Scarso attaccamento alla maglia azzurra? Un errore. Perché la convocazione in Nazionale ha un effetto sulla remunerazione del calciatore superiore a quello del numero di stagioni giocate in serie A nel corso della carriera. Una possibile spiegazione è che rappresenti un segnale che contribuisce ad aumentare la reputazione del giocatore. Ed è coerente con ricerche condotte in altri contesti, che hanno dimostrato come la reputazione sia un asset intangibile molto importante, perché difficilmente replicabile e con un elevato potenziale di creazione di valore.

A pochi giorni dalla finale dei campionati mondiali di Germania 2006, il calcio italiano si trova ancora nel bel mezzo della bufera e si fatica a immaginare la gravità e la portata delle conseguenze per le singole squadre coinvolte e per il sistema nel suo complesso. Lo stesso commissario della Figc, Guido Rossi, ha recentemente affermato che non si aspettava di trovare una situazione così grave in quanto credeva fosse molto più circoscritta. In questo contesto la Nazionale si prepara alla sua partita più importante, la finale di Berlino. Il ritiro degli azzurri a Coverciano non è stato immune da polemiche e indiscrezioni che di giorno in giorno emergevano sul cosiddetto “sistema Moggi”. Ad un certo punto, in molti hanno anche chiesto le dimissioni dello stesso ct Marcello Lippi che ora, dopo i recenti successi, si trova invece pressato da richieste di segno opposto.

I calciatori e la Nazionale

I calciatori e la Nazionale, un rapporto difficile: secondo l’opinione diffusa, i giocatori italiani avrebbero un basso attaccamento alla maglia azzurra, in quanto gli impegni sempre più pressanti nei club ne riducono il fascino e l’importanza di giocarvi. I calciatori sarebbero molto più interessati a giocare bene nelle proprie squadre (per avere il potere negoziale necessario per ottenere stipendi più alti). Soprattutto,i giocatori non sarebbero motivati a giocare le amichevoli della Nazionale per non rischiare di infortunarsi o di affaticarsi e pregiudicare così le loro prestazioni nei club). Dunque, la Nazionale avrebbe un ruolo sempre più marginale.

Ma è davvero così? I calciatori non hanno alcun incentivo a indossare la maglia azzurra?

Abbiamo provato a rispondere a queste domande analizzando le determinanti delle retribuzioni dei giocatori di serie A. Per fare ciò, abbiamo considerato i calciatori italiani che hanno giocato almeno 1000 minuti nelle stagioni 2001-2002 e 2002-2003, elaborando un modello di regressione (tavola 1) che ha come variabile dipendente la remunerazione percepita in quella stagione dai singoli giocatori. Come variabili indipendenti abbiamo utilizzato l’età del giocatore, il numero di stagioni precedentemente disputate in serie A, il fatto di aver cambiato o meno squadra, la performance individuale e del club nella stagione precedente e il fatto di essere stato convocato in Nazionale.

Tavola 1. Analisi di regressione

Variabili

Modello 1

Modello 2

Modello 3

Modello 4

Modello 5

Età giocatore

-,313 ***

-,302 **

-,135

-,104

-,059

Numero Stagioni disputate in serie A

,490 ***

,492 ***

,250 **

,210 **

,212 **

      

Cambio Team

 

,060

,022

,028

,025

  

   

Punti squadra in t-1

 

,506 ***

,481 ***

,317 ***

      

Perf. giocatore in t-1

   

,284 ***

,217 ***

      

Convocazione in Nazionale

    

,302 ***

      

