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Ma gli elettori volevano le riforme

La Finanziaria redistributiva e timida nelle riforme, apprezzata da sinistra e sindacati, accontenta forse pensionati e colletti blu, tra i più restii, con i lavoratori in proprio, ad approvare politiche di austerità. Ma rappresenta un’occasione mancata, perché non coglie la disponibilità di impiegati, dirigenti e in certa misura anche degli operai ad accollarsi, con equità, il peso di politiche di sviluppo che consentano all’economia di tornare a crescere.

La Finanziaria 2006 ha privilegiato le manovre redistributive, che rappresentano metà dell’intero ammontare, ai tagli di spesa e alle riforme strutturali, che erano stati al centro del dibattito politico prima dell’estate. Dunque, molta equità, ma poca efficienza. Normale per un governo di centrosinistra che vuole rappresentare interessi e preferenze del proprio elettorato? Forse, anzi non proprio.

Il sondaggio

Un sondaggio Ispo (1) condotto dopo le elezioni politiche (giugno 2006) ha chiesto agli italiani se erano disponibili a una politica di austerità per risanare i conti del paese e rilanciare l’economia.
Il 55 per cento degli elettori di centrodestra si è detto contrario a ulteriori sacrifici, mentre solo il 30 per cento degli elettori di centrosinistra (Ulivo, Rosa nel pugno e Udeur) e il 22 per cento di quelli di sinistra (Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi) ha opposto un secco “no”. Più del 50 per cento degli elettori dell’attuale governo si è dichiarato pronto a sacrifici per rilanciare l’economia del paese, purché fatti con equità – ovvero dove “non sia solo la gente come me a rimetterci” – con un ulteriore 20 per cento disposto ad accettare i sacrifici “di buon grado”. Dal proprio elettorato, e anche (soprattutto) dagli elettori di sinistra, il governo aveva dunque incassato un’importante delega a riformare.
La divisione degli intervistati per redditi funzionali mostra come la preoccupazione per l’andamento dell’economia e la volontà di collaborare al cambiamento sia particolarmente forte tra le persone più legate al mercato del lavoro. Una maggior apertura a contribuire al rilancio dell’economia si riscontra infatti tra i colletti bianchi (quadri, funzionari, insegnanti), tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti, ma anche tra gli operai. I lavoratori autonomi manifestano minor entusiasmo, mentre una forte opposizione è presente tra i pensionati (e gli studenti).

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Un’occasione mancata

Ma la Finanziaria sembra aver disatteso questa voglia di rilancio dell’economia, a favore di manovre soprattutto redistributive che beneficiano pensionati e dipendenti con redditi inferiori ai 35mila euro e colpiscono maggiormente i lavoratori autonomi (si veda Baldini e Bosi). Perché?
Il peso della sinistra all’interno della coalizione di governo può spiegare la redistribuzione a favore dai dipendenti con bassi redditi (nel campione Ispo, i colletti blu rappresentano il 29 per cento degli elettori di sinistra, ma solo l’11 per cento dell’elettorato), ma non la difesa dei pensionati (il 15 per cento degli elettori di sinistra, ma ben il 23 per cento dell’intero elettorato italiano). La loro difesa dipende in gran parte dall’enorme peso che i sindacati hanno avuto in questa Finanziaria. Infatti, in Italia, queste organizzazioni volontarie di lavoratori sono in realtà dominate dai pensionati, che nel 2005 rappresentavano il 54 per cento degli iscritti della Cgil, il 50 per cento della Cisl e il 28 per cento della Uil.
La Finanziaria redistributiva e timida nelle riforme, apprezzata da sinistra e sindacati, accontenta forse pensionati e colletti blu – tra i più restii, con i lavoratori in proprio, a politiche di austerità – ma rappresenta un’occasione mancata, perché non coglie la disponibilità di impiegati, dirigenti e in certa misura anche di colletti blu ad accollarsi – con equità – il peso di politiche di sviluppo che consentano all’economia di tornare a crescere.

