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Dove andrà il tfr maturando

Quanto andrà al Tesoro, quanto ai fondi pensione e quanto rimarrà alle (piccole) imprese del Tfr maturando? Le disposizioni introdotte dalla Finanziaria sono entrate in vigore da pochi giorni e si può fare una valida stima sulla destinazione che prenderanno i flussi di Tfr nei prossimi due anni. Ma molto dipende dalla campagna informativa a favore della previdenza complementare: se dovesse risultare particolarmente efficace (passaparola e canali sindacali), la quota intercettata dai fondi pensione potrebbe essere più elevata, soprattutto a scapito del Tesoro.

Nei mesi scorsi sono state fatte molte cifre sulla nuova destinazione del Tfr maturando prevista dal combinato disposto della riforma previdenziale (decreto 252/2005) e della legge finanziaria.
Meno chiare sono apparse le ipotesi implicite nelle medesime cifre.
Qui di seguito, a partire da alcune esplicite ipotesi di base, si ricavano i flussi di Tfr del prossimo biennio.
La riforma in vigore dal 1° gennaio 2007 distingue tra lavoratori in aziende sotto i 50 addetti (piccole imprese) e lavoratori in aziende con almeno 50 addetti (imprese medio-grandi).
Stimiamo in 9 miliardi di euro il flusso di Tfr annuo del primo gruppo e in 10 miliardi di euro quello del secondo gruppo.
La differenza principale sta nel fatto che nel primo caso il Tfr non indirizzato ai fondi pensione resta nelle disponibilità dell’impresa mentre nel secondo caso il flusso annuo viene comunque versato dall’impresa al conto di Tesoreria presso l’Inps.
Stimiamo che per 2/3 il Tfr dei lavoratori dipendenti delle piccole imprese venga esplicitamente lasciato in azienda e per 1/3 non ci sia un esplicito pronunciamento del lavoratore (c.d. adesione tacita) con conseguente passaggio del relativo Tfr ai fondi pensione di riferimento a partire dal secondo semestre 2007.
Per i dipendenti di aziende medio-grandi, valutato in circa 1 miliardo il flusso di Tfr degli iscritti ai fondi pensione, si stima che il restante ammontare (9 miliardi di euro), per 1/3 sia esplicitamente lasciato in azienda (e poi da questa versato sul conto presso l’Inps), per 1/3 esplicitamente indirizzato ai fondi pensione e per 1/3 lasciato inoptato (adesione tacita).
Trascurando come marginale l’effetto del decreto-legge del 13 novembre 2006 n. 279  laddove prevede, a decorrere dal 1° luglio 2007, il versamento ai fondi pensione in regola con le nuove norme, del Tfr di competenza del primo semestre 2007 derivante dalla nuove adesioni si ricava il seguente schema di flussi (in miliardi di euro):

Leggi anche:  Più lavoratori, ma più vecchi

 

I SEMESTRE

II SEMESTRE

TOT. 2007

2008

Tesoro

4.5

1.5

6

3

Fondi Pensione

0.5

5

5.5

10

Piccole Imprese

4.5

3

7.5

6

TOTALE

9.5

9.5

19

19

Specificamente si ha, per il Tfr del I semestre 2007:

Tesoro: 9/2=4.5 mld da imprese medio grandi
Fondi pensione: 0.5 mld da iscritti
Piccole imprese: 9/2=4.5 mld
Per il II semestre 2007 si ottiene invece:
Tesoro: 3/2=1.5 mld da scelta esplicita dei lavoratori
Fondi pensione: 0.5 mld da iscritti + 3/2=1.5 mld da silenti in piccole imprese + 3/2=1.5 mld da espliciti in medio-grandi imprese + 3/2=1.5 mld da silenti in medio-grandi imprese = 5 mld
Piccole imprese: 6/2=3 mld da scelta esplicita dei lavoratori
Pertanto, a consuntivo 2007, le piccole imprese dovrebbero mantenere un flusso di 7.5 miliardi sui 9 dell’anno precedente, il Tesoro dovrebbe trovarsi una disponibilità di 6 miliardi e i fondi pensione un flusso aggiuntivo di 5.5 miliardi a fronte di un patrimonio 2006 stimabile, per i negoziali, a circa 8.5 miliardi.
A regime, vale a dire dal 2008, la riforma del Tfr dovrebbe redistribuire il flusso annuo per il 53% ai fondi pensione, per il 31% alle piccole imprese e per il residuo 16% al Tesoro. Se la campagna informativa a favore della previdenza complementare dovesse risultare particolarmente efficace (passaparola e canali sindacali), la quota di Tfr intercettata dai fondi pensione potrebbe essere più elevata a scapito, in particolare, del Tesoro.

