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Sull’immigrazione ci vuole coerenza

Varato il disegno di legge delega sull’immigrazione. Il successo della proposta dipende dalla definizione di un quadro completo e coerente. L’esperienza passata, anche di altri paesi, insegna che l’inadeguata considerazione di alcune importanti tessere del complesso mosaico migratorio può minare l’efficacia degli interventi. Benefici da sistemi a punti sia all’ingresso che in itinere, schemi di return finance e di premialità per i paesi di origine e dall’applicazione delle sanzioni ai datori di lavoro che assumono clandestini.

Il 24 aprile il governo ha varato il disegno di legge delega per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero in Italia.
La popolazione immigrata sarà sempre più importante nel tessuto demografico nazionale: si prevede che nel 2020 gli immigrati saranno da un minimo dell’8,7 per cento (stima Istat) a un massimo del 12,2 per cento (previsioni Caritas) della popolazione. Governare l’afflusso di immigrati significa poter determinare gran parte del futuro dell’Italia, specie di quella più giovane. Dunque, è della massima importanza dotarsi di una buona legge, con procedure efficaci.

Tre elementi potenzialmente positivi

L’attuale politica migratoria italiana, frutto dell’ottica parzialmente integrazionista della Turco-Napolitano (legge 40/1998) e della sterzata restrittiva causata dalla Bossi-Fini (legge 189/2002), anziché governare al meglio il fenomeno, ha finora generato un “esercito di invisibili“, tanta immigrazione clandestina, producendo distorsioni qualitative nei flussi e riducendo fortemente il potenziale di sviluppo insito nell’immigrazione.
Che cosa lasciano presagire ora le linee guida del provvedimento varato dal Consiglio dei ministri? A nostro avviso, contengono tre elementi potenzialmente positivi.
1. La volontà di abbandonare la visione “anti-inclusiva” della Bossi-Fini, tornando a un approccio integrazionista: per esempio, con la concessione dei diritti di voto amministrativo agli immigrati residenti in Italia da un periodo di tempo minimo.
2. L’attenzione al nesso migrazioni-sviluppo economico (facilitazioni all’invio di rimesse e schemi di incentivo al ritorno produttivo), riconoscendone il legame virtuoso con la cooperazione internazionale.
3. L’adozione di meccanismi per incanalare i flussi migratori nella legalità: torna la figura dello sponsor che, al netto delle falsificazioni, è segnale necessario di un raccordo con le effettive esigenze del mercato del lavoro; vengono istituite le liste di richiesta di ingresso, a cui potranno accedere associazioni di categoria, istituzioni pubbliche e, in quota marginale, i singoli cittadini.

Tuttavia, il successo della proposta richiede la definizione di un quadro completo e coerente. L’esperienza passata, anche di altri paesi, insegna che l’inadeguata considerazione di alcune importanti tessere del complesso mosaico migratorio può minare l’efficacia degli interventi.

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E quelli che suscitano dubbi

Alcuni passaggi cruciali nel testo del disegno di legge delega sono fragili:
i. Cosa ci assicura che il decreto flussi, sebbene triennale, funzioni oggi quando non ha funzionato in passato? Le 700mila domande di regolarizzazione del 2002 non erano certo ascrivibili alla Bossi-Fini
ii. Quali garanzie sono date sul funzionamento dell’apparato amministrativo italiano di fronte a nuovi oneri, come per esempio, gestione di liste di richieste di ingresso, di banche dati interministeriali, oneri di rilievo per i comuni?
iii. Sarà assicurata la capacità di enforcement del provvedimento, elemento critico per la sua efficacia, quando si ampliano in maniera sostanziale le modalità d’ingresso (chiamata numerica o nominativa dalle liste; ingresso per ricerca di lavoro)?

A queste domande specifiche il governo dovrebbe rispondere prima di definire il nuovo quadro.
Più in generale, non ci si può basare solo sulla concessione di diritti. (1) Oltre a ridurre la clandestinità, è necessario anche prevedere doveri e soprattutto incentivi che favoriscano la piena realizzazione dei benefici della migrazione.

Per un programma coerente

A nostro avviso, alcuni elementi renderebbero il programma più coerente.
Un sistema a punti all’ingresso che preveda requisiti minimi, selezionando gli immigrati che rispondano alle esigenze contingenti del mercato del lavoro. Le autorità preposte dovrebbero solo verificare il rispetto dei criteri di partecipazione di immigranti e sponsor. Il meccanismo, già applicato in Canada, Nuova Zelanda e Australia ai migranti qualificati, può funzionare anche per i meno qualificati.
Un sistema a punti in itinere. Comportamenti positivi e verificabili del migrante (per esempio investimento in istruzione e/o lingua italiana, giornate lavorative effettuate, reddito dichiarato, partecipazione alla vita sociale e a programmi di integrazione) dovrebbero agevolare il rinnovo del permesso di soggiorno o la concessione della cittadinanza. Al contrario, comportamenti non desiderabili (come i reati) dovrebbero sfavorire il rinnovo. In tal modo si promuove una maggiore integrazione assieme all’acquisizione di capitale umano per il beneficio di tutti.
I sistemi a punti – sia all’ingresso che in itinere – darebbero evidenti benefici e comporterebbero costi solo di poco più elevati rispetto a quelli già impliciti nell’istituire e attuare l’enforcement delle liste dei migranti con requisiti minimi.
Schemi di return finance e di premialità per i paesi di origine, per facilitare il reinserimento produttivo dei migranti di ritorno. Possono essere ad esempio schemi di microcredito e aiuti per il trasferimento di tecnologia.
Infine, rendere efficaci le sanzioni ai datori di lavoro che assumono clandestini. La Bossi-Fini già lo prevedeva, ma finora senza applicazione. Occorre, invece, attuare quella norma, magari introducendo incentivi ai migranti che denunciano lo sfruttamento.
In conclusione, l’impianto del Disegno di legge delegadl appare condivisibile, ma, come al solito, per garantirne il successo “God is in the details“.

