Sul tema della rappresentanza sindacale riproponiamo per i nostri lettori anche alcuni inteventi già apparsi sul tema. Savino Pezzotta mostra come i dissensi di principio tra Cisl e Cgil su questa materia siano ancora assai rilevanti,
ma la volontà di giungere a una soluzione in tempi brevi non faccia difetto. Pietro Ichino individua il nodo essenziale del dissenso tra le Confederazioni maggiori e propone una soluzione capace di scioglierlo, suscettibile di essere messa in pratica in via sperimentale senza necessità di un intervento legislativo, anche mediante accordi sindacali aziendali, di settore o interconfederali.

Il sindacato e la rappresentanza

Il tema della rappresentanza sindacale in genere o nei luoghi di lavoro è un tema che, a corrente alterna, provoca dibattito senza mai approdare a una soluzione strutturale e definitiva, fatto che non è dovuto al destino, ma alla complessità e alla poliedricità della questione.
Tutto sarebbe più semplice se, come pensavano e prevedevano i padri costituenti che concepirono gli articoli 39 e 40 della Costituzione, il sindacato in Italia fosse rimasto di fatto unico com’era nel 1946.
Come ben sappiamo, la storia ha voluto diversamente e oggi il pluralismo sindacale è una realtà probabilmente insuperabile almeno in tempi brevi. Il pluralismo rende arduo trovare regole accettate da tutti. Non si tratta, infatti, come può semplicisticamente apparire, di misurare e regolare il consenso in un confronto o in una competizione fra uguali.

La diversità e il conflitto

Occorre partire dal fatto che i sindacati italiani sono profondamente diversi fra loro, non hanno né la stessa cultura, né la stessa ideologia, né la medesima concezione di sé, né lo stesso modello organizzativo. Gli stessi motivi per i quali i lavoratori aderiscono all’uno o all’altro sindacato sono diversi. Del resto basta considerare che le grandi divisioni storiche del sindacalismo italiano – quella del 1948, quella del 1984, quella più vicina all’inizio degli anni Novanta e l’ultima, quella degli scorsi anni – sono derivate dalla diversa concezione del ruolo del sindacato, dalla sua essenza ed è evidente che non ci possono essere regole non coercitive che possano comporre un conflitto sulla stessa ragion d’essere delle organizzazioni.

Questa affermazione non significa, a parer mio, che regole di convivenza o di raffreddamento dei contrasti d’opinioni fra le diverse organizzazioni o gruppi di lavoratori siano inutili o impraticabili. Bisogna però avere coscienza che non esiste la regola risolutiva, la panacea di tutti i mali. Resto convinto che i dissensi politici non possono che trovare la loro soluzione nell’ambito politico, attraverso la mediazione politica.

Rappresentanza sindacale aziendale

La storia sindacale dal dopoguerra ha visto nascere, crescere ed esaurirsi prima di arrivare alle attuali Rsu, almeno tre tipi d’esperienza di rappresentanza sindacale aziendale. Le storiche commissioni interne, le Rsa previste dalla legge 300 e i consigli di fabbrica.

Ognuna di queste quattro esperienze andrebbe analizzata a fondo e in ognuna di loro scopriremmo che, accanto ad alcuni aspetti positivi, si ritrovano tutte le contraddizioni e i limiti di una regolamentazione tesa a dare una risposta univoca al tema della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro.
Contraddizioni e limiti che emergono ogni qual volta le vicende sindacali escono dalla “normalità”, quando le vertenze assumono valenza di rottura o di messa in discussione degli assetti “costituiti”. Ad esempio, nell’ultima vicenda della Sata di Melfi le Rsu, fra l’altro fresche d’elezioni, hanno svolto un ruolo oggettivamente non primario. Solo nella fase finale della vicenda hanno avuto una qualche rilevanza. Per il resto dell’intera vertenza sono state di fatto “superate” da iniziative e indicazioni partite dall’alto, dalle strutture delle organizzazioni sindacali e dal basso, su iniziativa di movimenti e comitati.
Questo perché anche le Rsu – come sempre succede alle soluzioni di compromesso – hanno dei limiti oggettivi. Esse, infatti, non sempre riescono a mediare fra gli interessi delle singole sigle sindacali e la rappresentanza dell’insieme dei lavoratori in un solo determinato luogo di lavoro. Quando parlo d’interessi intendo dire anche le direttive, le scelte, gli obiettivi che ogni singola organizzazione sindacale non aziendale, non corporativa, ha il diritto-dovere di darsi in modo democratico.

