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Le regole dell’indulto

Se indulto deve essere, che sia almeno il più equo possibile: applicato a tutti i reati e proporzionale alla pena già scontata in condizioni di sovraffollamento. Ma ci si dovrebbe chiedere come configurare il condono in modo da eliminare l’eccesso di popolazione carceraria nel periodo necessario per realizzare le politiche risolutive del problema: sostegno agli scarcerati per il loro reinserimento nell’attività lavorativa; ampliamento delle carceri e del personale di custodia, modifica dell’ordinamento, con depenalizzazione o riduzione delle pene.

L’unico provvedimento di clemenza che non suoni a condanna dei governanti è quello che discende da una mutata coscienza dei reati, che si traduce in una legislazione meno severa. Allora può essere giusto abbreviare la pena per i reclusi di quei reati. In tutti gli altri casi, la clemenza è segno sicuro di un fallimento della passata politica giudiziaria e carceraria. Se poi non si creano le condizioni perché i reclusi scarcerati anzitempo si possano inserire nella società, il fallimento si associa a un maggiore danno prospettico: per respirare un attimo oggi, ci si condanna a maggiore insicurezza e a maggiore costi di repressione domani. Ciò detto, affrontiamo il problema di come configurare l’indulto ormai concordato in Parlamento, in modo da minimizzare il danno alla giustizia, ai cittadini e all’erario.

A quali reati applicare il condono?

L’unica seria base etica della clemenza è quella dell’inasprimento della pena che deriva dalle condizioni di sovraffollamento delle carceri, la risposta quindi è che il condono si deve applicare a tutti. Non si capisce la tesi di chi, pur con intenti etici rispettabili, come Antonio Di Pietro, vuole distinguere, non concedendo abbuoni ai colpevoli di mafia, di tangentopoli e di reati finanziari.
La diversità dei reati si traduce in diversa lunghezza della pena, ma appare irrilevante sotto il profilo della penosità del carcere superiore al previsto e quindi dello sconto da concedere. Se poi si inseriscono considerazioni di convenienza sociale, è antipatico ma inevitabile concludere che i distinguo di Di Pietro andrebbero semmai rovesciati. Perché sarebbero allora da privilegiare i reclusi che con meno probabilità ricadrebbero nel reato: proprio i corruttori e i corrotti, ormai tagliati fuori dalle leve del potere, e i mafiosi, gli unici forse controllabili dalla polizia. Sarebbero invece da tenere in galera quelli che, in mancanza di un grande sforzo organizzativo per il loro recupero sociale o per il loro controllo, sembrano condannati a ricadere nel reato: la vasta schiera dei tossicodipendenti e dei piccoli criminali.
Superfluo dire che una conclusione del genere, per quanto logica, appare aberrante. Meglio quindi la soluzione della generalità dei reati, senza distinzioni. La stessa logica impone di escludere dall’indulto tutto ciò che nulla ha a che fare con il patimento subito nelle carceri sovraffollate. Le pene accessorie, come l’interdizione temporanea o perpetua da certi incarichi o dal pubblico impiego, vanno quindi confermate senza sconto alcuno: anzi sul piano logico si potrebbe sostenere che l’interdizione temporanea, originariamente prevista in coda alla reclusione di una certa durata, dovrebbe allungarsi di un periodo pari al periodo di reclusione condonato.

Come calcolare la riduzione?

Sotto il profilo etico, vista la premessa che lega la clemenza alla “pena aggiuntiva” rappresentata dal sovraffollamento, secondo la felice definizione del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, la riduzione dovrebbe essere proporzionale alla pena già scontata, fino a un massimo prestabilito. Per esempio (e sottolineo che è solo un esempio) si decide che un anno di carcere patito vale quanto un anno e mezzo, fino a uno sconto massimo di tre anni: significa che il condono massimo di tre anni vale per chi è già in carcere da sei, mentre sarebbe di solo un anno per il carcerato da due anni.

Quali numeri adottare?