 

D1

In questo momento i conti pubblici del paese sembra necessitino di interventi correttivi che rilancino l’economia. Se il governo attuasse tale politica di austerità…

 

Accetterei di buon grado

(% di voti validi)

Sarei disposto a dei sacrifici, purché non sia solo la gente come me a rimetterci

(% di voti validi)

Credo di aver già dato abbastanza

(% di voti validi)

Dirigenti

10

56,67

33,33

Lavoratori in proprio

8,57

45,71

45,71

Impiegati

13,45

53,78

32,77

Colletti blu (Operai)

21,67

40,00

38,33

Casalinghe

19,57

56,52

23,91

Pensionati

9,76

35,37

54,88

Studenti e disoccupati

18,32

28,24

53,44

 

Destra

10,34

34,10

55,56

Centrosinistra

19,69

50,26

30,05

Sinistra

22,45

55,10

22,45

 

(1) Sondaggio Ispo 21-23 Giugno 2006. Campione rappresentativo degli elettori italiani per sesso, età, scolarità, professione, area residenza, dimensioni Comune. Interviste: CATI Elaborazioni: SPSS;. Casi: 800 Margine di approssimazione: 3,5 La documentazione completa è disponibile su : www.sondaggipoliticoelettorali.it dell’11 luglio 2006

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14 commenti

  1. LUCAVERBO

    Gli elettori volevano e vogliono ancora le riforme. Almeno 3 sono quelle che non possono più aspettare: 1 la riforma del pubblico impiego. 2 la riforma del mercato del lavoro e della previdenza sociale 3 Una riforma organica e incisiva delle liberalizzazioni e della lotta all’evasione fiscale. Per quanto riguarda quella del Pubblico impiego si è già detto tutto e di più. Aggiungo che ho lavorato in 3 uffici pubblici diversi come tirocinante e in tutti e tre mi sono scontrato con sacche incancrenite di dolce far niente. Andrebbe attribuito un maggior potere (anche la possibilità di licenziare) ai dirigenti responsabili delle varie aree, magari prevedendo un organismo di controllo interno, tipo un collegio sindacale, che non faccia debordare il loro potere.
    Per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro credo che bisogna ridimensionare le decine di tipologie contrattuali disincentivando la precarietà a vantaggio di una stabilizzazione delle condizioni lavorative che può garantire anche un miglioramento delle situazioni economiche generali. Banalmente se so che i soldi di questo mese, li avrò anche l’anno prossimo e quello dopo ancora posso accendere un mutuo, o fare qualsiasi altro investimento.
    In ultimo la riforma delle liberalizzazioni doveva essere più organica e incisiva: doveva riguardare tutte le professioni e tutte le categorie. Per esempio si potevano liberalizzare le edicole, i tabacchi, le farmacie ecc. ecc. Se io ho i requisiti adatti per avere un’edicola o un tabacchi o se sono un farmacista abilitato (ce ne sono 60000 a spasso) perchè devo aspettare che muore qualcuno per aprire un’attività del genere? Lasciamo al mercato il compito di fare le differenze, non allo Stato. Per non parlare della inutile figura dei notai. Basterebbe che un dirigente qualsiasi del comune avesse la delega per la registrazione degli atti con una riduzione evidente della spesa pubblica per lo Stato e dei costi per i cittadini.

  2. Luiso S.

    Non sono d’accordo con questa lettura deterministica dei numeri presentati. Mi sembra che si ammanti di scienticifità una giudizio di valore sulla finanziaria. Si dà per scontato (è questo che mi sembra poco scientifico) che tra dichiarazioni e realtà non ci sia differenza. Io, per esempio, credo che la differenza ci sia: ce n’è nelle dichiarazioni dei redditi figurarsi nelle dichiarazioni di disponibilità (teorica) al sacrificio qui presentate. Alla prova dei fatti dove sarebbe tutta questa disponibilità di contribuire da parte dei ceti medio-alti? A fronte di una solo modesta redistribuzione hanno subito lamentato che nessuna redistribuzione può essere fatta via Irpef, perchè in realtà nessuno conosce la distribuzione del reddito vera, data l’evasione fiscale a tutti i livelli. Argomento parzialmente corretto ma usato del tutto strumentalmente: 1) tale argomentazione non era stata avanzata quando la riforma di Tremonti ha avvantaggiato gli scaglioni più alti; 2) nessuno ha messo in dubbio l’impegno dell’attuale governo a recuperare le tasse evase.
    E gli imprenditori? grosse critiche per il TFR (ma ovviamente del tutto diverse nel contenuto da quelle degli economisti nostrani, anch’essi poi scavalcati – a sinistra ? – dalla BCE) e silenzio sui vantaggi che hanno dalla riduzione del cuneo.
    Allora forse il discorso è più complesso: la mia idea è che il coro di proteste contro la finanziaria è composto anche da tanti egoismi a difesa dei propri interessi ma anche del proprio armamentario ideologico.

