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Tav: parlando e sparlando

Fra i dodici punti non negoziabili enunciati dal presidente Prodi per la resurrezione del suo governo vi è “un’azione concreta e immediata di riduzione significativa della spesa pubblica”. Una rilevante inversione di rotta rispetto ai nove mesi passati. Non sembra però far parte di questo lodevole proposito la spesa per le infrastrutture. Anzi, al punto 3, si parla di una “rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare dei corridoi europei (compresa la Torino-Lione)”. Ma le ragioni a favore di quest’opera rimangono argomentate in modo assai debole.

A leggere le dichiarazioni di ministri, governatori del nord, imprenditori, ferrovieri, qualche dubbio sul perché la Torino-Lione debba essere realizzata potrebbe sorgere. Semplificando, possiamo suddividere le ragioni del sì in due gruppi: quelle ambientali e quelle economiche.

L’opera che ci salverà

Cominciamo dalle prime. In un’intervista a La Stampa dello scorso 19 febbraio il ministro Di Pietro ha affermato: “La Torino-Lione è l’opera che ci salverà. Non farla significherà buttare tutto il traffico sulle strade, con un impatto devastante per l’ambiente”.
Non è del tutto chiaro a cosa si riferiva il ministro. Per quanto concerne l’impatto della infrastruttura sul territorio, sembra evidente che il non fare sia preferibile al fare. E, anche nel caso si raddoppiasse il tunnel autostradale, la ricaduta sarebbe assai più limitata rispetto alla realizzazione della Tav: si tratterebbe di realizzare un traforo di 11 km invece che di 50 e non sarebbe necessario costruire nuove opere lungo la Val Susa. Non bisogna inoltre dimenticare che il governo italiano e quello francese hanno già deciso di realizzare, parallelamente al tunnel esistente, un traforo di sicurezza. La costruzione di un tunnel aperto al transito commerciale invece che ai soli mezzi di soccorso avrebbe un impatto e un costo marginale assai modesto e comporterebbe benefici superiori in termini di sicurezza della circolazione. Il ministro aveva forse in mente il problema dell’inquinamento atmosferico?

Una Tav contro lo smog

A tal riguardo si è espressa in termini più espliciti la governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso: “L’alta capacità Torino-Lione è un’opera essenziale per abbattere lo smog (…). Per abbassare il tasso di smog e la concentrazione delle Pm10 è indispensabile realizzare un’infrastruttura ferroviaria che consenta di spostare gran parte del traffico di merci dalle strade alle ferrovie”. (1)
Qualche numero: ogni giorno transitano nel traforo del Fréjus e sulla tratta autostradale Torino–Bardonecchia 2.300 Tir. La percorrenza complessiva di questi mezzi è pari al 5 per cento del traffico di veicoli pesanti sulle autostrade piemontesi e al 2 per cento del traffico autostradale. Ipotizzando che il traffico sulle autostrade rappresenti la metà di quello complessivo, si può stimare che azzerando il traffico merci verso la Francia si conseguirebbe una riduzione delle emissioni regionali pari all’1 per cento (intorno allo 0,1 per cento a scala nazionale). Quale possa essere l’impatto di tale riduzione appare evidente. Altro che “spostare gran parte del traffico merci dalle strade alle ferrovie”.
Per quanto riguarda il tema della qualità dell’aria, occorre inoltre evidenziare come, ipotizzando che tra il 1990 e il 2020 il traffico di mezzi pesanti verso la Francia triplichi (da una decina d’anni, in realtà, è stabile), le emissioni totali di polveri si ridurrebbero dell’80 per cento: è come se i 1.480 veicoli al giorno del 1990 si riducessero a meno di 300 (vedi Figura 1).

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Restiamo isolati!

E veniamo alle motivazioni economiche. La Repubblica del 30 novembre 2005 così sintetizzava la posizione dell’ex presidente della Repubblica: “Ciampi sulla Tav: Non possiamo restare isolati dall’Europa”. Tesi ribadita negli ultimi anni in innumerevoli occasioni da altre personalità del mondo politico ed economico.
Chiunque abbia avuto occasione di recarsi in Francia in treno, auto o aereo negli ultimi anni, ha forse qualche difficoltà a capire in cosa consista tale isolamento. Mai l’offerta di servizi è stata ampia come oggi. Né risultano esservi difficoltà per il transito delle merci: sia il Fréjus che il Monte Bianco sono utilizzati ben al di sotto della capacità. La nuova linea ad alta velocità non avrebbe alcuna ricaduta positiva in termini di miglioramento dei collegamenti, fatta eccezione per un ridottissimo manipolo di passeggeri: la realizzazione della Tav non comporterebbe infatti
alcun trasferimento di traffico dalla strada alla ferrovia. Tale spostamento modale potrebbe avvenire solo imponendo divieti o tassando in misura elevata il traffico su strada: divieti e tasse ossia incrementi di costi per le aziende necessari per migliorare la competitività economica del nostro paese e impedire che resti isolato?

