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Metti una farmacia tra Antitrust e Corte Costituzionale

Nonostante le novità del decreto Bersani 1, la distribuzione al dettaglio dei farmaci continua a essere caratterizzata da un assetto anticoncorrenziale. Ora una segnalazione dell’Antitrust invita le Regioni a rimuovere tutti i vincoli su orari e giorni di apertura. In contrasto con una sentenza della Corte Costituzionale. Non è la prima volta che accade, anche perché la Corte adotta un punto di vista giuridico, l’Agcm economico. Per il futuro, l’auspicio è di una convergenza e di un raccordo tra le due istituzioni.

In Italia, la distribuzione al dettaglio dei farmaci è caratterizzata da un assetto anticoncorrenziale. La Commissione europea vede il nostro paese secondo solo alla Grecia per sovraregolamentazione del comparto e al primo posto per ricavo medio sulla singola unità di farmaco: oltre il 34 per cento in più della media dell’Unione europea e oltre l’80 per cento in più del Regno Unito. (1)
Sin dal 1995, l’Antitrust ha segnalato questa situazione (2), sollecitando a eliminare il limite al numero di farmacie; permettere a tutti i farmacisti abilitati di avviare una farmacia; riformare i margini di ricavo sui farmaci rimborsati
; separare la proprietà della farmacia dalla sua gestione (3); eliminare i tetti a orari e giorni di apertura; liberalizzare la vendita dei farmaci senza obbligo di prescrizione al di fuori delle farmacie.

La segnalazione dell’Agcm del 1° febbraio

La legge n. 248/2006 (che ha recepito il cosiddetto decreto “Bersani-1“) ha liberalizzato la vendita dei farmaci senza obbligo di prescrizione (circa 10 per cento del mercato). Tuttavia, la gran parte delle richieste dell’Antitrust rimane inevasa.
Il 1° febbraio 2007, l’Antitrust è tornata ad occuparsi di farmacie, con una Segnalazione (la AS301), che invita i legislatori regionali a rimuovere tutti i vincoli su orari/giorni di apertura.
Il punto era già stato segnalato in passato, ma ora si precisano due elementi nuovi. La segnalazione: arriva su impulso di numerosi titolari di farmacia; appare in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 27/2003, che sullo stesso tema si era espressa diversamente.

Eppur si muove: alcuni farmacisti titolari chiedono più “mercato”

Dopo la liberalizzazione dei farmaci senza obbligo di prescrizione, alcuni titolari di farmacia lamentano l’impossibilità di competere “sullo stesso piano” degli altri distributori, in particolare, la grande distribuzione, a causa dei limiti di operatività posti dalla normativa, tra cui i vincoli su orari/giorni.
Su prodotti prima loro riserva di vendita, le farmacie adesso chiedono la possibilità di competere con gli altri canali di distribuzione: quegli stessi canali che fanno registrare riduzioni di prezzo sino al 30 per cento, e in alcuni casi anche oltre. (4)
Bene ha fatto l’Antitrust a raccogliere questi segnali che giungono dagli operatori più dinamici e potrebbero svolgere un ruolo importante a sostegno di riforme future.

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Una relazione da perfezionare

Quello del rapporto tra Antitrust e Corte Costituzionale è un tema di rilievo, emerso anche lo scorso anno. Allora, l’Antitrust chiedeva l’eliminazione dell’incompatibilità tra l’attività di distribuzione all’ingrosso e al dettaglio dei farmaci (AS326), mentre l’interpretazione del legislatore (Dlgs n. 219/2006) di una precedente sentenza della Corte (n. 275/2003) andava in direzione opposta. È poi intervenuta la legge n. 248/2006, che ha rimosso ogni incompatibilità.
Il contrasto si spiega se si considera che la Corte adotta un punto di vista giuridico, l’Antitrust economico: il primo verifica la coerenza interna della normativa e la sua rispondenza ai principi costituzionali; il secondo la pone al vaglio dell’analisi economica.
In occasione della sentenza n. 27/2003, la Corte non mette in discussione la scelta del legislatore di perseguire la salute pubblica limitando la concorrenza tra farmacie. Si “giustificano” i vincoli sugli orari per lo stesso motivo per cui le farmacie sono contingentate nel numero: una migliore realizzazione del servizio pubblico.
Con la sentenza n. 275/2003, la Corte è attivata in merito alla diversa applicazione dell’incompatibilità tra attività all’ingrosso e al dettaglio per le farmacie private (su cui sussisteva) e pubbliche (per le quali non era prevista). Di conseguenza, ci si limita a chiedere la rimozione della disparità di trattamento, senza mettere in discussione la ratio economica dell’incompatibilità.
L’Antitrust agisce secondo una “logica” diversa e mette in discussione proprio il “postulato” secondo cui i vincoli su orari/giorni (AS301) sarebbero necessari a sostenere la qualità: l’ampliamento dell’offerta migliora la copertura territoriale e riduce i costi del servizio. (5)
Coerentemente con questa impostazione, l’Antitrust mette in discussione la ratio economica dell’incompatibilità tra distribuzione all’ingrosso e distribuzione al dettaglio (AS326). Infatti, se l’apertura delle farmacie fosse liberalizzata, la riduzione dei costi di approvvigionamento/magazzino si tradurrebbe, sotto la spinta concorrenziale, in minori prezzi al consumo. Da questo punto di vista, sembra necessario un completamento della legge n. 248/2006 perché, senza l’eliminazione del contingentamento numerico delle farmacie, i minori costi difficilmente produrranno benefici per i consumatori, ma tenderanno piuttosto a tradursi in maggiori ricavi per le farmacie integrate a monte. (6)
Per il futuro, l’auspicio è quello di una convergenza e di un raccordo tra le due istituzioni, prevedendo che l’Antitrust possa sia attivare la Corte sia comparire tra le parti audite dalla Corte su questioni inerenti la concorrenza e il mercato. (7)

