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Una Consip per la finanza locale

Cresce il ricorso al mercato degli enti locali, anche per compensare i minori finanziamenti statali. Finora, le amministrazioni si sono avventurate sui mercati nazionali e internazionali in ordine sparso, ricavandone alti costi dei finanziamenti e pericoli da non sottovalutare. Si potrebbe invece costituire, sull’esempio della Consip, un’agenzia cui gli enti locali siano tenuti a chiedere consulenza e valutazione del rischio. Non è un ritorno alla centralizzazione. E’ un modo per impedire focolai di sofferenza finanziaria nel settore pubblico.

La Consip è un’agenzia del ministero dell’Economia e finanze, per l’acquisizione accorpata di beni e servizi per le amministrazioni pubbliche e la consulenza informatica. È intesa soprattutto al risparmio. Un unico centro di spesa spunta condizioni di prezzo e di assistenza migliori. Non solo. Vi è un monitoraggio più accurato e maggiore trasparenza. Di certo un’esperienza positiva, ridimensionata però da recenti interventi legislativi.
Una simile agenzia potrebbe dare buona prova anche in altri campi come quello dell’acquisto di risorse finanziarie da parte di enti pubblici territoriali. Molti di questi finora si sono avventurati sui mercati nazionali e internazionali in ordine sparso. Con il risultato di alti costi dei finanziamenti e situazioni di rischio da non sottovalutare.

Enti locali costretti al fai-da-te

La normativa (articolo 41 legge 448/2001, decreto attuativo 389/2003 e circolare esplicativa del 27 maggio 2004), ad esempio, impone un prestito incrociato in valuta (cross-currency swap) quando si emette un’obbligazione in valuta. Occorre poi una copertura (amortizing swap) con relativo fondo di ammortamento (sinking fund) se si prevede un rimborso in unica soluzione dell’obbligazione. Agli enti territoriali sono consentite altre operazioni in derivati, quali transazioni su tassi di interesse (interest rate swaps), e acquisto di opzioni sui tassi stessi (caps e collars). Limiti e obblighi mirano a ridurre i rischi finanziari.
La complessità degli strumenti cela però pericoli come quello di corresponsione di prezzi non congrui per le coperture con derivati e, quindi, un maggior costo del debito. Inoltre, l’ente locale assume rischi legati agli andamenti dei tassi di mercato, o altri di ancor più complessa valutazione, come il rischio di credito e quello connesso alle attività del sinking fund di un prestito obbligazionario. Proiettati alla scadenza del derivato, possono tradursi in differenziali negativi privi di adeguata copertura.
Sopra i 100 milioni è prevista la comunicazione dell’operazione al dipartimento del Tesoro, il quale, entro dieci giorni, può indicare il momento migliore per accedere al mercato. Ma non vi è una vera assistenza all’ente locale alle prese con complesse operazioni finanziarie concertate da primarie banche di investimento, spesso straniere. E questo è un vero guaio, visto che piccole e medie amministrazioni non dispongono di professionalità per interloquire con le banche di investimento. Né è realistico pensare che possano dotarsi di queste capacità, dati gli oneri che comporterebbero, non giustificati dal volume delle operazioni.
Secondo la Corte dei conti, proprio per la mancanza delle dovute competenze finanziarie per operare con tali strumenti derivati negli enti di piccole e media dimensione, “dovrebbe essere assolutamente vietata la autocertificazione di operatore qualificato” richiesta dagli intermediari per escludere ogni dubbio in merito alla consapevole assunzione di rischio.

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Una centrale di acquisto delle risorse finanziarie

Una centrale di acquisto delle risorse finanziarie potrebbe assumere personale in grado di interloquire con banche d’affari italiane e straniere nonché controllare le posizioni di rischio delle finanze locali.
Non è un cammino a ritroso verso la centralizzazione. È un modo per impedire focolai di sofferenza finanziaria nel settore pubblico. La storia recente ci sollecita a prevenire. Nel gennaio 1999, una crisi finanziaria locale, nello stato di Minas Gerais in Brasile travolse l’intero cono sud del continente americano. Il sistema finanziario italiano non è paragonabile a quello del Brasile del 1999. Ma non possiamo sottovalutare il crescente peso di operazioni finanziariamente complesse con derivati e il progressivo ricorso ai mercati da parte degli enti locali per compensare minori trasferimenti statali. (1)
All’aumentare di numero e volume delle posizioni, aumenta la probabilità che qualche ente locale incontri difficoltà per rischi finanziari consapevolmente o inconsapevolmente assunti.
Il legislatore potrebbe seguire l’esempio della Consip per costituire un Centro cui gli enti locali siano tenuti a chiedere consulenza e valutazione nel ricorso a strumenti finanziari non sempre di facile comprensione. Alternativa, meno vincolante e rassicurante, potrebbe essere rappresentata dai consorzi volontari (previsti dal testo unico sugli enti: decreto legislativo 267 del 2000, articolo 31) per svolgere una consulenza nell’esclusivo interesse degli enti locali stessi.
Né bisogna dimenticare che la Corte dei conti, con il suo attento attivismo, può chiamare gli amministratori locali a risarcimenti per l’eventuale serio pregiudizio alla finanza locale prodotto dal ricorso a tali operazioni.. Il Centro modello Consip, potrebbe essere dunque anche una difesa per gli amministratori stessi. Ma soprattutto
può prevenire criticità finanziarie, anziché porvi rimedio dopo che si sono manifestate. Altrimenti, nella migliore delle ipotesi, gli intermediari finanziari seguiteranno a conseguire lucrose commissioni, mentre gli amministratori locali assumono rischi crescenti e i cittadini sostengono più elevati costi di finanziamento.


