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Milano, la vecchia fiera e il nuovo cemento

Sull’area dimessa della fiera di Milano verranno costruiti quasi un milione di metri cubi tra abitazioni e uffici, per un valore complessivo di circa 2 miliardi di euro. Il progetto è presentato come un caso esemplare di “collaborazione pubblico-privato”. Ma sembra essere stato impostato esclusivamente in base alla logica del profitto “privato”, addossando invece alla collettività notevoli costi finanziari e pregiudicando irrimediabilmente la qualità della vita di una delle migliori parti della città. A Monaco in una situazione simile hanno fatto scelte diverse.

La Fondazione Fiera Milano ha costruito il nuovo polo fieristico di Rho-Pero, e ha ceduto buona parte dell’area urbana della “vecchia fiera”, 255mila metri quadrati, a Citylife, una cordata composta dal gruppo Ligresti, Generali, Ras, Lamaro e Lar.
Su quest’area verranno costruiti quasi un milione di metri cubi, tra abitazioni e uffici, con 15mila presenze: una nuova città. Si tratta di un progetto dal valore complessivo di circa 2 miliardi, sull’ultima grande area disponibile in Milano. I promotori lo descrivono come un caso esemplare di collaborazione pubblico-privato: si tratta dunque di un tema di interesse generale e non solo locale.

Il progetto

Il progetto ha suscitato numerose e forti critiche, da architetti e urbanisti oltre che dai “comitati” dei residenti. (1)
Per inserire tanta volumetria in poco spazio sono stati progettati tre altissimi grattacieli, forse belli per Shanghai, ma del tutto estranei all’anima del quartiere, e, lungo il perimetro della “vecchia fiera”, una cinta di case alte 14-20 piani che incomberanno sugli edifici circostanti. Al verde è lasciato solo poco più di un terzo dell’area, e in parte si tratta di verde “condominiale”, incuneato tra gli edifici, per cui il tanto vantato “parco” sarà ancor più ristretto e per larga parte in ombra. Si prevede un drammatico peggioramento del traffico attorno all’area, già oggi congestionata, per gli accessi ai novemila parcheggi sotterranei. Eppure, secondo un’indagine dell’Ocse, Milano risulta la seconda peggiore tra trenta città europee quanto a inquinamento e congestione del traffico. Con progetti come questo la situazione è certo destinata a peggiorare.
Tutte le critiche derivano, a ben vedere, dal vizio originale del progetto: consentire una volumetria abnorme, con un indice di edificabilità doppio rispetto a quello normalmente concesso per altri PII a Milano. Ma è proprio grazie a questa volumetria che la Fondazione Fiera ha potuto ricavare ben 523 milioni di euro dalla vendita del terreno. La domanda che si pone è perché il comune di Milano abbia concesso questa volumetria abnorme, visto che la costruzione di uffici e case di lusso non si configura certo come un progetto di interesse pubblico.

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La collaborazione pubblico-privato

Torniamo al tema della “collaborazione pubblico-privato”.
All’origine esisteva l’Ente autonomo Fiera internazionale di Milano, pubblico, al quale lo Stato cedette, nel 1922, la vecchia piazza d’Armi in quanto ente “non con mire speculative ma di pubblica utilità”. Nel 1999, con un accordo di programma si decise di costruire il nuovo polo fieristico di Rho-Pero e di dismettere buona parte dei padiglioni della “vecchia fiera”. Successivamente, l’Ente Fiera si è trasformato da ente pubblico in Fondazione di diritto privato, l’attività fieristica è stata scorporata nella Fiera Milano spa (quotata in borsa), e la Fondazione è divenuta in sostanza una “immobiliare” (“privata”) che affitta i padiglioni alla Fiera Milano spa.
Il contributo del “privato” è stata la costruzione del nuovo polo fieristico, che resta peraltro proprietà della Fondazione. Questa possiede immobili valutati, prudenzialmente, 855 milioni e varie partecipazioni, tra cui la quota di controllo della Fiera Milano spa. 160 milioni ai prezzi di borsa), a fronte di debiti a lungo termine per soli 164 milioni (bilancio al 30.6.2006). Si tratta dunque di una Fondazione ricchissima, senza che il suo statuto indichi alcun specifico scopo sociale. Questo patrimonio è stato “privatizzato” senza alcun compenso per il “pubblico”, che pure aveva finanziato e sostenuto in molti modi l’Ente Fiera nell’arco di novant’anni.
L’ultimo “regalo” del “pubblico” è stata appunto la possibilità di valorizzare al massimo il terreno della “vecchia fiera”, concedendo una volumetria che pur penalizza gravemente la città, e accettando che la scelta tra i progetti selezionati, dalla stessa Fondazione, fosse determinata esclusivamente in base al prezzo offerto. Visto poi che, per rispettare lo standard di 44 metri quadri per abitante, “mancavano” 106mila metri quadrati, il comune ha concesso di “monetizzare” queste aree pubbliche mancati al prezzo irrisorio di 242 euro al metro quadro. In teoria il comune dovrebbe incassare, tra monetizzazione e oneri di urbanizzazione, 98 milioni. Ma una volta scomputati gli oneri che Citylife sosterrà per l’urbanizzazione e gli edifici di interesse pubblico (Museo del Design e del Bambino, di cui non si sentiva proprio il bisogno), al comune non resterà pressoché nulla, mentre dovrà farsi carico di pesanti investimenti per adeguare la viabilità. È poi ora prevista anche una nuova linea di metropolitana con fermata alle “Tre torri”, ottima iniziativa, che aumenterà il valore degli immobili (e quindi i profitti di Citylife), ma con costi a carico della collettività.
In conclusione, questo esempio di “collaborazione pubblico-privato” sembra essere stato impostato esclusivamente in base alla logica del profitto “privato”, della Fondazione e di Citylife, addossando invece alla collettività notevoli costi finanziari e pregiudicando irrimediabilmente la qualità della vita di una delle migliori parti della città.

