L’ingresso di lavoratori extracomunitari nel mercato del lavoro italiano è guidato dal criterio della priorità cronologica delle domande presentate dai potenziali datori di lavoro. La legge è sostanzialmente indifferente alle competenze degli immigrati. Non richiede requisiti di alfabetizzazione né riconosce priorità legate al possesso di specifici titoli di studio o professionali. Nel Regno Unito, invece, la legge prevede un sistema di valutazione a punti delle competenze e introduce un meccanismo privilegiato di ingresso per gli “highly skilled migrant”.

Un qualsiasi datore di lavoro italiano, impresa o meno, che intenda assumere come dipendente un lavoratore extracomunitario deve seguire le regole poste dal decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, la cosiddetta legge Bossi – Fini.

Quanti immigrati

La legge Bossi-Fini vuole indirizzare le offerte di lavoro in primo luogo ai cittadini della Comunità europea. Stabilisce quindi il principio secondo il quale è il Governo a determinare, per ogni anno, la quantità di lavoratori non comunitari che possono essere assunti. E spetta sempre all’esecutivo distribuire il numero complessivo di posti di lavoro disponibili nell’annata, ad esempio attraverso l’applicazione del criterio della nazionalità di origine del lavoratore.
Anche la circolare n. 1 del 25 gennaio 2005 del ministero del Lavoro si occupa del procedimento per la conclusione del cosiddetto “contratto di soggiorno” con il quale si assume un extracomunitario: stabilisce, per il 2005, le modalità relative alla presentazione delle proposte di lavoro dirette all’assunzione nominativa di persone individuate dal datore di lavoro. (1)
Per decidere quali fra queste porteranno alla effettiva stipulazione di un contratto di lavoro, il legislatore ha indicato la regola della priorità cronologica nella spedizione delle offerte agli uffici del lavoro, sino a esaurimento dei posti disponibili nell’annata.

Indifferenti alle competenze

Il criterio della priorità cronologica evidenzia una sostanziale indifferenza della legge rispetto alle competenze dei lavoratori extracomunitari da immettere nel mercato italiano ai quali non si richiedono dimostrazioni di conoscenza linguistica, né requisiti di alfabetizzazione. La legge non stabilisce poi nessun criterio di priorità nell’ingresso legato al possesso di specifici titoli di studio o professionali.
Il livello culturale e professionale dei lavoratori extracomunitari che entrano nel nostro paese non risulta dunque assoggettato ad alcun controllo: l’assunzione di un ingegnere con il titolo di dottore di ricerca o di una collaboratrice familiare non alfabetizzata, cittadini dello stesso Stato, dipenderà dalla casuale disponibilità di “quote” di ingresso, e soprattutto dalla tempestività del datore di lavoro nel presentare l’offerta nei termini stabiliti annualmente e in modo variabile dalla legge.
Solo per alcune particolari categorie di lavoratori qualificati è previsto un canale di ingresso speciale. Ma anche per questi lavoratori è fissato un numero massimo di ingressi ed è comunque necessaria la prova di una prospettiva reale di lavoro, dimostrata da un’offerta proveniente da un datore di lavoro. La legge, inoltre, definisce in modo restrittivo questo gruppo di lavoratori super qualificati e non consente a tutti i datori di lavoro di assumerli. Ad esempio, i “ricercatori”, che rientrano in questa categoria speciale, possono essere assunti come dipendenti, attraverso questo canale, solo se destinati a svolgere attività di ricerca retribuita in università o istituiti di ricerca, ma non se richiesti da imprese.

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La via inglese

Il parlamento inglese, invece, ha scelto di privilegiare il possesso di competenze professionali specifiche quale criterio di ammissione al mercato del lavoro nazionale. (2)
Lo Statement of Changes in Immigration Rules HC 302 del 10 febbraio 2005 prevede un sistema di valutazione a punti delle competenze del lavoratore extracomunitario interessato a entrare nel Regno Unito, e introduce un meccanismo privilegiato di ingresso per i lavoratori definiti “highly skilled migrant”. Questi lavoratori potranno accedere al mercato del lavoro pur non avendo, al momento dell’ingresso nel Regno Unito, alcuna offerta di lavoro, purché dimostrino di possedere le competenze professionali indicate dalla legge e intendano risiedere stabilmente nel paese. Grazie alle proprie competenze professionali, il lavoratore specificamente qualificato avrà dunque il diritto di entrare nel Regno Unito e di andare alla ricerca di un lavoro.
Le differenze fra il sistema italiano e il sistema inglese sull’accesso degli immigrati in cerca di occupazione sono perfettamente compatibili con l’autonomia che la Comunità europea riconosce in materia agli Stati membri. All’interno della Comunità possono dunque trovare attuazione politiche del lavoro fra loro difformi che favoriscono in diversa misura l’ingresso di manodopera di alto livello e che proteggono in modo differenziato il mercato interno dei lavoratori qualificati.
Non si può però negare che questa diversità di politiche è suscettibile di incidere anche sugli interessi delle aziende. Le imprese, all’interno della Comunità, potranno infatti avere la possibilità di scegliere anche il sistema nel quale vi è maggiore concorrenza fra lavoratori qualificati e minori vincoli formali per la relativa assunzione.

(1) La circolare si trova su http:www.welfare.gov.it. Sul contratto di soggiorno vedi il commento di Paola Scevi, “Immigrati e lavoro: tra disuguaglianza e burocrazia”, lavoce.info del 30-06-2004
(2) www.ind.homeoffice.gov.uk

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