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Il rifiuto che scotta

La vicenda rifiuti in Campania ha vari aspetti, tecnologici ed economici. Il settore rappresenta una delle maggiori aree d’affari e di occupazione del Mezzogiorno. Se gli oneri per il funzionamento degli impianti dovessero risultare troppo alti e non bilanciati dai crediti ancora in via di definizione, la società che nel 2000 se ne è aggiudicata la lavorazione potrebbe farsi indietro. Si potrebbero allora impiegare gli operatori dei Consorzi di bacino, istituiti per la mai decollata raccolta differenziata. In un difficile equilibrio da cercarsi tra Napoli e Roma.

Nella vicenda rifiuti in Campania è possibile individuare vari aspetti distinti anche se strettamente interrelati.
Il primo è di natura tecnologica. La scelta fatta nel Duemila impone all’aggiudicataria del servizio (la Fibe spa) la lavorazione dei rifiuti raccolti in sette impianti per la produzione di combustibile da rifiuto (Cdr). (1)
Questa produzione determina anche l’ottenimento di frazione organica stabilizzata (Fos) e residui diversi per i quali è necessario provvedere allo smaltimento definitivo. (2)
Il problema di individuare siti adeguati allo scopo è ciò che ha determinato le roventi proteste popolari rimbalzate alle cronache nazionali negli ultimi mesi e che periodicamente torna a riscaldare gli animi in Regione. L’ultimo episodio di un certo clamore è quello in cui si è rimosso il blocco autostradale in corso da giorni solo a seguito di un diretto intervento del capo della Protezione civile Guido Bertolaso che ha garantito il funzionamento dell’impianto di discarica previsto in località Basso dell’Olmo, per un solo anno, da maggio 2005 a maggio 2006, e per un volume complessivo di circa 420mila metri cubi di rifiuti. Solo il Cdr prodotto continuerà a essere stoccato, in attesa di essere impiegato presso i così detti impianti di termovalorizzazione. La realizzazione di questi impianti è ancora di là da venire e le balle accatastate occupano un’estensione complessiva superiore ai 500mila metri quadrati. Si noti che questo fatto, rappresenta di per sé un’eccezione al capitolato d’oneri sottoscritto dalla Fibe: il Cdr prodotto, in assenza di un possibile impiego immediato nella Regione, avrebbe dovuto essere destinato al recupero energetico presso altri stabilimenti al di fuori della Campania.

Le inadempienze

Su questa e altre irregolarità è intervenuta la magistratura mettendo in luce, tra l’altro, l’inadeguata lavorazione dei rifiuti da parte dell’aggiudicataria. Negli impianti il rifiuto non subisce di fatto variazioni qualitative di nessun rilievo. Il Cdr non avrebbe dovuto rappresentare più del 35 per cento del totale conferito ed è invece più del 50 per cento. La stessa composizione merceologica del materiale ottenuto non è corrispondente al dettato del capitolato. Ad esempio, la lavorazione avrebbe, dovuto comportare una diminuzione di peso (per perdita ed evaporazione delle componenti liquide) pari ad almeno il 10 per cento del rifiuto che risulta, invece, assente. Il Cdr ottenuto, insomma, altro non è che rifiuto non lavorato e, semplicemente, compattato in balle, mentre la Fos non risulta regolarmente stabilizzata oltre a contenere ancora rilevanti componenti di rifiuti solidi urbani.
L’immediata conseguenza di questi rilievi è stato il sequestro di tutti gli impianti con le immaginabili conseguenze sul sistema di raccolta. di cui si è tornato a parlare circa un mese fa. (3)
A quest’ennesima emergenza, si è rimediato grazie alla concessione da parte della stessa magistratura di un dissequestro a fronte dell’imposizione del ripristino di funzionalità degli impianti “con significativa riduzione percentuale, rispetto agli Rsu conferiti, delle frazioni prodotte a valle”, e con la produzione di frazioni di Cdr, Fos e sovvalli “conformi percentualmente alle previsioni di progetto”.