    • La redazione

      sono d’accordo con lei che i sondaggi vadano letti in chiave critica perchè gli intervistati posso decidere di non dire il vero (si pensi agli Exit Poll nelle ultime politiche). Anche se l’incentivo a mentire è di certo minore che nel caso della dichiarazione dei redditi!! Ma il sondaggio evidenziava un elemento che lei sembra tralasciare. Nel sondaggio la disponibilità di contribuire (da parte dei ceti medio-alti e in generale di tutti) era strettamente legata a politiche di sviluppo, non a politiche di redistribuzione che privilegiano l’aspetto equitativo.

  3. Vincenzino

    Il problema del riformismo in Italia non è legato alla formulazione normativa delle riforme, ma concerne la concreta attuazione del disegno riformatore.
    Penso, per fare un esempio, a quanto è avvenuto in materia di pubblico impiego. Il decreto legislativo n. 29/93 avviò un processo riformatore di assoluta novità e consistenza.
    A distanza di tredici anni, l’intervento nel pubblico impiego – oggi contrattualizzato, cioè disciplinato dai contratti collettivi ed individuali, oltre che dalla normativa codicistica (e da poche altre leggi speciali) – appare essere più o meno completo.
    A fronte di una riforma definita nei contenuti, la concreta attuazione del disegno riformatore è piuttosto labile, in specie per quanto concerne gli istituti più innovativi (penso, per esempio, alla valutazione dei risultati, alla correlazione tra la gestione economica della pubblica amministrazione e la determinazione delle scelte politiche, alla rinnovata capacità del pubblico datore di lavoro di premiare il lavoratore produttivo e punire – sino al licenziamento – quello poco efficiente), essendo prevalsa una logica conservatrice e corporativa, rispetto alla quale non poco peso ha avuto l’influenza delle lobbies sindacali.
    Tutto questo, quindi, per dire: ben venga il riformismo; ma che non sia riformismo di facciata!

  4. Paolo Gabriele

    Purtroppo le riforme annunciate hanno colpito solo alcune categorie limitate. Non si è inciso per davvero sulle diseconomie ed inefficienze del sistema,questo perchè le vere riforme riguardano settori dove la sinistra radicale ed i sindacati hanno posto il veto. Se davvero per ottenere risultati bisogna prevedere un termine abbastanza lungo, bisogna agire subito sennò i risultati delle riforme, se ci saranno, arriveranno troppo tardi. I sindaci escono soddisfatti all’incontro con i rappresentanti del Governo. Noi non possiamo esserlo: le tasse di scopo annunciate o l’incremento degli odiati balzelli pagati, ad esempio, per “rimuovere” la spazzatura che rimane in strada, alemno in Campania non sono scongiurati. La differenza percepita fra ciò che si dà e ciò che si riceve è uno dei principi per rendere fedele un cliente-utente. Oggi si percepisce che si riceve un servizio da parte della p.a. il più delle volte pessimo, spesso dannoso o controproducente e si pensa che facendo ricorso ai servizi privati si ottengono migliori risultati. che risposta dare a questi utenti non soddisfatti della Salerno-Reggio Calabria, della sanità nel Mezzogiorno e degli sprechi perpetrati in nome dell’interesse pubblico. La percezione di ciò che si riceve è, per esperienza da parte del cittadino, davvero inferiore a ciò che lo stesso paga. Sia esso evasore o elusore o meno. Sarebbe interessante chiedere ad un lavoratore “autonomo” se preferirebbe un lavoro sicuro e garantito, senza alcun rischio di perderlo, con una pensione adeguata e con tanto tempo da spendere senza pensare al proprio lavoro da “autonomo” ed ai problemi con le banche, il fisco, le bollette varie per far funzionare il proprio lavoro da “autonomo” etc.. E chiedere ai lavoratori dipendenti se, potendo, e se potessero avere un secondo lavoro, se lo svolgerebbero a nero e se le registrano i contratti di affitto delle loro abitazioni delle vacanze o di quelle affittate a studenti. Cosa si percepisce, davvero, in giro?

  5. Luciano Bellini

    Trovo anch’io le conclusioni di questo articolo affrettate. Il programma dell’Ulivo parlava di riforme in un contesto di equità e questo, dopo i 5 anni del centrodestra, significa anzitutto migliore redistribuzione del reddito.
    Non sono poi d’accordo nelle politiche dei sondaggi, ovvero nel mettere in campo solo misure gradite al pubblico. Soprattutto se occorre intervenire per modificare situazioni di squilibrio. Faccio osservare che la logica del sondaggio quale espressione che si vorrebbe autentica dei soggetti governati, produce come effetto quello di legittimare le prosteste delle corporazioni: notai, farmacisti, taxisti, evasori fiscali ecc.
    Come può un governo separare le istanze legittime da quelle egoistiche se si affida al solo strumento del sondaggio, rinunciando ad affermare una propria scelta di indirizzo politico ?

