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Purché sia un credito permanente

Con la Finanziaria 2007 sono stati finalmente introdotti anche in Italia incentivi fiscali a favore degli investimenti privati in ricerca e sviluppo. Il principale provvedimento è un credito d’imposta generale per le spese per R&S delle imprese. La sua efficacia rischia, però, di essere assai limitata perché l’agevolazione vale solo per tre anni. Come emerge da tutte le indagini empiriche, incentivi temporanei creano incertezza e possono indurre le aziende a non iniziare progetti aggiuntivi di durata medio-lunga.

La Finanziaria per il 2007 ha impresso un’importante svolta alla nostra politica per l’innovazione: dopo decenni di sostegno pubblico incentrato su strumenti finanziari, sono stati finalmente introdotti anche in Italia incentivi fiscali a favore degli investimenti privati in ricerca e sviluppo. Il principale provvedimento è un credito d’imposta generale per le spese per R&S delle imprese. L’efficacia del provvedimento rischia, però, di essere assai limitata a causa della ridotta estensione temporale dell’incentivazione.

Vantaggi degli incentivi fiscali

Agevolazioni fiscali per le attività di R&S sono presenti da molti anni nelle legislazioni tributarie della gran parte dei paesi avanzati e la loro adozione o il loro rafforzamento erano stati fortemente caldeggiati dalla Commissione europea, come strumento prioritario – insieme agli incentivi finanziari – per realizzare gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002: 3 per cento del Pil entro il 2010 per il totale degli investimenti in R&S e 2 per cento per quelli delle imprese.
Le politiche per R&S in Italia hanno, invece, privilegiato gli strumenti finanziari (contributi a fondo perduto, in conto interessi, credito agevolato). Questi strumenti sono idonei a sostenere le imprese con problemi di accesso al credito, mentre risultano di minore interesse per quelle in grado di autofinanziarsi, e presentano, comunque, diversi limiti: discrezionalità delle autorità di governo nella valutazione della meritorietà dell’investimento (dalla quale possono derivare distorsioni che si aggiungono a quelle del mercato), incertezza sul “se” e sul “quantum” dell’agevolazione, tempi di attesa dell’erogazione.
Lo strumento fiscale si qualifica per l’automatismo del supporto pubblico – che elimina questi inconvenienti – e per lasciare all’impresa l’intera responsabilità decisionale su ogni aspetto dell’investimento.
L’unico provvedimento fiscale mirato, finora, a sostenere specificamente gli investimenti in R&S – il Dl 269/2003, cosiddetto “tecno-Tremonti” – presentava forti limiti, il più rilevante dei quali era la durata dell’agevolazione circoscritta al solo anno 2004.
Quali valutazioni dare su caratteristiche ed efficacia delle misure adottate con la Finanziaria 2007?
Quanto alle dimensioni dell’agevolazione, l’aliquota ordinaria del credito d’imposta (10 per cento) implica una deducibilità di circa il 30 per cento delle spese per R&S delle società di capitali, che è tre volte tanto quella prevista dal Dl 269/2003, ma un terzo circa di quelle concesse in Gran Bretagna o Spagna. Un’aliquota più alta (15 per cento) è, però, prevista nel caso di contratti con università o enti pubblici di ricerca. Inoltre è fissato un “tetto” alle spese deducibili pari a 15 milioni di euro all’anno.
La “spendibilità” del credito d’imposta non solo a fronte delle somme dovute a titolo d’imposta sul reddito, ma anche in conto dei versamenti dell’Irap costituisce un’appropriata misura per evitare che l’eventuale “incapienza” – elevato è infatti il numero di imprese che dichiara redditi nulli o negativi a fini Ires – riduca l’efficacia del provvedimento. A questa misura si aggiunge il riporto in avanti dell’eccedenza di credito eventualmente ancora sussistente.
Riguardo alla durata, l’agevolazione viene concessa per tre anni: non per un solo anno come il Dl del 2003, ma neppure in via permanente come in altri paesi.

