Vent’anni fa, il 15 aprile 1987, Federico Caffè scompariva senza lasciare traccia della sua presenza fisica. Ha lasciato invece tracce incisive nella memoria dei suoi allievi, del mondo degli economisti, di chi lo ha conosciuto. Lo ricordiamo pubblicando un suo articolo tratto da un libro che esce oggi per le edizioni manifestolibri, “Federico Caffè. Scritti quotidiani” (160 pagine, euro 7,90), una raccolta di interventi di Caffè pubblicati su il manifesto tra il 1976 e il 1985. Il libro è curato da Roberta Carlini e ha una prefazione di Pier Luigi Ciocca. Lo scritto, del 25 settembre 1984, commenta criticamente la decisione del governo Craxi di studiare l’introduzione della “lira pesante”. Le sciocchezze si ripetono nel corso del tempo: dalla lira pesante alla moneta da un euro. Lintendimento della possibile introduzione, nel 1985, di una «lira pesante» corrispondente a mille lire attuali, forse per effetto di una certa enfasi «di tipo strutturale» con cui è stato manifestato, ha dato origine, oltre che a comprensibile curiosità e a richieste di chiarimento, anche a preoccupazioni e incertezze del tutto infondate. E da auspicare che i mezzi di comunicazione non «appesantiscano» il preannunciato provvedimento di significati ad esso estranei e ne precisino la natura puramente tecnica, che ha avuto già in passato autorevoli sostenitori. Vi è un aspetto ulteriore del provvedimento che riguarda il possibile effetto psicologicamente inflazionistico di un ridimensionamento della lira su scala così ragguardevole. Esso avrebbe indubbiamente preoccupato il dott. Donato Menichella. Ma egli non è più tra noi e alcune Sue cautele e rispetto per le abitudini monetare del pubblico non costituiscono eredità trasmissibili. (A proposito, trattandosi di un provvedimento che può adottarsi a posteriori, cosa aspetta il governo ad assumere a suo carico le spese per i funerali: provvedimento adottato per personaggi molto meno provvidi per la collettività di quanto Egli sia stato?)
Unanalisi dei benefici e dei costi della eliminazione del gonfiamento delle cifre determinato dai processi inflazionistici può compiersi in modo molto più raffinato di quello che viene qui delineato. Ma la sostanza del problema varia soltanto nel grado di precisione. Da un lato, si pongono in evidenza i maggiori costi tipografici nella stampa delle tabelle con molti zeri; la inopportunità di creare biglietti di banca di taglio crescente; la pericolosità del trasporto di ingenti mezzi di pagamento nei centri destinati a funzionare da tesoreria; le complicazioni inutili nellimpiego di mezzi di calcolo veloce.
Dallaltro lato, si sottolinea la delicatezza di turbare le abitudini monetarie del pubblico, data la sua comprovata reazione emotiva ai cambiamenti e la lentezza degli adattamenti che ne conseguono. In realtà, nel caso della lira, il mercato aveva in qualche modo anticipato le misure ufficiali, in quanto è piuttosto consueta lindicazione, nei banchetti dei mercatini, di cifre che implicano una trasformazione di 100 lire in una lira.
Il consolidamento di questa prassi divenuta operativa sarebbe stato più giustificabile della preannunciata trasformazione di 1000 lire in una lira pesante. Lunica ragione che viene in mente, cioè il valore in lire dello scudo europeo, appare troppo distante dalla normale comprensione per avere una portata agevolmente assimilabile dagli uomini comuni.
