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Il peso elettorale dei sedicenni*

L’Austria sarà la prima in Europa ad abbassare il voto ai 16 anni. I motivi che hanno spinto il governo austriaco al “rivoluzionario” cambiamento valgono ancor di più per l’Italia. Ma le trasformazioni demografiche in atto sono tali che anche un allargamento così significativo dell’elettorato giovanile avrebbe di fatto solo un valore simbolico. Costituirebbe però un primo passo importante verso la valorizzazione delle nuove generazioni in un paese che finora investito poco sui giovani e, quindi, sul proprio futuro.

L’Austria sarà il primo paese in Europa ad abbassare il voto ai 16 anni. Anche in Italia si sta discutendo di legge elettorale. I motivi che hanno spinto il governo austriaco al “rivoluzionario” cambiamento valgono ancor di più per il nostro paese. Ma le trasformazioni demografiche in atto sono tali che anche un allargamento così significativo dell’elettorato giovanile avrebbe di fatto solo un valore simbolico. Costituirebbe però un primo passo importante nella direzione auspicata di valorizzare maggiormente le nuove generazioni.

I numeri del rapporto tra generazioni

invecchiamento della popolazione sta alterando profondamente i rapporti tra le generazioni, con ripercussioni anche sul peso elettorale, in modo del tutto inedito nella storia dei paesi democratici. Il nostro paese sarà quello che per primo sperimenterà il sorpasso della fascia di elettorato più anziana (65 ed oltre) su quella più giovane (under 35). Un evento che si sta producendo proprio in questi anni (Figura 1). Il divario tra le due fasce di età è inoltre destinato nei prossimi decenni ad accentuarsi ancor più che altrove. Se oggi la situazione è ancora di sostanziale equilibrio, entro il 2020 l’elettorato under 35 si troverà con oltre tre milioni di unità in meno rispetto a quello di 65 anni e più. Se si abbassasse a 16 anni il diritto al voto, la differenza – sempre nel 2020 – rimarrebbe comunque sopra i due milioni, compensando quindi solo parzialmente il divario. Se poi ci si sposta più avanti nel tempo lo squilibrio generazionale diventa imponente: se oggi il voto dei giovani ha lo stesso peso di quello degli anziani, da qui al 2045 il peso dei primi si ridurrà ad essere la metà di quello dei secondi. L’impatto delle dinamiche demografiche sarà tale che anche l’aver abbassato a 16 anni l’età al voto produrrà un’incidenza molto modesta sul divario complessivo (Figura 2).

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Una misura di impatto limitato, ma di alto valore simbolico

I dati implacabili del processo di invecchiamento in atto fanno ben capire come la scelta di portare a 16 anni l’età degli elettori possa avere un effetto apprezzabile solo nel breve periodo. Dato però che le elezioni sempre più spesso si vincono per pochi voti, la decisione di dare più peso all’elettorato più giovane costringerebbe forse la politica a svecchiarsi e a dedicare maggiore attenzione alle nuove generazioni.
L’Italia è un paese che finora ha scarsamente investito sui giovani e quindi anche sul proprio futuro. Come è stato ripetutamente evidenziato, la riforma delle pensioni è carente soprattutto in termini di equità generazionale (si veda, tra gli altri, il recente intervento di Vincenzo Galasso su lavoce: Pensioni: per i giovani il futuro è adesso). Una riforma del mercato del lavoro non accompagnata da opportuni ammortizzatori sociali, ha reso più precari i percorsi lavorativi: i giovani italiani sono quelli che presentano, rispetto ai coetanei degli altri grandi paesi occidentali, tassi di occupazione più bassa, salari di ingresso in media più ridotti, più lunga dipendenza economica dai genitori e una età più tardiva di formazione di una propria famiglia ( “Com’è difficile essere giovani in Italia“). Siamo del resto il paese che destina la maggior quota di spesa per protezione sociale verso le generazioni più anziane. Inoltre, la classe politica italiana è già attualmente una di quelle con maggior tasso di gerontocrazia del mondo occidentale (si veda il contributo di Gianluca Violante: “La repubblica della terza età ).
Il fatto che l’attuale dibattito sulla riforma della legge elettorale sia centrato soprattutto sul peso da dare ai partitini e non tenga per nulla conto di come si ridurrà invece nei prossimi decenni il peso delle più giovani generazioni, è un segno evidente di come la politica italiana continui a ragionare con vecchie logiche invece di cogliere le vere sfide delle trasformazioni in atto.

