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La parodia dei premi al merito

Premi alla produttività dei pubblici dipendenti? No chiamiamoli con il loro vero nome: si tratta di una riedizione delle vecchie indennità di presenza e di compensazioni per chi ha commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni. L’esempio dell’accordo dei dipendenti del Tesoro. Un documento davvero illuminante.

La parodia dei premi al merito di Tito Boeri e Pietro Ichino

Premi alla produttività  dei pubblici dipendenti? No chiamiamoli con il loro vero nome: si tratta di una riedizione delle vecchie indennità di presenza e di compensazioni per chi ha commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni. L’esempio dell’accordo dei dipendenti del Tesoro: un documento davvero illuminante.

Il contratto del pubblico impiego viene sistematicamente chiuso in ritardo. Questo, in genere, va bene all’esecutivo, che può abbellire i bilanci, spostando oneri su altri esercizi, e al sindacato della funzione pubblica, che alla fine porta a casa incrementi nettamente superiori all’inflazione programmata e a quelli dei dipendenti privati.
Ma il ritardo nella chiusura dei contratti significa anche che è impossibile incentivare in alcun modo la produttività. Per farlo bisognerebbe legare le retribuzioni future alla performance.  Invece, si danno incrementi riferiti agli anni precedenti.  E sulla base di criteri che non hanno nulla a che vedere col merito.
Commentando l’accordo nel pubblico impiego del dicembre scorso, avevamo sostenuto che “premi al merito” non si basano sulla definizione ex-ante di obiettivi misurabili e rilevanti all’esterno dell’amministrazione, al cui raggiungimento viene subordinata la concessione del premio. Al contrario, si concedono premi o aumenti retributivi alla generalità dei dipendenti, sulla base dei risultati misurati da indicatori di performance o di “progetti” definiti ad hoc e spesso rinnovati da un anno all’altro alla bisogna.

Un documento illuminante

Bene, vogliamo oggi offrire ai lettori de lavoce.info un esempio tangibile di questa parodia dei premi al merito.  Si tratta del contratto integrativo sottoscritto al Ministero del Tesoro sulla distribuzione delle risorse destinate all’incentivazione della produttività tra i dipendenti del Ministero. Non è poco. Si tratta di circa due mensilità.  Il 70% delle risorse viene assegnato solo sulla base della presenza.  La presenza include anche l’attività sindacale retribuita, evidentemente considerata parte integrante la produttività (scelta da cui si dissociano, bontà loro, i rappresentanti Cgil e Cisl, ma non la UIL e gli autonomi).  Il restante 30% del premio viene ripartito ancora sulla base delle presenze e di punteggi forniti dagli stessi uffici di appartenenza, senza alcuna possibilità di verifica esterna.  In realtà ci risulta che quasi la totalità dei dipendenti delle varie amministrazioni abbia il punteggio massimo. Le tabelle riguardanti questo 30% prevedono, tra l’altro, che i premi vengano dati anche a chi è stato sanzionato, con sospensione del servizio o con multe, per reati commessi sul posto di lavoro. Questi dipendenti avranno un premio solo leggermente ridotto, il 20% in meno, ma solo per l’anno in cui è stato commesso il reato; l’altra mensilità in più ce l’avranno tutta anche loro. Pensate che negli accordi precedenti non c’era neanche questa riduzione del 20%!  Insomma, per avere il premio basta essere presenti, magari anche avendo procurato qualche danno erariale con le proprie disattenzioni (se non per dolo).

Chiamiamo dunque queste “somme per l’incentivazione” con il loro vero nome: si tratta di una riedizione sotto mentite spoglie delle vecchie indennità di presenza e di compensazioni per chi ha commesso reati nell’esercizio delle sue funzioni.

Un invito al Cnel

Il Cnel produce molti rapporti noiosi e organizza tanti convegni inutili. Una delle sue funzioni istituzionali è quella di tenere un archivio nazionale dei contratti di lavoro. Sarebbe molto utile che il Cnel facesse due cose:

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1) Fornire sistematicamente dati sui ritardi con cui vengono siglati in contratti nei diversi comparti anche al di fuori del settore pubblico.

