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Quanto costa l’Europa ?

Quanto costa l’Europa? Il budget dell’Unione ammonta a poco più di 100 miliardi di euro. E’ in forte crescita per via dell’allargamento, ma in confronto all’economia europea é rimasto pressoché stabile negli ultimi anni, intorno all’1 % del PIL. Per fare un altro confronto: in molti paesi membri la spese pubblica nazionale viaggia al 50 % del PIL, ossia quasi 50 volte di più di quella Europea. Formuliamo tre proposte per migliorare il budget europeo.

L’Europa non pesa molto sulle tasche dei cittadini. Ma anche un punto del PIL può essere eccessivo se viene sprecato. Per giudicare veramente il budget dell’Unione bisogna guardare più da vicino la spesa. E qui si entra subito nel vivo del dibattito politico: la voce di spesa più importante dell’Unione é quella dedicata all’agricoltura, o per essere più precisi, spesa destinata a sostenere il reddito degli agricoltori. Non si vede la ragione per cui l’Europa dovrebbe farsi carico attraverso la cosidetta PAC (ossia Political Agricola Commune) la difesa dei redditi nel settore agricolo. 50 anni fa, quando parte dell’Europa pativa ancora la fame poteva avere un senso sostenere la produzione di latte e cereali. Ma oggi la PAC finanzia soprattutto le grande tenute semi-industrializzate, che ricevono la maggior parte dei sussidi agricoli. I piccoli contadini, spesso poveri, sopratutto nei nuovi paesi membri, ricevono poco dalla PAC, che concede di più a chi possiede più ettari.

La prima proposta è pertanto semplice: abolire la PAC e lasciare la scelta ai singoli paesi di decidere se e come aiutare i contadini poveri. Abolire sostanzialmente la PAC avrebbe il vantaggio immediato di eliminare il problema inglese. Il governo britannico infatti sostiene con ragione che merita uno “sconto” speciale visto che beneficia poco della PAC perché, in Inghilterra, l’agricoltura è stata completamente liberalizzata già da un secolo. Più di 20 anni fa Margaret Thatcher utilizzò questo argomento per guadagnare per l’Inghilterra una riduzione sostanziale del suo contributo al budget europeo, chiamato dagli adetti al lavoro “UK rebate”. L’esempio inglese ha naturalmente fatto scuola: molti paesi chiedono oggi un trattamento speciale per le più svariate ragioni con il risultato che ogni paese diventa un caso speciale che si batte, al momento dei negoziati, soltanto per ridurre il suo contributo.

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Senza la PAC non c’é piu bisogno del UK rebate. Ciò rende possibile la seconda proposta, di un sistema di finanziamento Europeo molto semplice e trasparente: L’Unione si potrebbe finanziare con una perentuale dell’IVA. La base sulla quale viene riscossa l’IVA (cioé il valore aggiunto, non il consumo come molti credono) é già largamente armonizzata ed è correlata con il reddito nazionale. Basterebbe infatti dedicare più o meno 2 punti percentuali dell’IVA, già esistente in tutti i paese membri, per ricavare quel un percento del PIL che l’Unione europea riceve oggi in un modo poco trasparente attraverso contributi dai budget nazionali. Infatti la parte dell’IVA che va all’Europa non costituirebbe un imposta nuova visto che sostituirebbe soltanto i contributi nazionali esistenti. Ma l’aliquota dell’IVA che va all’Unione europea indicherebbe molto chiaramente ai cittadini quanto pagano per l’Europa.
Senza la PAC le spese dell’Unione europea potrebbero anche diminuire. Altri diranno che dovrebbe aumentare perché ci sono tanti campi dove conviene spendere di più a livello Europeo. Viene in mente la spesa per la ricerca, la sicurezza esterna ed interna per citare solo gli esempi più importanti. Quanto costerebbe un’Europa che faccia veramente avanzare la ricerca e garantisca la nostra sicurezza contro minacce esterne?
La ricerca sui meccanismi che regolano il comportamento dei sistemi politicy ci insegna che è più importante stabilire regole del gioco chiare che non fornire una cifra precisa. Quanto varrà spendere per l’Europa non è possibile deciderlo oggi perché varierà nel tempo. Ma già da oggi si dovrebbe stabilire un sistema chiaro di regole.

Parte così la terza proposta: dividere i compiti tra entrate ed uscite.
La spesa europea si giustifica se esiste un bene pubblico europeo da difendere (per esempio la sicurezza esterna ed interna). Tra le due istitutuzioni che dovrebbere difendere gli interessi dell’Europa, la commissione ed il parlamento europeo, soltanto la seconda ha legittimità democratica. Dovrebbe dunque spettare al parlamento europeo il compito di decidere la ripartizione del budget dell’Unione tra i vari capitoli di spesa (ricerca, sicurezza, aiuto ai paesi poveri, etc.). Ma il parlamento europeo avrebbe sempre la tendenza di proporre più spesa a livello europeo. Ci vuole un contrappeso: dovrebbe spettare al consiglio europeo (che riunisce i capi di governo nazionali) di decidere quanto i cittadini europei sono disposti ad affidare all’Unione, magari semplicemente attraverso un tetto sulla percentuale IVA da dedicare all’Europa. Ma il consiglio non avrebbe più il potere di intervenire in ogni capitolo di spesa per soddisfare tutte le esigenze politiche che si fanno sentire all’interno dei paese membri.
Il budget dell’Europa è cresciuto nei primi 50 anni di storia “unitaria” al filo di decisioni politiche che sembravano opportune al momento, ma senza una regia e senza regole del gioco chiare. Una delle condizioni per dare nuovamente vigore all’impresa europea sarà cambiare questo aspetto, dando all’Unione un processo decisionale democratico e trasparente anche per quanto riguarda il suo budget.

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  1. Gianni

    Non dimentichiamoci che la stragrande maggioranza del territorio dell’unione europea è gestito proprio dalle imprese agricole , che con il loro operato creano posti di lavoro e investimenti con ricadute a monte, per tutti coloro che forniscono attrezzature e mezzi, e a valle per tutti coloro che lavorano e commercializzano cibo. Non dimentichiamo nemmeno che tutti noi siamo fatti di ciò che mangiamo! Il sostegno all’agricoltura è una misura che esiste in tutti i paesi industrializzati ed è un ottimo investimento , a patto che si privilegi la salvaguardia dell’ambiente e dei territori, la qualità , sicurezza e autosufficenza alimentare , la conservazione delle tradizioni e dei prodotti tipici , la possibilità di ricavare fonti di energia dalla terra. Si devono aiutare i veri professionisti imprenditori perchè sono gli unici che possono davvero creare un circuito virtuoso di crescita economica sostenibile diffusa nelle campagne di tutta europa.

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