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Possibili effetti del credito d’imposta

Dall’analisi statistica compiuta risulta che, se il credito d’imposta fosse inserito stabilmente nel nostro sistema tributario, la sua dimensione sarebbe idonea a far aumentare le spese per R&S delle imprese di circa il 5 per cento annuo, con la conseguenza di farle crescere, in rapporto al Pil, da meno dello 0,6% degli ultimi anni a circa lo 0,8% (cioè di più di un terzo) in cinque anni. (1) L’entità dell’incentivazione, se pur non tale da determinare quella forte crescita degli investimenti privati in R&S necessaria ad avvicinare in misura consistente il nostro paese agli obiettivi europei, è comunque sufficiente a stimolare un adeguato aumento delle attività di ricerca.
Il periodo in cui l’incentivazione rimarrà in vigore (il triennio 2007-2009) appare, però, troppo breve – data la durata media dei progetti di ricerca – per garantirne l’efficacia. (2) Condizione essenziale per indurre le imprese a investire di più in progetti di ricerca pluriennali è infatti la stabilità nel tempo dell’agevolazione, come emerge da tutte le indagini empiriche sull’argomento. Incentivi temporanei creano incertezza nelle imprese e possono indurle a non iniziare progetti aggiuntivi di durata medio-lunga (e lo Stato si troverebbe a sostenere solo progetti di investimento che sarebbero stati comunque intrapresi).
Per eliminare il rischio di ridotta efficacia, è necessario estendere la durata del credito d’imposta per R&S – e fin da ora, non essendo sufficiente il suo rinnovo a fine triennio. Necessario e urgente è, perciò, un intervento legislativo integrativo che lo renda permanente – o che, almeno, ne estenda l’applicabilità ai prossimi otto-dieci anni. (3)

 

(1) La costruzione dello scenario a cinque anni è basata sulla stima dell’elasticità (– 0,36) delle spese in R&S delle imprese alla riduzione nel costo d’uso del capitale dovuta a un credito d’imposta permanente delle dimensioni previste nella Finanziaria ottenuta utilizzando un modello Gee (Generalized Estimating Equations). Cfr. Bises B. e Laganà G. “Incentivi fiscali agli investimenti in R&S: una proposta per l’Italia”, in Economia Pubblica, n. 1-2, 2007.
(2) Inoltre, dato che l’applicazione dell’agevolazione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, si può ritenere che l’incentivo fiscale possa cominciare a influenzare le decisioni delle imprese dal momento della sua approvazione definitiva e non dall’inizio del corrente anno – riducendo la già non ampia estensione temporale dell’agevolazione.
(3) D’altronde, il nuovo credito d’imposta per i brevetti – introdotto anch’esso dalla Finanziaria 2007 – già da ora è previsto durare fino al 2013.

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  1. Amedeo Sacrestano

    Il tanto decantato incentivo fiscale è ancora non opetrativo! In Italia da sempre i governi sono bravissimi ad annunciare provvedimenti di sostegno alle attività economiche (in generale) ma si dimostrano assolutamente incapaci di strutturarli in maniera efficace (figuriamoci efficiente). In questo caso, come purtroppo in altri, si è andati ancora oltre. L’incentivo è stato annunciato, elogiato, discusso ma non può essere utilizzato. Motivo? Manca la necessaria autorizzazione di Bruxelles! Anzi, non si sa neppure se il governo si sia scomodato a notificare il regime d’aiuto. Insomma, regna l’incertezza può cupa. E dire che la stabilità (e certezza) del diritto è un valore indispensabile per qualsiasi attività economica. Ma perchè i nostri governati non imparano a programmare efficacemente l’introduzione di regimi d’aiuto? Non sarebbe più logico notificarne la struttura prima ancora dell’approvazione definitiva o, al limite, immediatamente dopo? Dando, magari, aggiornamenti continui sullo stato della procedura per la concreta utilizzabilità?

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