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Il taglio che aumenta le imposte. Episodio II

Dopo l’emanazione del dovuto decreto che rincara alcune imposte fisse, il quadro sembra ancora più negativo per i contribuenti di quello tracciato all’indomani della presentazione del maxiemendamento. Se le previsioni di maggior gettito del Governo sono corrette, nel prossimo triennio gli italiani pagheranno in complesso più tasse. Se per vari motivi sono sovrastimate, o comunque di corto respiro, non garantiscono una copertura della riforma dell’Irpef a regime e una tenuta del disavanzo. Saranno allora inevitabili nuove imposte o un taglio delle spese.

Come previsto dalla Finanziaria, il Governo ha emanato (entro il termine prestabilito del 31 gennaio) il decreto che aumenta, più di quanto giustificabile per recuperare l’inflazione, gli importi di alcune imposte fisse (bollo, registro, ipotecarie, catastali eccetera).
Così, a fianco degli sgravi dell’Irpef, inizieranno presto a manifestarsi anche quei meno visibili, ma ampiamente diffusi, aggravi di imposta sparsi fra i 572 commi dell’unico articolo di cui si compone questa Finanziaria, dopo la kafkiana metamorfosi subita nel corso dell’iter parlamentare.
Il quadro complessivo che emerge, almeno stando alle cifre ufficiali, sembra ancora più negativo per i contribuenti di quello tracciato subito dopo la presentazione del maxiemendamento che ha introdotto i tagli all’Irpef.

Le cifre del Governo

Includendo gli oltre 2,2, miliardi di euro del condono edilizio (le cui seconda e terza rata sono slittate al 2005), stando alle cifre previste dal Governo, i contribuenti si troveranno a pagare  più imposte per circa 5,5, miliardi di euro nel 2005, 1,9 miliardi di euro nel 2006 e 1,76 nel 2007.
Questo aggravio netto di imposta, come mostra la tabella 1, è il risultato di un saldo fra aumenti e riduzioni di diverse forme di prelievo e tiene conto di alcuni provvedimenti, finalizzati ad arginare la deriva dei conti pubblici e assunti dal Governo con i decreti di luglio e novembre 2004, relativi alle assicurazioni, alle banche e altre istituzioni finanziarie, e alle fondazioni bancarie. (1)
Gli interventi più consistenti sono ovviamente contenuti nella Legge finanziaria per il 2005.
Le maggiori entrate previste, più elevate di quanto originariamente prospettato nel disegno di legge finanziaria (da 7,5 a 8,6 miliardi nel 2005 e circa 8 invece di 4 miliardi nel biennio successivo), superano abbondantemente gli sgravi, con un saldo netto nel complesso negativo per i contribuenti.
La natura delle maggiori e minori entrate va tuttavia tenuta distinta, almeno secondo la griglia fornita nella tabella 2.

Gli sgravi fiscali

Tra le minori entrate, tre quarti il primo anno e quasi il 90 per cento negli altri due vanno alla riforma dell’Irpef e beneficeranno, secondo andamenti a dire il vero a volte ben poco giustificabili , le famiglie.
Diversamente da quanto inizialmente prospettato dal Governo , per le imprese non soggette all’Irpef (società di capitali) non vi è nessuno sgravio fiscale nel 2005. Le agevolazioni relative all’Irap inizieranno a fare sentire i loro effetti solo a partire dal 2006, ma saranno comunque di entità molto limitata (solo un decimo circa di quanto destinato alle famiglie).
Nel 2005 le altre riduzioni di imposta sono costituite in realtà da proroghe di agevolazioni (2), la cui scadenza viene di anno in anno rinviata, ma che il Governo sembra essere intenzionato a eliminare, in buona parte, a partire dal prossimo anno. Se questa intenzione è attendibile, possono essere considerate alla stregua di un rinvio (al prossimo anno) di una maggiore tassazione per le categorie interessate dalle agevolazioni.

Leggi anche:  Intervento sull'Irpef: limitato e temporaneo

Le maggiori entrate

A costo di qualche forzatura, è utile distinguere le varie misure di aumento delle entrate in quattro tipologie.

Bolli, tabacchi e giochi

Un primo gruppo comprende gli inasprimenti delle imposte sui tabacchi, sulle concessioni governative, di bollo, registro, ipotecarie, catastali e delle imposte sui giochi, nonché l’estensione dell’ambito di applicazione di alcuni di questi tributi (ad esempio l’introduzione del bollo per le dichiarazioni di conformità dei veicoli). Dovranno fornire, stando alle stime del Governo, un gettito di circa 2,3 miliardi di euro nel 2005, 3,3, miliardi nel 2006 e 3,8 nel 2007. Il loro ammontare dovrebbe essere dunque tale da compensare a regime più della metà degli sgravi Irpef, con un impatto redistributivo complessivo di segno negativo. Infatti, da un lato, il secondo modulo della riforma Irepf abbassa le aliquote più elevate, dall’altro, gli inasprimenti fiscali in oggetto riguardano imposte per lo più di importo fisso, con un impatto ampiamente regressivo. Si tratta di imposte in molti casi poco giustificabili in un moderno sistema tributario, ma a cui spesso si fa ricorso al fine di conseguire in modo facile gettito addizionale, contando sulla scarsa elasticità della domanda dei beni e servizi su cui gravano.