2) Rendere di pubblico dominio i criteri utilizzati nell’assegnare i premi alla produttività nei diversi comparti e a livello decentrato.

Avremmo così indicazioni sui molti fallimenti (speriamo anche su qualche successo) del nostro sistema di relazioni industriali nell’incentivare incrementi di produttività, dunque aumenti duraturi dei salari reali dei lavoratori.
Contratti firmati in ritardo che valgono, infatti, retroattivamente, non potranno mai incentivare la produttività. E misure della produttività che non hanno alcun riscontro obiettivo permettono a chi deve essere valutato di stabilire in tuttà libertà la propria valutazione. Lasciamo intuire al lettore quali siano gli incentivi di chi è chiamato a valutare se stesso.

Prima di tutto il contratto di Carlo Podda*

Dopo l’intervento di Tito Boeri e Pietro Ichino ritengo utile precisare quanto segue.
L’attribuzione di una quota di salario mobile legata a incrementi di produttività e di redditività è regolata, nell’attuale sistema di relazioni sindacali, dal protocollo del 23 luglio 1993.

Troppi ritardi nei rinnovi

Secondo il protocollo, il salario di produttività dovrebbe essere erogato in sede di contrattazione integrativa, in presenza di incrementi di produttività, in aggiunta agli incrementi determinati nel Ccnl a copertura dell’inflazione programmata e dello scarto verificatosi tra questa e quella reale nel biennio precedente.
Questo sistema presuppone che i contratti si rinnovino puntualmente e che le quote di salario destinate alla produttività siano realmente aggiuntive a quelle previste per il Ccnl.
Ambedue questi presupposti mancano al negoziato per i Ccnl del lavoro pubblico, ormai dal 2001.
I contratti pubblici si rinnovano in realtà con ritardi che variano dai 18 ai 24 mesi: per il rinnovo del Ccnl scaduto il 31.12.2005, dopo 17 mesi, ancora oggi non si sa se e quando i negoziati all’Aran potranno iniziare.
Ne consegue, oltre alla mancata copertura dei salari dall’inflazione, salari che al 90 per cento, è bene ricordarlo, sono destinati all’acquisizione di beni a domanda incomprimibile (alimentazione, affitto o mutuo per la casa di abitazione, salute, istruzione per i figli), la quota di salario che il Ccnl rende disponibile per il contratto integrativo e il premio di risultato, arriva con un ritardo che la rende non utilizzabile per lo scopo a cui sarebbe destinata.
Vorrei con l’occasione sottolineare questo particolare: la contrattazione integrativa nei settori pubblici non è finanziata con risorse aggiuntive, ma da una quota del contratto nazionale, che il sindacato, dai primi anni Novanta, chiese di destinare al livello aziendale, allo scopo di sostenere una contrattazione che interveniva sui processi organizzativi là dove questi hanno luogo.
Ma se le risorse non arrivano in tempo utile per programmare gli interventi e poi attribuirle, dopo aver verificato i risultati, il sistema non regge.