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(1)
Cfr. Commissione europea http://ec.europa.eu/comm/competition/sectors/professional_services/studies/studies.html.
(2) Segnalazioni AS057/95, AS131/98, AS144/98, AS194/2000, AS300/2005, AS326/2006 (cfr.
www.agcm.it).
(3) Sul punto, la Commissione europea ha, in data 21 marzo 2005, inviato al governo italiano una Comunicazione ufficiale per violazione degli articoli 43 e 56 del Trattato della Comunità europea.
(4) Per un approfondimento, cfr.
Confronto internazionale dei prezzi dei farmaci OTC – Per apprezzare i vantaggi della liberalizzazione della vendita (Nota Cerm n. 10-06).
(5) Basti solo pensare che circa l’80 per cento dei comuni italiani, pari al 27 per cento della popolazione, sono serviti da una sola farmacia; o che, a fronte di 30 mila farmacisti abilitati, l’offerta è “artificiosamente compressa” a 16 mila farmacie (AS144 del 1998, cfr.
www.agcm.it).
(6) Per un approfondimento, cfr.
Liberalizzazioni e riforme a costo zero – Un commento al decreto predisposto dal Governo” (Nota Cerm n. 9-06, pagine 10-11).
(7) Sulla scorta delle ipotesi di riforma adombrate nella “Relazione Annuale sull’attività svolta – Anno 1995” dell’Agcm (pagine 13-14). Cfr. anche “Distribuzione dei farmaci, tutela della salute e diritti soggettivi” (Nota Cerm 1-06; pagine 5-6).

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28 commenti

  1. Maurizio Maggini

    Vorrei commentare soltanto il punto relativo ai vincoli su orari/giorni di apertura: In effetti quale normale “consumatore” non mi sono mai accorto di tali vincoli e non ho mai percepito, sotto tale riguardo, una carenza di concorrenzialità.
    Nell’area cittadina dove risiedo nello spazio percorribile, camminando, in pochi minuti, ci sono 5-6 farmacie sempre aperte, salvo la pausa pranzo, sino alle 20, oltre ovviamente alla farmacia notturna. l sabato e la Domenica evidentemente, l’offerta è ridotta, ma non vi sono difficoltà di acquisto.
    Francamente come consumatore NON vedoun problema di liberilazzare orari e giorni di apertura, che nel mio caso sono più che soddisfacenti!

    • La redazione

      Siamo contenti per Lei, per il buon rapporto che Lei ha con la distribuzione al dettaglio dei farmaci nell’area cittadina dove risiede. Il Suo caso, tuttavia, non può essere rappresentativo della media nazionale, come dimostra il commento del Signor Mario Martelli, pervenuto subito dopo il Suo.
      Consideri, inoltre, che l’assetto anticoncorrenziale influenza non solo la copertura territoriale, ma anche la varietà dei farmaci canalizzati al paziente-cliente, in termini sia di disponibilità degli equivalenti più economici sia di differenziazione nel packaging. Non è un caso che l’Italia mostri, nel panorama internazionale, uno dei più bassi livelli di diffusione dei farmaci generici puri e, nel contempo, una delle offerte meno variegate nelle dimensioni delle confezioni. Grazie, b/p/s

  2. Mario Martelli

    Il sig. Maggini racconta un’esperienza che è sicuramente vera. La mia usuale esperienza di utente domenicale nell’area Roma centro Nord è un poco difforme e mi ha dimostrato, più volte nel tempo (ultima domenica 11.2.2007), che “farmacie tante” ma aperte solo una a circa 4,5 km dal mio indirizzo. Ma forse una grande città metropolitana fa caso a sè.

    • La redazione

      Una grande area metropolitana è un caso a sé nel senso che l’offerta dovrebbe essere più ampia (la densità abitativa, uno dei parametri della pianta organica, è più alta). Difficoltà maggiori di quelle che Ella ha incontrato è presumibile esitano nei Comuni minori, in molti casi serviti da un’unica farmacia. È soprattutto con riferimento a questi casi che stridono: (a) la pianta organica e l’impossibilità per farmacisti abilitati (pur riconosciuti in grado di svolgere la professione) di impegnarsi liberamente nella distribuzione al dettaglio; (b) il vincolo che la proprietà delle farmacie debba essere soltanto di farmacisti e altri non possano apportare capitali; (c) l’uniformità di orari/giorni di apertura; etc. … . Grazie, b/p/s

  3. G Salvioli

    Sono d’accordo: la concorrenza corregge gli eccessi portando equilibrio. Le Farmacie di notte sono però già in servizio; gli ospedali poi hanno farmacie interne che forniscono al malato dimesso farmaci in quantità. La spinta liberistica sembra però troppo selettiva: i lettori hanno mai provato ad acquistare dopo le ore 20 pane o latte o altro ? Perchè non è possibile?