Interesse superiore…

Non è mancato chi, come Paolo Costa, presidente della commissione Trasporti del Parlamento europeo, si è spinto ad affermare che la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti Ten-T e della Tav sarebbe “obiettivo di interesse riconosciuto superiore da tutti i cittadini europei e che nessuno vuole rimettere in discussione”. Non è chiaro come e quando i cittadini europei siano stati consultati in materia, né, per la verità, è chiaro sulla base di quale funzione del benessere sociale sia definita la superiorità di un interesse rispetto a un altro. Forse si vuole dire che è “interesse riconosciuto da tutti i cittadini europei” che i traffici da est a ovest non by-passino l’Italia? C’è da dubitare che tutti i cittadini europei siano così interessati al passaggio delle merci nella nebbiosa Val Padana. In ogni caso, i traffici in questione sono (e resteranno, secondo le migliori previsioni) di entità assai modesta, se paragonati a quelli interni. Non si vede peraltro quale sia l’interesse “strategico” dell’Italia a vedersi attraversata da qualche decina di treni da est a ovest. Dovremmo forse spendere più di 10 miliardi nei prossimi dieci anni per consentire a Fs Cargo o ai suoi concorrenti guadagni di qualche decina di milioni all’anno tra un paio di lustri?

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E se ci sbagliassimo?

E se i traffici in realtà fossero destinati a esplodere? È difficile crederlo, ma è possibile ammettere, almeno in via ipotetica, che questo possa accadere. Ai numerosissimi sostenitori dell’opera viene allora da suggerire: put your money where your mouth is. Investite le vostre risorse (senza garanzia dello Stato, a differenza di quanto avvenuto nel caso delle altre linee Av) per il finanziamento dell’opera, comprensivo di un’adeguata compensazione per la Val Susa. Se ci sarà una domanda disposta a pagare per utilizzare la linea, ne godrete i profitti e il contribuente non ne andrà di mezzo: la spesa per la Tav equivale a una una-tantum dell’ordine di 1.000 euro per una famiglia di quattro persone. Sommessamente vorremmo però anche suggerirvi, prima di decidere sull’investimento da farsi, di chiedere qualche consiglio ai cittadini francesi e inglesi che hanno investito i loro risparmi in Eurotunnel (tra Parigi e Londra, non tra Torino e Lione).
Per chiudere, un’ultima citazione: “Eurotunnel will not receive a penny from the public purse” disse all’epoca Margaret Thatcher. Un buon suggerimento per dare attuazione al punto 7 della dichiarazione di intenti del presidente del Consiglio.

(1) Ansa, 19 febbraio 2007.

 

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36 commenti

  1. daniele nepoti

    Sarei curioso di sapere da chi si oppone alla torino – lione, se:
    1) considerano l’immensa mole di studi che ha supportato le decisioni tanto dei diversi Governi nazionali e regionali, quanto addirittura dei diversi livelli comunitari solamente un mucchio di fandonie elaborate da stupidi tutti al servizio delle lobby.
    2) se considerano gli svizzeri un popolo di masochisti che con un referendum ha deciso di raddoppiare Lötschberg e il Gottardo spendendo un mucchio di soldi, così come se considerano allo stesso modo cittadini e governi di altri stati europei (dalla Spagna alla Francia) che sulla cosiddetta Altà Velocità (che senza tanta altisonanza si potrebbe chiamare banalmente ferrovia) stanno scommettendo e investendo da anni.
    3) se non gli pensano neppure per un momento che, fuori dal mainstream economicista, questo genere di opere si realizzano fondamentalmente per ragioni politiche (se bismark e gli svizzeri avessero fatto i conti su cosa sarebbe passato per il gottardo nella seconda metà dell’ottocento, sicuramente avrebbero desistito dal costruirlo… e qui andremmo in Europa con gli elefanti di Annibale).

    Scusate, ma davvero non capisco.

    Cordiali saluti

    • La redazione

      Gentile Sig. Nepoti:
      1) Di studi ve ne sono di ottimi e di meno buoni. Il problema non sta tanto nelle analisi tecnico-economiche quanto nelle scarsamente consequenziali valutazioni politiche che ne vengono fatte seguire.
      2) Le risorse impiegate da svizzeri e francesi per i tunnel e l’alta velocità avrebbero potuto essere utilizzate in altro modo ottenendo benefici più elevati. Come ha scritto l’economista francese R. Prud’Homme:
      “Bien sûr que cette liaison ferroviaire aura de l’utilité: il est très difficile de dépenser 200 milliards [di franchi francesi] sans que cela serve à quelque chose. Mais laisser cet argent dans la poche des contribuables, qui achèteraient ce qui leur plait, créant ainsi des emplois et de la richesse, aurait aussi de l’utilité. Ou si l’on aime tant que cela les impôts et la dépense publique, allouer 200 milliards à la recherche ou à la justice ou à la sécurité aurait également de l’utilité. La question n’est pas de savoir si le Lyon-Turin est utile (il l’est), mais si cet investissement pharaonique est bien le meilleur usage possible des ressources limitées de la France et de l’Italie. La réponse est à peu près sûrement: non”
      I traffici sull’asse nord-sud sono peraltro assai più consistenti e con tassi di crescita più elevati di quelli in direzione est-ovest.
      3) In base a “ragioni politiche” può essere realizzata qualsiasi opera anche la più inutile.
      Inoltre, c’è una differenza sostanziale tra la costruzione del Gottardo e di altri trafori a metà ottocento e quella della TAV: in quel caso i tempi di percorrenza venivano ridotti drasticamente e, dunque, vi era un evidente beneficio economico. La stessa considerazione non può essere avanzata con riferimento alla linea ad alta velocità Torino – Lione: qualora tale infrastruttura venisse realizzata, il collegamento autostradale esistente rimarrebbe infatti più competitivo di quello ferroviario che sarebbe utilizzato dalle imprese per lo spostamento delle merci solo in presenza di divieti o di elevati livelli di tassazione del trasporto su gomma. E’ come se il tunnel autostradale esistente venisse chiuso.