 

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21 commenti

  1. Avv.Paolo Rosa

    Condivido l’impostazione. Fino ad oggi non è ancora partita la campagna pubblicitaria del Governo in favore della destinazione del TFR ai fondi di previdenza complementare. Già questo fatto dimostra che il Governo ha tutto l’interesse a non incoraggiare il flusso del TFR verso la previdenza complementare ma , diversamente , a fare CASSA aumentando il flusso verso la Tesoreria.
    D’altra parte questo recondito fine trova conferma nel fatto che il Governo Italiano , a differenza di quanto è accaduto in molti altri paesi dell’Europa e non,non ha ritenuto di incentivare la previdenza complementare con un trattamento fiscale di favore.
    Se davvero si voleva incentivare il ricorso alla previdenza comoplementare si dovevano : 1) esentare la contribuzione ai fondi pensione da ogni tassa;
    2)esentare da ogni tassa i rendimenti conseguiti dai fondi pensione;
    3)tassare solo le prestazioni di previdenza complementare;
    A questo punto mi domando se sia giusta una politica di “esproprio” di denaro dei lavoratori per destinarlo , in gran parte , a fare CASSA per finalità che nulla hanno a che vedere con il futuro previdenziale delle giovani generazioni.
    Ancora una volta si è persa una importante occasione di occuparsi della difesa degli interessi delle categorie più deboli.
    Mi domando allora che cosa ci fa la sinistra radicale al Governo !
    Cordiali saluti.
    Avv.Paolo Rosa

  2. Marco Casale-Rossi

    “Stimiamo”, ma su quali basi? Oggi la destinazione del TFR è una decisione esclusiva del lavoratore dipendente ed i fondi pensione ricevono a malapena il 2.5% della torta. Su quali basi si fonda la “stima” del cambiamento? Personalmente, a fronte di un rendimento CERTO del TFR, sono piuttosto riluttante ad affidarlo ad un dondo pensione di categoria, COMETA, il cui sito internet fornisce informazioni sul rendimento storico solo agli iscritti… e banche ed assicurazioni non godono, nella mia classifica personale, di miglior fama. E il beneficio fiscale è molto, molto limitato, specialmente per le retribuzioni medio-alte. E’, per quel che posso giudicare sul campo, un sentimento piuttosto diffuso. Che i tecnici del Ministero dell’Economia siano meno sprovveduti di quel che pensate?
    Cordiali Saluti

    • La redazione

      1) le ipotesi (esplicitate) alla base delle stime derivano più da sensazioni che da modelli di comportamento. Un contributo utile credo sia stato esplicitarle;
      2) COMETA (www.cometafondo.it) come credo tutti gli altri fondi pensione, fornisce in modo trasparente il valore di quota (percorso: home; gestione del patrimonio; i valori di quota);
      3) le mie stime sul 2007 risultano, grosso modo, pari a quelle del Tesoro per il conto presso l’Inps.

  3. bellavita

    Direi che è più facile convincere i lavoratori che gli USA stanno vincendo in Iraq che convincerli ad affidare il loro futuro pensionistico a banche, assicurazioni e sindacati. Già senza i sindacati il risparmio gestito ha reso meno di quello postale, per quanto si speri nella potenza dela pubblicità non penso che bastino degli spot a convincere a un’avventura.

  4. Ivano

    A mio avviso è che l’informazione di sindacati e intermediari è totalmente rivolta agli aspetti “commerciali”, cioè sono impegnati a spingere i lavoratori a far confluire il tfr nei loro fondi anzichè soffermarsi sul bisogno più importante: l’analisi previdenziale alla luce delle variabili economico-demografiche che ci possono essere. Io mi occupo di consulenza anche previdenziale, non vendo prodotti ma faccio valutazioni e do pareri. Per mia esperienza personale, più ci si addentra nella materia e più se ne coglie le complessità legate all’andamento del pil, alla dinamica del reddito, dell’inflazione, al profilo personale della persona.
    Mi sembra che invece da parte sia di banche che associazioni ci sia una superficialità che nasce dalla non conoscenza che potrebbe essere molto deleterie per le tasche dei risparmiatori.
    Un problema importante, viene trattato con improvvisazione e dilettantismo, non perchè non ci sia la volontà, ma forse si sottovalutano le conoscenze che servono per fornire un quadro oggettivo individuale.

