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L’evasione fiscale, un problema “sociale”

L’indagine della Banca d’Italia dedica quest’anno un approfondimento agli atteggiamenti dei cittadini nei confronti delle imposte e, in particolare, dell’evasione fiscale. Dai risultati emerge l’indicazione che è necessario un rafforzamento dei controlli, in particolare su settori produttivi, tipologie di contribuenti e aree del paese dove maggiori sembrano le opportunità di evasione. Ma soprattutto va recuperato il carattere sociale del fenomeno di fronte alla percezione generalizzata di una mancanza di reciprocità tra tutti i cittadini verso gli obblighi fiscali.

evasione fiscale è, per definizione, un pianeta difficile da esplorare. Lo è nel senso che l’amministrazione finanziaria, con controlli e sanzioni, cerca di far emergere un fenomeno nascosto. Ma lo è anche perché la scelta dei contribuenti se evadere o meno, e quanto evadere, dipende non solo da elementi facilmente e oggettivamente misurabili, come le aliquote delle imposte da pagare o le sanzioni da corrispondere in caso di accertamento, ma anche, e soprattutto, da valutazioni soggettive, percezioni, aspettative, valori.

L’indagine della Banca d’Italia

Uno sguardo penetrante su questo mondo difficilmente conoscibile ci è consentito dalla recentissima indagine “I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2004” condotta dalla Banca d’Italia. Rileva, su un campione ampio e rappresentativo della popolazione italiana, informazioni sulle scelte economiche degli intervistati (in termini, ad esempio, di redditi, patrimoni, consumi, risparmi), insieme con le loro caratteristiche personali (sesso, età, professione, area geografica di residenza, eccetera).
Un approfondimento specifico è quest’anno dedicato agli atteggiamenti dei cittadini nei confronti delle imposte e, in particolare, dell’evasione fiscale. Una serie di domande cerca di scandagliare come gli individui valutino la dimensione di tale fenomeno, se lo reputano un problema grave per il corretto funzionamento dell’economia e la tenuta della coesione sociale, quali siano le determinanti principali della sua diffusione e persistenza nel tempo, come sia percepita la pratica dei ripetuti condoni fiscali in termini di motivazioni e di ricadute sull’obbedienza fiscale dei contribuenti. Rispetto a questa grande abbondanza di indicazioni e di opportunità di approfondimento, qui è possibile cogliere e discutere soltanto alcuni profili generali.

Un problema grave, ma non per tutti

Un primo aspetto riguarda le opinioni espresse circa la dimensione percepita dell’evasione fiscale (tabella 1). La maggioranza relativa degli intervistati (37 per cento) ritiene che la percentuale di gettito perduto dallo Stato a causa dell’evasione sia compresa tra il 20 e il 30 per cento del totale, mentre un altro 21 per cento colloca le mancate entrate tributarie tra il 30 e il 50 per cento. Non sbagliano. Stime recenti danno l’evasione (quella vera ancorché stimata, non quella percepita) tra un quarto e un terzo del Pil. L’Agenzia delle entrate ha valutato per l’anno d’imposta 1998 un valore aggiunto occultato pari ad oltre il 30 per cento del dichiarato. Prima ancora altre quantificazioni, con metodologie e obiettivi diversi, hanno evidenziato tassi di evasione non dissimili.
Le opinioni espresse nell’indagine non si distribuiscono tuttavia in modo uniforme tra le varie tipologie di intervistati. Quando si valuti, mediante semplici esercizi econometrici, in che misura le caratteristiche personali condizionino la dimensione percepita dell’evasione, risulta con chiarezza che i residenti nel Mezzogiorno rilevano un’evasione maggiore di quanto avvertito dagli abitanti dell’Italia settentrionale, e altrettanto fanno gli intervistati con redditi più elevati, mentre il contrario accade per i lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti.
Se dunque la maggioranza degli italiani vede l’evasione come un fenomeno assai esteso e costoso in termini di perdita di risorse pubbliche, altrettanto radicata è la convinzione che si tratti di un’emergenza prioritaria dal punto di vista collettivo (tabella 2): il 27 per cento degli intervistati la riconosce come una questione gravissima, il 48 per cento la reputa un problema grave. Ciò che colpisce, però, è che le differenze di opinione tra diverse tipologie di individui circa la gravità sociale dei comportamenti di evasione non sempre corrispondano a quelle, sopra richiamate, sulla dimensione percepita della non-obbedienza fiscale. Uno dei risultati più chiari è quello relativo alla caratterizzazione territoriale: chi abita al Sud rileva sì una maggiore diffusione dell’evasione rispetto ai residenti del Nord ma attribuisce al fenomeno un minor grado di gravità sociale.