    • La redazione

      Il fatto che esitano farmacie già aperte durante la notte (quelle di turno) o che le farmacie ospedaliere (il cosiddetto canale di distribuzione diretta) già distribuiscano farmaci per le terapie post-degenza non implica che il settore della distribuzione al dettaglio non possa/debba essere oggetto di riforme modernizzatrici in grado di aumentare la qualità del servizio riducendone i costi.
      Concordiamo sicuramente con Lei che l’esigenza di liberalizzare e promuovere la concorrenza non si pone soltanto con riferimento alla distribuzione di farmaci. C’è però da dire che in Italia questo settore “brilla” per il disegno normativo esplicitamente volto alla tutela degli incumbent. Citando l’Antitrust (AS194/2000 “Regolamentazione di orari e turni delle farmacie”) l’analisi normativa rivela la presenza di “[…] significative restrizioni della concorrenza, che non solo non appaiono funzionali alla tutela di interessi pubblici ma, anzi, impediscono un’efficiente soddisfacimento delle esigenze dei consumatori. […] La determinazione di orari e turni massimi o fissi, uniformi per tutte le farmacie, lungi dal rappresentare una norma a tutela del consumatore, appare volta a stabilizzare il reddito degli operatori del settore, in quanto minimizza la possibilità che la clientela di ciascuno venga sottratta dagli altri. In tal modo, ogni farmacia può ragionevolmente contare sulla domanda espressa nell’ambito del proprio bacino d’utenza. E’ perciò evidente come in una situazione così artificiosamente cristallizzata siano fortemente ridotti gli incentivi per gli operatori a migliorare le condizioni qualitative dei servizi offerti ai consumatori”. Grazie, b/p/s

  4. Stefano Gardano

    Ben venga una maggiore liberalizzazione sugli orari di apertura delle farmacie ma, per il momento, nel Veneto in particolare, è pressochè impossibile riferisi ad altra rete di vendita per i farmaci “da banco” diversa dalla tradizionale. Tra l’altro, inchieste giornalistiche di alcune settimane fa evidenziavano, per i pochi pionieri, le grosse difficoltà di rifornimento di questi nuovi punti vendita attraverso la rete all’ingrosso. Direi che la liberalizzazione prevista dalla norma “Bersani 1”, per i cittadini, è al di sotto delle attese. E ciò oltretutto non lascia ben sperare per il “lenzuolo – Bersani 2”.

    • La redazione

      Nel complesso, la possibilità di commercializzare i farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP e OTC) attraverso la distribuzione organizzata sta dando risultati positivi, con riduzioni dei prezzi dell’ordine del 30 per cento.
      È vero, come Ella osserva, che i nuovi canali di vendita non si sono sviluppati dovunque con la stessa intensità. Sono emersi fattori di “resistenza” e tra questi il trattamento differenziato che alcuni grossisti hanno riservato ai nuovi canali di commercializzazione rispetto alle tradizionali farmacie. A tale proposito, l’AGCM ha avviato un’istruttoria (la n. 15.938 del 27 Settembre 2006) nei confronti di 7 società di distribuzione all’ingrosso per “condotte volte a rifiutare le forniture dei farmaci SOP richieste dalle parafarmacie, così da ostacolare l’ingresso dei nuovi concorrenti nella distribuzione al dettaglio di tali farmaci. […]”.
      Le riforme economiche, anche quando sono chiare e inoppugnabili le ragioni del cambiamento, non sono facili; ed è per questo che, sicuramente perfettibili e non esaustivi di tutte le necessità di intervento, i due decreti “Bersani” sono da salutare con favore, perché muovono nella direzione giusta. Grazie, b/p/s

  5. egiorgetti

    Il primo passo per la liberalizzazione delle farmacie è l’eliminazione delle piante organiche regionali (che determinano il numero delle farmacie in rapporto alla popolazione).
    Possiamo sperare che questa barriera venga soppressa?

    • La redazione

      Ha ragione: la pianta organica è la manifestazione più grave della difesa corporativistica e della chiusura al mercato. È un limite esogeno ed immotivato alle risorse umane e capitali che potrebbero riversarsi nel settore, migliorare la qualità del servizio e ridurre i suoi costi.
      Speriamo, assieme a Lei, che possa presto essere superata.
      A tale proposito, suggeriremmo la lettura di “Quale futuro per la professione? Considerazioni tra politiche della concorrenza e politiche del lavoro”, su http://www.cermlab.it [http://www.cermlab.it/_documents/spuntoriflessione271205.pdf], dove si espongono alcune incisive considerazioni sull’infondatezza, giuridica prima ancora che economica, di un tale privilegio. Grazie, b/p/s

  6. michele giardino

    La sentenza richiamata non si occupa di orari, ma di una circoscritta questione tra farmacie private e pubbliche relativa alla commistione tra produzione e commercializzazione all’ingrosso di farmaci e gestione di rarmacie. Mi pare c’entri poco con quanto qui interessa.
    L’ordinamento è un vincolo per tutti. Se davvero vi fosse un contrasto tra Antrust e CC, sarebbe comunque qust’ultma a prevalere. Ma a me pare che il contratso non ci sia. L’Antitrust si rivolge a Governo e Parlament, non certo alla Corte, che per sentenziare ha dovuto richiamare una legge del 1968 e un Testo Unico anteguerra. Anche a voler trascurare le differenze abissali di contesto, è chiaro che si tratta di disposizioni che ignorano del tutto la moderna filosofia di tutela del consumatore e mirano ad altre tutele, oggi non più esclusive per una serie di valide ragioni sopravvenute.
    Occorre insomma un’altra normativa, del tutto nuova e decisamente meno timida di quella pur recentissima, e di più ampio respiro: che distingua i farmaci “a ricetta” dagli altri, ma ricordi anche a tutti, farmacisti inclusi, che il cittadino consumatore è in questo caso anche un paziente, che può aver bisogno di un preparato “galenico”, da non chiedere certo ad un supermercato, a meno che questo si attrezzi con professionisti capaci e risorse tecniche adeguate. Insomma, visto che di salute si tratta, si cerchi di contemperare seriamente esigenze diverse e anche in contrasto, perchè nessuna di esse può essere trascurata.