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Un settore lucroso

I costi dell’adeguamento funzionale sono sicuramente rilevanti e sono stati direttamente sostenuti dall’intervento governativo sotto il cui controllo la Fibe è obbligata a operare e ad adempiere entro le prossime settimane. (4) È a questo punto che si capirà (definitivamente?) se la società potrà sostenere gli impegni assunti in sede di aggiudicazione. E siamo a un’altro punto della nostra analisi.
Il settore rifiuti in Campania rappresenta una delle più grosse aree di affari di tutto il Mezzogiorno italiano. Permetterne l’accesso al settore privato rappresentò la scommessa (finora perdente) del potere politico regionale prima e nazionale poi. Nelle ultime settimane si sono svolte le trattative per la ricapitalizzazione dell’asfittico gruppo Impregilo, di cui la Fibe in Campania, con il suo ancora solo potenziale volume di affari, rappresenta una costola significativa. (5)
Il risultato finale potrebbe voler dire, finalmente, linfa nuova in un settore ormai esanime. La sussistenza dell’attività è basata sul valore commerciale delle attività di conferimento rifiuti presso gli impianti, produzione di combustibile da rifiuto e produzione di energia elettrica. Se, sugli ultimi due aspetti, queste attività non sono ancora partite e la magistratura ci dirà presto se lo faranno mai, sul primo (l’accoglimento dei rifiuti da parte di tutte le ditte operanti in Campania e l’incasso di consistenti corrispettivi) la partita comincia in questi giorni a entrare nel vivo. Gli operatori del settore sarebbero infatti tenuti a corrispondere ragguardevoli cifre per il conferimento finale presso gli impianti della Fibe. Questi corrispettivi, di fatto, non sono però mai stati pagati per l’esiguità delle risorse finanziarie disponibili agli enti locali, ma anche perché c’è una formale contestazione delle inefficienze finora mostrate dalla società nell’accettazione dei rifiuti: code di giornate per lo smaltimento finale di centinaia di mezzi in tutti gli impianti della Regione con disservizi nei centri urbani per la mancanza di personale impiegabile, interessi moratori indebitamente richiesti, e la mancata realizzazione di impianti di termovalorizzazione per i quali è comunque richiesto un costo ai conferenti. Per la sola città di Napoli, ad esempio, a fronte di crediti vantati di circa 47 milioni di euro (fino al 31/12/2004) è in corso una serrata trattativa di ridefinizione su almeno 20 milioni di euro. Il dato dà la misura della incerta solidità finanziaria di questa attività in Regione. È interessante notare che nonostante le contestazioni in corso di definizione, l’ultimo intervento legislativo delega al commissario la potestà di intervenire e farsi garante presso la Cassa depositi e prestiti dell’erogazione dei crediti necessari al ripianamento di tutte le situazioni debitorie nei confronti della Fibe spa. Il punto sarà verificare quanti di questi debiti gli enti locali saranno disposti ad accollarsi.
Vale la pena, ad ogni modo, ricordare che nel momento in cui l’attività economica nel paese dà segni ormai evidenti di ristagno, il settore rappresenta, comunque, uno sbocco occupazionale di primo piano e per il quale sarebbero disponibili, ad esempio, le migliaia di operatori dei diversi Consorzi di bacino (diciotto enti istituiti in Campania nel 1993 per occuparsi della raccolta differenziata mai veramente decollata nella Regione). Se gli oneri imposti dalla magistratura per il funzionamento degli impianti dovessero risultare troppo alti e non bilanciati dai crediti vantati nei confronti degli enti locali e ancora in via di definizione, la Fibe potrebbe farsi indietro e ci sarebbe da subito la possibilità di impiego di tutte queste risorse (umane) disponibili, come di recente fatto più volte notare dallo stesso commissario Corrado Catenacci. Il momento è dunque delicatissimo e la trattativa in corso tra Napoli e Roma è ancora in cerca di soluzioni definitive che, come osservano i più maliziosi, non avrebbero mai potuto arrivare prima delle ultime elezioni regionali: durante la campagna elettorale di tutto si è sentito parlare, tranne che di programmi chiari e risoluti in materia.

