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Professionalità dei magistrati tra riforma Castelli e proposte dell’Unione

Anche se le deficienze della giustizia italiana hanno molti padri, la qualità dei giudici è un fattore fondamentale. La legislatura si è chiusa con il varo di un’ambiziosa riforma dell’ordinamento giudiziario. Che impatto avrà? Se la Cdl verrà riconfermata, assisteremo probabilmente al tentativo, alquanto arduo, di mettere in pratica la riforma Castelli. Quanto all’Unione, il suo programma sottolinea ripetutamente la necessità di intervenire sull’organizzazione della giustizia per ridurre i tempi dei processi. Ma resta a un livello molto generale.

Le elezioni si avvicinano e le polemiche sulla giustizia non si placano, così come non si placa l’insoddisfazione per l’eccessiva durata dei processi e per la qualità stessa delle decisioni giudiziarie. Anche se le deficienze della giustizia italiana hanno molti padri, la qualità dei giudici è un fattore fondamentale. Peraltro, la legislatura si è chiusa con il varo di un’ambiziosa riforma dell’ordinamento giudiziario. Che impatto avrà? Che ci possiamo aspettare se al Governo resterà l’attuale maggioranza o se invece vi andrà l’opposizione?

 

Un confronto con l’Europa

 

Per analizzare, in modo necessariamente sommario, la situazione abbiamo comparato l’assetto italiano, prima e dopo la riforma del ministro Castelli, con alcuni paesi dell’Europa continentale: Danimarca, il cui sistema giudiziario gode sistematicamente del livello di fiducia più elevato in Europa, Germania e Paesi Bassi, entrambi con livelli di fiducia elevati, Francia e Spagna, sistemi molto simili a quello italiano e caratterizzati da un livello di fiducia piuttosto basso, anche se superiore al nostro. (vedi tabella 1)

Dal confronto emergono alcuni dati interessanti. (vedi tabella 2)

Innanzitutto, l’investimento italiano nella formazione iniziale è stato, fino ad oggi, piuttosto limitato: come si può notare, i paesi con i più elevati livelli di fiducia sono anche i paesi che vi dedicano maggior tempo. Nel caso dei Paesi Bassi si arriva a ben sei anni. L’Italia è poi l’unico paese dove non si ricorre in alcun modo al reclutamento laterale, cioè al reclutamento di giuristi dotati di qualche esperienza professionale. Questo fatto, insieme alla scarsa durata della formazione iniziale fa sì che le capacità professionali dei magistrati italiani al momento dell’entrata nel corpo siano probabilmente inferiori a quelle dei colleghi degli altri paesi europei. Quanto poi alle verifiche successive, i dati ci segnalano i limiti dell’Italia. Solo da noi, infatti, la carriera – le eventuali promozioni a posizioni “superiori” o gli avanzamenti economici – è regolata esclusivamente dall’anzianità di servizio. Negli altri paesi gli strumenti di verifica sono vari, ma tutti presentano alcune caratteristiche. Sono selettivi: le promozioni sono almeno in parte a numero chiuso. Si basano anche su una valutazione della concreta attività lavorativa e vedono coinvolti più attori: i capi degli uffici, le rappresentanze dei magistrati e gli stessi ministri della Giustizia. Molto meno frequente è il ricorso ai concorsi o agli esami interni.

 

La riforma Castelli

 

La riforma Castelli si propone di correggere questa situazione. La parte migliore è probabilmente quella sul reclutamento iniziale. Anche se saranno necessari alcuni aggiustamenti, è positivo il progetto di allungare la fase di formazione, sia con un periodo presso la nuova scuola della magistratura sia richiedendo per il concorso iniziale titoli ulteriori rispetto alla laurea in giurisprudenza. Diverso è il discorso per il resto. Nulla si dice sul reclutamento laterale che rimane nel nostro ordinamento off limits. Le verifiche di professionalità sono invece affidate a un sistema di concorsi interni che è stato oggetto di molte, e giustificate, critiche. I concorsi previsti sono troppi – una ventina – e troppo complesse sono le modalità di svolgimento, con la probabile conseguenza che la loro attuazione solleverà non pochi problemi. Inoltre, si tratta di concorsi basati per lo più su esami. Anche se la legge prevede che le prove dovranno essere pratiche e che le commissioni di concorso dovranno tenere conto dell’attività del magistrato, vi è il forte rischio che, alla fine, non siano valutate le effettive capacità professionali, ma solo le conoscenze più o meno astratte del diritto, come purtroppo avveniva in passato.

 

E dopo il 9 aprile?

