Un Dpef di legislatura per quanto riguarda le entrate tributarie. Il documento non indica quanta della correzione del disavanzo prevista sia imputabile al prelievo, né entra nel dettaglio dei singoli provvedimenti finalizzati ad aumentare il gettito. Conferma come prioritaria la linea di intervento a favore del recupero della base imponibile impostata con il decreto legge 223. Dà, invece, alcune indicazioni qualitative sulla riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro e sul nuovo disegno delle deduzioni dall’Irpef per lavoro e oneri familiari.

Il Documento di programmazione economica e finanziaria 2007-2011 si configura come di legislatura anche per quanto riguarda le entrate tributarie. Vengono infatti indicate le linee di intervento su cui si intende sviluppare l’azione di Governo nei cinque anni a venire, riconducendola alle finalità che ispirano l’intera politica prospettata dal Documento: equità, sviluppo, semplificazione e risanamento. Viene invece esplicitamente rimandata al lavoro dei prossimi due mesi la messa a punto tecnica delle norme che verranno specificamente introdotte nella Finanziaria per il 2007, con la precisazione che i due mesi saranno dedicati anche al confronto con i rappresentanti degli enti territoriali e con le parti sociali.

L’analisi dei dati aggregati e le previsioni

La pressione fiscale (e cioè il rapporto delle imposte dirette e indirette e dei contributi sociali sul Pil), è diminuita dal 41,2 per cento del 2001 al 40,5 per cento del 2005. Il Dpef concentra però l’attenzione sulla pressione tributaria (e cioè il rapporto fra imposte dirette e indirette e Pil), che, dopo avere raggiunto il suo valore massimo, 29,9 per cento, nel 1999, è andata sempre riducendosi (con l’eccezione registrata nel 2003, a causa di entrate straordinarie da condoni per circa 18 miliardi) fino a raggiungere il 27,7 per cento nel 2005.
Nel ripercorrere questo andamento, il Dpef sottolinea in particolare tre fattori che concorrono non solo a determinare il quadro tendenziale per il prossimo quinquennio, ma anche a giustificare gli indirizzi della futura politica fiscale.

1. Alla riduzione dell’incidenza sul Pil delle entrate tributarie si è associata una redistribuzione del carico fiscale dalle imposte dirette (in particolare dall’Irpef, progressiva) alle imposte indirette (regressive).
2. L’elasticità delle entrate tributarie al Pil è diminuita sensibilmente, a partire dal 2000. Il fenomeno è imputabile alla riduzione dell’Irpef e, in misura minore, dell’Irap, e cioè di due imposte che contribuiscono sensibilmente a determinare l’elasticità in questione: la prima in quanto è l’imposta principale del nostro ordinamento ed è progressiva, la seconda in quanto commisurata al valore aggiunto netto dell’economia. Sulla riduzione dell’elasticità, però, ha inciso anche il forte incremento dei rimborsi d’imposta, reso possibile dall’entrata a regime del meccanismo delle compensazioni in sede di versamento delle imposte, determinato dalle riforme di fine anni Novanta.
3. Il calo del gettito è solo in parte riconducibile alla realizzazione di politiche di riduzione delle imposte (eccede infatti le previsioni contenute nelle relazioni tecniche di accompagnamento ai provvedimenti via via intrapresi dal precedente Governo). Sembra, almeno in parte, imputabile all’ampliamento dell’area di evasione/elusione fiscale (in particolare dell’Iva), come conseguenza dell’abbassamento della tax compliance, presumibilmente favorito dal ricorso “sistematico, prevedibile ed atteso” a condoni e sanatorie fiscali.
Per quanto riguarda il quinquennio a venire, premesso che nel 2006 si stima un aumento della pressione fiscale dello 0,6 in percentuale del Pil (cui contribuiscono un buon andamento spontaneo del gettito, soprattutto per autotassazione, i provvedimenti introdotti dal precedente Governo con la Finanziaria per il 2006 e le nuove norme del decreto di luglio), se ne prevede, successivamente, una lieve diminuzione: dello 0,2 nel 2007 e dello 0,1 all’anno nel quadriennio 2008-2011.

