L’Autorità antitrust presieduta da Tesauro ha utilizzato in modo incisivo le sanzioni nei confronti delle imprese. La capacità di deterrenza delle sanzioni resta tuttavia debole per i limiti posti dalla legge e per la mancanza di sanzioni penali. L’Amministrazione Catricalà apre una strada diversa, imperniata sul dialogo e la moral suasion nei confronti delle imprese. Quale approccio si rivelerà alla fine più incisivo?

A quindici anni dalla approvazione della legge antitrust italiana può essere il caso di fare il punto su luci e ombre della tutela della concorrenza nel nostro paese. La nuova autorità antitrust comincia a lavorare, ma quale eredità raccoglie dal settennato di Tesauro? E quali possibilità si pongono da questo punto in avanti?

L’evoluzione dell’Antitrust

L’autorità antitrust è sempre stata guidata da giuristi, anche se con competenze e impostazioni differenti. I primi anni, con la presidenza Saja, hanno visto un lavoro fondamentale di carattere organizzativo, che ha creato una struttura tuttora molto solida. Con Giuliano Amato si è poi passati a una direzione soprattutto “politica” e con grande capacità di far crescere la attenzione pubblica per questa autorità che pochi conoscevano. Il periodo 1998-2005 è stato invece segnato dalla presidenza di Giuseppe Tesauro, non più un politico ma un giurista di grande esperienza specifica nel campo dell’antitrust.
Come si è evoluta l’antitrust in questi anni? In particolare, quale è stato l’atteggiamento verso le imprese? L’Autorità antitrust è divenuta un guardiano autorevole e aggressivo, pronto a usare i suoi (non illimitati) poteri al massimo possibile. Le istruttorie aperte non sono state tantissime – anche per una saggia gestione delle limitate risorse umane a disposizione – ma se viene aperta una istruttoria le sanzioni sono molto più probabili, e di importi molto maggiori. Questo è in parte dovuto a cambiamenti legislativi, in parte alla maggiore dimensione delle imprese sanzionate (Telecom Italia, le compagnie di assicurazione) ma anche probabilmente a una mano deliberatamente più pesante rispetto alle imprese.
Basta questo a dissuadere le imprese? Purtroppo la sanzione è per legge commisurata al fatturato dell’impresa, non al beneficio che l’impresa trae dalla violazione della norma. Di fatto spesso alle imprese continua a convenire la violazione della legge (correndo il rischio di sanzione) perché comunque l’aumento di profitto può essere molto superiore alla sanzione che l’Agcm può irrogare. Il fatto che nessuna sanzione penale sia poi prevista dalla legge italiana costituisce un altro limite oggettivo all’efficacia di questi interventi.
Non per questo possiamo però dire che le sanzioni non hanno avuto un ruolo anzi! Ad esempio, resta vero che ormai le considerazioni di compliance alle regole sulla concorrenza sono parte del ragionamento normale almeno delle grandi imprese. E non è risultato da poco.

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Reazioni e timori

E’ un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Di fronte a queste considerazioni, vi potrebbero essere due reazioni. La prima sarebbe di chiedere a gran voce di dotare l’antitrust di strumenti sanzionatori ancora più efficaci. La seconda, annunciata dal Presidente Catricalà nella recente relazione annuale, è invece di rassegnarsi all’inefficacia dell’azione di coercizione e di puntare invece sulla concertazione con le imprese, quasi se l’antitrust volesse diventare un organismo politico, un nuovo Ministero.
Da un lato, forse sarebbe meglio se il Ministro facesse il Ministro, e chi deve applicare la legge per la tutela della concorrenza si limitasse da applicarla. La chiarezza dei ruoli sarebbe più che benvenuta nella confusa Italia di oggi. D’altra parte, molte strade possono condurre a Roma; se l’efficacia delle politiche antitrust imperniate sulle sanzioni è tutta da dimostrare, cosa ci possiamo aspettare da un altro esperimento di concertazione all’italiana? I timori sono tanti e giustificati, ma la curiosità di vedere a cosa questo potrebbe condurre è altrettanta…

Tabella 1: Gli interventi sugli abusi di posizione dominante

1991-1997

1998-2004

Istruttorie chiuse

46

27

Sanzioni

6

14

Ammontare medio per sanzione

559.288

20.121.238

Sanzionate/chiuse

13%

52%

Tabella 2: Le decisioni sulle intese tra imprese

1991-1997

1998-2004

Istruttorie chiuse

85

69

Sanzioni

14

32

Ammontare medio per sanzione

2.807.082

27.519.618

Sanzionate/chiuse

16%

46%

 

Per saperne di più: C. Scarpa. La maturità dell’antitrust e la transizione difficile, in corso di pubblicazione su Economia e politica industriale

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