I contribuenti con oltre 35mila euro di imponibile pagheranno più imposte. Ma chi beneficerà dell’intervento sull’Irpef? Saranno coloro che hanno redditi tra 10 e 35mila euro, più i lavoratori dipendenti degli autonomi e chi ha figli rispetto a chi non ne ha. Ma leffetto redistributivo non è intenso, perché la manovra poggia solo sulla progressività dellimposta. Importanti gli aspetti di razionalizzazione, con il ritorno al sistema di detrazioni. Forse si poteva fare di più nel disegno degli istituti di sostegno alle famiglie e verso luniversalità dei beneficiari. È facile prevedere che nella valutazione della Finanziaria per il 2007 unattenzione particolare sarà dedicata alla redistribuzione monetaria attuata con la riforma dellIrpef e delle politiche di sostegno alle famiglie. Nei primi commenti, da un lato, si sono usati slogan come “attacco ai ceti medi”, “eccesso di redistribuzione”; dallaltro, si è manifestato entusiasmo per lavvio di una nuova politica di sostegno della famiglia attraverso assegni e detrazioni fiscali. Tutto parte dal cuneo La prima cosa da dire è che la riforma avviene sostanzialmente con effetti nulli o molto modesti sul complesso delle risorse finanziarie destinate a Irpef e assegni (600 milioni in più). Il gettito dellIrpef secondo le stime del governo, cheutilizzano i dati delluniverso delle dichiarazioni fiscali, aumenta di 800 milioni. (1) Figura 1a – Variazione reddito disponibile dopo la riforma dellimposta sul reddito e dellassegno al nucleo familiare – dipendenti Figura 1b – Variazione reddito disponibile dopo la riforma dellimposta sul reddito – autonomi La redistribuzione La manovra nel complesso non realizza una redistribuzione intensa: lindice di Gini del reddito familiare disponibile equivalente diminuisce di 2 decimi di punto, passando da 0.344 a 0.342. (2) Non poteva essere diversamente. Limposta progressiva, se deve contare solo sulla progressività e non anche sullaumento delle aliquote medie, non può fare miracoli. Non consente di redistribuire ai veri poveri (incapienti) a causa della sua natura individuale e trasferisce risorse anche a contribuenti relativamente poveri che vivono in nuclei familiari agiati. Anche la quota di famiglie povere non viene sostanzialmente modificata: se definiamo come tale una famiglia che dispone di un reddito disponibile inferiore al 50 per cento del reddito mediano, allora lincidenza della povertà diminuisce in modo impercettibile, da 11,92 a 11,89 per cento. Fig. 2 – Variazione percentuale del reddito disponibile familiare per decili di reddito Nessun decile aumenta il proprio reddito per più dell1 per cento. (3) Tab. 1 – Quota di famiglie che guadagnano e perdono dopo la riforma Reddito aumenta Reddito diminuisce Reddito invariato Famiglie con minori 80% 17% 4% Famiglie senza minori 70% 13% 17% Dipendenti 82% 16% 2% Indipendenti 56% 32% 13% Pensionati 71% 7% 21% Totale 73% 14% 13%
La realtà è forse un poco più sobria. Loperazione può essere meglio descritta come razionalizzazione di alcuni vistosi difetti presenti nellIrpef della riforma Tremonti, mentre per le politiche per le famiglie si può parlare, a seconda dellanimus, di primo passo, oppure di occasione mancata.
Vengono invece aumentate le risorse per gli assegni familiari (istituto a favore dei soli lavoratori dipendenti) per 1,4 miliardi.
Prima, al sostegno della famiglie con figli andavano circa 12 miliardi di euro, tra deduzioni fiscali (7) e assegni al nucleo familiare (5); ora 15 miliardi di cui 8,5 per detrazioni e 6,5 per assegni.