La via legislativa da evitare

Preso atto delle difficoltà oggettive a individuare delle soluzioni condivise, c’è chi pensa di risolvere la questione imponendo per via legislativa la regolamentazione della rappresentanza sindacale.
Noi continuiamo a considerare questo una fuga in avanti e un errore pericoloso.
Le regole definite per legge sarebbero una bardatura burocratica che appesantirebbe ulteriormente il già complesso mondo sindacale durante i periodi tranquilli, mentre nei periodi “caldi” sarebbero inutili, come ha dimostrato più volte le storia, ultimo caso da richiamare è quello degli autoferrotranvieri dei mesi scorsi.
In sintesi, una regola comune è assai difficile da codificare di fronte a un pluralismo sindacale in cui una parte è rappresentata da organizzazioni che fanno della libera adesione del socio la prima ragione di esistere e, quindi, riconoscono ai soli soci la titolarità esclusiva della tutela dei propri interessi e hanno nella democrazia rappresentativa e delegata la fonte della legittimazione della dirigenza. Mentre l’altra parte è fatta di organizzazioni che affidano alla democrazia diretta, assembleare e all’insieme dei lavoratori iscritti e non iscritti il ruolo dirimente delle questioni.
Questo non significa che revisioni e affinamenti delle regole pattuite tra le organizzazioni sindacali e le controparti com’è già successo per le commissioni interne, i consigli di fabbrica, le Rsu, non siano possibili anzi da tempo noi ipotizziamo che, nell’ambito della revisione del decreto del 23 luglio 1993, assieme al modello contrattuale si possano rivedere e aggiornare anche le norme che regolamentano la rappresentanza aziendale.

Una soluzione possibile (di Pietro Ichino)

Pietro Ichino

Il motivo per cui il disegno di legge Smuraglia, approvato dal Senato nel maggio 1995, non superò il successivo vaglio della Camera, sta essenzialmente nel fatto che esso tendeva a istituire per legge un organo di rappresentanza elettiva nei luoghi di lavoro, distinto e autonomo dalle associazioni sindacali (anche se queste potevano ovviamente concorrere alla sua costituzione candidando i propri rappresentanti): quell’organo di rappresentanza diventava così una sorta di “comitato di base” istituito per legge. Qualche cosa di questo genere oggi accade anche nel settore dell’impiego pubblico; e questo è uno dei motivi per cui quella disciplina non può essere assunta come modello per il settore privato.

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Nodo da sciogliere

Se si vuole sciogliere il nodo politico-sindacale che fin qui ha bloccato la soluzione del problema, il passaggio indispensabile è la rinuncia da parte dell’ordinamento statale a dar vita autoritativamente nei luoghi di lavoro a un organismo distinto dalle associazioni sindacali. In altre parole, la riforma non deve sopprimere né snaturare il rapporto organico che lo Statuto dei lavoratori del 1970 ha istituito tra le “rappresentanze aziendali aziendali” e le associazioni sindacali esterne all’azienda; e non deve in alcun modo limitare la libertà di scelta di ciascuna associazione sindacale circa l’assetto del proprio rapporto con la base.

La riforma deve consistere soltanto nella previsione di una consultazione elettorale biennale o triennale in tutti i luoghi di lavoro, nella quale i lavoratori indicano l’associazione dalla quale intendono essere rappresentati; e nel proporzionamento del numero dei rappresentanti sindacali aziendali attribuiti a ciascuna associazione al numero dei consensi da questa ricevuti.