    • La redazione

      Il tema dei rapporti tra Corte Costituzionale e Antitrust è tanto importante quanto delicato. Volentieri dedichiamo un po’ più di spazio alla risposta.
      Nel contributo si fa riferimento a due sentenze della Corte Costituzionale: una (la AS301 del 2007) riguardante orari/giorni di apertura, l’altra (la AS326 del 2006) riguardante l’incompatibilità tra la distribuzione all’ingrosso e al dettaglio di farmaci. Le due sono state volutamente accostate, perché in entrambi i casi l’intervento dell’Antitrust è sembrato in contrasto con precedenti sentenze della Corte. Nel contributo si è argomentato come tale contrasto sia solo apparente, dovuto alla diversa “prospettiva” con cui le due Istituzioni valutano le varie fattispecie.
      “Prospettive” entrambe corrette, perché richieste dal rispettivo ruolo. Proprio per questo motivo, un miglior coordinamento dell’operato e delle decisioni delle due Istituzioni permetterebbe una più ampia e profonda affermazione dei principi costituzionali e del diritto. La qual cosa non significherebbe prescindere dall’”ordinamento” (il rischio che Ella paventa), ma impegnarsi in un progetto di ridisegno istituzionale.
      Per esemplificare, Le proponiamo alcune osservazioni aggiuntive sulla proposta di permettere all’Antitrust di investire la Corte su questioni attinenti la concorrenza e il mercato.
      La Corte Costituzionale non ha un potere autonomo di attivazione; e le vie di attivazione della Corte sono volutamente limitate. Possono adire la Corte il Governo, le Regioni e le Province Autonome e qualunque giudice quando, incidentalmente ad una controversia su cui deve decidere, abbia dubbi di costituzionalità. Tale scelta dell’Assemblea Costituente fu motivata dalla volontà di selezionare la “qualità” delle fonti da cui si potesse muovere dubbio di costituzionalità, individuandole negli attori principali di governo e nella Istituzione in grado di esprimere le valutazioni più approfondite e tecniche sul piano giuridico (la magistratura giudicante). In questo modo, si riparava la Corte da possibili degenerazioni che potessero contrapporla tout court al diritto costituito, come extrema ratio per rimetterlo in continua discussione, anche a seconda degli avvenimenti e della convenienza di parte.
      L’allargamento all’Antitrust (ed eventualmente alle altre Autorità di settore) dell’azione di investire la Corte Costituzionale potrebbe rivelarsi un completamento istituzionale positivo:
      – l’azione partirebbe da Istituzione super partes specializzata, garantendo la qualità delle fonti;
      – la valutazione della Corte potrebbe giovarsi dell’analisi dei fondamentali economici e delle dinamiche di settore/mercato svolta dall’Antitrust (il caso delle citate sentenze ne offre un esempio);
      – l’Antitrust avrebbe un interlocutore in più, oltre al Parlamento, al Governo e alle Amministrazioni Pubbliche, che potrebbe considerare le sue segnalazioni;
      – la natura super partes e non politica della Corte favorirebbe l’esame tempestivo delle questioni che si possono porre in contrasto con i principi fondanti della società e dell’economia, rendendo potenzialmente più incisivo l’operato dell’Antitrust senza attribuirle nuovi poteri decisionali;
      – la Corte avrebbe maggiori possibilità di esprimersi su problematiche inerenti la concorrenza e il mercato, che toccano principi (non lo si dimentichi) di rango costituzionale (l’articolo 41 sulla libera iniziativa economica, gli articoli 4 e 35 sulla tutela del lavoro e la promozione della realizzazione professionale, etc.).
      Potrebbe essere una evoluzione istituzionale positiva per ottenere un miglior bilanciamento dei poteri e delle responsabilità decisionali (tra esecutivo, legislativo e giudiziario) all’interno di un sistema socio-economico di crescente complessità. Al momento della creazione della Corte Costituzionale e delle garanzie costituzionali, le Autorità indipendenti (tra cui l’Antitrust) non esistevano, né la struttura e il funzionamento del sistema socio-economico di allora ne facevano presupporre la nascita; non fu possibile, quindi, considerarle allora nel disegno dei checks&balances istituzionali.
      Quanto all’ultima parte del Suo commento, Le ricordiamo che: (1) esiste una sentenza della Corte di Giustizia Europea (causa C-322/01; 2003) che ha dato assenso addirittura alla vendita via internet dei farmaci senza obbligo di prescrizione; (2) condividiamo appieno l’esigenza che, per i farmaci con obbligo di prescrizione, la commercializzazione avvenga a cura di farmacista abilitato, ma questo in nulla contrasta con l’esigenza di liberalizzare l’apertura delle farmacie rimuovendo la pianta organica. Grazie, b/p/s