Il primum movens della manovra è stata la necessità di reperire risorse per finanziare lincauta proposta di riduzione del cuneo fiscale. La parte destinata ai lavoratori dipendenti (il 40 per cento dei 10 miliardi del costo complessivo) è stata così trovata in un più complessivo ridisegno dellIrpef, anziché nella restituzione di contributi in busta paga (amministrativamente complessa) o nella restituzione del fiscal drag (poco redistributiva). Pagheranno più imposte i contribuenti con oltre 35mila euro di imponibile. I più beneficiati sono i possessori di redditi tra 10 e 35mila euro; in maggiore misura i lavoratori dipendenti rispetto gli autonomi; i contribuenti con figli rispetto a quelli senza. La riforma riequilibra dunque il contenuto del secondo modulo della riforma Tremonti, solo in minima parte destinato alle famiglie, indirizzandone una quota significativa ai nuclei con figli (circa 3 miliardi).
Le figure 1a e 1b mostrano la variazione del reddito disponibile dopo la riforma dellimposta e dellassegno al nucleo familiare per quattro casi relativi a lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi , con e senza carichi familiari.
Se suddividiamo le famiglie in decili crescenti di reddito disponibile equivalente, con il primo decile che raggruppa il 10 per cento più povero delle famiglie, e il decimo che comprende il 10 per cento più ricco, la figura 2 mostra la variazione percentuale media del reddito disponibile per i vari decili dopo la riforma, scomponendo anche leffetto totale nella parte dovuta alla revisione dellimposta personale e in quella dovuta allassegno al nucleo familiare.
Il 90 per cento delle famiglie italiane sembra mediamente ottenere un incremento di reddito, a scapito del 10 per cento più ricco. La parte più significativa dellimpatto redistributivo è svolta dalla variazione della struttura dellIrpef (che comprende anche una rimodulazione delle detrazioni per figli), mentre più modesto è leffetto dellincremento degli assegni.
Se la riforma va soprattutto a vantaggio dei dipendenti e delle famiglie con figli, numerosi sono i nuclei di indipendenti che subiscono una perdita, sia a causa del più elevato livello medio di reddito, che per la mancata fruizione degli assegni familiari. Lalto numero di pensionati non toccati dalla riforma si spiega sia con lassenza di bambini nei loro nuclei che con il fenomeno dellincapienza.
Gli aspetti di razionalizzazione sono invece importanti: si è giustamente fatto marcia indietro sul meccanismo delle deduzioni per ritornare a un sistema di detrazioni, più chiaro e semplice, in particolare per i carichi familiari (eliminando il barocco tax planning familiare). Per gli assegni al nucleo familiare è stato ridisegnato il profilo delle tipologie familiari più importanti, come mostra ad esempio la figura 3.
Le occasioni mancate
Tenuto conto dei vincoli dellazione, si tratta di aspetti positivi.
Non si è forse colta loccasione per una riforma di più ampio respiro, non tanto sotto il profilo redistributivo, quanto sotto quello del disegno degli istituti di sostegno alle famiglie. Si è mantenuta unimpostazione centrata sulla selettività (le detrazioni per la no tax area e oneri familiari e gli assegni familiari sono decrescenti al crescere della condizione economica), ma si è mancato di fare passi avanti nella direzione della universalità dei beneficiari, vale a dire lestensione dei provvedimenti a tutta la popolazione. Nel complesso la struttura attuale, anche se più razionale, resta appannaggio soprattutto del lavoro dipendente. Per gli aspetti universalistici, si è preferito agire sul lato dellimposta personale, ma, rinunciando allimposta negativa, non si è affrontato il problema degli incapienti.
La selettività continua a essere perseguita in modo differenziato nellIrpef (sulla base del reddito imponibile), negli assegni familiari (reddito complessivo del nucleo); nellassegno per nuclei con almeno tre minori (lIsee, Indicatore della situazione economica equivalente). Non si è avuto il coraggio di dare fiducia allIsee come strumento più corretto di selettività, che valuta la condizione economica della famiglia (e non del singolo individuo) con riferimento non solo al reddito, ma anche al patrimonio: avrebbe potuto essere utilmente riformato e applicato in modo più esteso.