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(1) Cfr. “L’affare rifiuti” pubblicato su questo sito il 22/4/2004.

(2) I così detti “sovvalli”.

(3) Si tratta dei fenomeni di emergenza dovuti alla mancanza di siti di conferimento finale dei rifiuti.

(4) Il Dl 40 del 18/2/2005 poi convertito nella legge legge 53 del 15/4/2005 ha messo a disposizione immediata del commissariato ben 20 milioni di euro per le operazioni di adeguamento. A fronte di questo intervento la Fibe ha formalmente rinunciato a circa il 20 per cento dei propri utili.

(5) A seguito delle delicate audizioni alla Camera dei deputati sul tema, è emersa una esposizione dei gruppi bancari coinvolti (tra cui Banca Intesa, Unicredit, Capitalia e San Paolo Imi) pari a circa 170 milioni di euro concessi in project financing. La situazione è stata infine risolta dall’intervento di una cordata (Gavio) che ha assunto, tra l’altro, il controllo dell’intero gruppo, incluse le attività in Campania della Fibe.

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Quante verità sui conti pubblici?

  1. FRANCESCO COSTANZO

    Chiamare "emergenza" la situazione della raccolta rifiuti nella mia regione mi sembra a dir poco un eufemismo. Finalmente, qualcuno evidenzia (in parte) i riflessi economici-occupazionali che questa situazione produce. Questo è l’esempio di cosa accade se privatizzazioni in settori chiave dei servizi al cittadino vengono effettuate con estrema superficialità. Nonostante la loro imbarazzante dimostrazione di impotenza, il Governo e le amministrazioni locali non cambiano strada, insistono ad individuare siti di stoccaggio provvisori, validi solo per "tappare un buco", fino alla prossima "emergenza". E’ una vergogna che il nostro esercito debba intervenire per raccogliere la spazzatura!! Quando assisto a questi avvenimenti, sono contento di aver lasciato Napoli. I cittadini residenti, invece di protestare, dovrebbero fare ricorso e rifiutarsi di pagare la TARSU. Sono pronto a scommettere che "improvvisamente" ci sarebbero cambiamenti…

  2. renato

    Credo che la situazione sia da individuare nel controllo del territorio, cosa che, in Campania, fa solo la camorra mentre gli altri, politici prima di tutto, assistono indifferenti. Basta chiedersi chi ha tornaconto a nascondere rifiuti tossici in Campania? da dove vengano i rifiuti altamente tossici? quali industrie li hanno generati e ceduti a chi? quanti camion sono stati necessari per operare li scempio campano? sicuramente decine di migliaia e nessuno sene è accorto? Mi vien che ridere, credo che siamo solo all’inizio di una sceneggiata o di una occasione, nel primo caso , lasciamo perdere, nel secondo c’è forse una speranza. auguri alla Campania ed all’Italia tutta anche a quella che rifiuta i rifiuti.

  3. aldo

    L’emergenza rifiuti in Campania non può essere affrontata, ovvio, dalle c.d. autorità locali, stante la loro pressocchè totale incapacità, sia per carenze culturali che per le contaminazioni ambientali inficianti l’educazione civica dei singoli componenti delle suddette "autorità". (Forse, in un territorio dominato dalla criminalità ciò è inevitabile; ma, al momento, non è il caso di ripercorrere il trito tema della legalità). E’ indubbio che la Campania è priva di convivenza civile; è priva della stessa società civile – a cui dovrebbe appartenere lo scrivente – in quanto nessun campano possiede il territorio ove vive. La Campania, in effetti, è una regione arretrata del mondo. Peraltro, l’emergenza rifiuti nemmeno può essere affrontata dalle c.d. autorità statali: l’Italia – e la sua classe dirigente – infatti, sta alle regioni civili(zzate) del mondo come la Campania – e la sua classe dirigente – sta all’Italia. Pertanto, credo che almeno una delle gravi implicazioni conseguenti alla proclamata tragedia rifiuti, forse la più grave, ossia quella sanitaria, debba essere demandata all’Organizzazione Mondiale della Sanità, previa abdicazione della "classei dirigente" italiana.

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