  2. bellavita

    Il ragionamento di Ramella si sarebbe potuto applicare anche per non fare le autostrade da Napoli a ReggioCalabria e quella dei fiori, certo costosissime in termini di ponti e viadotti.
    Il probelma è l’incremento del traffico merci sull’asse orizzontale, che per ora non esiste, e che va da lisbona a Kiev, e di qui, via transiberiana, fino in Cina. E’ essenziale che questo traffico passi per la valpadana e non per la Svizzera.
    Dalla scoperta dell’America i l grande traffico merci arriva alle foci del Reno e di qui, via fiumi, canali e ferrovie Nord Sud si irradia nell’Europa. La TAC (alta capacità, chi parla di TAV già sottintende che è contrario) farebbe rivivere i porti di bacellona ,Marsiglia, Genova e Trieste con il traffico dall’oriente. Se continuiamo a dar retta ai valsusini, possiamo anche piantare patate nell’autosole.

  3. Giordano Migliorini

    E’ evidente in questo caso che il pregio fondamentale di un’opera da 20 miliardi è che qualcuno fattura 20 miliardi. Mantenere la discussione sul piano della razionalità amministrativa è sempre utile, ma rischia anche di accreditare le giustificazioni diversive dei promotori. Urge un’indagine sui business interessati e sui loro sponsor politici.

  4. Roberto Anderlini

    Perchè nessuno parla sugli organi di informazione esattamente nei termini descritti dallo splendido intervento?

    • La redazione

      Gentile Sig. Anderlini:
      1) Perché i soggetti politici ed economici favorevoli al progetto, pochi ma con molto da guadagnare dalla realizzazione del progetto, sono più bravi ed interessati a far sentire la propria voce dei contribuenti che sono più numerosi ma con un incentivo singolarmente assai più modesto ad opporsi e farsi ascoltare (quanti italiani sanno quanto costerebbe loro la TAV?).
      2) Perché raccontare di un mega-progetto è probabilmente più attraente che non ragionare del buon uso di risorse scarse.
      La ringrazio per l’apprezzamento.

  5. Bruno Jaforte

    In aggiunta alle pertinenti osservazioni contenute nell’articolo, desidero segnalare, per il caso fosse sfuggito, l’articolo pubblicato alle pagine 116 e 117 del numero di “Panorama” del !.£.2007, dal titolo
    “Da Milano treni a lenta velocità”. Anche questo articolo contribuisce a mettere in evidenda lo stato confusionale che regna in materia. Cordiali saluti

  6. Alberto ALBERT

    BASTA! E’ stata decisa la costruzione con progetto, VIA ecc? Si vada avanti! Un’opera pubblica non può fermarsi e quelli che loro malgrado ne sono danneggiati siano adeguatamente compensati come si fà abitualmente con le opere pubbliche.
    Riguardo ai mille euro a famiglia sarei disposto a pagarne ora due quote purchè non si faccia una brutta figura con i Francesi e con gli altri Europei. Saluti.
    Albert

  7. Corrado Truffi

    Molto convincente e giustamente caustico su certe affermazioni sicuramente demagogiche (come quelle del Di Pietro che vuole la TAV ma non l’eolico a Termoli, dove lo votano di più, dimostrando un perfetto comportamento NIMBY).
    Ma mi resta lo sgradevole dubbio che la soluzione proposta sia non fare nulla per ridurre il traffico merci su gomma (interno alla Padania o transfontaliero, non importa. Comunque è una camera a gas, ormai). Ferrovie, no perché costano troppo. Tariffe e vincoli al trasporto su gomma no, perché riducono la competitività delle nostre povere imprese.
    E intanto ci gasiamo per bene, e aumentiamo felici l’emissione di CO2. Auguri…

    • La redazione

      Gentile Sig. Truffi,
      la Padania non è affatto una camera a gas.
      La qualità dell’aria nel nord Italia così come in Europa è drasticamente migliorata negli ultimi decenni.
      Ad esempio, a Milano negli ultimi quindici anni:
      • il biossido di zolfo è passato da 38 a 5 μg/m3 (-87%);
      • il biossido di azoto è diminuito da 115 a 60 μg/m3 (-48%);
      • l’ossido di carbonio è stato abbattuto da 3,9 a 1,3 μg/m3 (-67%);
      • le polveri totali sospese sono state ridotte da 140 a 59 μg/m3 (-58%).
      Per approfondimenti mi permetto di rimandare al mio recente articolo: “Inquinamento atmosferico: deliberare senza conoscere” all’indirizzo: http://brunoleoni.servingfreedom.net/BP/IBL_BP_38_Inquinamento.pdf

  8. bellavita

    Aggiungo al mio precedente commento che il tunnel di 50 km è iindispensabile per evitare l’attuale pendenza tra Torino e il Frejus, che consente un massimo di 12 vagoni trainati da 2 locomotori, incompatibili cioè con un normale traffico merci. Chi parla di raddoppio o adeguamento della linea attuale non capisce niente di ingegneria.