(1)
A maggio 2005 l’indebitamento era pari a circa il 6 per cento del Pil.

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Volumi di obbligazioni emesse da enti locali nel periodo 1996-2004 (Mln €)

Volume emesso

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

Totale

BOC

236

222

483

704

521

601

691

1.027

1.752

6.237

BOP

80

149

65

35

96

339

470

1.055

2.289

BOR

9

513

817

1.695

2.515

1.708

4.477

2.520

2.388

16.642

Totale

245

815

1.449

2.464

3.071

2.405

5.507

4.017

5.195

25.168

Fonte: Dexia-Crediop

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Sommario 28 luglio 2006

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L’economia dell’indulto

  1. Giuseppe Murabito

    Dopo aver letto con particolare attenzione il Vostro articolo e apprezzato come sempre le valutazioni fornite dalla redazione “La Voce Info” su tematiche innovative, trovo utile fornirVi il mio commento in merito.Da circa due anni, dopo aver conseguito la Laurea presso l’Università Bocconi, lavoro per una realtà regionale “Valore SIM S.p.a.” partecipata dalla holding di Sviluppo della Regione Lazio. Noi offriamo alla Regione assistenza in ambito finanziario. In particolare svolgiamo attività di monitoraggio del portafoglio di debito regionale che in parte è costituito da BOR e da derivati. Valore SIM ha strutturato anche una linea di attività interna rivolta agli Enti Locali del Lazio.La mia esperienza, sulla base di reali vantaggi monetari procurati nell’ambito della gestione attiva del debito regionale e di riconoscimenti ottenuti da parte di amministrazioni locali del Lazio, mi porta a non essere pienamente concorde con l’idea di una “Consip” per la finanza locale. I servizi finanziari “acquistabili” dalle amministrazioni pubbliche presentano dei livelli di standardizzazione relativamente bassi, alla luce dell’ampia casistica di modulazione delle opzioni acquistabili e vendibili dalle amministrazioni pubbliche. Per tale motivo ritengo più efficace ed efficiente una realtà tecnica su base regionale capace di dialogare con le controparti, con le istituzioni in ambito nazionale e capace di assistere in senso “customizzato” le amministrazioni locali del proprio ambito territoriale, mantenendo nel contempo come “core” l’attività di assistenza alla Regione. Ciò comporta una struttura snella e flessibile con competenze multitask, dotata delle caratteristiche giuridiche tali da permetterLe di finanziarsi sulla base dei risultati positivi apportati al sistema della finanza regionale e locale e il riconoscimento del ruolo di tale struttura nella filiera istituzionale. Un modello regionale di “Local Authorities Financial Advisor” con caratteristiche societarie manageriali.

  2. Veronica Vecchi

    Mi occupo da parecchi anni di finanza locale come docente e ricercatrice dell’Università Bocconi e della sua school of mangament (SDA). Credo che la proposta di istituire una think thank a livello nazionale su questi temi, sul modello Consip, o anche dell’Unità tecnica Finanza di Progetto, non sia una soluzione efficace. Innazitutto per la specificità dei fabbisogni dei singoli enti, che richiedono una elevata capacità negoziale con l’intermediario finanziario, che per sua natura è portato a offrire prodotti molto standardizzati (un chiaro esempio è rappresentato dalla operazioni di cartolarizzaizone multioriginator – cfr. Vecchi V. Mecosan n. 53/2005). Le think thank nazionali, come per esempio l’unità tecnica finanza di progetto (UTFP), non hanno dimostrato la capacità di operare in modo capillare su tutto il territorio, per una carenza di risorse e di strutture. L’UTFP ha piuttosto seguito alcune operazioni molto critiche e complesse, come la maxi operazione di project finance per i 4 ospedali toscani. Il ruolo della think thank nazionale dovrebbe essere quello di fornire linee guida e pareri agli enti e un supporto agli organi legislativi (nazionale i regionali), come avviene in UK con il NAO (national audit office – la loro corte dei conti). Dall’altro lato, la creazione di una task force regionale è ancora troppo lontana dai fabbisogni dei singoli enti: essa può essere la soluzione per la predisposizione di progetti strategici su determinati settori che richiedono un maggior coordinamento regionale, come per esempio la sanità con le operazioni di Project Finance (un esempio di questo è rappresentato da Finlombarda e da Infrastrutture Lombarde) o come sarebbe utile attivare con riferimento ad altre operazioni molto complesse ad oggi gestite in modo critico con dubbi benefici per le finanze pubbliche (come per esempio le operazioni multi originator). CONTINUA NEL COMMENTO SUCCESSIVO