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L’esempio di Monaco

Era possibile una soluzione diversa? Certamente sì, perché i numeri indicano che i costi del nuovo polo di Rho-Pero avrebbero potuto essere ampiamente coperti anche limitando alla metà la volumetria concessa e quindi il ricavo dalla vendita del terreno. Forse, al comune, hanno sbagliato i conti, oppure si sono semplicemente adeguati alla logica del profitto.
Anche la Fiera di Monaco ha lasciato la propria sede storica, 110 mila metri quadrati nel cuore della città, per trasferirsi in uno spazio più ampio, in periferia. In quel caso la Fiera ha restituito alla città il terreno che aveva ricevuto, e la città ne ha pianificato lo sviluppo, anche con la costruzione di case private ma con stretti vincoli: 27 per cento di edilizia sociale, 20 per cento destinate a famiglie giovani, densità in linea con quelle esistenti, servizi pubblici di quartiere, parco e museo. È un esempio che mostra come sia possibile contemperare l’interesse pubblico con la logica dei costi, laddove vi sia un ente pubblico deciso appunto a difenderlo.

(1) Per una rassegna stampa, si veda www.quartierefiera.org oppure www.residentifiera.it

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  1. Marco

    ancora una volta, da Torino, abbiamo saputo fare scuola…

  2. Grazia Camia

    Ho letto con interesse il Vostro articolo su Citylife
    e il quartiere Fiera, vorrei solo ricordare che analogom scempio è in corso sull’area Portello dove persino un pezzo di “Montagnetta” è stato ceduto a nuovi fabbricati, oltre al vasto ipermercato. Il tutto senza un piano di viabilità oche alleggerisca il quartiere da un prevedibilissimo impatto ambientale.
    Grazie per quanto cercate di fare.

  3. francesco piccione

    Già stamani quando ho sentito alla radio tito boeri parlare del’articolo mi sono inquietato, la lettura è risultata ancora più preoccupante. a firenze il comune, nell’adozione del nuovo piano strutturale intende adottare – per lo sviluppo delle aree di trasformazione – delle procedure interessanti. dette aeree verranno,infatti, trasformate con concorsi ad evidenza pubblica. i criteri del concorso tenderanno a premiare i progetti che porteranno maggiori vantaggi per la collettività: ecocompatibilità deglòi edifici (cogeneratori, pannelli fotovoltaici, recupero delle acque piovane, ecc.), presenza di aree verdi, contenuto estetico delle costruzioni, capacità di inserirsi in modo armonico con il contesto circostante, realizzazione di posti auto, spazi destinati alla collettività, numei di alloggi destinati alla locazione a canoni convenzionati, ecc. il soggetto che presenterà il progetto più conforme agli interessi collettivi acquisirà il diritto alla trasformazione dell’area. mi sembra un modo di procedere molto migliore di quello adottato dal comune di milano

  4. andrea bonessa

    Mi collego a questo articolo per farvi una domanda.
    Perchè tra tutti gli argomenti che trattate non c’è quello dell’edilizia, della casa e dell’abitare che, soprattutto in Italia, assorbono una grossissima fetta delle risorse economiche dei cittadini.
    L’Italia è il paese dove tutti pensano che acquistare una casa sia un investimento, dove a 25 anni tutti sognano di indebitarsi fino a 60 per avere 60 mq.di casa, dove si fa un mutuo per comprare un box ma non per mandare un figlio all’università.
    L’argomento può essere controverso ma mi sembra economicamente rilevante e meritevole della vostra ospitalità.
    Da qui l’arroganza e lo strapotere di immobiliaristi e politici a loro collegati. Da qui City Life, Rogoredo, Montagnetta, ex Falck, Pirelli Bicocca ecc. ecc. eccetera.