Si tratta di scelte che si possono anche comprendere se si ha presente che mosse verso luniversalismo, la via principale per la creazione di un sistema di welfare più inclusivo, avrebbero favorito maggiormente i lavoratori autonomi. Il cono dombra dellevasione non solo impedisce di realizzare risorse, ma ostacola anche il disegno di politiche più coraggiose. Si può sperare si tratti comunque di un primo passo. Ma domani sarà forse più difficile ridisegnare un sistema universale senza dovere impiegare maggiori risorse.
(1) Nostri calcoli con modelli di microsimulazione, su dati campionari, segnalerebbero un paio di miliardi di perdita di gettito, una discrepanza non facilmente distinguibile dallerrore statistico.
(2) Lindice di Gini misura il grado di disuguaglianza presente in una distribuzione. Va da 0, in caso di totale eguaglianza, ad 1 nel caso opposto.
(3) Se calcoliamo la variazione percentuale del reddito disponibile solo sulle famiglie che beneficiano di un incremento di reddito, escludendo quelle che perdono e quelle indifferenti, la variazione percentuale media del reddito disponibile è attorno all1,6 per cento per i primo tre decili, e decresce fino allo 0,5 per cento per il decimo.
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GP
Condivido che questa manovra sia più incentrata sul rigore dei conti che sullo sviluppo, il fatto che si basi più su fisco che tagli anche, ma d’altronde mi sembra non differisca molto in questo dalla recente politica tedesca, varata da un governo non propriamente politico. La mia sensazione è che la sola differenza stia nell’aver aperto un “ombrello pietoso” a protezione dei ceti più disagiati. Complimenti per l’interessante analisi.
Luiso S.
Complimenti per l’articolo che potrebbe dare un po’ di serenità al dibattito. Come mai molti percettori di reddito sui 70-80 mila si sono arrabbiati? L’idea che mi sono fatto è che molti pensano: 1) “i veri ricchi sono evasori che lavorano in proprio o i proprietari di immobili (basta guardare in giro quante barche, quanti SUV) 2) “io in realtà appartengo al ceto medio (non posso permettermi certo la barca)”. Credo che ci sia del vero (e che pertanto i manifesti “anche i ricchi piangano” fossero una cosa molto poco di sinistra) e però anche che questa classe di reddito abbia una percezione errata della distribuzione del reddito nazionale (sottovaluta quanta gente vive con redditi da 25-30 mila euro). In sostanza la distribuzione dei redditi dichiarati viene dichiarata fasulla e in fondo l’evasione c’è anche a livello più basso: basta pensare alle ripetizioni in nero impartite dai professori di liceo. Esiste una stima della distribuzione del reddito corretta per l’evasione in Italia?
Marco Solferini
Articolo molto preciso e molto dotto, è piacevole leggere di constatazione a suffragio delle quali vengono posti dei dati, anche spiegati, spesso la dialettica si sostituisce alla matematica e si crea un limbo di infinite possibilità. Fermo restando sempre il diritto ad avere opinioni differenti. Una sola considerazione sulla chiusura laddove mi pare che le libere professioni si stiano allontanando dal sitema di welfare o almeno si ha quasi la percezione che si stia per effettuare una sorta di scorporo, di conferimento. La mia domanda è ambiziosa: da molto si dibatte dell’importante riforma delle pensioni nelle libere professioni e in particolare della Cassa di Previdenza ed Assistenza Forense, esiste la possibilità che questo rigore (termine che indica molto, ma anche molto poco se riferito alla classe media), sia il preludio a un welfare e ad un sistema pensionistico più aperto in generale, sia nel pubblico che nel privato? Perchè nel mio essere piccolo e come spesso accade ai piccoli tendenzialmente portato ad essere più critico che benevolo credo che la Nazione abbia bisogno del coraggio di essere sopratutto creativi, è il momento di Omerica virtù.. per me che sono piccolo ovvio.