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Perché si evade?

Ulteriori indizi sulle differenze nel modo con cui i cittadini guardano, e giudicano, l’evasione fiscale possono essere ricavati dalle opinioni espresse circa le possibili determinanti delle scelte individuali di evasione (tabella 3). Tra le varie motivazioni proposte dall’indagine ben il 77 per cento degli intervistati mette in rilievo il problema dell’equità del prelievo fiscale effettivo: una delle molle fondamentali dell’evasione è la percezione di comportamenti evasivi da parte degli altri contribuenti, eventualmente caratterizzati da differenti opportunità di occultamento dei redditi (si pensi al contrasto tra lavoratori dipendenti ed autonomi). Più di metà degli intervistati (54 per cento) punta l’indice sull’inefficacia del sistema dei controlli e delle sanzioni. Meno avvertite sono altre considerazioni che potrebbero spingere all’evasione: l’eccessiva pressione fiscale, l’inefficienza dello Stato nell’utilizzo delle imposte raccolte, la necessità di evadere per mantenere sul mercato la propria attività economica, la complicazione degli adempimenti richiesti per il pagamento delle imposte.
Ma anche rispetto alla valutazione della rilevanza di queste determinanti dell’evasione, le varie tipologie di cittadini mostra una certa variabilità di opinioni. Limitandosi, per motivi di brevità, alle sole differenze collegate alla diversità di residenza, i risultati sono assai netti: mentre non emergono differenze significative tra Nord e Sud nella percezione dell’iniquità del prelievo o dell’insoddisfazione per lo scambio fiscale con lo Stato, nel Mezzogiorno molto più alta è la convinzione che l’evasione sia motivata dalla necessità di mantenere margini di profitto minimamente positivi per la propria attività economica (e questa opinione è particolarmente diffusa tra i lavoratori autonomi), mentre più bassa è la valutazione dei rischi che si corrono nel caso di non-adempimento degli obblighi fiscali.
Può essere infine interessante incrociare le valutazioni espresse sulla gravità sociale dell’evasione con le opinioni sulle motivazioni più rilevanti delle scelte di non-obbedienza fiscale. I risultati dell’analisi indicano che chi ritiene l’evasione un fenomeno grave o gravissimo è con alta probabilità convinto che l’evasione sia dovuta alle iniquità nel trattamento fiscale effettivo tra contribuenti e al fatto che i rischi di essere controllati e colpiti dalle sanzioni sono in realtà minimi. È interessante d’altra parte notare che chi, in media, esprime maggiore preoccupazione per il fenomeno dell’evasione fiscale non condivide l’idea che l’evasione sia dovuta ad un eccesso di pressione fiscale, e nemmeno che l’occultamento dei redditi sia riconducibile alla necessità di mantenere sul mercato la propria attività economica, oppure alla sfiducia nel confronti della capacità dello Stato di spendere bene le risorse raccolte con le imposte.