La lotta all’evasione

Un secondo gruppo di interventi prevede di recuperare gettito attraverso il contrasto all’evasione e all’elusione, soprattutto nel caso dei redditi di impresa e lavoro autonomo soggetti agli studi di settore e in quello dei redditi e dei valori dei fabbricati. Di minore importanza quantitativa, ma di uguale natura, sono gli incassi previsti per il recupero dell’Iva evasa su transazioni comunitarie e per una più efficace attività di riscossione.
Su interventi a contrasto dell’evasione non si può in linea di principio che essere d’accordo.
Più problematico è capire se quelli previsti possano consentire, almeno nell’immediato, gli effetti di gettito previsti. È il caso in particolare delle entrate che ci si attende dalla revisione degli studi di settore, la cui stima è rimasta pressoché immodificata pur a fronte di una radicale revisione della norma inizialmente prevista. Un primo approfondimento su questi temi riguarda la tassazione degli immobili.

I provvedimenti per “fare cassa”

Un altro gruppo di entrate ha natura una tantum, come quelle derivanti dal condono edilizio.Oppure è una mera anticipazione di entrate comunque dovute, come quelle ottenute tramite l’aumento della percentuale degli acconti, da cui ci si attende più di un miliardo di euro nel 2006. Sono interventi volti a far cassa nell’immediato, che non costituiscono per loro natura introiti capaci di finanziare in modo permanente la riduzione dell’Irpef, primo e secondo modulo, garantendo il contenimento del disavanzo.
Tra gli interventi minori, che meritano però di essere ricordati perché emblematici di come il ministro dell’Economia abbia dovuto “raschiare il fondo del barile” per far quadrare i conti, vi è quello che “storna” a favore del bilancio dello Stato le quote della componente della tariffa elettrica destinate a compensazione dei siti che ospitano impianti nucleari e a favore della Sogin (Società gestione impianti nucleari Spa) per lo smantellamento delle società nucleari dismesse. Non vi è in questo caso un aggravio immediato per il contribuente, ma il miglioramento previsto nel saldo delle amministrazioni pubbliche vale solo nell’ipotesi di sacrificare quelle spese a cui queste imposte erano originariamente destinate.

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Le entrate “virtuali”

Non va infine trascurata un’ultima categoria, che per la sua peculiare natura abbiamo preferito mettere sotto la riga, nella tabella 2. Si tratta degli aumenti di imposta previsti nell’ipotesi che la riforma Irpef determini un incremento dei redditi disponibili, che venga poi destinata dai contribuenti o ai consumi (facendo aumentare il gettito Iva) o ai risparmi (facendo aumentare il gettito sui redditi finanziari). Queste entrate sono del tutto “virtuali”: presuppongono infatti un aumento del reddito disponibile che non avrà luogo, visto che, come si è ricordato, nel complesso i contribuenti sono chiamati a pagare più imposte, non meno.

Verso nuove imposte?

Delle due l’una: o le previsioni di maggior gettito del Governo sono corrette e nel complesso i contribuenti pagheranno più tasse, nel prossimo triennio, o sono per vari motivi sovrastimate o comunque di corto respiro e dunque incapaci di garantire una copertura della riforma dell’Irpef a regime e una tenuta del disavanzo.
In quest’ultimo caso, che riteniamo di gran lunga il più probabile, la domanda che viene spontanea è: quali nuove imposte dovranno pagare i contribuenti, o a quali ulteriori spese dovranno rinunciare, per coprire a regime l’attuale riforma dell’Irpef e per portare a termine la riforma fiscale che prevede l’ulteriore riduzione delle aliquote più elevate dell’Irpef e la progressiva abolizione dell’Irap, insistentemente richiesta dalle imprese, che incalzano il Governo per avere la loro parte di sgravi?


(1) Non sono invece inclusi gli effetti di misure introdotte in sede di conversione del decreto di luglio, tra cui quella che ha elevato l’imposta sui mutui (sulle seconde case) dallo 0,25 per cento al 2 per cento ed è intervenuta in materia di bolli. Non si dispone infatti di una quantificazione di queste misure sugli esercizi 2005-2007, ma il gettito non è trascurabile (quello previsto per il solo 2004 superava i 550 milioni di euro).

(2) Ad esempio, per gli autotrasportatori, per le agevolazioni Irap e Iva in agricoltura, e così via.



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  1. Un lettore della voce.info

    Innanzitutto, non posso che complimentarmi con le due autrici per l’interessante e chiariassimo articolo messo a disposizione dei tanti lettori della voce.info; consentitemi però di chiedervi una integrazione al discorso della copertura del secondo modulo della riforma Irpef. I
    n modo particolare vi chiedo di soffermarvi sul lato dei controlli e/o tagli alle spesa pubblica, se del caso, che non avete considerato nel vostro articolo, e che potrebbero finanziare il taglio dell’Irpef varato con la finanziaria 2005.

    Cordialmente
    Un lettore della voce.info

    • La redazione

      Grazie,
      lavoce.info tornerà presto sull’argomento dei tagli e controlli della spesa (l’altro lato della finanziaria) che merita una apposita trattazione.
      Ovviamente non va dimenticato che questi tagli sono parte essenziale della manovra di 24 miliardi di euro individuata come necessaria non già per finanziare il secondo modulo della riforma Irpef quanto per mantenere il deficit entro gli obiettivi del patto di stabilità.

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