  7. Alessandro Ela Oyana

    E’ innegabile che tra Corte costituzionale e Agcm, vi sia una divergenza di vedute. Dall’introduzione o meno di forme di concorrenza nel comparto della distribuzione di farmaci si ritiene possano derivare vantaggi o svantaggi per i medesimi soggetti: i cittadini/consumatori. Tuttavia, sebbene innegabile che le due istituzioni siano depositarie di una diversa competenza, non condivido l’affermazione che l’Agcm compia valutazioni economiche (che, de iure condendo, si traducono in – inaccettabili -posizioni politiche). Si tratta infatti di due organismi tecnici che si muovono entrambi da presupposti strettamente giuridici. La divergenza fra le due impostazioni riflette quindi un’incoerenza del nostro ordinamento, che, con buona pace delle norme del Trattato UE, non riesce a fare propria la scelta di fondo di creare un mercato in libera concorrenza. Infatti la Corte altro non ha fatto che ancorarsi ad una interpretazione dell’art. 41 Cost (per violazione del quele è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale) che non tiene i debita considerazione la concorrenza come valore costituzionale (entrata nella Carta solo dalla finestra: nella riformulazione dell’art. 117) Pertanto – a mio avviso – vanno bene le liberalizzazioni, ma quello che occorre è una profonda e organica revisione degli strumenti di regolazione e delle regole che ne legittimano l’utilizzo, partendo dalla costituzione. Siamo ancora lontani, e le numerose procedure di infrazione che pendono sull’Italia in materia di distribuzione commerciale (farmaci, carburanti e altre ne verrano) lo dimostrano.

    • La redazione

      L’Antitrust è indipendente dal Governo e dagli altri organi di rappresentanza politica; l’Agcm ha il compito di applicare la Legge n. 287 del 1990 vigilando su:
      (a) intese restrittive della concorrenza; (b) abusi di posizione dominante; (c) operazioni di concentrazione; (d) pubblicità ingannevole e comparativa; (e) conflitti di interessi in capo a titolari di cariche di governo. A tal fine, gli strumenti dell’analisi economica (teorica ed empirica) sono indispensabili. La proposta di nuove modalità di dialogo istituzionale tra Antitrust e Corte Costituzionale rientra in “quell’esigenza di profonda e organica revisione di regole e strumenti” di cui Ella parla in chiosa della Sua osservazione. Grazie, b/p/s

  8. Alessandro Ela Oyana

    Non per puntiglio, ma in quanto ritengo la questione interessante e stimolante (confesso, per essermene lungamente occupato) e confortato da un condivisione di fondo degli obiettivi delle nostre opinioni, mi permetto un’uteriore replica. Si farebbe un torto alla Corte se si ritenesse che questa non tenga in considerazione gli effetti economici della normativa di cui è chiamata a giudicare la legittimità. Se non ricordo male la sentenza in questione non nega che una maggiore concorrenza nel settore porterebbe a selezionare la imprese più efficienti, con effetti positivi anche sui prezzi, ma ritiene che la scelta del legislatore di scongiurare tali effetti con una normativa volutamente anticoncorrenziale non violi i parametri costituzionali. Non dubito nemmeno dell’indipendenza dell’Agcm (e ne conosco le competenze), ma ritengo che qualificarne le valutazioni come economiche ne svilirebbe la portata ad osservazioni da cui l’ordinamento giuridico può prescindere (e di fatto, come la sentenza in commento rende evidente, prescinde), chiunque sia a sollevare la questione di legittimità costituzionale su queste basi, fosse anche l’antitrust (ciò non vuol dire che non ritenga utile legittimarla ad adire direttamente la Corte). Se invece, come credo, il libro mercato è ormai un valore giuridico fatto proprio dal nostro ordinamento (valore la cui portata sicuramente si indaga anche con strumenti economici, che ribadisco, non sono ignoti alla magistratura di ogni livello e che rimangono, appunto, strumenti) allora il contrasto tra Agcm e Corte sul punto è sintomo di una antinomia che deve essere risolta a monte, con interventi organici e di ampio respiro e non con provvedimenti estemporanei che altro non fanno che aumentare la schizofrenia del nostro ordinamento in materia di regolazione del mercato. Su quali debbano essere gli elementi di tale riforma ritengo il dibattito da Voi portato avanti (come tradizione di questo sito) di inestimabile valore.

  9. anna angrisani

    Ma nessuno si è ancora chiesto e (ricordato) che il concetto di ‘concorrenza’ nella vendita del farmaco è un concetto difficilmente proponibile?E’ vero o no che la concorrenza purtoppo , per la necessità di sopravvivenza che comporta,determina anche distorsione e cattiva concorrenza che produce alterazione di un mercato così delicato e sensibile per la salute del cittadino?Cosa farà un farmacista per ‘resistere’ alle multinazionali? Non sara invoglaito e allettato dai mercati “distorti”(termine generoso)?E in tutto ciò c’è o no un pregiudizio per la salute pubblica?C’è o no quindi un pregiudizio per il cittadino consumatore?E poi per quel che mi risulta lo sconto sui farmaci(non quelli da banco , ma tutti gli altri e cioè i più importanti) è giustamente vietato proprio in ragione delle esigenze prima citate.Allora di che parliamo se non di posizioni demagogiche che tentano di accreditare ‘storiche’ riforme i, laddove invece esse sono determinate o da non completa informazione o addirittura da scelte, se non interessate, quantomeno passibili di accuse di demagogia?Altro è il problema della distribuzine del territorio, degli orari etc. che possono tutti essere nuovamente regolamentati.(Ma la pianta organica non ha la sua ragion d’essere proprio nella giusta esigenza di evitare eccessiva concorrenza, e cioè di evitare le possibili distorsioni in settore così delicato?).Allora tutto si può fare, tutto si può ridiscutere , col solo limite della onestà intellettuale senza nascondere le ragioni dell’interlocutore, ma prendendone nota e cercando di dimostrarne la erroneità, non fingere che non esistano , come è avvenuto in questa materia.
    In tale contesto il farmacista professionista che si è sacrificato una vita intera per assicurare affidabilità , correttezza, disponibilità e soprattutto onestà, è preso, si deve riconoscere, da avvilimenti e delusioni.
    Abbiamo votato il nuovo perchè finalmente la demagogia,in ogni campo, cessasse , purtoppo non è stato così!

