terze parti) ammontano a 693 milioni.

È una cifra insufficiente a rispettare la scadenza del 26 aprile 2004, quando Scip dovrà rimborsare la prima tranche di titoli (1,5 miliardi) e pagare le cedole, per un esborso complessivo di 1,9 miliardi. Il mancato rimborso dei titoli alla scadenza attesa non sarebbe tecnicamente un default, in quanto vi è sempre la possibilità di rinviare il rimborso alla data di scadenza legale (26 aprile 2006), ma non sarebbe certamente un bel segnale per i mercati.

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Soluzioni provvisorie e definitive

È quindi una prospettiva da scongiurare. Come? Un prima modalità di soluzione è stata messa in pratica a gennaio, quando alle aste è intervenuta per la prima volta Fintecna spa (al 100 per cento di proprietà del Tesoro) con un’offerta residuale per trecento alloggi: l’impegno ad acquistare al prezzo base gli immobili che non avessero ricevuto offerte valide. Alla fine, Fintecna si è aggiudicata settantadue appartamenti liberi per circa 8 milioni. Ci si può attendere ulteriori partecipazioni nelle prossime aste. Secondo il Sole 24Ore (4 febbraio), Fintecna “conferma in tal modo il suo impegno nell’attività immobiliare”. In effetti, è una conferma: Fintecna aveva acquistato, a trattativa privata, immobili demaniali per 320 milioni a dicembre 2003 e per 505 milioni a dicembre 2002.

È difficile resistere alla tentazione di dire che siamo di fronte a una variante del modello di dismissione degli immobili pubblici, per cui il Tesoro riacquista gli immobili già cartolarizzati, ovvero vende gli immobili demaniali direttamente a se stesso.
La modalità di soluzione definitiva del problema posto dalla scadenza di aprile è, comunque, quella contenuta in un decreto-legge approvato dal Governo la scorsa settimana.
L’antefatto è una disposizione inserita nel maxi-emendamento alla legge finanziaria 2004 che riconosce agli inquilini il diritto ad acquistare ai prezzi 2001 e non a quelli, di un 30 per cento maggiori, del 2002 incorporati nelle valutazioni Scip2. Ne consegue la necessità di rimborsare gli acquirenti per le vendite già effettuate e Scip per le vendite future.

La stima degli indennizzi è di 182 milioni per le vendite già effettuate e di 800 milioni per quelle future. Queste almeno sono le cifre riportate nella Relazione tecnica. Il decreto – ed è ciò che fa testo – non contiene cifre, ma rinvia per le modalità concrete di corresponsione dell’indennizzo a successivi decreti ministeriali. Si prevede comunque la possibilità dell’erogazione a Scip da parte del sistema creditizio di un prestito-ponte assistito da garanzia dello Stato (l’erogazione diretta dell’indennizzo da parte dello Stato avrebbe avuto un effetto immediato sul disavanzo pubblico, l’erogazione di un prestito da parte di terzi no).

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In teoria, la differenza tra valore degli immobili di Scip 2 e volume dei titoli emessi, 1.160 milioni, è sufficiente a coprire gli indennizzi (se questi effettivamente si limiteranno alla cifra indicata nella relazione tecnica ma non nel decreto). In pratica non è affatto detto che sia così: quella differenza (insieme con l’85 per cento dei canoni di affitto incassati fino al perfezionamento delle vendite) deve servire a pagare gli interessi sui titoli – più elevati di quelli del debito pubblico normale – e i costi fissi della cartolarizzazione (spese legali, commissioni per gli intermediari, ecc.), ora si aggiungono anche gli interessi sul prestito-ponte. Una valutazione non è possibile, in quanto non c’è informazione sulle uscite di Scip. Comunque, nel caso vi sia necessità, si farà fronte – così stabilisce il decreto – con la vendita di ulteriori immobili. Come ciò potrà essere considerato da Eurostat è da vedere.

Vantaggi presunti, costi sicuri

Insomma, tutta l’operazione Scip ha vantaggi presunti, ma finora non provati: l’accelerazione del processo di dismissione. I risultati del 2003 sono largamente al di sotto delle aspettative e ciò non dipende dall’attesa di un provvedimento che, come è avvenuto, garantisse uno sconto agli inquilini-acquirenti. Le vendite, pur sempre al di sotto delle previsioni, sono accelerate negli ultimi mesi del 2003 e non viceversa.
L’unico vantaggio certo – e non è piccolo – è quello di far cassa subito e di migliorare l’aspetto dei conti pubblici.
A fronte dei vantaggi, veri e presunti, vi sono però costi certi. Esigenze minime di trasparenza richiederebbero di renderne nota la dimensione.

Molto più difficile è una valutazione dei futuri costi della politica delle entrate straordinarie che si sta seguendo in questi anni, basata in parte sulla creazione non trasparente e non registrata di nuovo debito pubblico.

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