    • La redazione

      Il sondaggio non riguardava il programma de l’Ulivo, ma una domanda sulla disponibilità a contribuire a politiche di sviluppo dell’economia. Concordo sul fatto che non sia auspicabile governare in base ai sondaggi (però i vincoli politico-elettorali esistono), ma in questo caso “anche” i sondaggi consigliavano una politica di sviluppo.

  6. ross

    leggo che essendo i pensionati la parte più numerosa degli iscritti ai sindacati confederali, le misure prese in finanziaria rispondono a questa realtà. Non mi sembra proprio. A ben guardare i pensionati hanno avuto piccoli margini di guadagno dovuti esclusivamente all’aumento della no tax area ma non hanno avuto nessuna riposta rispetto ai redditi degli incapienti che sono così bassi da non aver diritto a nessuna detrazione e deduzione, nessuna restituzione del fiscal drag, fondo per la non autosuff. avviato sì ma con risorse simboliche. A fronte di una perdita di potere d’acquisto delle pensioni dell’ordine del 30% negli ultimi anni, nessuna misura strutturale per affrontarla, ma un rinvio al tavolo previsto dal memorandum. Se questa è una riforma per i pensionati….da leggere le dichiarazioni dei segretari di questa categoria.

    • La redazione

      Ringrazio Rosanna Bettella, che vive e conosce bene la realtà sindacale, del suo commento; anche se in gran parte dissento. I pensionati non hanno avuto forse grandi benefici da questa finanziaria, ma — insieme ai lavoratori dipendenti con bassi redditi — hanno goduto del vantaggio di non esserne penalizzati, a differenza di molte altre categorie. Concordo con lei che la
      Finanziaria ha fatto poco per i veri poveri, quelli che non percepiscono redditi e quindi non sono toccati da una manovra sul lato delle tasse. Ma chi sono questi “poveri”? Si tratta spesso di giovani o di famiglie numerose con adulti disoccupati, non di pensionati. Mi verrebbe anzi da dire che si tratta (purtroppo per loro) di persone poco rappresentate, sia dai partiti politici
      che dai sindacati. Per quanto riguarda poi la perdita di potere d’acquisto delle pensioni, il discorso è un pò più lungo, ma non riguarda questa finanziaria. A voler sintetizzare, comunque, il valore reale delle pensioni è preservato dall’indicizzazione ai prezzi. Dalla riforma Amato del 1992, invece, le pensione non sono invece più indicizzate ai salari, e come tale non godono più dell’incremento di “produttività” che si può verificare nel tempo.
      Va detto che ciò accade in quasi tutti i paesi Europei (ed OCSE); il problema è che in Italia si va in pensione molto presto e dunque il valore relativo delle pensioni rispetto ai salari ha molto tempo per ridursi. Le ricordo inoltre che, in base alla riforma Dini, il coefficiente di conversione presto (era previsto per il 2005) dovrà essere rivisto, provocando una riduzione del
      tasso di sostituzione delle nuove pensioni.

  7. francesco piccione

    Noto un’ansia nel sottolineare come il progetto di legge finanziaria rappresenti un’occasione sprecata sulla strada delle riferme strutturali. Mi sembra che si chieda decisamente troppo all’attuale governo, che ha impostato un’azione di risanamento dei conti pubblici, di redistribuzione del reddito e di rilancio dell’economia che non è certo destinata ad esaurisri con l’approvazione della finanziaria per il 2007. Le tanto attese riforme strutturali sono già previste per la primavera con la discussione sulla riforma delel pensioni. altre verranno affrontate in seguito. Non si può pretendere che una legge finanziaria sia la soluzione a tutti i problemi strutturali del paese. Un’azione di governo si sviluppa nel tempo e non può essere valutata da un singolo provvedimento normativo, per quanto di grande rilievo

