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Il fisco della Finanziaria

Con la manovra per il 2006 il Governo abbandona la politica dei tagli fiscali. Ma le scelte compiute sembrano, in larga parte, guidate dalla ricerca affannosa di entrate per fare quadrare i conti, purché turbino il meno possibile il sonno degli elettori. Comprendono la lotta all’evasione, la “tassa sui tubi” e una miscellanea di provvedimenti che insistono su campi già battuti. Nessuna modifica strutturale è stata messa in cantiere: né sul fronte dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap, né per quanto riguarda il possibile riordino della tassazione sulle “rendite” finanziarie.

La manovra per il 2006 che emerge dalla versione ancora non ufficiale del decreto legge contenente misure fiscali e del disegno di legge finanziaria, approvati dal Consiglio dei ministri del 29 settembre, segna l’abbandono della politica di tagli fiscali che, almeno a parole, ha da sempre caratterizzato la politica di questo Governo.
Non solo non si procede sulla strada di ulteriori riduzioni dell’Irpef, ma neppure le imprese ottengono ciò che a più riprese era stato loro promesso: la riduzione dell’Irap, che dal Dpef in poi sembrava dovesse essere il caposaldo della Finanziaria. Data la grave situazione dei conti pubblici,  vi è da augurarsi che non vi siano ripensamenti in sede di discussione parlamentare, quando assieme alle tentazioni, tanto più forti in periodi elettorali, di distribuire benefici a famiglie e imprese, tenderanno a riemergere le sollecitazioni a ricorrere a nuovi condoni.
Un aumento di gettito è invece atteso da una scarsamente definita lotta all’evasione, una fantasiosa imposta “sui tubi” e un insieme di prelievi disegnati in modo tale da non toccare gli interessi di nessun gruppo elettorale.

Cosa resta degli sgravi fiscali

Sul fronte degli sgravi fiscali resta la riduzione di un punto percentuale dei contributi sociali. Niente di più che una misura di bandiera, anche nell’ottica di chi ritiene che il taglio del cuneo fiscale sul lavoro sia la strada maestra per il recupero di competitività del nostro paese.
Il taglio interesserà in via prioritaria i contributi per gli assegni familiari. Il finanziamento di questo istituto dovrà quindi essere garantito dalla fiscalità generale. Questa scelta mal si concilia con il fatto che gli assegni familiari non hanno natura universale, ma categoriale, sono cioè riservati ai soli lavoratori dipendenti (che fino ad ora sono conseguentemente stati i soli a pagare i relativi contributi).
Fra le nuove agevolazioni introdotte sono da segnalare l’eliminazione della tassa sui brevetti (che era stata aumentata con la finanziaria per il 2005). e l’introduzione di un regime opzionale di tassazione unitaria per le imprese industriali, dei servizi, turistiche e agricole appartenenti a un medesimo distretto produttivo.
Vi è poi una litania di proroghe di vecchie agevolazioni, che di anno in anno continuano a riguardare, fra l’altro, l’Irap per l’agricoltura (ferma all’1,9 per cento dall’anno di prima istituzione), le ristrutturazioni edilizie, un insieme variegato di accise.
Non si tratta di provvedimenti di poco conto: nel loro complesso l’anno scorso ne era stato stimato il costo in 1,46 miliardi di euro. Quest’anno vi si aggiunge l’estensione della validità della clausola di salvaguardia, che permetterà al contribuente, anche nella dichiarazione 2006, di scegliere fra l’Irpef attuale, quella del 2002 o quella del 2004, a seconda di quale sia per lui quella più favorevole (un amichevole fisco à la carte).

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E cosa compare sul fronte degli aumenti