    • La redazione

      Permettere ai circa 14 mila farmacisti abilitati ma non titolari di avviare un esercizio (rimozione della pianta organica), magari avvalendosi dell’apporto di capitali di terzi (disaccoppiamento tra proprietà e gestione), non può che ampliare l’offerta e ridurre i sovrapprofitti oggi appannaggio della distribuzione al dettaglio (i dati sui ricavi per ddd sono indiscutibili).
      Provi a chiedere ai farmacisti abilitati ma esclusi dalla titolarità che cosa pensano della connessione tra barriere all’ingresso e qualità del servizio cui Ella fa riferimento (consulti, ad esempio, il sito del MNLF http://www.mnlf.it). Oppure provi a chiederlo ai pazienti-clienti che sperimentano difficoltà a trovare i prodotti equivalenti più economici o nel packaging più adatto alla loro esigenza.
      È vero che allo stato attuale il prezzo sui farmaci con obbligo di prescrizione (gli OP di fascia “A” e di fascia “C”) deve essere unico sul territorio nazionale, ma anche questa è una previsione normativa che andrebbe riformata, poiché l’obiettivo della più alta tutela della salute lo si persegue meglio (e lo stesso Antitrust lo ha segnalato nel 1998) fissando un prezzo massimo al consumo rispetto al quale lasciare che i distributori possano praticare sconti a valere sul loro margine di ricavo. Se la pianta organica fosse rimossa e le farmacie liberalizzate, questa sarebbe la soluzione più lineare per la riforma dei margini di ricavo oggi fissati ex-lege per la commercializzazione dei farmaci di fascia “A” (quelli sì davvero distorsivi, nella proporzionalità al prezzo, dei comportamenti dei farmacisti).
      Per un approfondimento su questo punto, Le suggeriremmo di leggere “La rimozione del prezzo unico nazionale dei farmaci: quando e perché non averne paura” su http://www.cermlab.it <http://www.cermlab.it/>
      [http://www.cermlab.it/_documents/spuntodibattito.pdf], dove si spiega quali positive proprietà una simile riforma avrebbe nell’aumentare la coesione sociale e territoriale.
      No, non siamo d’accordo con Lei: come tutte le altre professioni, quella del farmacista ha dei contenuti necessari, che non possono essere resi “eventuali” e “volontaristici” sulla base della percezione che l’Ordine autonomamente si forma su quali debbano essere i propri redditi assoluti o relativi. Se tutte le professioni e tutti i mestieri forzassero questa
      logica, sarebbe lo sfilacciamento del tessuto sociale.
      È per evitare questo che si deve dare la possibilità a tutti coloro che hanno maturato le qualità per svolgere una professione di impegnarsi liberamente in quella professione.
      A costo di ripeterci, suggeriremmo anche a Lei di leggere il sintetico documento “Quale futuro per la professione? Considerazioni tra politiche della concorrenza e politiche del lavoro” su http://www.cermlab.it [http://www.cermlab.it/_documents/spuntoriflessione271205.pdf], dove si cerca di mostrare in quali modi l’Ordine potrebbe affrontare i cambiamenti in corso come delle vere opportunità di rinnovamento e sviluppo. Grazie, b/p/s

  10. michele giardino

    Mi scuso sia per tornare in argomento, sia per non aver letto prima la Sent. CC 27/03: le numerazioni, in parte coincidenti (27 e 275), mi hanno indotto in errore.
    Ma proprio l’accurata ricomposizione di informazioni peraltro non ignote fornita dagli Autori e una lettura attenta della Sent. 27, rendono più ferma la convinzione che la sostanza del problema così chiaramente in evidenza è squisitamente giuridica, o, peggio, normativs. Non vi è contrasto tra Corte e Antitrust, che svolgono le rispettive funzioni, ben diverse nella loro specializzazione, rigorosamente all’interno della sfera della legge esistente. La Corte è giudice delle leggi, non dei comportamenti e delle situazioni, salvo il limite della ragionevolezza. E l’Antitrust è il tutore della concorrenza nel libero mercato. E se per la Corte le scelte del Governo e delle Ammisitrazioni locali, non si sa (e non rileva) se condivise, non ledono i principi della Carta, l’Antitrust giustamente avversa le bardature vincolistiche. Spetta a Governo e Parlamento fare norme chiare e nette, e non rinviare ad altri scelte difficili.