R2

,137

,141

,362

,441

,507

N

297

297

297

297

297

* = p < .05, ** = p < .01, *** = p < .001

Come è possibile notare nella tabella, l’età anagrafica del giocatore e il fatto di aver cambiato squadra non hanno un’incidenza significativa sullo stipendio, mentre più importante è il numero di stagioni disputate durante la carriera nella massima serie. A fare la differenza, però, sono gli altri tre fattori: la prestazione individuale e di squadra, e la convocazione in Nazionale. Tuttavia, se è piuttosto prevedibile che i punti totalizzati in classifica dalla squadra nella stagione precedente, così come le performance personali del giocatore, incidano positivamente sulla sua retribuzione, l’influenza della convocazione in Nazionale rappresenta una sorpresa che va a confutare anche l’opinione comune diffusa. In base ai risultati emersi, infatti, per un giocatore indossare la maglia azzurra ha un effetto sulla remunerazione superiore a quello del numero di stagioni giocate in carriera in serie A. Essere convocati in Nazionale, anche per le sole amichevoli, è un fattore che paga in termini di dinamiche salariali. Naturalmente, riconosciamo il fatto che i giocatori convocati in Nazionale siano un “campione” particolare tra tutti i giocatori, cioè atleti con straordinari doti fisiche e tecniche e risultati agonistici eccellenti e, come tali, potrebbero avere già alla fonte di un maggiore retribuzione.

La Nazionale come indicatore di reputazione

Una possibile spiegazione dei risultati ottenuti è legata al fatto che la convocazione in Nazionale rappresenti un segnale distintivo che contribuisce a aumentare la reputazione di un giocatore. In altre parole, per un giocatore indossare la maglia azzurra significa entrare nell’elite del calcio nazionale, migliorando la propria reputazione ed elevando il proprio status all’interno del settore. Questo incremento nella posizione “sociale” rappresenta un fattore distintivo che viene riconosciuto anche dai club e, pertanto, si traduce in un incremento della remunerazione.
Quanto succede nel calcio non rappresenta un’eccezione, ma è coerente con i risultati di ricerche condotte sul tema della reputazione in altri contesti. Questi studi hanno dimostrato, infatti, come la reputazione sia un asset intangibile molto importante, in quanto è difficilmente replicabile e ha un elevato potenziale di creazione di valore. Ciò vale sia per le organizzazioni che per gli individui. (1) Ad esempio, per le prime una buona reputazione può tradursi in una migliore capacità di raccolta sui mercati finanziari (2), in un più alto premium price da applicarsi ai consumatori. (3) Oppure in una maggiore capacità di attrazione di nuovi clienti e di fidelizzazione di quelli esistenti. (4)
Godere di una buona reputazione può essere molto importante anche per gli individui, in quanto può influenzare il loro valore sul mercato del lavoro. (5) La reputazione ha un ruolo particolarmente rilevante nei contesti caratterizzati da informazione imperfetta, nei quali cioè gli attori economici possono fare affidamento solo su proxy indirette per formulare aspettative razionali sui futuri comportamenti degli altri attori. (6) Questi segnali derivano dalle osservazioni passate e fungono da base per la formulazione di aspettative sulle azioni future. La reputazione funziona esattamente così: presuppone una stretta connessione tra quanto un individuo ha fatto nel passato e quanto farà nel futuro.

 

(1) Rao, H. “The social construction of reputation: certification process, legitimation and the survival of organizations in the American automobile industry: 1895–1912’. Strategic Management Journal, 15: 29–44.
(2) Beatty, R. e Ritter, P. “Corporate strategy and capital structure”, Journal of Financial Economics, 15: 213–32.
(3) Klein, B. e Laffer, K. “The role of market forces in assuring contractual performance”, Journal of Political Economy, 89: 615–41.
(4) Balboni, B. “La reputazione di impresa: uno schema interpretativo della relazione con l’identità e l’immagine aziendale”, in corso di pubblicazione.
(5) Kilduff, M. e Krackhardt, D. “Bringing the individual back in: a structural analysis of the internal market for reputation in organizations”, Academy of Management Journal, 37: 87–108.
(6) Fombrun, C. e Stanley, M. “What is in a name? Reputation building and corporate strategy”, Academy of Management Journal, 33: 229–44.

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