Comunque, non è nella natura di provvedimenti del genere di essere indice di un acquisito miglioramento economico: compito, questo, da proporsi ancora con impegno, in un clima internazionale estremamente incerto e condizionante. Che poi vi siano sottintesi propositi deflazionistici, o sottostanti velleità da «quota novanta», vorremmo proprio escluderlo, anche se riflussi del tipo «mostra del Colosseo» sono in grado di determinare impensabili e frustranti effetti cumulativi. Quello che in ogni caso sembra da escludere è che il provvedimento interessi molto la massaia. Poiché essa guarda alla sostanza, più che alla forma, è difficile che abbia avuto modo di constatare che i prezzi non sono cresciuti in settembre. Si è verificata persino, talvolta, la mancata reperibilità di prodotti essenziali, medicinali inclusi. Ma vi è, notoriamente, una realtà sommersa di impervio accertamento statistico.
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RdG
…eppure se si fosse introdotta la “nuova lira” pari a mille lire di allora, forse l’impatto con l’euro sarebbe stato meno “pesante” per i consumatori.
Mauro
L’impatto della nuova valuta con l’introduzione della moneta da 1 Euro ha determinato una variazione dell’unita di misura (1= 1936.27 Lit.) oltre che un momentaneo spiazzamento dovuto al cambiamento di valuta un pò come accade quando si viaggia all’estero. Tale impatto in Italia è sotto gli occhi di tutti: ha provocato una decisa variazione della distribuzione dei redditi più che inflazione vera e propria, cosa che doveva e poteva essere prevista, monitorata e stemperata con strumenti adeguati (controlli fiscali, adeguamento dei parametri degli studi di settore, etc..) da mettere in campo contestualmente all’introduzione della nuova moneta. Tuttavia l’osservanza dei parametri introdotti dagli accordi di Maastricht indotta dalla rigida sorveglianza della BCE ha impedito la spinta inflativa dovuta alla dinamica prezzi-salari; cosa che si sarebbe verificata, a spese della vecchia valuta nazionale, con l’introduzione della Lira pesante; inoltre le speculazioni sui mercati valutari avrebbero indotto successive svalutazioni generando ulteriore inflazione e aumento dei tassi di interesse.
Silvestro Gambi
Massima considerazione per Federico Caffè: ci macherebbe altro! Amico Caffè ma ancora più amica la verità,anche se la mia è solo un’opinione. L’idea non era malvagia: avrebbe in ogni caso creato un gradino intermedio e, forse, consentito di capire in anticipo cosa poteva essere necessario fare poi con l’introduzione dell’euro…ma questo Caffè non poteva certo immaginarlo. Una considerazione comunque: qualsiasi politica che allarga le fascie del disagio e della povertà è per definizione una politica sbagliata.
Antonello
Mi dispiace che F. Caffè non sia più tra i viventi, perché mi sarebbe piaciuto chiedergli come giustifica i 3 Milioni di poveri assoluti e i 6 Milioni di precari. Dove soprattutto quest’ultimi sono usciti fuori dopo il 2002. Se la lira fosse stata appesantita nel 1986, oggi non ci troveremo in queste condizioni.
Giuseppe
La lira pesante avrebbe avuto il suo impatto in positivo. Un cambio di scala (di questo si tratta) non rende una moneta più forte o più debole. Però ha un effetto sulla pische nell’uso del denaro. Chi è più grande di me e viveva in Gran Bretagna si ricorderà bene che una sterlina era circa 3000 mila lire e chi guadagnava 2000 mila sterline era come se guadagnasse 6 milioni di vecchie lire, cifre notevole a quei tempi. Con l’euro oggi non accade lo stesso, 2000 mila sterline sono pur tante, ma non sono come i vecchi sei milioni di lire. Questo perché col passaggio all’euro, come ben noto, quello che costava prima mille lire venne rivalutato 1 euro o quasi, determinando un forte aumento dei prezzi e sottraendo potere d’acquisto ai consumatori. Quindi vero che l’economia è l’economia, ma anche la psicologia è la psicologia. Guai ad improvvisarsi psicologi se si è economisti e viceversa. Mi riferisco a Feerico Caffé, grandissimo economista che definì la lira pesante una sciocchezza. Non condivido, perché la sua critica suppongo era di tipo tecnico-economica e piscologica