    • La redazione

      Gentile Sig. Bellavita,
      per quanto concerne la potenzialità della linea esistente e di quella in progetto lascio volentieri la parola all’ingegner Andrea Debernardi, membro dell’Osservatorio “Valle di Susa” istituito presso la Presidenza del Consiglio nonché studioso che più di chiunque altro ha sviscerato le problematiche tecniche della TAV:
      “L’attuale linea ferroviaria Torino-Modane, realizzata nel 1857-71 ma profondamente rinnovata negli anni Ottanta del XX secolo, presenta oggi i seguenti limiti di peso trainato:
      – 1.150 t in doppia trazione;
      – 1.600 t in tripla trazione.
      Considerando un peso medio lordo per vagone dell’ordine delle 60 t (valore comune per treni intermodali pieni), il limite di 1.600 t corrisponde a treni di 26 vagoni, equivalenti ad un convoglio della lunghezza approssimativa di 600 m, vicina al limite di lunghezza oggi esistente su quasi tutta lla rete fondamentale FS. Va osservato che nel nuovo tunnel di base si prevede che tale modulo verrà portato soltanto a 750 m, il che potrà corrispondere alla formazione di treni intermodali formati da una trentina di vagoni, del peso pari a 1.800 t, cioè il 12% in più del valore massimo attuale. D’altro canto, la scelta di un modulo molto superiore a questi valori si sarebbe tradotto in un vincolo alla circolabilità dei treni sul resto della rete. Analizzando i progetti di RFI/LTF il vantaggio del tunnel di base risiede dunque:
      – nell’eliminazione della necessità di triple trazioni;
      – nell’incremento di capacità derivante dalla separazione del traffico merci da quello regionale.
      E’ indubbio che la linea storica presenti vincoli e limitazioni superiori a quelle del tunnel di base. Tuttavia andrebbe evidenziato che tali limiti non sono attualmente operanti (la linea è utilizzata al 25-30% della sua capacità ed il peso utile dei treni non supera le 400 t, corrispondenti in media a non più di 600-700 t di peso trainato)” .

  9. Alessandro Sciamarelli

    Sono totalmente d’accordo con le tesi esposte nell’articolo.
    Del resto, già il Prof. Ponti aveva esposto più che egregiamente argomentazioni analoghe e, allo stato attuale, difficilmente contestabili con dati e numeri credibili. Non entro nelle obiezioni sollevate dal punto di vista ambientale, posto che le emissioni di CO2 che si risparmierebbero non sarebbero granchè (ai flussi attuali di merci, la linea dovrebbe saturarsi non prima del 2050!). Dal punto di vista meramente economico, investire 13 mld € (prevedibilmente destinati ad aumentare) per un progetto di cui manca del tutto un’adeguata analisi costi-benefici che attesti una domanda di trasporto merci tale da giustificare una simile spesa, mi sembra una pura follia. Questo in un paese dai vincoli di bilancio pubblico sempre ristretti e in cui le infrastrutture ferroviarie primarie, nel Mezzogiorno, sono carenti per non dire inesistenti. Le priorità sono dunque ben altre. Quanto all’affermazione macroeconomica secondo cui la TAV in val susa sarebbe “vitale” per il sistema-trasporti dell’economia del nord, essa andrebbe come minimo argomentata con qualche dato per sembrare credibile. Credo che i problemi delle infrastrutture di trasporto e della competitività dell’economia del Nord siano ben altri.
    Quello che più sconcerta, concordo in pieno, è l’approssimazione ed il conformismo con cui i politici fanno a gara a sponsorizzare l’operazione (purtroppo anche a sinistra): tutti a riempirsi la bocca di “corridoio lisbona-kiev” (perchè non Lisbona-Pechino?..) che i TENs comunitari non prevedono affatto, tutti a dire “ce lo chiede l’Europa”, quando non è affatto così. L’Europa non ci chiede proprio nulla; se noi e i francesi vogliamo veramente fare la TAV in quel modo, allora la CE, a certe condizioni, cofinanzierà l’operazione. E’ una scelta solo politica: per il momento vedo poca “scientificità” e molti interessi.

  10. Lucio Tamagno

    E’ difficile commentare a ragion veduta un articolo che affronta problematiche così ampie. anche perchè è necessario disporre di informazioni, molte ed affidabili. Sostenere che i trafori attuali hanno ancora margine di traffico mi sembra veramente poco serio per non usare altri termini.
    Ho usato spesso i TGV francesi ed il servizio è un SERVIZIO! Venendo dopo potremmo copiare migliorando, come ogni tanto l’Italia ha anche fatto.
    Se qualcuno si è mosso con una certa frequenza fra Roma e Firenze (che è ancora una TAV–), con i diversi mezzi (auto, aereo, treno) credo che difficilmente possa con onestà sostenere il treno non vinca 10 ad 1 sul piano del servizio, mettendo a parte l’ambiente, la bolletta energetica, la manutenzione e/o la costruzione di nuove infrastrutture stradali, il costo in morti anno (sociale e sanitario) per incidenti, la maggiore produttività del sistema Italia grazie al risparmio di tempo ed al fatto che in treno si può lavorare quasi come, a volte meglio, che in ufficio.
    Il problema di fondo mi pare il solito italico: un atteggiamento molto poco laico, prima di tutto contano le indicazioni delle varie “chiese”, in base a quelle facciamo conti sconclusionati e/o ingannevoli, poi decide (più spesso non decide) la politica ed i cittadini pagano comunque.
    Quello che non si fa, perchè il niente costa in se’ ed in ritardo ed inefficienza nazionale e quello che si fa’ che è sempre molto più caro che altrove.

  11. Lorenzo

    Chiedo al gentile autore quale sia la sua posizione nei confronti delle stime UE pubblicate su diversi giornali, e alle quale non mi è sembrato si sia fatto riferimento, che prevedono la saturazione del mercato verso la Francia entro un anno non lontano, in assenza di un adeguato incremento delle infrastrutture. Grazie.