Nella rigorosa riaffermazione del rapporto organico tra associazione e rappresentanza aziendale sta l’elemento indispensabile di garanzia dell’esigenza da sempre sottolineata dalla Cisl nel dibattito sulla disciplina delle rappresentanze aziendali: la salvaguardia della sovranità dell’associazione sulla propria organizzazione interna e sui propri meccanismi decisionali. Viceversa, nell’introduzione della regola della consultazione periodica a suffragio universale sta l’elemento indispensabile di garanzia dell’esigenza da sempre sottolineata dalla Cgil: dell’esigenza, cioè, di dare voce a tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti, cui di fatto l’iniziativa sindacale si riferisce e il contratto stipulato dall’associazione sindacale si applica.

Nell’ipotesi di soluzione qui proposta quell’esigenza viene soddisfatta senza alcun pregiudizio né per la sovranità dell’associazione sulle forme della propria organizzazione nei luoghi di lavoro, né per l’autonomia del sistema di relazioni sindacali.

Confermare la sovranità piena dell’associazione sindacale nel governo del rapporto fra la propria struttura e la rappresentanza aziendale non significa, ovviamente, rinunciare a quella forma di dialogo democratico tra organizzazione sindacale e base che è costituita dall’elezione dei rappresentanti aziendali da parte dei lavoratori rappresentati: l’opzione in questo senso da parte delle confederazioni maggiori, come regola generale, può considerarsi da tempo consolidata.

Ma questa non deve essere imposta dalla legge: essa è sempre stata e deve restare un’opzione statutaria di ciascun sindacato, libera anche per quel che riguarda le sue modalità di attuazione concrete e il suo possibile adattamento alle circostanze. In particolare, deve poter rientrare nella dialettica tra associazione e base anche l’eventuale revoca da parte dell’associazione stessa dell’investitura al rappresentante aziendale la cui azione – ancorché contingentemente sorretta dal consenso della base aziendale – si riveli incompatibile con le opzioni strategiche generali. Possibilità di revoca che presuppone logicamente il mantenimento esplicito del rapporto organico tra rappresentanza aziendale e associazione sindacale esterna e del vincolo di mandato (negati invece nel disegno di legge approvato dal Senato nel maggio 1995), cioè la non alterità e autonomia della prima rispetto alla seconda.

Lo schema d’accordo

La sperimentazione di un meccanismo di verifica periodica della rappresentatività del tipo di quello qui delineato può opportunamente fondarsi anche su accordi collettivi aziendali, regionali, di settore o interconfederali, anche prima che sulla materia intervenga la legge.

Nulla vieta, infatti, che le confederazioni maggiori e ogni altra associazione disponibile stipulino con un imprenditore o un’associazione imprenditoriale un accordo-quadro – di cui una possibile traccia è qui allegata – contenente:

– il regolamento della consultazione elettorale periodica e dell’attribuzione dei rappresentanti sindacali aziendali in proporzione ai consensi ricevuti da ciascuna associazione o coalizione;

– l’impegno di tutte le parti firmatarie a riconoscere come legittimata a contrattare con effetto esteso a tutti i rapporti di lavoro nell’azienda, o nella categoria coperta dall’accordo, la sola associazione o coalizione che disponga della maggioranza dei rappresentanti in seno alla stessa azienda, o della maggioranza dei consensi espressi nell’ambito della categoria.

Un accordo di questo genere creerebbe una cornice di regole del gioco, nell’ambito della quale anche le eventuali future divergenze di linea tra associazioni o tra confederazioni potrebbero esprimersi civilmente senza effetti laceranti. La sperimentazione contrattuale, qualora i risultati siano soddisfacenti, potrebbe essere seguita in un secondo tempo dalla generalizzazione del regolamento mediante intervento legislativo.

 

 

SCHEMA DI ACCORDO-QUADRO COLLETTIVO AZIENDALE SUL RIASSETTO DELLE RELAZIONI SINDACALI IN AZIENDA (di Pietro Ichino)

Pietro Ichino


Oggi, … …….. 2004, tra

   – la S.p.A. ………….., in persona di …………….., da qui in avanti indicata come “la Società” e le Organizzazioni sindacali:

   – … – … – …

   – … – … – …

   – … – … – …

si è convenuto quanto segue.