 

Se la Casa delle libertà verrà riconfermata, assisteremo probabilmente al tentativo, alquanto arduo, di mettere in pratica la riforma Castelli. Del resto, nel programma del centrodestra l’unica chiara riforma indicata è la separazione delle carriere, un obiettivo per certi versi condivisibile, ma che poco c’entra con la valutazione della professionalità o con il miglioramento dell’organizzazione giudiziaria.

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Quanto all’Unione, il suo programma dedica ampio spazio – trenta pagine – alla giustizia. Si sottolinea ripetutamente la necessità di intervenire sull’organizzazione della giustizia per ridurre i tempi dei processi. Anzi, lo sviluppo di una “cultura dell’organizzazione” è indicato come uno degli obiettivi principali dell’azione di governo. È un obiettivo di grande rilievo, per troppo tempo trascurato. Peccato, che si resti a un livello molto generale. Ad esempio, nulla si dice sul reclutamento laterale né sulla selezione iniziale, a parte l’abolizione del test psico-attitudinale. Quanto alle verifiche di professionalità, i riferimenti sono alquanto generici e non sembrano discostarsi granché dalla situazione esistente. È probabile che la necessità di mediare fra posizioni differenti abbia facilitato una certa genericità. Perciò, per avere indicazioni più concrete, dovremo vedere un eventuale governo dell’Unione all’opera.


 

Tabella 1: Percentuale di intervistati in Stati della Unione Europea che dichiara di avere fiducia nel proprio sistema giudiziario

 

 

2003 primavera

2003 autunno

2004 primavera

2004 autunno

2005 primavera

Media

Danimarca

80

79

76

79

83

79,4

Germania

60

55

56

58

58

57,4

Paesi Bassi

62

50

49

57

65

56,6

Spagna

43

41

47

45

47

44,6

Francia

43

39

42

39

53

43,2

Italia

44

41

46

35

43

41,8

UE-15

51

47

48

48

53

49,4

Fonte: Eurobarometro nn. 59,60,61,62,63 (http://europa.eu.int/comm/public_opinion/index_en.htm)

 

 

Tabella 2: Formazione e professionalità dei magistrati in alcuni paesi dell’Unione Europea

 

Durata complessiva della formazione iniziale (mesi)

Reclutamento laterale

Valutazione della professionalità

Danimarca

36

Si

Capi + commissione nazionale + ministro

Paesi Bassi

72

Si

Capi + consigli giudiziari + consiglio giudiziario nazionale + ministro

Germania

60 (24+36)

Si

Capi + consigli giudiziari + ministro

Francia

31

Si

Capi + commissione di avanzamento + ministro + Csm

Spagna

16

Si

Per anzianità o esami + Cgpj

Italia 2005

18

No

Per anzianità + Csm

Italia con la riforma Castelli

48 (24+24)

No

Concorsi per titoli e/o esami + Csm

Fonte: M. Fabri, P.M. Langbroek, H. Puliat (eds.), The Administration of Justice in Europe: Towards the Development of Quality Standards, Bologna, Irsig-Cnr, 2003; G. Di Federico (ed.), Recruitment, Professional Evaluation and Career of Judges and Prosecutors in Europe, Bologna, Irsig-Cnr, 2005. (http://www.irsig.cnr.it/libri.htm)

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  1. Fabrizio Grandi

    Da quando è stata posta in essere l’UE ha sempre operato in ambito giuridico con l’intento di armonizzare le varie legislazioni nazionali. Non sarebbe il caso di armonizzare anche l’accesso alla magistratura, ispirandosi al modello danese assai efficiente, con una direttiva che trovi immediata e tempestiva applicazione?

    • La redazione

      Anche se iniziano ad esserci delle iniziative di formazione comuni, per ora l’armonizzazione dell’accesso non è all’ordine del giorno, anche per le forti differenze con i paesi di common law (GB, Irlanda, Malta). In ogni caso è un obiettivo
      di lungo periodo. Si potrebbe comunque cominciare, migliorando la formazione – vedi sopra – introducendo forme di valutazione della professionalità che non consistano in semplici esamini e sperimentando forme di reclutamento
      laterale. Anche qui, è importante la pressione dell’opinione pubblica.