  11. Anonimo

    Sono un Laureando in Farmacia. Tra qualche mese mi introdurro’ nel mondo del lavoro e toccherò con mano il tessuto sociale. Ora parlo in veste di studente e futuro farmacista.
    Leggendo il vostro sommario non ho potuto fare a meno di battere queste due righe. Mi chiedo perchè si continua a parlare di risparmio, di concorrenza, di vantaggi economici per i cittadini e non di prevenzione, di salute, di limitazione del danno, di informazione riguardo l’uso e l’abuso di farmaci. Mi chiedo perchè è ancora viva nell’aria questa voglia di
    commercializzare e denaturare una professione che richiede sacrifici, preparazione ed anche rischi nell’attuarla.
    Liberalizzare. Le persone pagano meno i medicinali. Un farmaco pagato qualche mese fa a prezzo pieno oggi lo pago anche il 30% in meno.
    Mi chiedo: non basta? Che motivo c’e’ di aprire altre diatribe su diatribe, vuoi su un argomento, vuoi su un altro. Che motivo c’era di tirare in ballo anche gli orari di apertura e chiusura? O meglio, ammesso che questa sia un’ottima
    soluzione in quanto porterebbe ad una “sburocratizzazione”, che motivo c’e’ di additare questi paroloni alla questione? Cosa c’e’ di “anticoncorrenziale” in tutto cio’? E a dire vostro: che senso ha citare il decreto Bersani e dire che va portato a termine? Perchè non si comincia a riformare tutto il sistema, comprese altre categorie di liberi professionisti come medici ed avvocati, che continuano indisturbati a fare i loro comodi e a ridurre il gettito fiscale dichiarando meno o non fatturando quanto dovuto?
    Vi chiedo gentilmente Basta! Vi chiedo Basta nel fare questa politica del terrore volta alla demonizzazione della figura del farmacista e del mondo che vi gira intorno! Vi chiedo di osservare la problematica a 360 gradi, non solo dal lato economico ma anche culturale.
    Alfonso Di Stasio, Caserta

    • La redazione

      Tutte le professioni richiedono lavoro e dedizione, sia in fase di preparazione del capitale umano sia successivamente nella conduzione dell’attività e nell’assunzione delle connesse responsabilità. Le suggerirei la lettura di “Quale futuro per la professione? Considerazioni tra politiche della concorrenza e politiche del lavoro”, su http://www.cermlab.it
      [http://www.cermlab.it/_documents/spuntoriflessione271205.pdf], dove si tenta di spiegare che non è sufficiente l’insindacabile autovalutazione di “indispensabilità” o di
      “preziosità” che ogni categoria può dare del prorpio operato. Se si avallasse questa logica, sarebbe la frammentazione della
      società prima ancora che dell’economia. Grazie, b/p/s

  12. roberto buttura

    La Costituzione Italiana agli articoli 3 e 32 sancisce la tutela della salute come diritto di ogni cittadino e dà allo Stato e alle Istituzioni (Governo, Regioni)che lo rappresentano la responsabilità di attuarlo. Ciò accade attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (chi non sa cos’è può consultare Internet) di cui l’assistenza farmaceutica ospedaliera e territoriale sono parte integrante. Le farmacie territoriali (pubbliche e private) hanno il compito, delegato espressamente dallo Stato, di distribuire i farmaci in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando che un qualsiasi territorio possa risultare scoperto. Per questo esistono le leggi che ne disciplinano l’apertura e l’esercizio, tenendo conto tra l’altro che, a parte i farmaci non sottoposti a prescrizione (che peraltro rimangono tali), per gli altri è indispensabile la ricetta medica, perchè non si tratta di beni di consumo come il frigorifero o un vestito o paio di scarpe ma di sostanze che servono esclusivamente per curare la salute di chi, a giudizio del medico, ne ha bisogno.
    Quanto affermato nell’articolo salta o ignora a piè pari il principio su cui si basa l’assistenza farmaceutica e propone soluzioni che nei fatti scardinano uno dei pilastri su cui si regge il Servizio Sanitario Nazionale e quindi in definitiva anche quest’ultimo.
    Suggerisco rispettosamente, quindi, che quando si tratta di problemi attinenti al diritto alla tutela della salute , anche da parte degli economisti, ci sia più umiltà e più informazione.
    Cordialmente

    • La redazione

      La stessa umiltà con cui i farmacisti titolari impediscono che un farmacista abilitato (i.e. pubblicamente riconosciuto idoneo ad assistere il paziente nell’acquisto di farmaci) possa liberamente aprire un suo esercizio, o lo possa fare in società con chi ha a disposizione mezzi finanziari?. Perdoni se usiamo la Sua stessa franchezza: Ella dovrebbe citare con un po’ più di cognizione di causa la Carta Costituzionale. Cordialità, fabio pammolli & nicola salerno

  13. gianni romani

    Vi espongo il mio caso: ho due figli farmacisti, che si sono tanto sacrificati per avere la laurea; Ho una terza figlia, ragioniera. Le mie risorse economiche sono discrete, ma limitate. Vorrei sistemare i miei figli, ma se compro ai ragazzi una farmacia devo forzatamente escludere dall’eredita’ la terza figlia, perchè non ho ulteriori risorse. Quindi, come padre, non posso favorire i farmacisti a scapito della ragioniera…..Se invece, si consentisse ad una società mista (farmacisti e non farmacisti) di possedere una farmacia, potrei sistemarli tutti e tre. E allora mi domando: le farmacie comunali forniscono forse un servizio scadente, dato che il proprietario non è farmacista? E le farmacie degli ospedali, sono di proprietà di un farmacista? E tanto per allargarmi un poco, il chirurgo che opera con strumenti di non sua proprietà, opera male? Attendo risposta, grazie.. G.Romani.