I cittadini e i sistemi di valutazione

Non voglio sottrarmi in ogni caso alla discussione su come si possa misurare effettivamente l’efficacia del lavoro e il livello di partecipazione di ciascuno.
In proposito, personalmente ritengo che, nel cosiddetto Memorandum per una nuova qualità del lavoro pubblico, sottoscritto da tutti i livelli istituzionali (governo, regioni, province, comuni), siano contenute indicazioni importanti.
In particolare penso che l’elemento di vera innovazione possa essere costituito dalla possibilità di dare voce ai cittadini, rilevando il grado di soddisfazione sul servizio loro reso, legando a questo sistema l’attribuzione di una quota di produttività già in questo contratto, semprechè a un certo punto lo si rinnovi.
Credo inoltre che si possano introdurre – in alcuni contratti integrativi già ci sono, e costituiscono elemento significativo per valutare i percorsi professionali – sistemi di valutazione dell’apporto individuale al lavoro, purché, vi prego, non si torni a proporre l’arcaico e assolutamente inefficace sistema di legare il tutto al libero arbitrio del dirigente di turno.
Per quanto invece riguarda l’accordo sottoscritto al ministero dell’Economia, mi limito a sottolineare che siamo in presenza di una erogazione distante oltre due anni dal periodo nel quale dovrebbe essere stata rilevata la produttività, che il ministero non è stato in questi anni in grado di predisporre alcun strumento di misurazione della produttività (nemmeno il banalissimo rapporto tra lavoro assegnato e lavoro effettivamente svolto), e che, a mia personale richiesta, dirigenti di altissimo livello presenti al tavolo negoziale, hanno rivendicato come giusta una organizzazione del lavoro secondo la quale i facenti parte di una unità operativa possono anche non avere ricevuto, né debbano mai avere, una nota scritta circa il loro compito dentro la predetta unità.
Quando poi abbiamo proposto di legare il premio di ciascun lavoratore al punteggio dato al proprio dirigente, ci è stato risposto che ai dirigenti era stato dato il massimo del punteggio.
Abbiamo allora optato per la soluzione che sapete, con due nostre richieste: la prima, che coloro che sono incorsi in una sanzione giudiziaria non avessero alcun premio, e l’altra che, a chi è distaccato permanentemente per attività sindacale, non venisse attribuita la quota variabile del premio.
I risultati di queste nostre richieste sono noti, e tuttavia voglio farvi presente come nel panorama ci siano anche performance più incoraggianti.
Ad esempio in un altro settore del ministero, in quello cioè delle Agenzie fiscali, le risorse derivanti dalla stessa norma, saranno inserite nei fondi che finanziano la produttività e poi distribuite, secondo un sistema consolidato che consente davvero di legare il premio al risultato raggiunto dall’Agenzia, settore, ufficio, gruppo, persona.
Colgo infine l’occasione per chiedere al professor Boeri e al professor Ichino di spendere, se lo riterranno opportuno, una loro parola a sostegno del rinnovo del Ccnl, senza il quale anche ciò che tutti insieme riteniamo utile fare per ridare produttività a questo sistema fondamentale per il paese, e per la garanzia di diritti fondamentali dei cittadini, non si potrà realizzare.

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* Segretario Generale funzione pubblica Cgil

La controreplica degli autori

Diamo atto che la CGIL ritiene sbagliato dare il premio di produttività a chi ha avuto sanzioni disciplinari e/o penali. Quanto al fatto che i contratti collettivi vengono rinnovati sistematicamente in ritardo, ci sembra che non abbia senso attribuirne la “colpa” a una parte piuttosto che all’altra: è il sistema di relazioni sindacali che funziona male, perché evidentemente manca una visione comune tra le parti circa gli obbiettivi da raggiungere e i vincoli da rispettare. La responsabilità di questa disfunzione sistemica è comune a entrambe le parti.

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Sommario 27 aprile 2007

20 commenti

  1. biagio parmaliana

    Egr. Prof Ichino,
    sono stato avvocato consulente di cgil la mia appartenenza è indubbia ho votato prodi ma sono molto deluso da questo governo
    In merito al suo articolo mi permetto qualche osservazione nella speranza di un suo pensiero considerato che la morale, l’etica, la politica ed il “pulito” centro sinistra non ferma queste indecenze mi chiedo la Corte dei Conti dinanzi a questi contratti decentrati o ai silenziosi contratti per le progressioni verticali nel pubblico impiego (che la corte costituzionale ha sempre detto essere concorsi veri e propri e quindi assoggettati all’art. 97 cost) cosa fa?? dobbiamo denunciare anche la corte dei conti??