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Figura 1 – Previsione della popolazione elettorale distintamente per alcune fasce d’età

Fonte: elaborazioni da dati Istat

Figura 2 – Percentuale di popolazione in alcune fasce d’età rispetto al totale dell’elettorato

Fonte: elaborazioni da dati Istat

(*) L’articolo è presente anche su http://www.neodemos.it/

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10 commenti

  1. Mauro Guaitoli

    L’Italia ha investito in misura insufficiente sui giovani. Gli adulti, i loro rappresentanti politici, che dovevano avere la responsabilità di farlo non l’hanno fatto.
    L’importanza delle nuove generazioni non può essere asserita attribuendo ai giovani con il voto la responsabilità della difesa dei loro interessi.
    Occorre tutelare l’immaturità, il voto è una responsabilità oltre che un diritto, che deve essere attribuita la momento opportuno.
    Gli adulti, in particolare gli anziani, dotati di saggezza ed esperienza non dovrebbero sfuggire alla loro responsabilità di tutela dei giovani, delle nuove generazioni, dei loro interessi, ne attribuendo il voto ai sedicenni, ne in altri modi.

  2. Tommaso Reggiani

    A questo proposito, mi pare utile ed opportuno considerare anche la tesi proposta dal prof. Luigi Campiglio in “Prima le donne e i bambini. Chi rappresenta i minorenni?” (2005 – Il Mulino, Bologna)

    # Recensioni:

    http://mpra.ub.uni-muenchen.de/1519/01/MPRA_paper_1519.pdf

    http://www.cittadelluomo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=160&Itemid=53

    http://www.governareper.it/cgi-bin/adon.cgi?act=doc&doc=3043&sid=32

  3. andrea

    Mi domando semplicemente se questo sia un buon modo per coinvolgere i giovani che, a mio avviso, non hanno alcun interesse per la politica. Concedere anzitempo il diritto al voto può essere una manovra per coinvolgere una ristretta parte e non la maggioranza: non credo sia la soluzione per avvicinare la politica ai giovani. Senza un senso civico formato il voto resta un dubbio insolvibile o una certezza senza motivazioni solide. Solo per chiarezza la mia età è under 25.

  4. Lorenzo Sandiford

    Già adesso sono in molti a votare senza cognizione di causa. C’è il rischio che questa misura ne aumenti il numero. Delle due l’una, infatti: o i giovani dedicheranno una fetta consistente del loro tempo a seguire i meccanismi barocchi e fumosi della politica italiana attraverso la lettura dei giornali (il plurale è d’obbligo da noi) e la navigazione nei siti web, sottraendo ore agli studi e alla propria formazione logico-concettuale, scientifica e tecnica; oppure andranno a votare impreparati e condizionati dalle varie demagogie politico-mediatiche. Mi si dirà: ma non vale lo stesso per i tanti adulti e anziani che non seguono la politica e, in molti casi, sono quasi analfabeti di diritto ed economia? Sì. Con una differenza, però. Gli adulti hanno dalla loro l’esperienza e hanno imparato nel tempo almeno a distinguere quali partiti ed esponenti politici lavorano bene ed operano nel loro interesse (e con “loro” mi riferisco qui alle varie categorie di cittadini), per cui non votano alla cieca. In ogni caso, il punto è proprio elevare il grado di consapevolezza dei cittadini. Ma c’è un altro aspetto che mi preoccupa di questa operazione, così come di varie iniziative per favorire la lettura dei giornali (che nel frattempo si stanno trasformando in tabloid e palestre dei luoghi comuni e degli insulti) nelle scuole secondarie, ed è il diffondersi dell’idea che l’impegno più alto per un cittadino siano le interminabili discussioni sulle formulette tipiche del nostro politichese: riformismo qui e radicalismo là, ecc. C’è bisogno d’altro per il futuro dell’Italia. C’è bisogno di nuove leve che abbiano studiato e (laureati o no) possiedano gli strumenti concettuali per capire e risolvere i problemi nelle loro dimensioni “tecniche”. Questo vale sia per la professione politica che per le tante altre e altrettanto importanti professioni. Sedicenni meno aggiornati sulle minuzie della cronaca politica e più concentrati negli studi diventeranno poi elettori e politici migliori.

