I giochi olimpici sono più di una semplice aggregazione di competizioni sportive in diverse discipline concentrate in due settimane. E il medagliere riesce a dire qualcosa sulle tendenze geopolitiche del prossimo futuro. A partire dal crollo del blocco sovietico alla rinascita del dragone. Francia e Italia si difendono, mentre la Gran Bretagna si è avvantaggiata in questa edizione del fattore casa. Tra i Brics si nota l’inconsistenza dell’India. Il binomio cino-americano sembra destinato a primeggiare. È ancora presto per parlare di epoca multipolare?

L’importante è partecipare, ma fino a un certo punto. I giochi olimpici in realtà sono più di una semplice aggregazione di competizioni sportive in diverse discipline concentrate in una manciata di settimane. Il sipario sulle Olimpiadi londinesi ci permette di procedere a un’analisi comparativa dei risultati dei principali paesi partecipanti, nel tentativo di capire se siano da interpretare come un semplice dato sportivo o se nascondano rapporti di forza da inquadrare in un’ottica più ampia.

PREVISIONI SBAGLIATE

Innanzitutto, in risposta all’articolo di Fausto Panunzi apparso su lavoce.info, c’è da segnalare che il grado di accuratezza delle previsioni basate sulla formula elaborata da Andrew B. Bernard non è stato eccellente. (1)
Gli USA vincono il confronto con la Cina sia nel totale medaglie sia nel numero di ori. Su quest’ultimo aspetto, gli americani hanno sostanzialmente ribaltato la previsione del modello nei confronti dei cinesi. Ciò non toglie che il dragone rappresenti l’unica potenza capace di contestare il primato statunitense nel prossimo futuro. Al terzo e quinto posto del medagliere figuravano Russia e Australia, che invece si sono classificate quarta e decima. L’Australia – diversi ori e medaglie in meno rispetto a quanto stimato – vede un po’ arrestarsi l’onda lunga di Sidney. Sovrastimata nella posizione e nel numero di ori, ma sottostimata nel totale medaglie, è la Germania, sesta con undici ori. Previsione errata anche per il Giappone, che conquista ben tredici medaglie in più rispetto al previsto, ma che finisce fuori dalla top-ten a causa dei pochi ori vinti.

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IL FATTORE CASA

Fermo restando un comprensibile margine di errore per previsioni del genere, dovuto anche al limitato numero di variabili e dati considerati o disponibili, a distanza di quattro anni il modello sottostima nuovamente il peso delpaese ospitante, che vuol dire maggiori investimenti in strutture e nella preparazione sportiva, ma anche maggiori motivazioni degli atleti casalinghi, giudici benevolenti e influenza nella scelta delle competizioni da inserire in programma. (2) In questa edizione, infatti, la Gran Bretagna fa registrare un maggior numero sia di ori che di medaglie totali rispetto allo stimato, ma l’effetto è stato ancora più evidente per la Cina a Pechino 2008, che si è aggiudicata addirittura diciannove podi e quattordici ori in più rispetto alle previsioni. E che l’essere il paese organizzatore sia proprio il valore aggiunto non adeguatamente considerato lo mostra il fatto che negli ultimi quattro anni per Cina e Regno Unito le altre variabili considerate nel modello, come la popolazione e il reddito pro capite, non sono cambiate così radicalmente da giustificare, per i cinesi, un tracollo dai 100 podi di Pechino agli 84 di Londra (scendendo da 51 a 38 ori), e per i britannici un incremento dalle 47 medaglie di Pechino alle 65 di Londra (con 10 ori in più).
In ogni caso, al di là dei numeri, è rispettata la tendenza di fondo, colta anche dal modello di Bernard: laprogressiva riduzione del peso relativo delle nazioni sviluppate, a eccezione degli USA, confermata dal fatto che, per la prima volta nei giochi moderni, ventisei nazioni hanno conquistato almeno dieci medaglie, e diciannove di esse sono anche le prime diciannove del medagliere.

Infine, a proposito dei Brics, si registra l’ennesima deludente prestazione dell’India, lontanissima dai primi. Sebbene meno vistosamente rispetto alla Cina, anche il Brasile – prossimo a spiccare il volo nelle Olimpiadi di casa – e in parte il Sudafrica la stanno lasciando indietro. E forse anche in questo caso non stiamo parlando solo di sport.

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(1) Si veda la tabella 1 per le prime dieci posizioni.
(2) Tra i dati trascurati nell’analisi empirica, non del tutto marginali appaiono quelli pubblicati sul sito della Wada, l’agenzia mondiale antidoping, sulla percentuale di controlli positivi – potenzialmente comprensiva anche di casi di sostanze autorizzate per usi terapeutici – dai quali si evince che nei principali paesi orientali il tasso di positività è sistematicamente e di molto inferiore rispetto ai maggiori paesi occidentali, e che per tutti le nazioni, negli anni pre e post Olimpiade, le percentuali mostrano valori superiori rispetto all’anno cruciale dei giochi, dove talvolta il tasso di positività è finanche pari a zero.
(3) Andrew B. Bernard and Meghan R. Busse, (2004) “Who Wins the Olympic Games: Economic Resources and Medal Totals”, Review of Economics and Statistics, Vol. 86 n. 1.

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