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La trappola dell’aliquota

La riforma del sistema fiscale prevede il passaggio a tre sole aliquote. La più elevata sarà al 39 per cento, con una riduzione di sei punti per chi ha un reddito superiore a 70mila euro. Invece per i contribuenti al di sotto di questa cifra, le aliquote marginali non si ridurranno affatto, anzi aumenteranno, come è già accaduto in alcuni casi con il primo modulo. Perché la riforma non interviene sul sistema delle deduzioni. E un aumento degli assegni al nucleo familiare potrebbe far scattare vere e proprie trappole della povertà per lavoratori dipendenti, parasubordinati e pensionati.

Edward Prescott, fresco di Nobel, ha incoraggiato i governi al taglio delle tasse. L’argomento è che aliquote marginali elevate hanno effetti negativi. C’è certamente un elemento di verità nella tesi, ma non voglio qui discutere su quanto sia rilevante. La domanda che si può porre è un’altra: ma il taglio delle tasse comporta la riduzione delle aliquote marginali? Ricordo che fino al 2002 le aliquote andavano dal 18 per cento al 45 per cento.

Le aliquote marginali non scendono

Se, come sembra (ma non è sicuro, dato che An insiste per un’aliquota al 43 per cento), l’aliquota più elevata sarà quella al 39 per cento, tutti i contribuenti con reddito superiore a 70mila euro avranno una riduzione di sei punti, che è giusto la metà esatta di quella promessa da Berlusconi e ribadita con la legge delega, ma comunque è una riduzione.
Ma gli altri, cioè la maggior parte? Ebbene, per loro le cose resteranno come sono: le aliquote non si sono ridotte, anzi in certi casi sono aumentate, già col prima modulo che è iniziato nel 2003.
Consideriamo un lavoratore dipendente: invece di cinque aliquote (da 23 a 45), ne avrebbe tre (secondo il progetto di Siniscalco; le cifre sono in euro):

fino a 26mila euro 23 per cento
da 26mila a 33mila 33 per cento
oltre 33mila  39 per cento

Ma il lavoratore ha anche un sistema di deduzione linearmente decrescente, nel senso che fino a 7.500 euro non versa nulla, mentre tra 7.500 e 33.500 la deduzione si riduce di 28,85 ogni 100 di aumento. Ad esempio, se il reddito è a mezza strada tra 7.500 e 35mila, cioè 20.500, la deduzione è dimezzata: 3.750. Tale sistema non viene toccato.
Il risultato che si ottiene è che le prime due aliquote marginali effettive sono le seguenti: 29,63 per cento e 37,37 per cento.
Ma la cosa più divertente accade a un contribuente il cui reddito passi da 33mila a 33.500 euro (un incremento del reddito di 1,5 per cento). A 33mila aveva ancora una deduzione di 144 euro, che si azzera a 33.500. Pertanto oltre a versare sui 500 euro il 39 per cento, cioè 195 euro, perde i 144 di deduzione. L’aliquota marginale effettiva per questo incremento di 500 euro è del 67,8 per cento. Superata la soglia dei 33.500 però l’aliquota tornerà al 39 per cento.
Sono stato un po’ cattivo: a parte quei 500 euro, le aliquote marginali stanno tra 30 e 39, cifre peraltro che Prescott considererebbe sicuramente elevate.
Ma la storia per i lavoratori dipendenti non finisce qui.

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Il caso degli assegni al nucleo familiare