    Chiedo a Lei che ha studiato di certo il fenomeno esiste in un altro paese europeo un sindacato così forte nel pubblico impiego ? capisco il sindacato a tutela di metalmeccanici, chimici, edili etc ma a tutela del pubblico impiego non lo capisco oppure dobbiamo dire la verità il “guadagno” nel pubblico impiego per il sindacato con la ritenuta sullo “stipendio sicuro” è notevole !! evviva il conflitto di interessi !! (forse è troppo facile vedere solo quello di berlusconi) inoltre non mi sembra corretto un altro fatto: come può il sindacato sedersi al tavolo delle trattative per il contratto degli impiegati e poi per quello dei dirigenti pubblici ma questi non sono diventati i datori di lavoro ? o dobbiamo dire anche questa volta la verità: il fascino del comando indiretto non abbandona il sindacato
    Avv biagio parmaliana

  2. Fabio Pancrazi

    Penso sarebbe ora di finirla con questo “merito”: nel pubblico impiego equivale a “clientelismo”. Diciamo la verità!
    E basta coi contratti integrativi, la contrattazione decentrata, ecc. Un vigile urbano che lavora in una città di 15.000 abitanti dovrebbe percepire uno stipendio uguale ad un altro vigile urbano che lavori in una simile città italiana di 15.000 abitanti. Invece ci sono differenze a volta abissali ed ingiuste.
    Poi un organismo esterno dovrebbe valutare il Demerito (documentato), quello sì!
    Altrimenti ci prendiamo in giro con un gioco di interessi incrociati.

  3. michele

    I contratti integrativi, dovrebbero stabilire gli obiettivi da raggiungere e orientare l’azione delle amministrazioni. Due sono i principali motivi per cui non possono adempiere a questa funzione. Il primo è che vengono stipulati alla fine dell’anno o, molto spesso ad anno concluso. Il secondo è che indipendentemente dai parametri considerati per l’attribuzione dei premi (più spesso collegati a performance collettive e quasi mai all’impegno individuale), la dirigenza è sostanzailmente esclusa da una valutazione del proprio operato. Solo quando i meccanismi retributivi della dirigenza pubblica saranno agganciati alla programmazione e alla verifica del raggiungimento degli obiettivi assegnati si potrà realizzare una catena di controllo interna all’organizzazione pubblica. L’assenza di questo meccanismo è fonte di inefficienza e questo non è imputabile ai singoli dipendenti ma all’alta dirigenza e alla politica.

  4. Sandra

    Sarebbe bello che il CNEL facesse anche l’analisi che propongono i due autori peccato che … a guardare l’archivio CNEL dei contratti collettivi nazionali, ossia quelli di più “facile” reperimento, si scopre che esso è in ritardo all’incirca di un anno.
    Quindi, un anno per costituire l’archivio, diciamo un altro anno per esaminari e comparare i contratti: non sarà che così si allungano ulteriormente i tempi dei rinnovi?
    Dato che comunque mantenere un archivio dei contratti è funzione strategica inserirei un nuovo suggerimento per il CNEL: migliorare i tempi di aggiornamento dell’archivio e introdurre anche tutti quegli accordi integrativi che al momento nell’archivio non ci sono!

  5. ale

    Sono un giovane dipendente pubblico è mi sento imbarazzato dal contenuto dell’accordo anche se non mi tocca direttamente..viene meno il principio di eguaglianza tra lavoratore pubblico e privato e danneggia chi opera nella p.a. con lo spirito di servire il cittadino favorendo chi opera con lo spirito del posto fisso.. il sindacato, poi, rinuncia ad essere il protagonista di quella modernizzazione di cui lo stato ha bisogno.

  6. Matteo Olivieri

    Ai fini della discussione aggiungo elementi che possono essere un’utile base di esperienze.
    Chi, come me, ha visto l’assegnazione dei premi in diretta, sa che l’obiettivo dei dirigenti è far risultare, con un’autovalutazione (credetemi, si AUTOVALUTANO SEMPRE) la loro massima produttività cautelativamente tenuta al 97-98%, mai che si insospettisse qualcuno!
    A quel punto si passa al comparto, cioè a chi sta sotto, e voilà, la frittata. Persone con noti problemi psichici, incapaci di rendere il servizio non foss’altro perchè incollati alla finestra per ore, hanno la stessa valutazione di produttività di dipendenti con la canna alla gola, che svolgono servizi di front office e vengono apprezzati da tutti, SPECIE DAI CLIENTI, cioè dal pubblico. SIndacati in riga, tutti d’accordo.
    Cari professori, augurandoci che una nuova politica di incentivi possa fare breccia, forse è il caso di dichiarare fallita ogni politica di concertazione nel pubblico impiego. Troppi conflitti di interessi, chi controlla è anche controllato.