    • La redazione

      Mi aspettavo obiezioni tipo questa. Dopotutto obiezioni simili sono state sollevate a suo tempo contro l’estensione del voto alle donne. Mi stupisce lo scarso credito assegnato all’interesse per la politica e alla capacità di espressione convinta del voto di sedicenni e diciassettenni. Certo, so bene che in Italia si è considerati più figli che cittadini soggetti di diritti, ed i figli vengono coccolati e vezzeggiati, più che preparati ad affrontare i rischi e le responsabilità del mondo adulto.
      Infine, rimane il problema di fondo, quello del crollo nei prossimi decenni del peso elettorale giovanile. Ma da quello che intuisco per molti ciò è un bene, dato che i giovani sono considerati immaturi ed inaffidabili. Forse a molti conviene pensare così, sicuramente non ai giovani stessi (basti pensare a cosa la politica ha fatto per loro in questi anni).
      Un cordiale saluto,
      AR

  5. Lorenzo Sandiford

    Un’ultima replica sul problema demografico, cioè sul decrescente peso elettorale giovanile, e poi mi cheto. Non sono sicuro che aumentare il peso dei giovani nel corpo elettorale e svecchiare la politica (nel senso di avere più politici giovani) porti automaticamente a politiche favorevoli alle nuove generazioni. E in ogni caso in questo pur interessante articolo ciò non viene dimostrato. Infatti, anche sulla base di mie esperienze di cronaca politica locale di qualche anno fa, ho notato che spesso, quando vengono lanciati giovani di 20-25 anni attribuendo loro cariche di un certo peso (che so, responsabile delle politiche x del partito y), si tratta di operazioni demagogiche, di cooptazione. In realtà quei giovani sono dei semplici fantocci di qualche vecchio che continua a tirare le fila. Temo che questo possa essere il maggiore effetto dell’allargamento del corpo elettorale ai sedicenni: il lancio, per raccattare il consenso di costoro, di una serie di giovani astri nascenti della politica, in realtà comodamente pilotati dai soliti grandi vecchi, e ciò a scapito di 30enni e 40enni assai più preparati. Sono comunque favorevole ad allargare il voto al Senato ai 18enni, rendendo il corpo elettorale omogeneo nelle due Camere.
    Detto questo, mi sembra che le soluzioni per il problema demografico siano altre (del resto citate nell’articolo stesso): accelerare l’iter per la cittadinanza e il diritto di voto degli immigrati, favorire le nascite con un welfare state più centrato sugli ammortizzatori sociali e meno sulle pensioni, l’innalzamento dei redditi minimi e dell’età per la pensione e tante altre cose proposte in questo sito. Se ciò non succede, dipende da quella scarsa cultura scientifica e pragmatica dei cittadini, tra cui in particolare i nostri sindacalisti, a cui facevo cenno nel precedente intervento. Oltre che dalla tendenza degli italiani a fare tutto in famiglia, per cui gli “ammortizzatori” per i figli preferiscono farseli da soli con le pensioni.