    • La redazione

      Gentile Sig. Lorenzo,
      i trafori stradali del Monte Bianco e del Fréjus sono utilizzati intorno del 30% della capacità disponibile. Il traffico medio giornaliero è per entrambi i tunnel inferiore ai 5mila veicoli al giorno. Nel traforo del S. Gottardo transitavano nel 2001 in media 18mila veicoli (con una percentuale più ridotta di mezzi pesanti). Da oltre dieci anni il traffico di mezzi pesanti nei due trafori è stabile. Nel periodo di chiusura del Monte Bianco, la quasi totalità dei mezzi pesanti ha utilizzato il Fréjus senza che si sia riscontrato alcun problema nella circolazione. La capacità della tratta transfrontaliera della linea ferroviaria è superiore ai 20 milioni di tonnellate (secondo uno studio commissionato dalla Regione Piemonte alcuni anni fa è verosimilmente vicina ai 30). Il traffico merci su ferrovia ha raggiunto un massimo intorno ai 10 milioni di tonnellate alcuni anni fa per poi diminuire drasticamente in concomitanza con i lavori di ammodernamento della direttrice. Occorreranno molti decenni prima che la linea sia saturata (se mai lo sarà).

  12. Fabio Amodeo

    Non è la linea che manca, sono gli operatori. Trenitalia e la sua divisione cargo, come diavolo si chiama, si sono ritirati dal mercato, lasciando via libera ai camion. È successo molti anni fa, e questo fatto ha portato a un aumento dell’incidentalità stradale a danni elevati. Secondo uno studio dell’ANIA, si tratta della causa principale di aumento delle tariffe assicurative. Quindi si rischia di costruire una linea senza utenti che la usino. Secondo piccolo problema. Se in ballo ci sono le merci, perché costruire una linea ad alta velocità? Alle merci non serve: serve elevata capacità di carico e velocità media. Sulle linee TGV non viaggiano le merci. La soluzione italiana alta velocità/alta capacità serve solo a decuplicare i costi. Chissà chi ci guadagna.

  13. Zotto

    Come al solito l’impostazione politica dell’articolo non aiuta la discussione.
    L’osservazione di bellavista mi sembra vada nella direzione giusta: il tunnel di 50km ha una giustificazione tecnica dovuta alla necessita’ di consentire il trasporto merci. Questo e’ un commento concreto nel merito della discussione.
    La mia idea e’ che, se non abbiamo un collegamento adeguato con il centro Europa, bisogna pensare non “se”, ma “come” adeguarlo.
    Le proteste degli abitanti della Val di Susa, motivate dal timore di un danno ecologico tale da mettere in pericolo la loro salute, denotano una carenza grave nel processo decisionale ed una scarsa attenzione all’impatto ambientale dell’opera. Tale supeficialita’ e’ condannabile, ma non mette in discussione la necessita’ di migliorare il nostro collegamento con il centro Europa. Impone di pensare ad un’alternativa tecnica, non politica (i.e abdicare in favore del traffico su gomma). Il valore dell’opera, infatti, non rimane solo nel beneficio diretto all’attuale traffico tra Torino e Lione, ma si estende fino al porto di Genova e non faccio fatica a vedere i potenziali benefici per tutto il nord Italia, a partire da Torino e includendo Milano, e persino per il collegamento Roma – Parigi (parlo di merci, non di persone, a cui continuera’ a convenire l’aereo).

    • La redazione

      Impostazione politica? Curioso, altri lettori parlano di una visione “economicistica”.

  14. Zotto

    La falsa antitesi da lei proposta “gomma contro rotaia” distorce la discussione. Il trasporto su gomma ha la sua importanza, ma non sostituisce la rotaia.
    L’impatto ambientale del traffico veicolare si e’ ridotto drasticamente negli ultimi anni grazie a restrizioni imposte dalla politca. Restrizioni che lei condanna se applicate in altri campi, eppure utilizza i benefici effetti di queste restrizioni per sostenere la magnificenza del trasporto su strada. Si ostina ad usare l’argomento del “progresso tecnologico” solo a vantaggio degli autoveicoli e non del resto delle tecnologie, chissa’ perche’.
    Per inciso, la sicurezza del trasporto su rotaia e’ incomparabile rispetto a quello su gomma, ma dimentica di farne menzione.
    Il vantaggio di ridurre il traffico su strada va a diretto beneficio dei centri urbani, che ovviamente risentono dell’aumento di traffico sulle arterie che li collegano, migliorando dunque la qualita’ della vita’ di chi ci abita. Questo e’ solo un’esempio delle tante esternalita’ negative del trasporto su strada, ma chi all’ora di punta si trova in tangenziale a Milano sa perfettamente di cosa sto parlando…
    Questi sono solo alcuni commenti che servono a mettere in luce la parzialita’ della sua analisi. Eviti la prego di impostare la risposta sull’asserzione: “la gomma e’ meglio della rotaia” perche’ fa un torto a se stesso.
    Ad ogni modo un treno vuoto, a livello ecologico ed economico, fa tanti danni quanti ne fa una fila di Tir vuoti e di machine con a bordo il solo guidatore.
    Il miglioramento dell’efficienza dei trasporti puo’ essere piu’ facilmente ottenuto quando il sistema di trasporto e’ collettivo, piuttosto che individuale: quanti automobilisti conosce che si prendono a bordo almeno un altro passeggero per ridurre il traffico e quindi ottenere il beneficio collettivo di ridurre il tempo per gli spostamenti?
    Un saluto.
    Luca Palazzotto