Nell’impostazione appena suggerita, sono due gli elementi da valutare: il peso da dare alla “pena aggiuntiva”, che determina la percentuale annua dello sconto (nel nostro esempio, il 50 per cento della pena già scontata); e il livello massimo del condono, che potrebbe risultare dal prodotto tra lo sconto annuo e il periodo trascorso di sovraffollamento (se si pensa che il problema duri da sei anni, come nell’esempio, il condono massimo sarebbe di tre anni; se si pensa che duri da dieci, il condono sarebbe di cinque). Qui non ci sono teoremi e bisogna affidarsi al giudizio discrezionale dei politici, che si spera ascoltino anche gli esperti.
Ai giudizi etici andrebbero aggiunte le considerazioni di convenienza sociale, che legano il condono alle prospettive di intervento pubblico. Ad esempio, considerando che senza una politica attiva di recupero dei carcerati la grande maggioranza degli scarcerati è destinata, secondo gli esperti, a nuova reclusione nel giro di un biennio, ci si dovrebbe chiedere come configurare il condono in modo da eliminare il sovraffollamento nel periodo necessario per realizzare le politiche risolutive del problema carcerario: sostegno agli scarcerati per il loro reinserimento nell’attività lavorativa; ampliamento delle carceri e del personale di custodia, preferibilmente attuando una politica che preveda vari livelli di sicurezza e quindi vari costi per la costruzione e la sorveglianza; modifica dell’ordinamento, con depenalizzazione o riduzione delle pene , in modo da rendere compatibile il numero previsto di condannati con le capacità del sistema carcerario (ottima l’iniziativa del ministro Livia Turco nel campo delle tossicodipendenze).
Temo che per impostare questo calcolo sociale e realizzare le conseguenti politiche, occorrano doti di razionalità e risorse finanziarie superiori a quelle oggi disponibili in Italia. Ma serve almeno indicare la direzione di marcia.

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11 commenti

  1. Marco D'Egidio

    Secondo me la logica di applicare a tutti il condono, derivante dalla considerazione del sovraffolamento delle carceri, che vale per tutti, è sbagliata. Questo perchè considera unicamente il problema del numero dei reclusi. Allora potremmo dire: non in tutte le carceri il sovrafollamento è uguale, in alcune si sta “meglio” che in altre. E perchè la riduzione è la stessa? A mio parere (è una differenza sottile) il problema non è il numero tout court, ovvero: ci sono troppi carcerati che patiscono la pena aggiuntiva delle cattive condizioni di detenzione, applichiamo a tutti la clemenza e ne mandiamo via la parte eccedente. Il problema non sono semplicemente le condizioni penose dei carcerati (il negativo), ma pure il venir meno del fine rieducativo della pena (mancanza del positivo). Se vogliamo mantenerlo, dobbiamo distinguere in base alla gravità dei reati, perchè le condanne educano non solo il detenuto, ma anche il cittadino libero potenziale eversore. Qui cadiamo nell’arbitrarietà, purtroppo, ma se non vogliamo dare un segnale di disimpegno soprattutto nei confronti di reati particolarmente diffusi e non evidenti, considerati dai cittadini leggeri quando invece sono l’opposto, come quelli contro la pubblica amministrazione, dobbiamo andare coi piedi di piombo, sull’indulto.

  2. luca

    Un gesto di clemenza è indubbiamente necessario se non altro perchè, troppo spesso ultimamente promesso, ha creato delle aspettative che non possono essere ulteriormente frustrate. Non per fare del razzismo penale, ma il furto di un portafoglio o di un cellulare dovrebbe essere cosa ben diversa dalla truffa messa in atto da supergeni del male per fregare migliaia di consumatori o milioni di contribuenti. Cosi come ben diverso è corrompere un giudice,o un altro pubblico ufficiale dall’andare in una mensa universitaria e rifiutarsi di pagare per sensibilizzare l’opinione pubblica su costi totalmente insostenibili per uno studente universitario. O peggio ancora evadere il fisco,cioè lo Stato, cioè tutti noi e quindi indirettamente non dare finanziamenti a scuole, ospedali, e servizi pubblici in generale dovrebbe meritare maggior rigore rispetto a tanti altri reati cosiddetti bagattellari. O vogliamo proprio essere ipocriti oltre che disonesti e dire che dare una mazzetta da un milione di euro a un mafioso in cambio di 1000 voti equivale a scaricare da internet un cd musicale e venderlo a uno studente per 5 euro anziche privargli di fatto della possibilità di ascoltarlo perchè ne costa 20? Se tutto questo vi sembra la stessa cosa… io non credo che questi casi concreti debbano godere dello stesso provvedimento di clemenza perchè uguali non sono proprio. Da una parte c’è la necessità direi quasi lo stato di bisogno che spinge a compiere determinate azioni, dall’altra c’è solo l’avidità, la sete di potere, l’ingordigia e la malvagità che non possono in alcun modo giustificare uno sconto della pena. Tengo a precisare che questa non è ne demagogia, nè populismo, ma solo il parere di un onesto lavoratore che è stufo di vedere in carcere i poveri “cristi” e che qualche volta vorrebbe vedere anche qualche malfattore potente in carcere, ma in un carcere vero, non in una “suite” e per giunta solo per qualche giorno.