  7. carmelo lo piccolo

    Non credo che istituire l’ennesima Authority, visto anche il funzionamento (?) delle altre, contribuisca a risolvere il problema della produttività e del merito nel Pubblico Impiego.
    I motivi sono tanti e sono stati autorevolmente e scientificamente dimostrati e spiegati in qualificati interventi ospitati da “lavoce”. La Pubblica Amministrazione non è e non sarà mai un’azienda privata che si misura con il mercato. Se questa affermazione è vera, ne discende che i metodi di valutazione delle prestazioni individuali che funzionano nelle imprese private non possono funzionare, e non funzioneranno mai, negli uffici pubblici. Prima si prende atto di questà realtà, per altro scientificamente verificata, e meglio sarà per chi ha veramente a cuore la sorte dei dipendenti pubblici e dei cittadini – utenti.
    Non trovo poi corretto attribuire al Sindacato l’origine di tutti i mali del Pubblico Impiego: mi limito a ricordare infatti che grazie alle politiche di moderazione salariale e di concertazione attuate da CGIL, CISL e UIL è stato possibile abbattere l’inflazione e partecipare alla creazione dell’Unione Monetaria Europea.
    Gli unici strumenti per garantire un dignitoso funzionamento della Pubblica Amministrazione risiedono nella possibilità di miglioramento economico e di carriera dei dipendenti, che devono essere legate alla professionalità dimostrata sul campo, magari “certificata”, questo si, da associazioni di utenti o di cittadini, e da una diversa concezione della formazione e dei titoli di studio.
    Il Pubblico Impiego è pieno di gente con lauree e percorsi formativi più o meno validi, ma tutto ciò non si traduce in una maggiore professionalità e qualità dei servizi resi alla collettività. Perchè ciò accade, e perchè nessuno indaga su questa contraddizione?

  8. Quintino Sella

    Ciò che imi indigna è la provvista di quelle risorse. Se ho letto bene, il Corriere della Sera ha scritto che buona parte di quelle risorse derivano dai tagli operati sui bilanci degli altri ministeri e sui tagli in Finanziaria. Ciò vuol dire, se ho ben capito, meno servizi ai cittadini e più alte retribuzioni ai dirigenti e ai dipendenti del Mef.
    Forse per questa ragione su dagospia venivano chiamati “i furbetti”.

    • La redazione

      Ogni spesa aggiuntiva deve essere coperta. Quindi spiazza altre spese che possno essere considerate piu’ meritorie. Ma questo ragionamento si applica a tutta la spesa pubblica. Saluti

  9. comune funzionario

    L’accordo pubblicato riguarda la ripartizione (devoluta alla contrattaz. integrativa) di un particolare incentivo (anzi di piu incentivi!) per lotta evasione, risparmi su debito pubblico, cartolarizzazioni ecc riguardante non solo il dipart. tesoro ma tutti i dipendenti del Ministero dell’economia e delle finanze + monopoli + agenzie ).
    Trattasi di somme spettanti inizialmente ai dipendenti delle Finanze per la lotta all’evasione , il 2% degli introiti ascrivibili a questa voce (articolo 12 del decreto-legge 28 marzo 1997, n.79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n.140) . Successivamente, l’articolo 3, comma 165 della legge 350 del 2003 (Finanziaria 2004) ha incluso anche il versante «Tesoro», come premio per i «tagli di spesa» ottenuti.
    La cosa ha già destato scandalo nel dicembre 2004, quando una pioggia di soldi cadde in modo imprevisto sulle teste (soprattutto di dirigenti di seconda fascia e dirigenti generali) dipendenti MEF , cifre astronomiche che arrivarono pare anche a cifre di 50.000 euro cadauno per alcuni fortunati capi dipartimento .
    Ma l’aggravante di questi incentivi è che va a premiare il personale in modo del tutto indistinto, a prescindere da ogni benché minimo coinvolgimento in attività riferentesi a lotta evasione, riduz debito pubblico, cartolarizzazione.
    Per i dipendenti “livellati” (non dirigenti) rappresenta un contentino per i miseri stipendi che percepiscono. Per i dirigenti, già strapagati, una autentica manna dal cielo……. Sarebbe il caso di approfondire il contenuto e gli effetti della norma (sopraindicata) che tutto cio prevede……

