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L’Enav fa volare i suoi costi

Enav acquista a caro prezzo una società che gli fornisce servizi. Per evitare la procedura di gara imposta dalla Commissione europea per le forniture a un soggetto pubblico. Eppure, la gara avrebbe potuto ridurre almeno in parte gli alti costi di produzione di Enav. L’episodio genererà oneri impropri aggiuntivi per il già dissestato sistema aeronautico nazionale. Ma questa vicenda potrebbe anche configurarsi come un pericoloso precedente, con paradossali risvolti di “ripubblicizzazione” di attività industriali.

L’Enav fa volare i suoi costi, di Marco Ponti

Sul Sole-24Ore di martedì 12 luglio a pagina 30 è apparsa una notizia peculiare: riguarda Enav. Qui la riassumiamo e commentiamo brevemente.

La vicenda

L’Enav è l’agenzia che si occupa del controllo del traffico aereo, afflitta da una conflittualità esasperata e da costi di produzione elevatissimi. È stata recentemente trasformata in società per azioni interamente pubblica per sottrarla formalmente ai vincoli europei sul deficit (come Anas et similia).
Ha stipulato molti anni fa un contratto venticinquennale in esclusiva per la fornitura di servizi di manutenzione e assistenza con la società Vitrociset, di proprietà della vedova di Crociani, dirigente di spicco del settore parapubblico degli anni Settanta. Questa società a sua volta è stata al centro di vicende fiscali molto peculiari (sembra che in alcuni anni abbia omesso del tutto di fare la dichiarazione dei redditi, vicenda oggi probabilmente condonata). Vitrociset fattura ad Enav per i servizi forniti 68 milioni di euro all’anno. La Commissione europea ha imposto di mettere in regolare gara l’attuale contratto, trattandosi di forniture a un soggetto pubblico. L’inizio della procedura di gara ha visto il vivace interesse di molte imprese italiane e straniere (hanno superato la prequalifica due gruppi inglesi, uno francese, e due imprese italiane, tra cui ovviamente la stessa Vitrociset). A questo punto, pur di non mettere in gara quel contratto, Enav decide di acquistare Vitrociset. In altre parole, pur di non “rischiare” di ridurre i propri costi. Infatti, nello scenario peggiore per Enav, la gara avrebbe mantenuto i costi attuali di fornitura, e Vitrociset l’avrebbe vinta.
La Corte dei conti autorizza alcuni giorni fa l’acquisto “autolesionistico” (sarebbe interessante capire con quali motivazioni), e l’operazione procede.  Ovviamente, vi è un problema: che valore ha un’impresa che non si è mai confrontata con il mercato, con un solo acquirente “storico” dei suoi servizi, a prezzi “amichevolmente” concordati, e sostanzialmente non negoziabili a causa del contratto vincolante di fornitura? Probabilmente un valore molto basso. Ma il prezzo deciso non sembra bassissimo: 90 milioni di euro (più cinquanta per un diverso ramo d’azienda offerti da un altro acquirente). All’acquisto, che elimina ovviamente per la proprietà e i lavoratori il rischio di rimanere senza l’unico cliente, si oppone solo la consigliera Linda Lanzillotta, che già in precedenza aveva espresso perplessità sull’operazione.
Ma il danno, già stupefacente, per l’interesse pubblico non si arresta qui. I lavoratori Vitrociset diventando “interni” all’Enav, passeranno dal contratto dei metalmeccanici a quello, assai più oneroso, dei controllori di volo. E, come abbiamo visto, anche la proprietà ha probabilmente motivo di rallegrarsi molto di questo esito, pur avendo chiesto all’inizio delle trattative una somma superiore. Ovviamente, come per altre imprese in circostanze analoghe, anche per i lavoratori Vitrociset in caso di perdita della gara sarebbe stato necessario predisporre tutele adeguate, comunque non superiori a quelle per le imprese private in difficoltà.

Un cattivo esempio

Lo sconcertante episodio genererà oneri impropri aggiuntivi per il già dissestato sistema aeronautico nazionale, visto che i servizi di Enav sono pagati dalle compagnie aeree ancora sostanzialmente a piè di lista, nonostante i timidi tentativi avviati a Bruxelles per definire una tariffazione “incentivante” (tipo price cap). Ma questa vicenda potrebbe anche configurarsi come un pericoloso precedente, con paradossali risvolti di “ripubblicizzazione” di attività industriali: si pensi ad altri fornitori di imprese pubbliche, o a imprese private che forniscono servizi in concessione oggi in monopolio (per esempio, nei trasporti pubblici locali, ma anche nelle concessioni aeroportuali o autostradali). Se alcuni mercati si aprono alla concorrenza, quale miglior “difesa” dell’acquisto delle imprese a rischio da parte di soggetti non esposti alla concorrenza?