  3. Natale Ruggeri

    Non capisco perchè l’indulto deve essere esteso a tutti, o quasi.
    E’ vero che se fossero stati esclusi coloro che sono stati condannati per reati finanziari probabilmente, una volta usciti dal carcere, non avrebbero avuto ricadute sul piano penale, è anche vero che molto probabilmente coloro che invece hanno commesso reati poco rilevanti alle cronache, mi riferisco ai piccoli furti da parte dei tossicodipendenti e piccoli criminali, nel giro di un biennio si ritroveranno nuovamente tra le mure di un penitenziario, tuttavia, ritengo che questi tipi di provvedimenti oltre ad alleggerire le strutture carcerarie devono anche lanciare un messaggio positivo alla gente. Non si può non tenere in considerazione il fatto che, mentre un corruttore ha corrotto perchè avido di denaro e di potere e che probabilmente avrebbe potuto vivere tranquillamente anche senza commettere il reato, i piccoli criminali o tosscodipendenti invece, solitamente commettono dei piccoli reati per necessità, certe volte si trovano in questa situazione di disagio proprio a causa dell’avido corruttore o “furbo del quartierino” che, indirettamente o direttamente, evadendo le tasse, o altro, toglie, non solo risorse per il recupero di questi soggetti in difficoltà, ma anche risorse all’intera collettività.
    Non bisogna guardare solo agli aspetti “tecnici” ma anche all’impatto che questi provvedimenti possono avere sull’opinione pubblica in generale.
    Questo non significa essere moralisti ma essere equi.

  4. giuseppe caffo

    Se fossi un ricco guardato a vista da guardie del corpo non sarei preoccupato del fatto che molti criminali tornano in libertà anzitempo grazie all’indulto.
    Se fossi un povero anziano esposto a scippi,rapine e borseggi,sarei molto preoccupato e spaventato.
    Se fossi un magistrato oberato di lavoro,sarei ben certo che molti di questi criminali possano commettere reati,aumentando l’ingorgo dei tribunali,la durata dei processi,e quindi il numero dei detenuti in attesa di giudizio (che è la vergogna della nostra giustizia).La Repubblica ha fatto un sondaggio:il 93% degli italiani è contraria all’indulto.La maggioranza dei politici è sempre più lontana dalla gente!

  5. francesco

    Appartengo a quel 93 % che secondo la repubblica è contrario all’indulto o meglio personalmente sono contrario a che l’indulto finisca per premiare comportamenti socialmente riprovevoli o abietti tra i quali i reati di speculazione e quelli come la corruzione che arrecano danni permanenti alla p.a.
    Non condivido l’indulto anche se in certi casi è necessario(carceri piene)perchè demotiva chi opera correttamente e incentiva alla recidiva chi ha commesso già reati…
    Occorrono misure alternative quali trasformare i due -tre anni condonati in servizi di utilità sociale(spazzare le strade,servire alle mense dei poveri e simili)con controllo su questo strumento alternativo da parte delle autorità pubbliche.

  6. ettore

    Sono contrario all’indulto perchè mina il principio della certezza della pena, incentiva la commissione dei reati, e non risolve il problema del sovraffollamento delle carceri. Se le carceri sono insufficienti, se la logica ha ancora un senso, la risposta più appropriata dovrebbe essere la costruzione di nuove carceri e non la rimessione il libertà dei detenuti!

  7. Federico

    secondo i commenti che ho letto evadere il fisco dovrebbe esserepiù grave di un omicidio volontario.con questa legge se hai sequestrato e ucciso una persona, rientri nell’indulto, se solo l’hai sequestrata, no. un terzo dei carcerati sono tossicodipendenti (immagino non sia questo un mistero per chi ha a che fare con le prigioni).
    se si vuole impedire un riaffollamento bisogna agire tempestivamente sul temi come il proibizionismo delle droghe e della prostituzione

  8. ANDREA DE NARDIS

    In questi giorni credo sia doveroso chiedersi il senso di un provvedimento come l’indulto cosi’ come proposto e votato da gran parte del centro sinistra e del centro destra.
    Come elettore di sinistra e come soggetto impegnato nell’attività politica (sia pur con i limiti che la “palude milanese” concede) non posso non sentirmi tradito.
    La riforma, così come formulata, prevede che siano inseriti anche i reati contro la pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato, abuso, etc.), reati finanziari (falso in bilancio, frode fiscale, appropriamento indebito, aggiotaggio, etc.) e societari (fallimento etc.) : lo ritengo inammissibile per la credibilità della nostra coalizione.
    Se il problema è la questione del sovraffollamento delle carceri, non capisco perché a tutti i costi si debbano inserire tra le persone che godranno dell’indulto anche coloro che hanno commesso questi tipi di reato.
    Era poi questo il provvedimento sulla giustizia più urgente? (e bloccare la Castelli?)
    Per anni abbiamo criticato la perdita di senso della giustizia e di morale pubblica degli esponenti del centro destra (i.e. la legge sul legittimo sospetto, la ex-Cirielli, la depenalizzazione del falso in bilancio e la Pecorella); per anni abbiamo evidenziato come in un mondo che richiede più severità contro certe pene solo il governo berlusconi depenalizzava certi reati.
    E come segnale di svolta che si decide di fare?Ci si incammina allegramente con i nostri avversari politici lungo la stessa strada.
    Il rilancio del paese non può essere solo economico ma anche civile.Non si possono chiedere sacrifici, fare sermoni sulla legalità, la lotta all’evasione, la necessità si una riscossa morale, la voglia di far “alzare lazzaro” se poi gli esempi concreti di azione legislativa sono il frutto di inquietanti compromessi.
    Il paese cerca nuovi leader e nuovi programmi.
    Con queste scelte non si intravedono ancora.