  10. Alessia

    Sono un funzionario pubblico e leggendo l’accordo mi domando: ma interessa veramente a qualcuno riconoscere il merito? E quanto coraggio dovrà mai avere la PA per definire criteri di valutazione un po’ più sofisticati del numero di ore di presenza o dell’anzianità? Oltre al danno dell’appiattimento retributivo ci tocca sopportare anche la beffa della finta incentivazione!! Le organizzazioni sindacali e i vertici delle PA oltre a demotivare, con questi accordi illuminati, i dipendenti che mettono impegno e passione nel proprio lavoro, mantengono il lavoro pubblico distante anni luce dalla realtà lavorativa del privato; possono farlo solo perché ritengono di non dover rendere conto delle proprie decisioni, come se lo spazio della negoziazione fosse una “loro” proprietà privata. Il prezzo più alto lo pagano innanzitutto i cittadini: non si può migliorare la qualità dei servizi pubblici se non si risolve il problema della produttività dell’impiego pubblico e della sua valutazione.
    A cominciare da quella dei dirigenti pubblici, valutati oramai da diversi anni, fulgido esempio dello stile italiano. Anche quando i sistemi di valutazione sono ben congegnati, spesso le valutazioni o autovalutazioni, si fondano su obiettivi assegnati a fine anno, di fatto già raggiunti, e che dunque non possono essere sfidanti e puntare al miglioramento delle prestazioni! Non c’é memorandum che tenga se non si scardina l’autoreferenzialità delle PA. Le PA devono essere costrette a rendere conto alla collettività non solo per la qualità dei servizi che erogano ma anche per come gestiscono le proprie risorse, personale compreso. Ben venga l’Authority se utile a questo scopo!

  11. enrico

    Statali sempre nel mirino. Ora per i “premi”, prima per le “promozioni”, dopo per qualche altra cosa, visto che la causa di tutti i mali dell’Italia sono i dipendenti pubblici. Rammento che la categoria è stata, da sempre, la più bistrattata e malpagata di tutto il settore impiegatizio. Forse i politici e gli “esperti” dimenticano che, quando ha fatto comodo, gli organici furono ingolfati a dismisura per emanare una serie di leggi ad hoc affinchè la pubblica amministrazione divenisse dispensatrice di discutibili provvidenze a questa o quella categoria che sarebbe stata riconoscente al momento delle elezioni. Ora a pagare devono essere solo i dipendenti, già mortificati dagli scarsi emolumenti e da carriere inesistenti (nonostante le tanto sbandierate riqualificazioni), da lavori poco qualificanti e da una bassissima considerazione da parte dell’opinione pubblica. Se qualcosa si vuole fare si cominci ad incidere nei perversi meccanismi dei nostri parlamentari ed amministratori nonchè dei tanto “gettonati” consulenti, che cumulando più incarichi (e relativi retribuzioni) offrono un pessimo servizio alle Istituzioni cui sono preposti con insostenibili costi a carico della collettività.

  12. Leon.k

    Ma in concreto quale potrebbe essere un criterio oggettivo per valutare il rendimento dei dipendenti pubblici?
    La verità è che un tale criterio non esiste.

    • La redazione

      Il panorama internazionale offre da decenni numerose esperienze di valutazione e misurazione dell’efficienza e produttività – anche individuale – in vari settori delle amministrazioni pubbliche. E’ solo questione di rimboccarsi le maniche e incominciare a sperimentarli anche da noi.
      (p.i.)