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A proposito di Enav e Vitrociset, di Linda Lanzillotta

Ho letto con molto interesse l’articolo di Marco Ponti a proposito della annosa vicenda della manutenzione dei sistemi di controllo del traffico aereo che da molti anni Enav affida a Vitrociset senza alcuna procedura competitiva e, conseguentemente, senza possibilità di avere un riscontro circa l’effettivo valore economico della prestazione che la società pubblica Enav (Tesoro 100%) acquista da Vitrociset. E sono grata a Ponti per aver ricordato la mia posizione nel Consiglio di amministrazione di Enav dove da circa due anni sto conducendo una solitaria battaglia contro il monopolio Vitrociset e contro l’abnorme costo che tale situazione genera a danno della finanza pubblica. Basti pensare che il margine che Vitrociset realizza sulle attività svolte in regime di monopolio per Enav è circa quattro volte superiore a quello che la medesima società realizza con le altre attività svolte, in regime di concorrenza, per altri committenti. Questo margine si applica a un contratto di circa 75 milioni di euro l’anno che Enav rinnova da oltre un decennio. Basta una semplice moltiplicazione per avere un’idea della rendita che il rapporto Enav/Vitrociset ha costitutito a vantaggio di quest’ultima con l’unanime supporto degli amministratori che negli anni si sono succeduti al governo dell’azienda pubblica.

Una dura battaglia

Ebbene, essendo stata nominata nel cda di Enav nel giugno 2003 ho ingaggiato una dura battaglia per rompere il monopolio Vitrociset sostenendo l’illegittimità del presupposto su cui esso si basava: e cioè il diritto di esclusiva sui codici sorgenti dei software del controllo del traffico aereo riconosciuto a Vitrociset da Alenia Marconi System, diritto a mio avviso (peraltro avvalorato da un articolato parere della Corte dei Conti) insussistente in quanto riferito a software realizzati per Enav, da questo acquistati e comunque utilizzati per oltre un decennio. Da qui la mia richiesta di investire preventivamente l’Antitrust per valutare se questo diritto vantato da Vitrociset e AMS non configurasse un abuso di posizione dominante e come tale dovesse essere fatto cadere con ciò consentendo lo svolgimento di una gara europea . Dopo un estenuante braccio di ferro il CdA ha deciso di investire della questione il Ministero dell’Economia il quale, dopo circa sette mesi, ha risposto escludendo che nella posizione di Vitrociset si potesse intravedere un fumus di posizione dominante e negando quindi l’opportunità di investire della questione l’Antitrust. Presumibilmente l’Autorità per la concorrenza – allora presieduta da Tesauro – avrebbe demolito la posizione di Vitrociset e imposto l’apertura del mercato. Al contrario l’improvvida posizione assunta da Siniscalco (ormai dimentico delle sue antiche battaglie in favore della concorrenza e del mercato) faceva venir meno la possibilità di fare una gara per l’intero servizio svolto da Vitrociset e induceva Enav a intraprendere una gara solo per una parte dell’attività , quella nella quale non erano coinvolti i sistemi software.
Avviata la procedura di gara (ancorché così limitata), tuttavia, si sono cominciati ad attivare tutti i meccanismi che generalmente si innescano in questi casi: si invoca la italianità di un settore che coinvolge la sicurezza del paese, i sindacati rappresentano il timore di tagli all’occupazione, le forze politiche (che in passato avevano più volte in Parlamento insistito per la gara) si fanno assalire dai dubbi sulle conseguenze incontrollate di una procedura di mercato. Finchè la Vitrociset – evidente temendo di soccombere nella gara e, in ogni caso, di fare emergere vistosamente l’esosità del prezzo sin qui praticato – si fa avanti proponendo di cedere a Enav l’intero ramo d’azienda. Ma la trattativa si arena: la proprietà di Vitrociset pretende infatti di determinare il valore dell’azienda sulla base del fatturato anomalo realizzato grazie alla posizione di monopolio. Il che è ovviamente inaccettabile.