  9. LGiuliani

    La questione dell’indulto ha devastato anche il mio animo di elettore diessino, socialdemocratico convinto.
    Ma non è stato il provvedimento a sconcertarmi, nè il fatto che ci sia illusi di risolvere così il problema (12-18 mesi e ci risaremo), ma i commenti degli elettori della mia parte politica, che si sono lanciati in un’allegra ondata di indignazione degna delle migliori anime candide!
    Il problema: le carceri scoppiano. Soluzioni: costruire più carceri (con quali soldi?) o buttare fuori un po’ di gente.
    Provvedimento possibile: Indulto, richiesta maggioranza dei 2/3.
    Ora, la Lega è contraria, perché i criminali in giro mai!!, A meno che non escano con la Ex Cirielli o con il Legittimo sospetto, allora sì!!
    AN, idem. Anzi se hanno spacciato droghe leggere fuciliamoli direttamente.
    Unica alleanza possibile: gli impresentabili Berluscones e l’UDC. Conditio Sine Qua Non: includere i reati che interessano a questi signori.
    Quindi, solo 2 alternative:
    1. Non si includono quei reati, e si lascia tutto così com’è, alla faccia dei nostri bei principi
    umanitari (Guantanamo neanche per i terroristi, giustamente, ma PoggioReale va bene!!!).
    2. Ci si tura il naso, si prende atto della situazione, e si ingoia l’amaro boccone dell’accordo.

    Il resto, sono chiacchiere da bar…

    LGiuliani

  10. Michele

    La prima. A elemento dirimente della scelta se farlo o meno, viene posto l’assunto: poichè per farlo occorrono i 2/3 dei parlamentari o si riteneva più urgente fare uscire i carcerati – stante la situazione delle carceri – o si lasciava perdere. Spiacente ma non ritengo corretto porre la situazione in questi termini: la necessità della maggioranza dei 2/3 indica solo che occorre una mediazione, non dice nulla sulla sua natura specifica. Di quel percorso di mediazione, avvenuto nel chiuso delle commissioni parlamentari e delle trattative sottotraccia, non sappiamo nulla, se non il fatto che, come nel film Il Padrino, “è stata fatta una offerta che non potevamo rifiutare”. Perché, come, quando? Vero che siamo di fronte a un governo costretto a utilizzare sistematicamente la scorciatoia della fiducia in Parlamento, ma non vorrei lo facesse anche nei confronti dei suoi elettori: la perderebbe.
    La seconda. Nessuno conosce il numero esatto degli ammessi all’indulto, tra scarcerati e detenuti che transiteranno ad altre tipologie di rieducazione/detenzione (domiciliari, servizi socialmente utili ecc.) spesso insufficienti o inesistenti, tant’è che si parla indifferentemente di 12000 o 22000 persone. Non è una cosa seria e può esser fortemente controproducente, portando molti di essi all’abbandono e alla recidiva obbligata. Non è così che agisce un governo riformatore. Ieri infatti si sono visti in TV detenuti per clandestinità rilasciati avviarsi da soli non si sa dove, invece che esser accompagnati ai voli aerei per tornare in patria o ai CTP, finchè la legge vigente è così formulata. Quei detenuti “indultati”, in altre parole, erano già di nuovo recidivi senza aver altra scelta.
    Comcludo. Io non credo che i differenti giudizi sull’indulto, soprattutto da parte degli elettori che sostengono questa maggioranza, siano da ricondursi esclusivamente alla dicotomia irrazionalità/razionalità. Vedo molta molta razionalità anche in chi è rimasto del tutto sconcertato.

  11. Fausto Massari

    Trovo l’articolo di Gilberto Muraro esemplare per lucidità e onestà intellettuale.
    Ma non credo che le argomentazioni da lui esposte abbiano avuto alcunché a che vedere con le motivazioni inconfessate, e inconfessabili, che hanno spinto i parlamentari a votare questa legge: infatti il dibattito è stato incentrato solo su peccati più o meno perdonabili, ed del resto i reati di mafia, terrorismo, pedofilia, ecc… sono rimasti esclusi.
    Ciò che mi stupisce è che Prodi abbia, se non concorso, almeno avallato un’operazione tanto amorale quanto autolesionista per lui che su una maggiore etica in politica aveva investito parecchio e con successo.

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