  5. francesco papa

    I fondi negoziali e privati faranno sapere che le loro pensioni non sono reversibili?. Che non si curano dell’invalidità?
    Una piccola osservazione: nei modelli previsonali viene presa in considerazione l’aspettativa di vita generale, non quella specifica dei lavoratori, maschi o femmine,ne per settori, per aree geografiche e sappiamo che le differenze di mortalità sono fortissime anche sulla base della scolarità e classe sociale. Bene, c’è un bel vantaggio attuario per i fondi negoziali, lucreranno il TFR dei deceduti, visto che le rendite non sono reversibili,per gli iscritti che sicuramente hanno un’attesa di vita inferiore a quella generale calcolata dall’Istat.
    Aggiungiamo che mentre per i lavoratori autonomi la pensione complementare sicuramente aggiunge reddito pensionistico,visto che devono aggiungere dei contributi a quanto versano ora, per i dipendenti il vantaggio è controbilanciata dal fatto che loro, per ottenere la rendita, devono privarsi del tfr, che è già di loro proprietà. Con la speranza (quando fondata?) che i fondi rendono il tfr più produttivo. E solo la speranza, nient’altro.
    Non faremmo meglio a sostenere la previdenza pubblica? sembra ancora imbattibile

    • La redazione

      Attenzione ai falsi luoghi comuni:
      1) I fondi pensione forniranno le pensioni attraverso contratti stipulati, in regime di concorrenza, con primarie compagnie di assicurazione, italiane o estere
      2) le pensioni complementari prevedono la reversibilità a favore di un altro beneficiario (es. coniuge)
      3) molti fondi pensione garantiscono rendimenti minimi o indennità in caso di premorienza o invalidità
      4) il Tfr nei fondi pensione resta di proprietà del lavoratore, investito a rendimenti di mercato
      5) il lavoratore autonomo avrà una pensione complementare solo se fa versamenti nei fondi, in aggiunta ai contributi Inps; idem il lavoratore dipendente che, se aderisce esplicitamente al fondo pensione con propri versamenti (oltre al Tfr) avrà anche il contributo del suo datore di lavoro previsto nel contratto di lavoro.

      Cordiali saluti.
      Riccardo Cesari

  6. giuseppe

    Senza negare la complessità dell’argomento, mi sembrerebbe utile che lo sforzo informativo al lavoratore fosse diretto, prima che sulle numerose novità della norma, sulla portata del
    problema “previdenza”.
    Prima di preparare i bagagli per la vacanza, devo decidere se voglio andare al mare o in montagna.
    Anche il lavoratore deve, prima di addentrarsi in ulteriori approfondimenti, decidere se vuole previdenza complementare o se non ne vuole, indipendentemente dalla strada che la nuova legge sul TFR gli offre.
    Se comunque non ne vuole – perchè è convinto di farsela da se, o perchè ce l’ha già attraverso altri redditi, o per altra ragione, non deve che esprimere la volontà di lasciare il TFR in azienda.
    Deve fare la scelta espressa, e tutto il resto non lo riguarda.
    Se invece reputa di aver necessità di previdenza complementare, la sua dovrebbe essere una scelta solo di natura finanziaria: costi contro benefici, ovvero rischio/rendimento atteso dagli accantonamenti nell’ipotesi conseguente alla nuova norma, contro rischio/rendimento atteso da forme d’investimento alternative offerte dal mercato, con ovvio riguardo anche agli aspetti fiscali delle opzioni.
    La vera, grossa fregatura che questa legge girerà a molti lavoratori, è l’obbligo di aderire al fondo di categoria per usufruire – salvo diversi, improbabili, accordi aziendali – del contributo del datore di lavoro. Per molte categorie di lavoratori, vorrà dire dare i soldi a fondi monocomparto, che non stanno realizzando nemmeno il rendimento del TFR! Vuol dire castrare le scelte dei singoli, probabilmente in nome della presunta incapacità del risparmiatore – perchè in questa fase di accumulo, il lavoratore è un normalissimo risparmiatore – di “difendersi dalle insidie” del mercato! Giusto allora che il lavoratore sia tutelato dal fondo sindacale monocomparto obbligazionario!