Infatti, i lavoratori dipendenti e i pensionati ex dipendenti, nonché i parasubordinati, hanno gli assegni al nucleo familiare: aumentano con l’aumentare del numero dei figli a carico, e si riducono con l’aumentare del reddito familiare. Il sistema è per classi di reddito: vi sono numerosi gradini in discesa che riducono il trasferimento appena si supera la soglia, fino a che il sussidio si annulla. Attualmente i limiti degli scaglioni (in euro, arrotondati) sono:
fino a 11.700
da 11.700 a 14.470
da 14.470 a 17.250
da 17.250 a 20.025
da 20.025 a 22.800
da 22.800 a 25.580
da 25.580 a 28.355
e via seguitando; tali limiti sono indicizzati ai prezzi.
Il meccanismo degli assegni al nucleo familiare è tale per cui il reddito dell’anno N influenza gli assegni del secondo semestre dell’anno N+1 e primo dell’anno N+2.
Immaginiamo che un lavoratore abbia un incremento di 500 euro (oltre a quello pari all’inflazione dell’anno precedente) nell’intorno della soglia della classe (ad esempio da 11450 a 11950). Il passaggio di classe fa perdere una parte del trasferimento, e questa imposta implicita si somma a quella dell’Irpef. In questi casi le aliquote marginali effettive (di competenza, per la ragione accennata) sono:




Come si vede le aliquote marginali eccedono, nel caso di due figli, l’unità (nel caso della soglia di 20025 saremmo oltre l’unità anche senza aliquota del 29,6 per cento dell’Irpef). Da notare che abbiamo scelto un incremento unitario abbastanza ampio, per non esasperare il fenomeno. 
Questo problema non è nato adesso; preesisteva da tempo. Le tax reform di questa legislatura non hanno fatto nulla per attenuarlo: non solo, ma i giornali parlano da tempo di una proposta di incremento degli assegni al nucleo familiare di 600 euro (50 mensili) per la prima classe, con l’intento (lodevole) di tener conto del problema dell’incapienza. Lascio al lettore immaginare che vera e propria trappola della povertà ne deriverebbe.
È possibile armonizzare Irpef e assegni al nucleo familiare (e altre voci minori di spesa d’assistenza) in modo da evitare problemi del genere. Con Claudio De Vincenti e Corrado Pollastri ho lavorato a una proposta che il lettore interessato può trovare sul sito Siep dell’Università di Pavia www.unipv.it. Un’altra proposta è stata elaborata da Massimo Baldini, Paolo Bosi e Massimo Matteuzzi sul sito Capp dell’Università di Modena, www.capp.unimo.it.

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  1. Riccardo Bellocchio

    Ho letto con particolare interesse l’intervento del professore e facendo alcuni calcoli reali ho verificato che i risultati non collimavano con le tesi esposte.

    Infatti se ipotizziamo il solo cambiamento delle aliquote sull’attuale sistema fiscale fatto di detrazioni e deduzioni vediamo che a fronte di un reddito di 7500 euro non ho nessun versamento fiscale mentre con un reddito di 20500 euro il versamento fiscale è pari a 3.852,50 pari ad una aliquota media effettiva del 18,79 % e un’aliquota marginale del 29,63 %.
    Tale effetto è sempre esistito anche nel sistema fiscale precedente lintroduzione del primo modulo fiscale. Infatti nel 2002 un contribuente con un reddito di 7.500 euro pagava 368,73 euro pari ad una aliquota media del 4,9%. Con un reddito di 20.500 euro l’esborso fiscale era pari a 4.210,13 con un’aliquota media del 20,53% e una marginale del 29,54%. L’aliquota marginale aumenta ma l’esborso fiscale diminuisce. (dal 20,53 al 18,79) .

    Anche nel secondo caso prospettato i conti non tornano. Ipotizzando di essere già nella nuova riforma, mantenendo in essere le attuali deduzioni e detrazioni con un reddito di 33.000 euro l’esborso fiscale netto sarebbe di 8.007,48 pari ad una aliquota media del 24,26% e un’aliquota marginale del 33%. Con l’incremento di reddito a 33.500,00 l’esborso fiscale sarebbe di 8.250 euro per effetto della presenza di una detrazione dall’imposta di 235,00 euro con un’aliquota media del 24,62 ed un’aliquota marginale solo del 48,50 e non del 67,80 in quanto le deduzioni rappresentano un abbattimento dell’imponibile e non un minor reddito.