    • La redazione

      Gentile sig. Palazzotto,
      l’imposizione di vincoli alle emissioni dei mezzi stradali è una politica efficace. Il riequilibrio modale non lo è: non lo è stato in passato e non lo sarà in futuro. Nell’ultimo piano generale dei trasporti si può leggere che “in presenza di notevoli interventi infrastrutturali ed organizzativi si prevede una riduzione della quota passeggeri su strada pari all’1,6% (dal 1998 al 2015: +33% contro il 36,7% tendenziale)”. E più avanti si aggiunge prudenzialmente:“Le previsioni di riequilibrio modale vanno considerate come uno strumento per la individuazione delle priorità di intervento infrastrutturale e non necessariamente come dei futuri possibili”.
      Per quanto concerne specificamente la sicurezza, è vero che la ferrovia è caratterizzata da un tasso di incidentalità inferiore alla strada ma ridurre il numero di morti e feriti in incidenti stradali utilizzando ingentissime risorse pubbliche per spostare una parte di traffico su gomma così come per la riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici è una strategia inefficace. L’elemento più rilevante ai fini dell’incidentalità stradale non è rappresentato dal livello complessivo del traffico ma dall’evoluzione tecnologica dei veicoli e dalla qualità della rete stradale oltre che dalla repressione dei comportamenti pericolosi dei conducenti. La Gran Bretagna presenta un traffico stradale complessivo analogo a quello del nostro Paese (e nemmeno un km di rete AV) ma, grazie ad un’assai più efficace politica della sicurezza, il numero di morti in incidenti stradali è inferiore di oltre il 45%: nel 2003 si sono registrati 3658 decessi contro i 6015 dell’Italia . Ed in Francia, in soli tre anni, tra il 2000 ed il 2003, in presenza di una modesta crescita del traffico, si è passati dagli 8079 ai 6058 decessi. Ridurre l’incidentalità stradale punendo i conducenti che non rispettano le norme del codice della strada è quindi una politica di gran lunga più efficace (ed equa, in quanto i costi ricadono, tramite le sanzioni, sui responsabili dei comportamenti a rischio e non sull’intera collettività) di quella del riequilibrio modale.
      Per quanto concerne i benefici per i centri urbani di uno spostamento di traffico dalla strada alla ferrovia, occorre sottolineare come nel caso della Torino – Lione, anche qualora i tir venissero trasferiti su ferrovia sulla tratta Torino – Lione, la parte terminale del viaggio dallo stabilimento di origine all’interporto di Orbassano (scalo ferroviario di partenza) continuerebbe ad avvenire su strada e quindi i benefici per gli altri utenti della strada sarebbero minimi: la tratta autostradale Torino – Bardonecchia presenta infatti livelli di traffico assai modesti.

  15. Giovanni Fazio

    Gli argomenti non mancano certo al Prof. Ramella, così come capita a qualsiasi iniziativa che riguardi il futuro lontano.

    A prescindere dalle ragioni del si e da quelle del no, portare il tutto sulla semplice equazione economica mi pare riduttivo e poco lungimirante.

    Opere del genere debbono essere traguardate su vedute un po’ più ampie che non quelli di un contabile votato a quadrare il bilancio dell’anno in corso.

    Ma se si sbugiardano con grande dovizia di particolari e citazioni di economisti insigni (magari uno solo, ma va bene lo stesso) anche le scelte di altre comunità che molto (troppo) spesso, in passato, ci sono state citate ad esempio, allora si corre il rischio di sembrare anche ostaggi di qualche ombra di pregiudizio.

    Se le indagini di ogni buon commissario di polizia del tempo antico si fondavano sul classico “cherchez la femme”, di fronte ad una intransigente (e documentata) obiezione alla soluzione ferroviaria e ad un’altrettanto intransigente (e documentata) difesa del trasporto merci su gomma, dobbiamo forse chiederci “cherchez la liaison”?
    Cordialità.

    • La redazione

      Gentile sig. Fazio,
      a pensare male…spesso si indovina. Non, purtroppo, in questo caso. Ahimè, nessuna liason con i costruttori di auto o di tir. Non risulta peraltro che vi sia stato finora alcun intervento pubblico né azione di lobby del principale costruttore di veicoli in Italia (o di quelli esteri) contro la TAV. Un’opera come la Torino – Lione comporterebbe un’impercettibile riduzione del traffico su strada. Perché opporsi? Se un interesse vi può essere da parte di tale soggetto è quello di partecipare, come già accaduto per altre tratte della AV, ad un consorzio per la realizzazione dell’opera.
      Non paiono neppure esservi state finora azioni di contrasto da parte del gestore autostradale della tratta Torino – Bardonecchia. Due ipotesi: 1) si ipotizza che non saranno introdotti divieti al traffico merci su strada: se cosi fosse, non vi sarà alcun trasferimento modale; 2) si pensa ad un contributo pubblico per compensare i mancati introiti: in questo caso a pagare sarà, ancora una volta, il contribuente.
      Quanto alle ampie e lungimiranti vedute dei sostenitori politici dell’opera, credo che le citazioni riportate nell’articolo (ma ve ne sarebbero molte altre) parlino da sole.