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Indicazioni di policy

Quali indicazioni possono essere ricavate da questa analisi per le strategie di lotta all’evasione? La sensazione diffusa di impunità nei confronti dell’evasione che emerge da questi risultati suggerisce l’opportunità di un rafforzamento dei controlli e di una loro maggiore focalizzazione, in termini di risorse e personale, sui settori produttivi, sulle tipologie di contribuenti e sulle aree del paese dove maggiori sembrano le opportunità di evasione. Ma probabilmente è la percezione generalizzata di una mancanza di reciprocità tra tutti i cittadini di fronte agli obblighi fiscali a indicare che gli interventi a contrasto dell’evasione devono, in qualche modo, recuperare il carattere “sociale” dell’evasione fiscale, la rilevanza delle interdipendenze nei comportamenti individuali di obbedienza fiscale. E l’intensa stagione dei condoni che ha di recente caratterizzato il nostro paese non va certamente in questa direzione.

Tab. 1 Percentuale percepita di perdita di gettito a causa dell’evasione

< 10%

10% – 20%

20% – 30%

30% – 50%

> 50%

9,48%

23,13%

37,47%

21,06%

8,86%

 

Tab. 2 Gravità percepita dell’evasione fiscale rispetto agli altri problemi dello Stato

gravissimo

grave

come gli altri

marginale

inesistente

27,01%

47,67%

21,26%

3,49%

0,57%

 

Tab. 3 Le determinanti dell’evasione fiscale: quanto è d’accordo con ciascuna di queste affermazioni?

 

per niente

poco

così così

abbastanza

molto

La gente cerca di non pagare le tasse perché sa che i soldi che lo Stato incassa sono spesi male

10,92%

15,20%

28,77%

28,35%

16,76%

Alcuni cittadini sono costretti ad evadere le tasse per mantenere la propria attività

12,67%

14,19%

31,68%

30,23%

11,23%

Alcuni non pagano le tasse perché i meccanismi sono troppo complicati

26,22%

20,71%

27,61%

18,74%

6,72%

Un cittadino paga più volentieri le tasse se sa che le pagano tutti

2,68%

5,53%

15,24%

35,22%

41,33%

Alcuni non pagano le tasse perché le aliquote applicate sono troppo alte

10,24%

13,88%

29,37%

31,36%

15,15%

Alcuni non pagano le tasse perché si rischia poco a non pagare

7,11%

11,40%

27,70%

33,55%

20,24%

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  1. pietropaolo chirico

    La dimensione quantitativa e la composizione qualitativa dell’evasione fiscale sono, a mio avviso fenomeni poco studiati, anche in considerazione della imponderabilità dei dati oggetto di esame.
    Tuttavia, nella crociata antievasione vanno considerate due circostanza.
    La prima è che larga parte dell’evasione stimata attiene all’economia criminale,che per legge è soggetta al fisco ancorchè illegale (ovviamente una volta scoperta).
    La seconda è che l’evasione fiscale genera reddito e consumi.Ne consegue, che la scomparsa teorica dell’evasione fiscale non criminale non sarebbe un netto incasso, ma un lordo incasso.
    Infine, va osservato, che non di rado l’evasione fiscale è un mezzo, ancorchè illecito di concorrenza che consente di fare sopravvivere operatori altrimenti marginali del mercato.
    Sarei lieto se taluno affrontasse il tema partendo dall’effetto netto che la teorica scomparsa dell’evasione fiscale genererebbe nel sistema economico nazionale,poichè l’evasione non criminale è a mio avviso soprattutto un fenomeno di illecita concorrenza tra operatori del sistema.
    E’un problema sociale che andrebbe valutato nella sua interezza

  2. Enzo Barletta

    Visto anche il commento, io direi che resta fondamentale la ragione dell’evasione. Gli effetti che produce sono un fatto concreto, tangibile che consente tutti i ragionamenti possibili. Cos’è che scatena questo fenomeno invece resta un problema che forse non è dato da affrontare seriamente. Faccio una domanda: Che relazione ha l’evasione fiscale con la nostra Costituzione pensata e scritta in un’epoca nella quale non si aveva una visione di una società capitalistica come la nostra di oggi? I tempi della storia di una società sono fondamentali, specialmente in era informatica, ritengo. Saluti.
    E. Barletta

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