    Anche qui se proiettiamo la stessa situazione a prima della riforma del 2003 la situazione sarebbe stata la seguente: di fronte ad un reddito di 33.000 euro l’esborso fiscale era pari a 8.557,59 pari ad una aliquota media del 25,93 e un’aliquota marginale del 39%. All’incremento del reddito a 33.500 l’esborso fiscale sarebbe stato dei 8.752,59 pari ad una aliquota media del 26,12 sempre con un’aliquota marginale del 39%. Anche qui mantenendo ferme l’aliquota marginale l’esborso fiscale aumenta.

    Vorrei quindi chiedere un chiariemnto se questa considerazione è fondata. Grazie.

    • La redazione

      Il sig. Bellocchio nota giustamente che per i redditi bassi e medi le aliquote medie dell’irpef si sono ridotte; questo è l’effetto della estensione della no tax area da 6200 circa a 7500 euro (per un lavoratore dipendente). Il punto è però
      che non vi è stata riduzione delle aliquote marginali, come richiesto dalla supply side economics, che punta il dito sugli effetti di sostituzione dovuti appunto alle aliquote marginali. E’ vero che la decrescenza a scalini delle detrazioni fiscali determinavano aliquote marginali elevate anche in precedenza, e da questo punto di vista il passaggio alla deduzione continuamente decrescente è un miglioramento che evita i salti bruschi nel passaggio da una classe di reddito ad un’altra; ma proprio in questo modo risultano più evidenti le vere aliquote marginali implicite.
      Nel caso del passaggio da 33.000 a 33.500 euro il sig. Bellocchio ha ragione: ho sommato all’imposta di 165 euro la deduzione di 144 (errore grave per un professore di scienza delle finanze; mai fidarsi dei fogli elettronici!); ma come lui correttamente indica l’aliquota marginale è “solo” del 48,50. Cioè un’aliquota più alta di quella massima (vecchia) del
      45, o di quella massima che dovremo avere fra breve, non si sa bene se al 39 o 43. Ma si tratta comunque di una situazione puntuale che potrebbe essere corretta. Il punto generale è che se si cerca di ottenere la progressività con deduzioni decrescenti (anche per ragioni di gettito) non si può ottenere una riduzione delle aliquote marginali; se, come sembra, le deduzioni decrescenti verranno estese agli oneri familiari, tre breve potremo verificare quali aliquote marginali effettive salteranno fuori.

      Cordiali saluti, Ruggero Paladini

  2. Edoardo Foletti

    Il calcolo dell’aliquota marginale nel passaggio da 33.000 a 33.500 euro di imponibile è andato soggetto ad una svista.
    Infatti, sull’imponibile di 33.000 euro la deduzione è effettivamente di 144 euro e l’imposta complessiva dovuta è di 8.242,48 euro; con 33.500 euro di imponibile, invece, non si ha diritto a deduzione e l’imposta è di 8.455,00 euro.
    Pertanto l’incremento di imposta sugli ultimi 500 euro è di euro 212,52, di cui euro 195,00 corrispondenti al 39% di 500 ed euro 17,52 corrispondenti al 39% di 144 (la minor deduzione).
    Questo perché la minor deduzione non si traduce in un aggravio di imposta di pari importo, ma in un aumento della base imponibile, che farà incrementare l’imposta di un importo pari al prodotto del maggiore imponibile per l’aliquota applicabile.
    Inoltre, i 144 euro di minor deduzione saranno tassati all’aliquota del 33% e non all’aliquota del 39%, perché sono compresi nella fascia di reddito che va da 32.856 a 33.000; i 500 euro di maggior guadagno saranno anch’essi tassati al 33% perché portano il reddito da 33.000 a 33.500 euro.
    Perciò la maggiore imposta complessiva sarà:

    euro 500 x 33% = euro 165,00
    euro 144 x 33% = euro 47,52

    totale euro 212,52 come già anticipato.

    L’aliquota marginale, quindi, è – in questo caso specifico – del 42,54% (euro 212,52 / 500) e non del 67,8%. E, come giustamente osserva il professore, la stessa è destinata a tornare al 39% superati i 33.500 euro.

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