  16. Gianluca Brembilla

    Rispetto alla questione TAV ho cercato di documentarmi (in rete si trova il documento della Commissione Europea “TRANS-EUROPEAN TRANSPORT NETWORK – TEN-T priority axes and projects 2005”) e credo che anche senza essere un ingegnere civile si possa capirne qualcosa. In sintesi: 1) se il corridoio 6 è funzionale al collegamento Lisbona-Kiev, il segmento Lione-Lubiana può passare indifferentemente per Zurigo-Vienna, per quanto riguarda la lunghezza, piuttosto che per Torino-Venezia, ma certamente con meno tunnel e quindi spese inferiori.
    2) L’Italia non resterebbe certo isolata dall’Europa: assi ferroviari (TAC o TAV) aggancerebbero il corridoio 6 dai valichi alpini svizzeri o austriaci (Sempione, Gottardo, Brennero) che comunque sono da realizzare (vedi corridoio 1 Palermo-Berlino).
    3) Il traffico merci italiano verso la Francia o l’est Europa può passare comunque sulle linee attuali magari migliorate. Senza considerare le cosiddette autostrade del mare per il traffico container.
    4) Infine, rispetto alla spesa (il predetto documento prevedeva la 2005 già 38 mld di euro per il solo tratto Lione-Lubiana), l’impresa vale? Se le persone già oggi viaggiano con le compagnie aeree low-cost, ha senso spendere tutti quei soldi per velocizzare il traffico-merci di qualche punto percentuale rispetto all’attuale tempo di percorrenza?
    Concordo con l’autore dell’articolo e la citazione che riporta: secondo me, no. Converrebbe spenderli altrove, anche in altre infrastrutture, magari locali, che servono altrettanto, e che comunque incidono sul pil come vogliono le lobby dei costruttori.

  17. dario raso

    Ho letto l’argomentare, e sono sempre più dell’idea che la tav debba essere fatta. Ancor di più, credo che dietro ogni teoria contraria ci sia l”unico interessato a che non si faccia: l’autostrada. La stessa autostrada molto avversata quando si doveva fare 20 anni or sono. L’autostrada era avversata per un presunto impatto ambientale: non impatta un bel niente e permette agli abitanti di andare a lavorare rapidamente ovunque. La sede ferroviaria odierna è impattante da un secolo, rumorosa, divide tutti i paesi drammaticamente, blocca il traffico, talvolta travolge qualcuno. Proprio non capisco l’accanimento con cui non si vuole spostare la sede dei binari modernizzando razionalmente. E il mio sogno sarebbe che dopo aver spostato i binari si utilizzasse il terreno liberato per fare un’isola pedonale ininterrotta per un centinaio di km che potrebbe far diventare la nostra bella valle ancora più interessante turisticamente.

    • La redazione

      Gentile sig. Raso,
      Lei sottolinea un aspetto interessante della vicenda ossia le ricadute negative della attuale linea ferroviaria per gli abitanti della Val Susa in termini di rumore, impatto urbanistico, intralcio della circolazione stradale. La teoria economica ci dice che questi costi esterni devono essere internalizzati: chi inquina o disturba deve pagare. La soluzione equa ed efficiente del problema è quella che passa attraverso l’applicazione di una tassa sul trasporto su ferro tale da compensare i danni inflitti alla popolazione. Oppure, se l’investimento richiesto fosse inferiore ai danni arrecati, la realizzazione di una nuova linea o, ad esempio, l’interramento delle tratte in corrispondenza dei centri abitati. Tali costi devono però gravare su chi usufruisce dei servizi di trasporto e non sull’intera collettività come accadrebbe con il finanziamento pubblico della TAV.

  18. Luca Melindo

    Ancora un esaustivo intervento sulla linea Torino-Lione e sulla sua inopportunità….
    Il fatto che la stragrande delle forze politiche si dichiari favorevole non fa altro che confermare che in Italia l’unico vero partito egemone è il Spre&Spre (spremi e spreca….).
    E’ davvero difficile trovare qualcuno che riconosca che molto più spesso che non le libere scelte dei cittadini siano preferibili a quelle loro imposte da legislatori perlopiù incompetenti, approssimativi, poco o nulla documentati e quasi mai lungimiranti.
    Complimenti all’autore.

  19. daniele nepoti

    Innanzitutto grazie per la risposta.
    Vorrei tentare qualche precisazione:
    1) Tra i costi e i benefici del fare o non fare, credo sia opportuno tener conto anche di quelli (difficili da quantificare ma non per questo inesistenti) di carattere immateriale: l”Italia, attraverso i propri rappresentanti istituzionali, si è ripetutamente impegnata in sede internazionale per la realizzazione di quell’opera (anche con discreti sforzi per convincere i francesi e per farla inserire tra le priorità dell’Unione dovendo competere con altre): questo rappresenta un capitale di credibilità la cui dispersione sarebbe un costo che si pagherebbe tra l’altro anche su altre partite.
    2) nessun modello economico suppongo sia in grado di prevedere quali processi possono essere innescati nell’ambito delle economie e delle comunità territoriali interessate da qui a un secolo con la realizzazione del Corridoio V. Sarei cauto nel fare proiezioni rispetto a trend del passato. Voglio dire che la realizzazione di un’opera di questo genere è in buona parte una sfida (sopratutto politica).
    3) E’ vero che in nome della politica si possono fare anche le cose più inutili. Ma, a parte il fatto che – in astratto – non è detto che una cosa inutile non abbia comunque un suo senso (poiché il senso per fortuna non è attribuito da soli parametri economici), è anche vero che la sola razionalità economica non è detto che colga tutte le opportunità possibili. Ribadisco: il vecchio Gottardo portava certamente benefici economici, ma la sua ragiona fondamentale era di carattere geopolitco, legato ai progetti di espansione delle potenze di allora.
    4) Credo indispensabile ascoltare i parerei dei tecnici e anche delle comunità locali. Dopodiché la scelta è giusto che sia compiuta dalla politica. È la politica – poiché ne ha mandato e naturalmente assumendosene le responsabilità – che costruisce le condizioni di convenienza all’interno delle quali devono muoversi gli attori del mercato, non gli attori stessi.