PREMESSO

che le Parti concordano sulla necessità di porre in essere un sistema di relazioni aziendali fondato sul principio della partecipazione di tutte le Organizzazioni sindacali all’esercizio dell’autonomia negoziale collettiva con peso proporzionato alla rispettiva rappresentatività effettiva

SI CONVIENE

1. Durata dell’accordo – Il presente accordo ha carattere provvisorio e sperimentale. Esso pertanto vincola le Parti soltanto per la durata di un quadriennio dalla data della stipulazione.

2. Numero complessivo dei dirigenti delle r.s.a. – La Società si impegna nei confronti delle Organizzazioni sindacali firmatarie a riconoscere quali dirigenti delle rispettive rappresentanze aziendali (ex artt. 19 e 23 della legge 20 maggio 1970 n. 300) n° *** lavoratori dipendenti dalla Società, distribuiti fra le Organizzazioni stesse secondo i criteri di cui agli articoli seguenti.

3. Distribuzione dei dirigenti delle r.s.a. – La distribuzione dei dirigenti tra le r.s.a. delle Organizzazioni sindacali firmatarie del presente accordo avverrà secondo un criterio di rigorosa proporzionalità, in relazione ai voti conseguiti da ciascuna Organizzazione, o coalizione di Organizzazioni, in una consultazione elettorale che si terrà entro venti giorni dalla stipulazione del presente accordo e poi nuovamente nel ventiquattresimo mese successivo.

4. Comitato elettorale – La consultazione elettorale si svolgerà nel corso di un’unica giornata e in un collegio unico aziendale, nel quale l’elettorato attivo sarà riconosciuto a ciascuno dei dipendenti della Società, ivi compresi i collaboratori coordinati e continuativi e i lavoratori a progetto, con la sola esclusione dei dirigenti. La distribuzione dei seggi elettorali decentrati, la loro composizione, la nomina degli scrutatori, la data della consultazione e le modalità di formazione e compilazione dei registri degli elettori, nonché di raccolta, scrutinio e trasmissione dei voti, saranno decise da un Comitato elettorale costituito da un delegato designato da ciascuna delle Organizzazioni firmatarie, nonché da un delegato designato dalla Direzione aziendale con funzione soltanto consultiva.

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5. Schede elettorali ed espressione del voto – Il Comitato elettorale curerà la predisposizione, a spese della Società, delle schede elettorali, l’autenticazione (mediante timbro e firma di almeno due suoi membri) e l’invio tempestivo delle stesse a ciascun seggio in plico sigillato. In ciascuna scheda comparirà uno spazio per il simbolo e la sigla di ciascuna delle Organizzazioni firmatarie del presente accordo, o per ciascuna coalizione di Organizzazioni. Il voto verrà espresso, con modalità che ne garantiscano la segretezza, mediante una croce apposta nello spazio dell’Organizzazione prescelta.

È facoltà di ciascuna delle Organizzazioni sindacali o di gruppi di esse disporre affinché nella scheda elettorale sia possibile al lavoratore esprimere, oltre alla scelta dell’associazione o coalizione di associazioni, anche una o più preferenze nominative.

6. Sistema elettorale – Entro i tre giorni successivi allo svolgimento della consultazione, il Comitato elettorale procederà alla determinazione del numero di dirigenti di r.s.a. spettanti a ciascuna Organizzazione nel modo seguente. Si calcolerà la somma di tutti i voti validi e la si dividerà per un divisore pari al numero complessivo dei posti, di cui al § 2; si dividerà il numero dei voti conseguiti da ciascuna Organizzazione per il numero risultante dall’operazione precedente. Si assegnerà quindi a ciascuna Organizzazione un numero di dirigenti di r.s.a. pari al numero intero risultante dalla seconda divisione. Si procederà infine all’assegnazione dei posti residui, per raggiungere il numero complessivo, alle Organizzazioni che abbiano conseguito i resti maggiori.

7. Proclamazione del risultato elettorale – Il risultato della consultazione sarà verbalizzato e comunicato immediatamente in forma scritta dal Comitato elettorale alle Organizzazioni sindacali e alla Direzione aziendale.