  7. Riccardo Bellocchio

    Un’analisi Precisa. Mi domando però: Questo flusso che dalle azienda va all’Inps in realtà è Tfr che i lavoratori hanno lasciato in azienda. Quindi a loro disposizione come ora. Non dovrebbe a richiesta tornare indiero? Cioè in caso di cessazioni e anticipazioni concesse, (decise dal datore di lavoro o dal fondo Inps?), al dipendente questa parte del Tfr dovrebbe tornare indiero. La disponibilità di questo fondo dovrebbe in ogni caso essere sempre garantita come per l’azienda.
    Ma se, come si legge nella finanziaria, questi soldi, al netto delle anticipazioni vengono utilizzati per il finanziamento di opere statali, come ripristiniamo tale fondo?. Mi sembra che si sia creato un’altro fondo perennemente in defici che bisognerà ripianare prima o poi. A scapito di chi?

  8. MassimilianoB

    Il TFR dovrebbe “aiutare” a rinforzare le magre pensioni che verranno erogate a noi, oggi, giovani lavoratori, PER QUANDO NON SAREMO PIU’ IN GRADO DI LAVORARE! Quindi, cosi’ come la pensione stessa, devono essere gestiti da organismi assolutamente sicuri come, malgrado tutto, l’INPS.
    Sottometterli al mercato significa sottometterli anche alle sue fluttuazioni che possono essere anche MOLTO negative: pensate cosa accadrebbe se a causa di una speculazione si perdessero tutti i soldi accumulati dopo 35 anni di versamenti.
    Non solo: gli investimenti sono aperti ai mercati internazionali. Questa mi pare pura follia: permettere che la ricchezza prodotta in Italia possa andare ad arricchire altri paesi stranieri, magari nostri concorrenti commerciali.
    E’ triste: fino ad un po’ di anni fa’ l’Italia era famosa nel mondo per avere una eccezionale solidita’ nel campo del risparmio.

  9. ALCESTE

    Se si pensa di far diventare il tfr una parte di pensione, allora occorre aumentare considerevolmente la durata e l’importo delle indennità di disoccupazione nonche’ ripristinare l’istituto dell’indennità di disoccupazione anche per il caso di dimissioni volontarie. In caso contrario si privano i lavoratori (che prima di tutto sono cittadini liberi) della libertà di cercarsi o crearsi un nuovo lavoro e le imprese di liberarsi di lavoratori demotivati.

  10. gianfri

    Non mi e’ molto chiaro il destino del t.f.r. dei lavoratori di un’azienda con meno di 50 dipendenti e che non ha un proprio fondo di categoria. L’unica soluzione e’ lasciarlo in azienda?
    Oppure ci si può rivolgere anche ad un fondo aperto?
    E se si,’ a chi e con quali modalità?Ho letto, in modo molto sommario, che ci si può rivolgere anche a fondi aperti, mentre in un primo momento sembrava fosse possibile solo ai fondi negoziali(ove ci fossero)o all’INPS, (questo ovviamente riguarderebbe anche le aziende con più di 50 dipendenti) ma mi mancano gli strumenti e soprattutto le notizie, visto che non nutro particolare fiducia nè verso i sindacati nè tanto meno sui nostri massmedia. Ho scoperto il vostro sito da poco, ma mi sono immediatamente accorto di avere uno strumento trasparente e soprattutto autonomo (pur ovviamente nelle diversità delle opinioni) approfitto quindi della Vostra competenza e Vi ringrazio dello spazio consentitomi.

    • La redazione

      E’ possibile conferire il Tfr anche a un fondo aperto chiedendo alla società distributrice (es. banca) il regolamento del fondo e sottoscrivendo (una volta scelto) gli appositi moduli.