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Per saperne di più

Chiuri, M.C., N. Coniglio e G. Ferri (2007) L’esercito degli invisibili- Aspetti economici dell’immigrazione clandestina, Il Mulino, Collana Studi e Ricerche, febbraio.
Einaudi F. (2007) Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi, Editori Laterza, marzo.

(1) Vedi l’articolo di Magdi Allam sul Corriere della Sera del 25-4-07.

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  1. Matteo Bardelli

    Nel disegno di legge delega varato dal Governo per disciplinare l’immigrazione c’è fortunatamente l’intenzione di concedere agli immigrati il diritto di voto alle elezioni amministrative. Questo se da un lato è da accogliere con piacere perché sanerà una disparità con i cittadini europei residenti in italia a cui gli accordi europei già garantiscono questo diritto. Quello che lascia dubbiosi è invece il modo con cui questo diritto verrà riconosciuto. Sarebbe auspicabile un rinvio ad un “atto internazionale” tra l’Italia e gli Stati di appartenenza degli immigrati che conceda ai cittadini dei rispettivi Stati il diritto di voto alle elezioni amministrative/locali. Oltre ad essere conforme al diritto internazionale, secondo cui “il cittadino di uno stato è proprietà esclusiva di quest’ultimo”, garantirebbe anche ai nostri connazionali all’estero la possibilità di dire la loro sull’amministrazione delle comunità che li ospitano e, sarebbe anche un ulteriore motivo di orgoglio per il Paese e la sua diplomazia, che sono in questo momento investiti della responsabilità derivante da occupare un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, potendo promuovere i diritti democratici degli individui con la forza del diritto in luogo di quella della spada.
    Purtroppo il timore è che si vada in tutt’altra direzione, lasciando i nostri connazionali all’estero nell’abbandono più completo e rinunciando ad esercitare, nell’arena internazionale, quel “soft-power” di cui l’Italia, e molti paesi europei, sono ricchi e che viene usato nelle relazioni internazionali per sopperire a quel “hard-power” (che include la forza militare) di cui siamo storicamente carenti. Il mio timore (ma non sono l’unico) è che la legge che verrà stilata si limiterà a concedere “unilateralmente e graziosamente” il diritto di voto a dei cittadini stranieri. Intento di per se nobilissimo ma, nonostante ciò, un occasione persa.

  2. Perikli Petromilo

    Chi scrive vive in Italia da immigrato dal 1999. Può sembrare un’esperienza non sufficiente per commentare il parere degli autori di questo articolo ma in questi anni la normativa sull’immigrazione ha subito diverse trasformazioni anche di notevole importanza. Essendo constretto a rinnovare il mio permesso di soggiorno ogni anno ho cercato di tenermi aggiornato sia sui diritti sia sull’iter di rinnovo/rilascio dei documenti di permanenza legale che le varie release delle leggi continuavano ad aggiornare. Ho notato, purtroppo, che i miei “interlocutori” dei vari uffici dove mi presentavo non facevano il mio stesso sforzo nel seguire le novazioni e le interpretazioni di tali cambiamenti. Credo che il vero problema degli immigrati in Italia non sia la legge stessa (sull’interpretazione e la bontà della quale condivvido quanto esposto in questo articolo) bensì la sua attuazione. Si può discutere sugli aspetti positivi o negativi delle varie leggi che si sono susseguite dal punto di vista di schieramenti politici contrapposti, di conseguenze economiche e sociali immediate e future. Ciò che, però, preoccupa ogni singolo immigrato è l’ottenimento del permesso di soggiorno che gli consente di condure in tranquillità la propria vita quotidiana. Oggi siamo di fronte ad una situazione disastrosa per quel che riguarda il processo di rilascio del permesso (basti immaginare che a chi scrive il sistema informatico di interrogazione segnala”istanza in preistruttoria – Errore di compilazione/dati mancanti: nome, cognome, data di nascita…professione…”). C’è una totale confusione nella ripartizione dei poteri decisionali tra i vari operatori coinvolti. E’ ammirevole la volontà di spostare la titolarità della gestione delle pratiche dalle questure (dove il rispetto alla persona era degradato a livelli vergognosi). Ciò che manca è il come farlo.

  3. Gjergj Zefi

    Sono diversi mesi che il disegno di legge in materia di cittadinanza non riesce ad approdare alla bicamerale Italiana. Capisco la lentezza e la burocrazia delle istituzioni, ma non fino a questo punto. Ovviamente l’esecutivo di oggi assieme alle istituzioni hanno il loro bel da fare per i cittadini italiani ed è normale che le questioni in merito agli immigrati vengano meno, ma per gente che viene da lontano e vive e lavoro in questo paese ci vorrebbe un po’ di impegno. La tematiche politiche mi appassionano molto, ma in italia vedo una politica distruttiva. Non capisco come mai l’opposizione voglia le elezioni da aprile del 2006. Insomma il giorno dopo le elezioni qualcuno voleva che si andasse subito al voto. (scusate del gioco di parole che mi costringono di usare la parola “elezioni” diverse volte, ma purtroppo è così). Spero che si cambi la legge elettorale e il mio passaporto italiano arrivi al più presto.(vivo in italia da 13 anni e sono soggetto ad un’aliquota fiscale pari al 40%). Saluti, Gjergj Zefi

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