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Gli interventi sulla base imponibile, il cuneo fiscale e l’Irpef

La previsione di una diminuzione, per quanto contenuta, della pressione fiscale sul Pil sembra suggerire che il contributo più significativo sul fronte del risanamento è affidato alla razionalizzazione e con essa al contenimento della spesa. Il Dpef non indica quanta della correzione del disavanzo prevista sia imputabile al prelievo, né entra nel dettaglio dei singoli provvedimenti finalizzati ad aumentare il gettito. Conferma comunque come prioritaria la linea di intervento a favore del recupero della base imponibile impostata con il decreto legge 223 del 4 luglio, secondo le tre direttrici del recupero dell’erosione fiscale, e del contrasto sia all’elusione che all’evasione fiscale.
Il Dpef fornisce, invece, alcune indicazioni qualitative su due interventi specifici: la riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro e il nuovo disegno delle deduzioni (per lavoro e oneri familiari) dall’Irpef.

Per quanto riguarda la riduzione del cuneo fiscale, si specifica che:

– riguarderà sia la quota a carico del datore di lavoro sia quella a carico del lavoratore, e non interesserà i contributi previdenziali. Ciò fa ritenere plausibile, per quanto su questo il Dpef sia silente, che parte della riduzione verrà ottenuta con un intervento sulla componente della base imponibile Irap che riguarda il costo del lavoro;
– sarà destinata al lavoro subordinato a tempo indeterminato, al fine di favorire l’occupazione in forme di lavoro standard e premiare le imprese che stabilizzino i rapporti di lavoro;
– sarà accompagnata da misure finalizzate a innalzare i contributi previdenziali dei lavoratori parasubordinati impegnati in collaborazioni a progetto e coordinate e continuative, in associazione a partecipazione e comunque non iscritti ad altre forme di assicurazione obbligatoria e non liberi professionisti, in modo da armonizzare contributi e prestazioni pensionistiche, e non discriminare in funzione di diverse tipologie di lavoro.

Il prospettato intervento sull’Irpef interesserà prioritariamente le attuali deduzioni, per lavoro e per familiari a carico, con la funzione di superare due limiti fondamentali dell’utilizzo di queste “agevolazioni”:

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– il fenomeno dell’incapienza, per cui sono esclusi dalle agevolazioni o ne beneficiano in misura limitata i soggetti più poveri, che non hanno un sufficiente reddito imponibile e quindi una sufficiente imposta da pagare, contro cui farle valere;
– l’assenza di coordinamento fra gli interventi di sostegno ai redditi e alle famiglie attuati attraverso riduzioni di imposte e quelli attuati attraverso trasferimenti monetari (assegni familiari e al terzo figlio).

L’intervento, che comporta una razionalizzazione nell’uso delle risorse già destinate al sostegno dei redditi e delle famiglie, accentuandone la valenza redistributiva, dovrebbe comportare:

– la sostituzione delle attuali deduzioni da lavoro con una detrazione da lavoro di cui possano usufruire come trasferimento monetario vero e proprio (imposta negativa) i soggetti incapienti;
– l’unificazione delle deduzioni per figli a carico con gli altri strumenti monetari di sostegno alle famiglie in un “assegno per i minori”, che sia commisurato alla situazione economica e alla numerosità del nucleo familiare, e abbia natura universale.

Una valutazione di insieme

Oltre a quelli ricordati più sopra, il Dpef menziona un insieme ampio di altri interventi sul fronte fiscale, che dovrebbero essere finalizzati a semplificare gli adempimenti di famiglie e imprese, riformare la tassazione del reddito d’impresa per favorire “l’innovazione la capitalizzazione e l’internazionalizzazione”, riformare il catasto e rendere così possibile la riduzione delle aliquote Ici.
Per il momento si tratta di una conferma di alcuni degli interventi più importanti già prospettati nel programma dell’Unione, di cui non è possibile una valutazione più approfondita, in quanto manca ancora sia la quantificazione delle singole poste, sia il dettaglio relativo agli specifici strumenti.
Si tratta di scommesse importanti, potenzialmente in grado di razionalizzare e rendere più equo il sistema, anche attraverso l’apprezzabile progetto di ricercare sinergie fra le politiche tributarie e quelle non tributarie. Il processo andrà comunque monitorato e valutato attentamente nel corso della sua effettiva attuazione.

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