  3. Veronica Vecchi

    Una soluzione percorribile e più efficiente per il livello locale (comuni e province) potrebbe essere l’attivazione di uffici – a livello provinciale o sub provinciale capaci di supportare startegicamente e operativamente i singoli enti, attraverso la predisposizione di operazioni in grado di perseguire maggiori economie di scala, definite partendo da una analisi dei fabbisogni dell’ente o degli enti in pool e non adottando la soluzione proposta dagli operatori privati. Uffici di questo tipo permettono di accrescere il potere contrattuale del pubblico, che deriva non solo dalla dimensione dell’operazione ma soprattutto dal know how e dalla specializzazione. Un esempio di successo è rappresentato dalle emissioni obbligazionarie in pool del comune di reggio emilia, per gli enti delle provincie di RE, MO, PR, PC. E’ necessario investire comunque sul costante rafforzamento delle competenze degli enti pubblici, ad ogni livello, affinchè sappiano valutare i loro fabbisogni e le alternative e poi scegliere le soluzioni migliori, quelle cioè capaci di creare il più alto value for money per l’ente e per la collettività e che siano sostenibili nel lungo periodo. Ciò che spesso succede è che si opta per la soluzione più conveniente nel breve, per logiche legate alla legittimazione e al consenso, trascurando invece gli impatti di lungo periodo sul bilancio. Di nuovo, voglio sottolinerare quale esempio di una simile visione distorta, le operazioni di cartolarizzaizone, tra cui quelle multioriginator in sanità, o le operazioni sui mercati dei derivati.

  4. Maria Fiore

    Negli acquisti di beni e servizi come delle risorse finanziarie il ruolo dell’assistenza alle PA svolto dai soggetti chiamati a farlo per il loro ruolo istituzionale è fondamentale, soprattutto in un quadro di governance come quello che si sta a fatica strutturando nel processo decisionale pubblico.
    Per quanto concerne il public procurement e l’e-procurement, nel quadro della ricerca di una maggiore competitività delle aziende pubbliche e private e dei sistemi economici territoriali, partendo dalle opportune analisi di natura economica, è importante definire strategie e politiche a supporto della PA e delle imprese con essa interagenti.
    L’esperienza Consip è stata senza dubbio importante. Ancor più potrà esserlo se verrà ben interpretato il suo nuovo ruolo a supporto delle PA e delle imprese operanti nel mercato della fornitura. Essa si inserisce nella tendenza alla centralizzazione degli acquisti in atto in ambito nazionale ed internazionale che è auspicabile si sviluppi anche in ambiti regionali e locali per favorire la competitività aziendale (specie delle piccole e piccolissime imprese che sono l’ossatura della nostra economia e che non hanno il know how per usufruire delle opportunità dei mercati telematici) e quella dei sistemi economici territoriali; per razionalizzare e semplificare l’azione amministrativa; per non lasciare è sé stessi i comuni più piccoli e con minori risorse; per facilitare la realizzazione di sistemi di controlli interni e di governance.
    Tale tendenza deve riequilibrarsi per tener conto dell’autonomia finanziaria degli EELL che non lascia spazio ad elementi di obbigatorietà del sistema. Non a caso le numerose centrali di acquisto che si stanno sviluppando a livello regionale e locale (v. il progetto Intercent, Regione Emilia Romagna) e le esperienze di gestione associata degli acquisti (v. Comune di Torino) non prevedono elementi di obbligatorietà ma di adesione delle PA del territorio.

  5. Stefano74

    L’idea del think thank nazionale non è da sottovalutare, ma dovrebbe essere in grado di seguire gli enti locali per tutta la durata dell’investimento, per esempio effettuando controlli periodici sul market2market o per validare la qualità delle operazioni operate con i fondi di ammortamento. Non dovrebbe noltre avere solo un valore consultivo, diversamente gli enti locali andrebbero avanti comunque per la loro strada. Potrebbe invece fornire linee guida ben precise non rispettando le quali l’ente locale non potrebbe procedere all’operazione. Infine, il problema vero si origina quanto gli enti affidano ai proprio advisor – senza gara alcuna – il compito di portare avanti operazioni finanziarie. In questo modo l’advisor si trasforma in dealer o arranger e si origina un pericoloso conflitto di interessi dove nessuno più controlla dove sta il vantaggio per l’ente stesso. Che certo non può far affidamento sulle proprie competenze interne…

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