  11. luigi misuraca

    Ben vengano le iniziative atte a consentire ai lavoratori una scelta ragionata e ragionevole di destinazione della loro LIQUIDAZIONE e mai, in una Repubblica democratica fondata sul lavoro (?) sarebbe dovuta passata la regola del silenzio/assenso. E’ stata una “porcata” della quale dovrà rendere conto la coscienza del “legislatore” sempre che ne abbia una.
    Plaudo, perciò. ad ogni iniziativa che potrà aiutare il “gregge” dei lavoratori a scegliere quale erba brucare. Non sono ottimista, però, anche se ciò non vuol dire abbassare la guardia davanti al “lupo” imprenditore, ancor di più se veste anche i panni del Sindacato.
    Per Arlecchino (lavoratore ) bastava un solo padrone ( il datore di lavoro ) e non anche il Sindacato. Due padroni sono troppi oltre le rappresentazioni burlesche.

    Un ex-sindacalista (di minoranza).

  12. sabrina

    La decisione irrevocabile di aderire a una forma pensionistica complementare non potrebbe rivelarsi discriminatoria in futuro?
    Esempio
    1. Una ragazza che lavora come commessa in un grande magazzino decide di aderire a una forma pensionistica complementare destinandovi il tfr.
    2. Dopo qualche anno, dovendosi trasferire per motivi familiari, dà le dimissioni dal lavoro e rimane qualche anno inoccupata.
    3. Ad un certo punto le si presenta l’opportunità di aprire un negozio in proprio, attività in cui può mettere a frutto l’esperienza maturata nel precedente lavoro, e conduce questa attività autonoma per diversi anni.
    4. Con il trascorrere del tempo, valutandola non più remunerativa, cessa l’attività autonoma e si mette in cerca di un lavoro dipendente come commessa.

    Con l’inizio dell’attività autonoma, non è chiaro se questa persona (in virtù della scelta fatta come dipendente) sarà obbligata ad aderire a una forma previdenziale complementare.
    Sembra invece certo che, tornando a lavorare come dipendente, dovrà per forza aderire a un fondo pensione destinandovi il TFR, dal momento che, una volta devoluto il TFR alla previdenza complementare, questo dovrebbe valere per tutta la residua vita lavorativa.
    A questo punto supponiamo che la ragazza si presenti a una selezione per un posto di lavoro in un negozio (organico tipo: titolare più qualche addetto alle dipendenze); supponiamo anche che per lo stesso posto si presentino altri candidati con gli stessi requisiti professionali ma che non hanno mai aderito ad alcuna forma di previdenza complementare a cui destinare il TFR
    Secondo me non è assolutamente un’ipotesi marginale pensare che, ceteris paribus, il non aver aderito ad alcuna forma di previdenza complementare che preveda il conferimento del TFR (e quindi maggiori uscite per il datore di lavoro) potrebbe diventare titolo preferenziale di assunzione.

  13. robyberto

    Se siete iscritti a cometa, controllate le operazioni di gennaio e aprile 2005… per molti di noi, tali operazioni sono slittate di un mese (con conseguente minor acquisto di quote) a causa di problemi software del service amministrativo che, nonostante per il 2004 abbia avuto un compenso di oltre tremilionitrecentomila euro, non rimborsa i suoi errori! Gli amministratori del fondo, nonostante la “promessa” di rimborso, a distanza di oltre un anno, non hanno fatto niente e non rispondono alle richieste. La COVIP che dovrebbe vigilare, non ha nessun potere sanzionatorio e l’onere di controllo sulla regolarità dei versamenti è ad esclusivo carico degli iscritti. Se per assurdo l’azienda non versasse i contributi al fondo, il fondo non farebbe assolutamente niente… neanche un sollecito! La previdenza complementare è un’esigenza seria ma come si fa a fidarsi a queste condizioni?
    N.B.
    Tutto quanto scritto è documentabile.