  5. Luigi

    Sì, Torino continua a divorare i soldi prodotti altrove, specialmente in Lombardia, del resto Fiat docet…

    Comunque quando l’amministazione delle città finisce in mano a “mafie” politico-affaristiche non c’è nulla da fare. Tra parcheggi sotto Sant’Ambrogio, aree verdi cancellate per la costruzione del “Formigoneum” e via discorrendono ormai è chiaro cosa sta al “cuore” di certi amministratori.

  6. martino

    Gli americani direbbero “you could see it coming”.
    sembra che sia rimasto il solo a ricordare i peana che si elevarono entusiasti da ogni parte all’idea dei grattacieli durante il primo regno Albertini.
    Fin dal sorgere del progetto diverse voci – e sulla base di ragioni anche diverse (per esempio, per rispetto della tradizione milanese – la Madonnina e Giò Ponti che a sua volta l’aveva rispettata) – avevano osteggiato il progetto di riqualifica con grattacieli.
    questi, peraltro, sono un tratto presente in tutti i progetti presentati (e questo sempre nell’ottica dell’elevata cubatura, necessaria per alzare il prezzo ma allo stesso tempo mettere un po’ di verde). senonchè queste poche voci contrarie erano state tacciate con il solito refrain composta da accuse di essere retrogradi, o peggio tradizionalisti(!), nonché contrari alle magnifiche sorti e progressive della città. per inciso questo avveniva anche su corriere e repubblica, tanto per non fare nomi, che ora sembrano essersi riposizionate. tuttavia un minimo di riflessione ex ante avrebbe ben potuto suggeriere una opposizione più forte e anche intelligente nell’ottica di una cooperazione con l’attività amministraiva diretta a preservare il bene di tutti. forse i comitati all’epoca dormivano, e vabbè.
    quanto al traffico, forse bisogna pensare a quanto ne portava la fiera in città e fare un paragone con quello.
    ora, per contestualizzare meglio la situazione, però, non può essere dimenticato che la fiera a rho è costata un mucchio di soldi e che questi soldi l’ente fiera non poteva che prenderli dalla cessione dell’area di fiera milano (e mio sommesso avviso la nuova fiera è costata ben più di 523 milioni che sembrano essere il corrispettivo dell’area fieramilano city) e che dunque avrebbe cercato di rendere quest’area il più appetibile possibile (la super cubatura concessa). peraltro se gli oneri di fiera milano spettano in parte al comune mi sembra che gli oneri della fiera se li sia sobbarcati l’ente.

  7. andrea bonessa

    Come se non bastasse quanto ricordato da Ragazzi, per supportare i nostri timori sulla politica urbanistica del Comune di Milano bisogna segnalare l’ultima chicca dell’Assessore Masseroli.
    In giunta Comunale è passata una delibera che intende liberalizzare l’edificabilità di 147 aree, per un totale di circa 10 milioni di mq, che il Piano Regolatore vigente riteneva dovessero essere riqulificate e recuperate attraverso una progettazione attenta e sensibile.
    Se la deliberà della giunta passerà in Consiglio, potranno essere realizzati circa 23.000 alloggi per un totale di 4,5 milioni di mc, che, spalmati su tutto il territorio comunale, passeranno praticamente inosservati e non procheranno le legittime reazioni degli Interventi Fiera, Portello, Falck ecc. che di mq. ne realizzano molti meno.
    La giunta gratificherà i piccoli imprenditori immobiliari che senza nessun controllo e pochissima qualità progettuale potranno soddisfare i loro interessi.
    Perchè se è pur vero che interventi tipo Fiera e simili sono decisamente impattanti e forse sovradimensionati rispetto alle esigenze cittadine, è anche vero che sono progettati spesso con attenzione e con grande qualità e che la loro realizzazione è sottoposta al giudizio e alla critica di tutti. Controllo che non avviena con la ” piccola edilizia”, quella degli interventi da 2000/3000 mq., che però è diffusa e capillare e soprattutto determina l’immagine architettonica di una città e soprattuttone condiziona la qualità di vità.
    Ma questo controllo è possibile se si rafforza la funzione del Piano Regolatore di una città, non se, come afferma l’Assessore Masseroli, lo si ritiene «strumento obsoleto e poco flessibile» e lo si vuolesostituire con il nuovo Piano del Governo del Territorio improntato a «una filosofia di sussidiarietà liberale».

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