  2. luca

    Una piccola premessa sulla separazione delle carriere: sono in linea di principio d’accordo a patto che non degeneri in una sottoposizione al potere politico da parte dei magistrati. Ciò detto, trovo molto brillante e incisivo il suo intervento e pochi fin’ora hanno messo in luce gli aspetti da lei trattati. Ci si azzuffa sempre sugli steccati ideologici che riguardano l’ordinamento giudiziario dimenticando il problema essenziale di un buon operatore del diritto e in particolare di un magistrato: la sua formazione. Intanto il sistema non crolla perchè si basa ancora sulla vecchia guardia (magistrati formati in prevalenza negli anni 60 e 70) dotati di un’ottima preparazione. Ma se proviamo a guardare al futuro il panorama diventa fosco e tetro. Sono un laureato in giurisprudenza e ho frequentato una scuola di specializzazione per le professioni legali della durata accademica di 2 anni per potere tentare il concorso in magistratura. (dal momento che essa all’atto della mia iscrizione…era obbligatoria). Questa scuola in cui ho frequentato più di mille ore di lezione oltre a tirocini e prove varie è totalmente inutile didatticamente penosa. In altre parole non si impara nulla e si perdono solo 2 anni. Pensavo che il problema riguardasse solo la scuola da me fequentata, ma poi confrontandomi con colleghi di altri atenei mi sono accorto che tutti avevano la medesima impressione. A ciò si aggiunge che il modo in cui è strutturato il concorso non privilegia assolutamente il merito.A parte i quiz che verranno aboliti, il cui unico modo di superarli, a detta di molti famosi magistrati, era di memorizzarli tutti e 15000, si fanno 2 scritti riguardanti 3 materie (civile, penale e amministrativo) e basta leggere le tracce uscite in questi anni per capire che l’unico modo di superarli è di aver letto la sentenza dalla quale deriva il tema estratto. Risultato:magistrati robots (fuori dalla realtà) che imparano a memoria, senza alcuna cognizione di come si applica il diritto.

    • La redazione

      Ha ragione: senza buoni magistrati è illusorio poter avere una buona giustizia. Lei purtroppo mette il dito su un’altra piaga: la qualità della formazione. Se non verrà migliorata, sarà inutile aumentarne la durata. E’ questo un problema che
      richiede tempo, tenacia e partire dalla base, cioè dai corsi di laurea di giurispudenza.
      Speriamo che il nuovo ordinamento serva a migliorare la situazione. Ma la formazione strettamente giuridica non basta, va allargata ad altre discipline (una per tutte: l’economia) e a
      tutta una serie di capacità indispensabili per il buon giudice: equilibrio, capacità di ascolto, sintesi nelle decisioni… Da questo punto di vista la nuova Scuola della magistratura potrebbe fare molto: speriamo.

  3. Gianluca Ricozzi

    Mi sembra che il problema della ormazione dei magistrati debba essere affrontato insieme a quello della formazione degli avvocati e degli altri operatori del sistema giudiziario (cancellieri, ufficiali giudiziari, ecc.). Non sarebbe il caso di prevedere, dopo la laurea, una formazine comune, diciamo della durata di due anni, orientata all’attività pratica, al termine dei quali ognuno sceglierebbe il tipo di carriera?

    • La redazione

      In effetti le scuole di specializzazione nelle professioni legali, istituite da una legge del 1997, dovrebbero fare proprio questo. Purtroppo, il loro funzionamento non è sempre all’altezza dei compiti, come segnalato anche da Luca nel suo commento. Come spesso accade, specie in Italia, la concreta realizzazione di una certa politica risulta molto più difficile di quanto preventivato. Questo non toglie che l’idea sia buona e che valga la pena di fare qualche sforzo in più per metterla in pratica.

  4. Giuliano Castiglia

    La sfiducia nel sistema giudiziario dipende da molteplici fattori e non presuppone necessariamente una insoddisfazione per la qualità delle decisioni giudiziarie, che resta del tutto indimostrata.
    Ma ammessa questa ultima, non capisco perchè da essa debba trarsi la conclusione di una inadeguata qualità dei giudici. La insoddisfazione per la qualità delle decisioni potrebbe sì essere indice di una loro scarsa qualità ma potrebbe anche essere effetto di tanti altri fattori tra cui senza dubbio, oltre alle continue delegittimazioni, la normale enfasi che viene data ai casi eccezionali di malagiustizia piuttosto che a quelli di (non voglio dire buona ma) ordinaria giurisdizione.
    Ma ammesso anche che caratteristica del sistema sia una scarsa qualità delle decisioni, dovremmo chiederci, per esempio, a quale prezzo un giudice civile può assicurare qualità alle centinaia, se non migliaia, di provvedimenti (tra sentenze, ordinanze e decreti) che ogni anno è chiamato a “sfornare”.
    La professionalità dei magistrati è importantissima ma se non si comincerà ad affrontare seriamente il problema della (qualità e quantità della) domanda di giustizia, qualsiasi intervento sulla offerta non sarà mai in grado di assicurare la efficienza e la qualità del sistema.

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