Per quanto il finanziamento della manovra sia ampiamente affidato a misure di contenimento e taglio sul fronte della spesa, nonché a un’ennesima entrata una tantum rappresentata dalla vendita di immobili, la Finanziaria contiene anche inasprimenti di entrata. Si tratta di un insieme molto vario di misure di non facile quantificazione, che possono essere divise in tre gruppi.
1. Misure di contrasto all’evasione fiscale. Nonostante il Dpef avesse individuato nella lotta all’evasione e al sommerso una delle priorità della manovra, la lettura dei provvedimenti emanati è, sotto questo profilo, alquanto deludente. In buona parte dei casi non ci si trova infatti di fronte a vere e proprie misure, ma a mere enunciazioni di intenti. In particolare, è previsto un rilancio della partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale (con l’incentivo di potere trattenere il 30 per cento delle somme riscosse a titolo definitivo). Con quali mezzi? Con quali competenze? Non si sa. Per ora ci si limita a prevedere la trasmissione ai comuni di copia della dichiarazione dei redditi dei cittadini residenti. Si prevedono poi nuove assunzioni per l’amministrazione del ministero dell’Economia e delle finanze e per la Guardia di finanza, e l’obbligo, per quest’ultima, di sviluppare nel triennio 2005-2007 “appositi piani di intervento finalizzati al contrasto dell’economia sommersa e delle frodi fiscali, rafforzando il controllo economico del territorio”. Si dichiara infine che il potenziamento dell’attività di accertamento dell’Agenzia delle dogane reso possibile dalla assegnazione di ottanta milioni di euro aggiuntivi, avvenuta con il decreto legge 35 del marzo 2005, comporterà maggiori diritti accertati per Iva pari ad almeno 350 milioni per il 2006 (364 e 385 per i due anni successivi).
Utilizzare come fonti di finanziamento della manovra economica proventi derivanti dalla lotta all’evasione, i cui esiti sono per definizione incerti, non è mai un’operazione corretta. Ciò è vero, a maggior ragione, quando le azioni di contrasto sono, come in questi esempi, definite in termini generici. Sotto questo profilo, l’esperienza dell’anno scorso dovrebbe servire da insegnamento: la Finanziaria 2005 prevedeva infatti, per il 2005, 3,5 miliardi di euro dagli studi di settore, e quasi 600 milioni dal recupero di evasione nel settore degli immobili. Buona parte degli interventi regolamentativi che avrebbero dovuto rendere operative le misure previste non sono però stati ancora adottati.
2. La cosiddetta imposta sui tubi: un’addizionale erariale al canone e alla tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche con grandi reti di trasmissione dell’energia. Per quanto l’importo dell’addizionale e le modalità tecniche della sua applicazione non siano ancora state definite, si dispone che da essa derivino maggiori entrate per il bilancio dello Stato non inferiori a 800 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e 900 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. La norma di attuazione dovrà essere formulata in modo accorto, per evitare le censure comunitarie che hanno già colpito l’analogo “tubatico” previsto dalla Regione Sicilia. Si tratta di un prelievo pensato per tassare indirettamente le rendite di monopolio di cui godono Eni ed Enel. Meglio sarebbe un’azione di politica economica finalizzata a evitare la formazione delle rendite di monopolio, attraverso adeguate politiche di liberalizzazione e regolamentazione dei settori energetici, con beneficio per l’intera collettività.
3. Una miscellanea di provvedimenti che insistono su campi già battuti l’anno scorso: un’ulteriore riforma di giochi e scommesse (gioco a distanza, estrazioni giornaliere, inasprimento di sanzioni sui giochi illeciti, ecc.); un’ulteriore stretta (sul fronte sia dell’Ires che dell’Irap) sulle imprese di assicurazione; una nuova estensione delle disposizioni sulla rivalutazione dei beni di impresa e delle partecipazioni, e così via. Con in aggiunta alcuni interventi antielusione e antierosione, fra cui una modica riduzione dell’esenzione concessa alle plusvalenze delle imprese: molto meno di quanto ci si attendeva dalla annunciata lotta alla speculazione finanziaria.
Le scelte compiute sembrano quindi, in larga parte, guidate dalla ricerca affannosa di entrate (vere o presunte) per fare quadrare i conti, che turbino il meno possibile il sonno degli elettori. Nessuna modifica strutturale è stata messa in cantiere: né sul fronte dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap, né per quanto riguarda il possibile riordino della tassazione sulle “rendite” finanziarie.
Sarà interessante e necessario, per potere esprimere una valutazione più precisa, attendere l’attuazione specifica dei singoli provvedimenti, affidata in larga parte alla normativa secondaria, e la quantificazione precisa delle attese di gettito.

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Fallimento: una legge sulla strada giusta

  1. Angelo Vozza

    Oltre ad essere stato scritto in fretta, il disegno di legge finanziaria non sembra scritto con particolare competenza. In particolare, chi ha scritto l’articolo 43 del disegno di legge (“Aggiornamento sanzioni: Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 28 febbraio 2006 sono aggiornati gli importi fissi delle sanzioni pecuniarie, anche penali. L’attuazione del presente articolo assicura entrate non inferiori a 100 milioni di euro per l’anno 2006 e 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007”) probabilmente non conosce le norme in materia di sanzioni tributarie.
    Un principio fondamentale in materia è quello per cui, se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole ossia la sanzione più bassa (cfr. art. 3, comma 3°, del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, recante le disposizioni generali in materia di sanzioni tributarie).
    Pertanto, se durante l’anno 2006 si aumentano gli importi delle sanzioni tributarie, le nuove sanzioni (aumentate) si possono applicare soltanto a violazioni commesse dopo che sono entrate in vigore le nuove sanzioni.
    Ebbene, considerato che, in generale, le violazioni delle norme tributarie (ed in particolare quelle per le imposte sui redditi e per l’IVA) vengono
    accertate diversi anni dopo la commissione dell’illecito, non ha senso affermare che si possono avere maggiori entrate (per 100 milioni di euro)
    nel corso dello stesso anno in cui si aumentano le sanzioni.
    Un effetto si avrà senz’altro, ma non nell’anno di entrata in vigore delle nuove sanzioni.
    Diversamente da quanto si legge nella finanziaria, dunque, non ci sarà copertura per 100 milioni di euro nel 2006.

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