    • La redazione

      Ad un governo si può chiedere che tenga fede al programma in base al quale ha ricevuto il mandato dagli elettori. Sono d’accordo con lei che si tratta “solo” della prima finanziaria, ma ci sono due motivi per credere che era importante iniziare bene. In primo luogo, diversi studi mostrano che è più
      facile riformare quando si è appena stati eletti (o se vuole quando si è lontano dalla prossime elezioni). Molte riforme comportano costi immediati e benefici futuri, dunque è meglio farle subito per aver il tempo che i benefici si materializzino, siano visibili ed anche spendibili elettoralmente. In secondo luogo, la finanziaria ha rappresentato un test importante per un governo di coalizione, sulla cui tenuta e dialettica interna sono stati sollevati molti dubbi. E poi il DPEF aveva creato delle aspettative importanti riguardo le riforme. Speriamo, come lei suggerisce, che le tante attese riforme strutturali vengano affrontate in seguito.

  8. Marco Solferini

    La digressione effettuata dal Governatore di Banca Italia, Draghi, celebre “papà” della legge omonima c.d. testo unico della finanza e forse attualmente una delle personalità di maggior prestigio a livello internazionale, per il Suo straordinario curriculum e i risultati raggiunti, è sicuramente un monito di interesse economico nazionale. Se le occasioni mancate in Italia fossero una colpa, riempiremmo di colpevoli buona parte delle Pubbliche Amministrazioni: non occorre la sottigliezza o la sagacia di Simenon per indagare gli sprechi di risorse umane del Paese. C’è una evidente sottocapitalizzazione del caitale umano che determina una forte insoddisfazione generazionale. I figli del benessere, del dopoguerra del boom economico e delle nascite, allevati per ereditare un Mondo che cambia sono tra i più scontenti e tristi d’Europa. I sondaggi sono importanti perchè la statistica dimostra tutto e il contrario di tutto, è un dio degno della mitologia greca, ma in questo momento come cittadino preferisco leggere con attenzione la relazione di Banca d’Italia, poi magari rileggerla anche alla luce dell’approvazione della Finanziaria che potrebbe riservare delle sorprese. L’idea di ereditare il diritto di nascita di far parte della generazione dei sacrifici francamente non mi piace, se si vive una volta sola preferisco farlo con il sorriso, non certo con le lacrime agli occhi, penso fra l’altro che domandare l’opposto ai cittadini, significhi suicidarsi a livello elettorale.

    • La redazione

      Non sono sicuro che i figli del benessere sono i più tristi
      d’Europa. I sondaggi, quali l’Eurobarometro e lo European Social Survey, non sembrano confermarlo; ma mi sembra di capire che lei nei sondaggi non ripone molta fiducia. Ma nascere in un paese con un debito superiore al PIL è come nascere in una famiglia che ha contratto un debito superiore al reddito totale di un anno. E purtroppo è un prestito al consumo, non un mutuo. Questa situazione si può affrontare con il sorriso sulle labbra o piangendo, con entusiamo o delusione, ma dubito che si possa ignorare; non andrà via da sola.

  9. Paolo Gabriele

    Un mio precedente commento “disperso”, forse perchè mal articolato cercava di esprimere quanto segue: il rapporto stato/cittadino/utente è oggi, quanto a fiducia reciproca, ai livelli più bassi di sempre, almeno a sentire associazioni di categoria, ma anche semplici cittadini o “l’uomo della strada”. Lo stato, ed in particolare il governo, afferma che siamo un popolo di evasori fiscali, con qualche ragione. I cittadini dicono che lo stato e la p.a. non fa del tutto il proprio dovere. In pratica in un’economia in cui lo stato è visto come “altra parte” di una contrattazione il cittadino non riconosce un equilibrio fra ciò che ottiene in cambio di ciò che da. E cioè evidenzia servizi scadenti, quando vi sono. Si pensi al parossistico “caso rifiuti” in Campania che non vengono affatto ritirati ma per i quali molti cittadini pagano una tassa maggiore che nel resto del Paese, ed alla sanità, ad esempio, troppo inefficiente. Altri comparti pubblici danno l’idea di un’inefficienza e soprattutto di inefficacia della p.a. nel raggiungere un risultato minimo. Alcuni strati sociali dai precari agli auonomi, di fatto, sono privi di qualsiasi protezione sociale pubblica. In questo quadro va visto il fenomeno “evasione ed inefficacia” che produce iniquità a vari livelli: tu non lavori, io non ti pago e devo pensare al futuro mio e dei miei figli e lavoratori, quasi parenti dei titolari nelle microimprese. Un rebus? No solo un approccio meno da lotta di classe potrebbe risolvere questo nodo, nel tempo necessario.

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