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Un doppio interrogativo

Marco Ponti solleva però un’obiezione più sostanziale: si domanda cioè se, a parte il prezzo della transazione, sarebbe accettabile un’operazione che tendesse a pubblicizzare attività svolte dal mercato (ammesso che di mercato si possa parlare in questo caso specifico). E’ un interrogativo che in linea di principio condivido e al quale però rispondo con un altro interrogativo: la gestione dei sistemi di controllo del traffico aereo è un settore che si sta aprendo al mercato, un settore di punta, tecnologicamente avanzato: è nostro interesse, come Paese, attrezzarci ad essere presente oppure, scontando la debolezza storica dell’anomalo sistema pubblico/privato incarnato dalla discutibile relazione Enav/Vitrociset, dobbiamo oggi rinunciare a consolidare le capacità tecnologiche e gestionali maturate negli anni e ad essere presenti in quello che si prospetta come un promettente mercato per un futuro quanto mai prossimo? O non converebbe invece consolidare questa capacità anche se, in questa fase, la debolezza degli attori privati dovesse comportare un’espansione dell’azienda pubblica? Credo sia un dubbio legittimo che merita una riflessione non sbrigativa se consideriamo quanti settori industriali o terziari l’Italia stia perdendo anche per non aver accompagnato negli anni Novanta le nostre aziende pubbliche nella transizione dal monopolio al mercato.
Di fatto è assai probabile che il problema non si porrà: la trattativa per l’acquisto da parte di Enav del ramo d’azienda Vitrociset non andrà a buon fine, si farà una gara per le attività a minore valore aggiunto e la restante attività continuerà ad essere svolta da Vitrociset in regime di monopolio. Il che ovviamente non stimolerà la crescita e la capacità competitiva di un’azienda italiana che, allorché il mercato europeo si liberalizzerà, si troverà in difficoltà. La storia si ripete e ancora una volta il Governo non sceglie né una strada né un’altra: né concorrenza né politica industriale per la creazione di “campioni nazionali” in un settore emergente dei servizi ad alta tecnologia.

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  1. Francesco Cilloni

    Sebbene immagino sia possibile dibattere sul prezzo pagato per l’acquisto del fornitore da parte dell’ENAV, le logiche che hanno spinto all’acquisizione paiono condivisibili. Basti pensare che in Europa non vi è società di controllo traffico aereo che non possieda il proprio software e non ne detenga codici di controllo. L’italia come spesso accade era l’eccezzione, peccato originale retaggio del passato. In una logica industriale, infatti, il “core business” è il software, va da se come avere un fornitore per il proprio business principale sia non solo poco logico ma anche molto rischioso.
    Per di più una gara sarebbe stata del tutto inutile, ogni paese ha le sue peculiarità e dopo 25 anni di “monopolio” difficilmente qualcun altro sarebbe in grado di fornire tale software. Tanto meglio comprarlo ed evitare rischi e costi associati con up-grade, manutenzione e “affitto” del prodotto.

  2. hominibus

    Nella situazione in cui si trova l’Enav, l’unica cosa che rimane da fare consiste nel controllare l’analisi dei costi dei singoli servizi, confrontarli con quelli praticati a livello internazionale ed applicare un esame rigoroso sui bilanci. In passato una delle due aziende confluite in Vitrociset, poneva grande attenzione a non presentare risultati troppo brillanti.

  3. mario morino

    Mi inserisco nella vicenda ENAV-VITROCISET per allargare il discorso ad altri costi di volo. Mi riferisco in particolare al costo dei diritti (di sosta aeromobili, imbarco e sbarco passeggeri, security) che, direttamente od indirettamente vanno ad incidere (in tempi di tariffe low-cost in modo particolarmente pesante) sul prezzo del biglietto aereo. Il valore dei diritti è fissato dal Ministero dei Trasporti e consente la determinazione di margini rilevanti per le società di gestione aeroportuale che dovrebbero avere, come contropartita a questo ricavo, i costi di investimento e manutenzione delle infrastrutture aeroportuali. Il caso dell’aeroporto di Venezia è emblematico: investimenti fatti in larga misura con denaro pubblico (Legge Speciale per Venezia compresa) che fanno si che ai ricavi per i diritti si contrappongano costi modestissimi, controllo della società (la SAVE, recentemente quotata in Borsa) ceduto al privato (che aveva una quota del 30% contro il 51% degli Enti Pubblici) grazie al supporto di Galan (ovvero della Regione Veneto con il suo 17%) a scapito di Comune di Venezia e Provincia (con il loro 34%), ottenimento della concessione quarantennale dal Ministero dei Trasporti senza gara, diritti fissati “per diritto”, fanno si che l’utente paghi molto di più di quanto dovrebbe al solo fine di consentire extra profitti ad un privato. Insomma, la solita vecchia regola della socializzazione dei costi e la privatizzazione degli utili.

  4. mi

    Che controllino bene i costi dato che siamo noi (popolo) che paghiamo.

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