  13. Stefano Oteri

    Sono un COBAS del Ministero Economia e Finanze ed ho cercato di seguire (vista la NON democrazia sindacale) tutto l’iter del cosiddetto contratto integrativo sulla produttività.
    Vorrei precisare che questo accordo ha come oggetto le “cartolarizzazioni”, cioè le vendite degli immobili pubblici e le economie sulla lotta all’evasione fiscale. Quindi sono soldi che i lavoratori del MEF hanno meritato di prendere per il loro “lavoro sporco e silenzioso” a favore dell’intera comunità (vedi il tesoretto….)
    E’ inutile che facciate polemiche sulla distribuzione di questi soldi: l’accordo così raggiunto è stato voluto dalla parte politica, dall’Amministrazione e da cgil-cisl-uil (non cito le altre sigle sindacali tanto non contano…).
    Il dipendente statale non può essere paragonato all’operaio o all’edile; certo, è più tutelato per la tutela del posto di lavoro ma, ve lo assicuro personalmente, lavora sotto una dirigenza incapace, senza sbocchi di carriera e demotivato professionalmente. Per non parlare dei salari…
    In più abbiamo la dittatura sindacale e politica, che ha resa la P.A. un serbatoio di voti ed una casa accogliente per tutti…
    Non c’è spazio per scrivere altro, ma mi piacerebbe parlarna ancora e seriamente…
    Grazie a tutti

  14. Fabio Pancrazi

    Ho 53 anni, faccio il vigile urbano (Sansepolcro AR) ed ho 31 anni di contribuzione. Con le norme i vigore (me temo proprio che a breve peggiorino) potrò andare in pensione a 62 anni (età richiesta dal 2014), casualmente io con 40 anni di servizio.
    Quando entrai al lavoro eravamo tra i primi in Italia a poter andare in pensione, ora siamo gli ultimi: non abbiamo “esuberi” come nelle banche, “mobilità” come nel privato, ecc. Avevamo un’assistenza sanitaria abbastanza valida, ora no. Da noi carriera zero, si entra vigile urbano e si finisce vigile urbano, non si diventa nemmeno “appuntato” come nei Carabinieri. Le piccole “progressioni orizzontali” e la “produttività” non sono che i nuovi nomi, meno sostanziosi dei “vecchi scatti di anzianità” e di una parte di stipendio “scorporata” dove pescano amministratori politici e sindacati per dispensare “indennità” ai loro amici, quel poco che rimane te lo danno solo se “meritevole”.
    Con la “microcriminalità”, il “vigile di quartiere” ed altre belle parolone si pretende che alla mia età io diventi Batman.

  15. Corrado Nicolino

    Sono un dipendente pubblico. Nel mio ente esiste da tempo una retribuzione di risultato (il 30 % del totale), quindi teoricamente saremmo all’avanguardia nel panorama della P.A. italiana. Se, però, si va più in profondità, si scopre che è un risultato di tutto l’ufficio periferico, ottenuto su alcune linee produttive, dette prioritarie, e solo dai relativi addetti (veri schiavi ai remi), a vantaggio di tutto il personale. Il quale personale, durante l’anno, quando vengono diffusi i dati della produzione, monta campagne denigratorie, risse assembleari, nei confronti di coloro “che non ci faranno prendere i soldi”, ma si guarda bene dall’offrirsi come sostegno ai colleghi in difficoltà., in ciò favoriti dall’atteggiamento pilatesco dei dirigenti che non vogliono turbare gli assetti esistenti.
    Questi progetti di produzione, inoltre, vengono tirati fuori dal computer, non tengono conto delle reali condizioni delle sedi periferiche. Nel mio ente, infatti, metà del personale è concentrata a Roma, senza dirette funzioni produttive, e la maggior parte delle sedi del Nord ha vuoti paurosi negli organici, non si sa come facciano a tirare avanti, ma nonostante ciò siamo trattati tutti allo stesso modo.
    La dirigenza è interessata solamente a salvaguardare le proprie ipertrofiche retribuzioni: caro professor Ichino, i nullafacenti non sono nient’altro che i protetti dei dirigenti, magari su sollecitazione politica o sindacale! Qualche anno fa avevamo sperimentato anche la valutazione individuale, a giudizio del dirigente, soprannominata spregiativamente “pagellina”, che dava diritto ad un “bonus” sul premio di produzione: il risultato fu che il bonus andò a raccomandati e sfaccendati.
    Nella realtà della P.A. italiana, paradossalmente, il rischio è che i sistemi di valutazione penalizzino chi lavora veramente!