  6. Gianluca

    L’incidenza che potrà avere il voto degli under 18, in realtà, sarà limitata proprio per le questioni demografiche che sarebbero alla base della scelta di estendere il diritto di voto anche a loro. Sul fatto che a quella età una persona possa esprimere un voto consapevole non alcun dubbio: lo può fare nello stesso modo con cui lo fanno le persone più anziane: attraverso la propria sensibilità, l’esperienza e il condizionamento sociale e mediatico cui sono sottoposti.
    Le persone che s’interessano di politica generalmente manifestano questa inclinazione già negli anni cosiddetti di formazione, cioé dopo i 14, viceversa quelli cui la politica interessa poco, non se ne curano da vecchi né da giovani, quindi il fatto di poter votare due anni prima del solito difficilmente potrà sottrarre loro il tempo che dovrebbero dedicare allo studio.
    Favorevole al voto per i sedicenni, favorevolissimo allo svecchiamento della politica italiana. Per la prima è sufficiente una legge che anche i parlamentari di oggi potrebbero scrivere, nonostante la loro età media. Ma per la seconda? Scriverebbero una norma che limita a due le legislature in parlamento e per tutte le altre cariche elettive? Ed un’altra sulla cumulabilità delle cariche pubbliche?

  7. Paolo Punter

    Il voto è una parte, e non la più rilevante della “democrazia rappresentativa”, ma la democrazia bisogna conoscerla per evitare di cadere nelle sue note degenerazioni. A questo punto quanto conoscono la Democrazia i nostri giovani? Dove farla conoscere? Nei soliti noti ed ormai deserti luoghi (sedi di partito, parrocchie, ecc.) rischiando di anadre alla caccia di un “voto ideologico” al posto di un ragionato voto di opinione!
    Non si rischia in questo modo di privilegiare le emotività estreme? manipolando soggetti impreparati,posto che di manipolazione e di voto di scambio ormai si è raschiato il famoso fondo del barile?

    • La redazione

      Ma se, come dice lei, i “nostri giovani non conoscono la Democrazia, la soluzione è non farli votare (la scelta più comoda attuale) o provare a insegnargliela? Giovani democraticamente sprovveduti a diciassette anni possono diventare votanti maturi a diciotto? Se poi i vecchi luoghi di incontro e confronto politico sono oramai deserti è vero anche che stanno emergendo nuovi spazi. Non si può ignorare internet, i forum, i blog, ecc. Il mondo sta cambiando e forse dare il voto ai sedicenni può aiutarci (o costringerci) di più a rendercene conto. Ed infine, tra il possibile voto inerziale di un ottantenne ed il possibile voto ideologico di un sedicenne, mi sembra più stimolante il secondo.

      Un cordiale saluto,

      AR

  8. Ettore Navone

    La mancata rappresentanza dei cittadini minorenni è un problema per la democrazia. In Italia in particolare è un problema la diversa composizione del corpo elettorale per le elezioni della Camera e del Senato (con evidenti problemi, in presenza di bicameralismo perfetto, di omogeneità della maggioranza nelle due camere) .

    Credo sarebbe opportuno nel corso della discussione della nuova legge elettorale mettere in discussione:

    (a) il raggiungimento dei 25 anni per esercitare il diritto politico di partecipare all’elezione del
    Senato, a fronte della maggiore età necessaria per eleggere la Camera

    (b) il raggiungimento dei 18 anni per la maggiore età/il diritto di voto, a fronte di altre possibilità: 16 anni, 15 anni, fino a scendere perchè no a 1 giorno di vita (proposta Campiglio) con assegnazione ai genitori, e di preferenza alla madre, della tutela e dell’esercizio del diritto politico dei figli sino alla maggiore età.

    (c) la maggiore età “anagrafica”, a fronte di una maggiore età “per capacità civile”, riconosciuta ad esempio dalla scuola pubblica (i minorenni non interessati possono aspettare la maggiore età anagrafica)

    Forse sarebbe possibile dare una bella spinta al rigenerare la classe politica italiana evitando di utilizzare quote rosa o quote giovani:

    (1) superando con il voto alle madri la
    sotto-rappresentanza delle donne nella politica

    (2) superando con l’accesso al voto “per capacità civile” di ragazzi intelligenti, preparati e consapevoli di 14, 15 o 16 anni la sovra-rappresentanza degli ultra-sessantenni nella politica

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