  14. Alessandro Baravelli

    Non mi è ancora chiaro il meccanismo di percezione del contributo datoriale. La norma indica che verrà versato dall’azienda nel caso dei fondi chiusi oppure nel caso di fondi aperti in cui vi è stato un preventivo accordo con l’azienda. Nel caso di versamento dell’intera quota TFR su fondo aperto senza accordo aziendale questa quota verrà persa. Per come è stata scritta, la norma si presta ad un altra interpretazione del tutto plausibile:
    Se si versa 1,2% nel fondo di categoria si ottiene il contributo datoriale lasciando il lavoratore libero di versare il restante 5,5% della retribuzione lorda in un fondo aperto.
    E’ ancora presto per dire se sarà davvero possibile. Se cosi’ non fosse è chiaro che perdendo 1,2% di contributo datoriale si perde un possibile 20%-30% di rendimento annuo creando un fortissimo disincentivo alla scelta di fondi aperti, di per se tra l’altro più costosi. La destinazione forzata dell’intero TFR al fondo chiuso per ottenere il contributo aziendale apparrebbe quanto meno poco liberale diminuendo l’accountability dei gestori dei fondi chiusi e il generale efficente funzionamento del sistema pensionistico complementare italiano. Quest ultimo essendo ancora ad uno stato quasi embrionale ne soffrirebbe ulteriormente a scapito di tutti i lavoratori dipendenti e del sistema paese.

  15. luigi misuraca

    Da giovane vidi uno specchietto sistemato poco distante da un cacciatore che se ne stava nascosto dietro un cespuglio;
    “fui curiusu e ‘nci vosi spiari” a cosa servisse uno specchietto in aperta campagna. E’ per le allodole, mi rispose, e continuò ad attenderle arrivare – attirate dal luccichìo dell’oggetto – per impallinarle.
    Traduzione odierna per il TFR : bastava che si garantisse il rendimento minimo, nei vari Fondi Pensione, eguale a quello finora assicurato alla Liquidazione e tutti i problemi, connessi ai dubbi dei lavoratori (allodole) sarebbero stati risolti sul nascere.
    Non si possono garantire i rendimenti minimi eguali a quanto praticato ex ante riforma attuale perchè si corrono dei rischi e non solo sugli interessi ma anche sul capitale.Rischi che, oltre i costi di gestione dei Fondi, ricadono interamente sui Partecipanti (lavoratori).
    La verità è semplice, io l’ho capita così anche per esperienze dirette in materia, ed attendo spiegazioni contrarie. Per quanto riguarda il silenzio-assenso non posso che ribadire l’illegittimità giuridica di tale formulazione poichè ogni contratto – e la destinazione del TFR altrove che non finora è un contratto tra due parti – richiede una manifestazione di volontà certa e non il silenzio dell’ “interrogante”.
    Tutto il resto sono “specchietti per le………..

    • La redazione

      I comparti dei Fondi pensione che accoglieranno il TFR dei silenti garantiscono almeno la conservazione del capitale e a volte un pavimento al rendimento. Inoltre in media i fondi pensione negli ultimi anni hanno reso più del TFR.

      Cordiali saluti.
      R.C.

  16. grillo parlante

    La fiducia è una cosa seria, diceva una pubblicità, anni addietro, e c’è del vero in tale affermazione ancorchè associata – allora – alla reclame di un prodotto e, quindi, di per sé opinabile.
    Sembra, ripeto sembra – mi è stato riferito -, che altri Fondi Pensione, già operanti e chiusi (vedi Fondo Pensione BNL) non sollecitino i versamenti di quote (lavoratori ed Aziende) alle Aziende madri le quali non provvedono a saldare i loro debiti in merito con regolarità mensile o annuale a seconda delle regole insiste nei Regolamenti vigenti, caso per caso. Quindi, le rate versate con ritardi, talvolta notevoli, non possono confluire negli investimenti per far fruttare interessi, quando rilevabili dalle singole gestioni.
    La CO.VI.P. cosa può dire e fare al riguardo?
    Le perdite – i mancati guadagni – sono a carico dei lavoratori ?
    La fiducia è una cosa seria che bisogna meritare.

    • La redazione

      I fondi pensione hanno difficoltà a controllare la correttezza dei versamenti mancando degli importi di reddito di riferimento (es. per un lavoratore la contribuzione potrebbe mancare per errore oppure perché in quel periodo non ha percepito salario – es. aspettativa non retribuita- o potrebbe essere inferiore o superiore al versamento precedente senza essere errata).
      E’ bene che il lavoratore controlli le evidenze provenienti dall’azienda con i resoconti forniti dal suo fondo pensione.
      In caso di errori a svantaggio del lavoratore il fondo, una volta informato, si fa promotore dell’iniziativa risarcitoria e l’azienda è tenuta a integrare pienamente pagando anche interessi di mora e penali.

      Cordiali saluti.

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