8. Nomina dei dirigenti sindacali – In seguito alla comunicazione di cui all’articolo precedente, ciascuna Organizzazione o coalizione di Organizzazioni nominerà i propri dirigenti di r.s.a., sulla base di una libera determinazione delle modalità di scelta, nonché della distribuzione territoriale e funzionale degli stessi, in numero pari a quello assegnatole a norma degli articoli che precedono, e ne darà comunicazione scritta alla Direzione aziendale.

La corrispondenza tra la nomina di cui al comma precedente e il numero dei voti di preferenza espressi dai lavoratori nella consultazione elettorale è materia di competenza esclusiva dell’Organizzazione, o della coalizione di Organizzazioni, la quale si sia avvalsa della facoltà di cui al secondo comma del § 5.

9. Permessi sindacali – A ciascuna Organizzazione firmataria del presente accordo sarà assegnato un monte-ore annuo di permessi sindacali retribuiti pari a n° *** ore moltiplicate per il numero di dirigenti di r.s.a. conseguiti mediante la consultazione elettorale. A detto monte-ore l’Organizzazione potrà attingere anche per consentire lo svolgimento di attività sindacale a membri della propria r.s.a. diversi dai dirigenti di cui all’art. 8.

10. Contrattazione collettiva aziendale – Dal momento della comunicazione del risultato elettorale di cui all’art. 7, la Società si impegna a stipulare contratti o accordi collettivi aziendali soltanto con Organizzazioni alle quali, complessivamente considerate, appartenga la maggioranza dei dirigenti di r.s.a. di cui all’art. 8. Le Organizzazioni firmatarie del presente accordo e la Società si impegnano a cercare lealmente e con ogni mezzo le soluzioni che consentano la sottoscrizione unitaria di ciascun contratto.

Fermo il suddetto impegno di solidarietà reciproca delle Organizzazioni sindacali e ricerca della soluzione unitaria, esse comunque accettano e rispettano la volontà negoziale che ciononostante dovesse formarsi secondo il principio di maggioranza e pertanto riconoscono come efficace nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti dalla Società il contratto o accordo aziendale stipulato, secondo tale principio, con il consenso pieno delle Organizzazioni cui appartenga la maggioranza dei dirigenti di r.s.a. di cui all’art. 8. In tal caso l’eventuale – e non necessaria – sottoscrizione anche da parte delle Organizzazioni dissenzienti avverrà con menzione ed eventuale motivazione del loro dissenso di merito manifestatosi nella fase di negoziazione.

Nel caso di cui al comma precedente, per la durata dell’accordo o contratto le Organizzazioni dissenzienti non promuoveranno scioperi in riferimento alle materie costituenti oggetto del contratto o accordo stesso.

11. Norma transitoria – Qualora prima del termine di cui all’art. 1 né la Società né alcuna delle Organizzazioni sindacali firmatarie abbiano dato disdetta del presente accordo, esso continuerà a produrre i propri effetti – salva la facoltà di recesso di ciascuna delle Parti – fino all’entrata in vigore di un nuovo accordo sulla stessa materia. Qualora gli effetti del presente accordo vengano prorogati, allo scadere di ciascun biennio si procederà comunque a una nuova consultazione elettorale per la distribuzione dei dirigenti di r.s.a.

12. Nuove adesioni – Ciascuna delle Organizzazioni sindacali che non abbiano sottoscritto il presente accordo potrà farlo in qualsiasi momento, previo accordo con le Organizzazioni firmatarie originarie e con la Direzione aziendale circa il riconoscimento transitorio di dirigenti di r.s.a. e il monte-ore di permessi retribuiti disponibile in attesa della nuova consultazione elettorale.

13. Soluzione delle controversie applicative – Qualsiasi contestazione circa l’esito delle elezioni o comunque circa l’applicazione del presente accordo sarà decisa da un arbitro unico nominato concordemente dalle Parti o – in difetto di accordo tra di esse – dal Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale di *************** su richiesta di una delle Parti medesime, senza alcun vincolo procedurale salvo quello di sentire in contraddittorio tra loro la Direzione aziendale e tutte le Organizzazioni interessate.

 

 

 

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