    • La redazione

      Gentile sig. Nepoti,
      nell’articolo si prende in considerazione l’ipotesi: e se ci sbagliassimo? Chi scrive ritiene assai improbabile un’evoluzione dei traffici diversa da quella contenuta negli studi dei proponenti dell’opera. In ogni caso, non si vuole impedire a nessuno di investire le proprie risorse nel progetto. Ci si limita a chiedere che nessuno, in qualità di contribuente, sia obbligato a farlo.
      Contribuente che può solo augurarsi venga smentita almeno in questa occasione una previsione di H. Kissinger:“Quando un ragguardevole prestigio burocratico è stato investito in una politica è più facile vederla fallire che abbandonare”.

  20. mantovani davide

    Dunque, l’articolo mi è sembrato molto interessante e pertinente, e anche convincente nelle sue considerazioni direi.
    Mi sorge però questo dubbio in merito: nell’articolo viene considerato solo il flusso di traffico esistente, e non viene presa in considerazione l’impulso positivo di incremento di traffico merci che un opera come la tav potrebbe produrre sulla tratta spostando flussi di traffico che attualmente passano altrove… cosa si può rispondere in merito?

  21. Ivo Bedelli

    Egregio dott. Ramella, può spiegare perchè secondo Lei la Tav avrà effetti solo su “un piccolo manipolo di viaggiatori?”. A un profano della materia appare incomprensibile. Chi mai potrebbe preferire un volo Air France a un comodo tgv per andare da Milano a Lione? Come si può negare l’efficienza di questo mezzo?
    Saluti
    un assiduo cliente SNCF

    • La redazione

      Gentile Sig. Bedelli,
      in base alle stime ufficiali, non certo sospettabili di pessimismo, la linea AV sarebbe utilizzata da 12 treni passeggeri al giorno (un treno ogni quattro ore per direzione di marcia) su una capacità di 300. Occorre sottolineare che tali stime sono anteriori all’avvento dei servizi aerei low-cost. E’ stata proprio la constatazione dell’esiguità della domanda passeggeri che, a un decennio dalla nascita del progetto della linea AV, ha indotto i proponenti a giocare la carta delle merci.

  22. david

    Se il traffico merci su gomma venisse traferito su rotaia, lasciando da parte le considerazioni economiche, come sarebbe il bilancio ambientale considerato che andiamo verso un riscaldamento del pianeta a causa dell’effetto serra causato dall’anidride carbonica?non dovrebbe essere questa la bandiera per cui si fa una scelta cosi’ importante?

    • La redazione

      Gentile Sig. David,
      tutte le politiche di mitigazione dell’effetto serra (sulla cui rilevanza chi scrive ha qualche perplessità) devono essere valutate alla luce di un’analisi costi/benefici.
      L’ipotesi ottimale di intervento pubblico è quella che prevede la tassazione di tutte le attività economiche in misura equivalente al costo marginale generato. Per quanto riguarda il trasporto su strada è opportuno rilevare come in Italia su ogni litro di benzina gravi un’imposizione fiscale intorno ai 70 centesimi di Euro equivalenti a 300 Euro per tonnellata di CO2 emessa a fronte di un costo marginale che, stando a Richard Tol, fra i pù noti studiosi del riscaldamento globale:
      “is unlikely to exceed /tCO2 and is likely to be substantially smaller than that”.
      Per quanto concerne specificamente la TAV, è quanto meno dubbio che, tenendo in considerazione anche i consumi energetici relativi alla fase di costruzione, la realizzazione dell’opera comporterebbe una riduzione complessiva delle emissioni di CO2 (che rappresenterebbe comunque una quota modestissima inferiore allo 0,1% del totale a scala nazionale) rispetto allo scenario di non progetto.

  23. stefano.b

    Sono perfettamente d’accordo che i costi di questa grande opera sono forse un po’ troppo elevati rispetto ai vantaggi che essa potrebbe offrire a breve – medio termine. Solo, non diciamo che Italia e Francia sono ben collegate… sono un “pendolare” Torino – Parigi: il TGV dell’Artesia che collega queste due città è semplicemente un disastro, soprattutto paragonato all’offerta ferroviaria d’Oltralpe. Lei parla di ampia offerta: 3 TGV al giorno collegano Milano a Parigi, di solito sono colmi di passeggeri e non si trova posto, treni notturni recentemente soppressi… aerei carissimi… ampia offerta? Il “manipolo” di passeggeri che viaggia tra Parigi e To/Mi non è cosi ridotto.
    Perché su questa tratta non c’è un’offerta di sevizio migliore? Per far guadagnare le compagnie aeree?

    • La redazione

      Gentile Sig. Stefano,
      l’offerta di servizi per la Francia ha effettivamente subito negli ultimi anni una contrazione. Come Lei ricorda, sono stati soppressi alcuni servizi notturni nonché, nel 2004, l’unico collegamento diretto fra Torino e Lione: tale decisione venne presa, secondo quanto affermato dal direttore di Artesia, perché il servizio, scarsamente utilizzato, comportava un passivo annuo di 6 milioni di euro. Per la stessa ragione, presumibilmente, il volo operato per qualche tempo da un operatore low-cost fra Torino a Parigi è stato soppresso nel marzo 2006 e sostituito da un servizio fra Milano e la capitale francese. L’esiguità della domanda attuale e futura è da valutarsi in relazione alla capacità della linea AV.
      Come già ricordato, in base alle stime ufficiali, non certo sospettabili di pessimismo, la linea AV sarebbe utilizzata da 12 treni passeggeri al giorno (un treno ogni quattro ore per direzione di marcia) su una capacità di 300.

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