    • La redazione

      Ha perfettamente ragione. E lo abbiamo affermato innumerevoli volte, sui contributi comparsi su La Voce e su quelli comparsi su CERMlab (www.cermlab.it). La Vostra famiglia, che vive “dall’interno” gli effetti della discriminazione normativa e regolatoria, porta un ottimo esempio di come, quando passano in secondo piano gli interessi economici della corporazione, le linee di riforma appaiono fin troppo ovvie. Grazie e “in bocca al lupo”, fabio pammolli & nicola salerno

  14. re roberto

    Sorrido nel sentir parlare di libera concorrenza,vantaggi verso il consumatore,pianta organica limite di un miglioramento sociale…sorrido poichè le liberalizzazioni apportate da Bersani e gli sviluppi conseguenti porteranno solamente ad una chiusura totale del mercato farmaceutico ed alla distruzione di una categoria professionale.Ecco quale sarà il futuro professionale del farmacista.Come si può parlare di concorrenza quando il distributore diventa il proprietario della farmacia?Distributore che è una multinazionale,che acquista direttamente dall’azienda farmaceutica e rivende direttamente nella propria farmacia il farmaco.Scusate,nelle proprie farmacie.Certo forse i prezzi al pubblico diminuiranno,ma non parlate di concorrenza nè tnto meno di salute pubblica poichè vedrete come aumenterà la spesa sanitaria in Italia a causa di un uso sconsiderato di farmaci,meno cari e più accessibili.Chi potrà competere con il distributore-proprietario di farmacie che tra pochi anni monopolizzerà il mercato farmaceutico italiano?Le parafarmacie,forse?Le parafarmacie come le farmacie verranno inesorabilmente risucchiate dalle multinazionali che controllano la distribuzione all’ingrosso del farmaco e che sfruttano decreti per invadere il mercato al minuto.Decreti emanati a tutto vantaggio di queste multinazionali o cordate di imprenditori sia ben chiaro,e non allo scopo di permettere ai circa 14 mila farmacisti abilitati ma non titolari di avviare un esercizio

    • La redazione

      Le liberalizzazioni fatte bene non sono specchietti per le allodole: oggi posso acquistare SOP e OTC a prezzi inferiori del 20, 30 addirittura 40 per cento (le sembra uno specchietto?). Mentre – mi consenta – ritengo demagogici i Suoi argomenti. Nei Paesi in cui la vendita dei SOP è stata liberalizzata da tempo, non si sono mai ravvisati effetti compromettenti la salute umana. Sugli OP, l’opportunità e le modalità del consumo le indica il medico e, senza prescrizione, il farmaco non può essere dispensato. Non c’è ragione per impedire che le risorse capitali e umane che possono utilmente applicarsi nel settore, ne vengano artificiosamente escluse. Mi domando: ma se i farmacisti titolari temono che le liberalizzazioni non siano fatte anche a vantaggio dei professionisti abilitati ma non proprietari (ultima sua affermazione), perché non acconsentono alla scelta di permettere a tutti gli abilitati di aprire una farmacia?. Più che sorridere, si informi sulle scelte maturate dalla Commissione Europea e dalla Corte di Giustizia Europea: Le sarà chiaro che in Italia stiamo solo tentando di recuperare un ritardo normativo e regolatorio che non è più sostenibile economicamente e – mi consenta anche questo – non più giustificabile eticamente.
      Grazie e vive cordialità, fabio pammolli & nicola salerno
      Cfr. http://www.cermlab.it/oped.php?item=7558723515.

  15. Enzo Colombo

    Forse non e’ stata la scelta giusta votare il centro-sinistra per sperare nelle liberalizzazioni; rimanendo sull’argomento farmaci-farmacie, ora pure il Ministro si e’ messo di traverso al tentativo di apertura al farmaco non rimborsato (classe C) alle parafarmacie. Con le solite motivazioni demagogiche: farmacia risorsa del territorio, tutela della salute, bene pubblico etc. Altro che concorrenza! Come Stato investiamo su giovani facendoli laureare, abilitandoli e poi li mettiamo come commessi a 1100 euro al mese, alle dipendenze di miliardari che godono di posizioni di rendita, invece di consentire loro una possibilita’ di libera professione, con tutti i rischi economici connessi, ovviamente, ma che dia vantaggi anche al cittadino-consumatore. Che spreco di risorse. Una vostra opinione? (a parte cambiare Paese..) Grazie

    • La redazione

      Sull’opportunità di collegare la commercializzazione dei farmaci al professionista che la supervisiona e non al mero luogo fisico di
      dispensazione, abbiamo già positivamente argomentato nel contributo e nelle risposte alle altre domande. Ne derivano naturaliter il
      superamento della pianta organica e del divieto di incorporation (catene di farmacie di proprietà di società di capitali). Quanto ai farmaci "C", un’utile lettura potrebbe essere "I farmaci ‘C’ tra regolazione e mercato"
      [http://www.cermlab.it/oped/topic/2/item/7558723519]: i risultati del "Bersani-1" e le indicazioni del G-10 Medicines e della
      Commissione Europea confermano le potenzialità della completa apertura al mercato di questo comparto, a beneficio soprattutto dei
      pazienti-consumatori. Grazie, ns

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