  16. lombardi nicola

    Il pubblico impiego è in sciopero il 1 giugno p.v. per il diritto a rinnovare il contratto nazionale di lavoro – biennio economico 2006-2007, scaduto da 17 mesi. Il Governo, che aveva assicurato l’esistenza delle risorse economiche alla vigilia della finanziaria 2007, dimostratosi inadempiente, ha rinnegato l’accordo firmato con il sindacato il 5.4.2007, di 101 euro per i ministeriali. Nel Memorandum firmato da Governo e OO.SS. ( intesa sul lavoro pubblico su proposta di CGIL CISL UIL ) è affermata in maniera forte la volontà di rendere la pubblica amministrazione moderna, più efficiente e certamente più capace di rispondere ai bisogni della collettività. Per fare questo la dirigenza pubblica deve fare il suo dovere, assumersi le sue responsabilità di gestione, assumere decisioni da “datore di lavoro” e dimostrarsi all’altezza delle sfide che la riforma della p.a. impone. Siamo d’accordo a discutere di produttività del pubblico impiego in modo del tutto nuovo, ma vogliamo cominciare dalla produttività ( e dalla capacità gestionale) dei dirigenti, che guadagnano cifre non certo equiparabili a quelle della “massa” dei dipendenti pubblici e che in teoria ( ma non in pratica ) dovrebbero rispondere pesantemente dei risultati negativi o non soddisfacenti della loro gestione. L’accordo del Ministero Economia e Finanze di cui all’articolo dei prof. Boeri e Ichino, oggetto di una nostra specifica replica alquanto articolata, sta tutto in questa situazione. Un ministro Padoa Schioppa che ha pesanti responsabilità nel grave ritardo cin cui ha sottoscritto gli accordi sindacali nazionali, le resistenze della dirigenza pubblica nell’escludere dal premio di produttività quei dirigenti responsabili di atti dolosi o oggetto di condanna definitiva, il tentativo di “allungare” ulterioremente la chiusura di una vertenza che si è trascinata, per responsabilità della sola parte pubblica, oltre ogni misura.

  17. antonio petrina

    caro prof. Ichino,
    come lei sugeriva lei è ira di rimboccarsi le maniche
    infatti è da 2 anni che nel mio comune il fondo della produttività viene ripartito al 100% in base ai progetti ed ai risultati verificati oggettivamente. Nei comuni italiani non sarà la regola generale, ma molte amministrazioni sono su questa linea.
    Perchè allora non rinnovare il contratto dei dipendenti per gli enti dando incentivi e riconoscimenti agli enti virtuosi che fano economie nei servizi con il medesimo personale ?

  18. federico zampolli

    Sono d’accordo con le vostre tesi
    tuttavia esiste una grande ipocrisia da evidenziare.
    il caso visco-speciale è solo la punta dell’iceberg
    Se un generale è infedele alla PA o anche peggio, perchè premiarlo con 10 anni di superstipendi alla Corte dei Conti?
    Naturalmente tutti si pongono dei seri dubbi sulla vicenda, ma se fosse vera la teoria di TPS perchè il premio?. L’On. Fassino a Ballarò risponde che è un normale automatismo di premio previsto per gli alti dirigenti.
    Automatismo: è questa la parola che temono coloro che credono nella meritocrazia, ed è purtroppo la parola che viene applicata nella PA sempre e comunque, anche di fronte agli illeciti, e che viene santificata dagli onorevoli sacrificando la legalità.

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