Il “patto per la salute” per il periodo 2007-2009 si propone di eliminare i disavanzi e di correggere le disfunzioni e le inefficienze di gestione. In ciascun anno la spesa dovrebbe essere contenuta al 6,7 per cento del Pil. Ma non è un obiettivo semplice da raggiungere. Manca ancora un federalismo pienamente responsabile che attribuisca alle Regioni i poteri di stabilire i livelli delle prestazioni. E nello stesso tempo imponga loro l’onere di finanziarli in modo autonomo. La copertura ex-post dei disavanzi con fondi statali genera solo sperequazioni.

Da molti anni la crescita della spesa sanitaria è caratterizzata dal formarsi di consistenti debiti sommersi verso i fornitori a causa dei disavanzi discendenti dall’insufficienza dei fondi disponibili e dal mancato o inadeguato controllo della spesa. I disavanzi sono diventati una caratteristica strutturale della nostra sanità. 

 

A quanto ammontano i debiti

 

Nel periodo 2002-2005 il disavanzo medio è stato di 4 miliardi. Nel 2005 sei Regioni su venti avevano conti in attivo, nove erano in perdita. Nel 2006 l’aumento della spesa ha generato un nuovo disavanzo di circa 3-4 miliardi, pari a oltre 0,2 punti di Pil. Di fatto, la spesa sanitaria ha superato il 7 per cento del Pil, un tasso più elevato di quello indicato nei documenti del governo (6,9 per cento).

Partendo dai dati della Corte dei conti si stimano debiti sommersi per 38 miliardi (2006), di cui oltre 24 verso fornitori. La distribuzione dei debiti tra le Regioni è molto differenziata. Tre Regioni – Calabria, Lazio e Sicilia – registrano il 68 per cento del debito complessivo.
I debiti accesi con i fornitori sono criticabili perché finanziano spesa corrente e perché l’aumentano, i fornitori infatti caricano gli oneri derivanti dai ritardi nei pagamenti. Circa 9 miliardi di debiti sono stati cartolarizzati. 

I diffusi disavanzi non sono peraltro l’unica disfunzione del Servizio sanitario. Nonostante le riforme, sussistono ancora ampie ed estese inefficienze nella gestione, soprattutto in alcune Regioni. Una stima ha valutato che esse avrebbero aumentato i costi in media del 20-30 per cento.

 

La spesa sanitaria nel prossimo triennio

 

L’eliminazione dei disavanzi e la correzione delle disfunzioni sono gli obbiettivi posti nel “patto per la salute” sottoscritto dal governo e dalle Regioni per il periodo 2007-2009. Nel triennio lo Stato assicurerà 300 miliardi. A queste risorse si sommeranno entrate aggiuntive delle Regioni ed entrate per i ticket.

Si è anche stanziato un fondo straordinario triennale di 3 miliardi per le Regioni in situazione critica, condizionato a un percorso di risanamento da perseguire entro il 2010. Le Regioni che non rispetteranno il patto dovranno applicare le addizionali dell’Irpef e dell’Irap alle aliquote massime previste.

Nel triennio dovrebbero essere raggiunti livelli di spesa pari in ciascun anno al 6,7 per cento del Pil. Non dovrebbero più formarsi disavanzi grazie a una serie di misure, quali la riduzione del prezzo dei farmaci, l’introduzione di ticket e il ricorso a specifici strumenti fiscali a copertura degli sforamenti.

Ma l’obbiettivo di contenere la spesa del prossimo triennio al 6,7 per cento del Pil non sembra affatto assicurato. Se si registreranno disavanzi dell’ordine di grandezza dello 0,2-0,3 per cento del Pil (4-5 miliardi), come è avvenuto negli ultimi anni, la spesa continuerà a superare il 7 per cento del Pil.

Manca ancora un federalismo pienamente responsabile che attribuisca alle Regioni i poteri di stabilire i livelli delle prestazioni, e nello stesso tempo imponga loro l’onere di finanziarli in modo autonomo.

Questo modello di federalismo richiede un’adeguata perequazione solidale tra le diverse Regioni, un finanziamento congruo a coprire il costo dei livelli essenziali dei servizi determinato da un’analisi dei costi standard, che peraltro ancora manca e un ampio spettro di entrate proprie che le Regioni possano manovrare per finanziare la spesa.

La copertura ex-post dei disavanzi con fondi statali genera sperequazioni, perché attua una redistribuzione tra le Regioni in direzione opposta a quella desiderabile e conduce all’irresponsabilità e al mantenimento delle disfunzioni.

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