Il programma

Il programma dell’Unione dedicava ampio spazio ai problemi del pluralismo e dell’informazione, con particolare attenzione al settore cruciale della televisione. Riguardo agli assetti complessivi di questo comparto, il programma auspicava un superamento della legge Gasparri con il varo di misure in grado di ridurre la concentrazione nei singoli mercati, e in primo luogo in quello della raccolta pubblicitaria, e di contrastare l’emergere di posizioni dominanti tra i diversi segmenti dei media. Meno esplicito era il programma con riferimento alla situazione della Rai, dove affermando l’importanza di rafforzare in una logica di gruppo la missione di servizio pubblico non veniva affrontato il problema della privatizzazione di una parte delle reti, e di una netta distinzione tra attività finanziate dal canone e attività finanziate dai proventi pubblicitari.

Le attività del governo

Il governo ha affrontato il riassetto del settore televisivo principalmente attraverso due disegni di legge a firma del Ministro Gentiloni. Nel primo viene affrontata la situazione dei mercati televisivi e della loro transizione al digitale. Due sono le novità più importanti nella proposta del governo. La migrazione anticipata (2009) di due canali, uno Rai e uno Mediaset, in tecnica digitale prima del passaggio completo (2012) delle trasmissioni al digitale terrestre; la fissazione di un limite del 45% alla raccolta pubblicitaria in capo a un singolo soggetto, misura che andrà ad incidere sulla posizione dominante di Mediaset in questo settore.
Riguardo alla governance della Rai il Ministro Gentiloni ha presentato un disegno di legge che prevede, su modello della BBC inglese, la creazione di una Fondazione con compiti di indirizzo e impulso, inclusa la nomina degli amministratori, nei confronti della holding Rai Spa, cui è demandata la gestione operativa. L’articolazione della holding prevede tra le altre la separazione in società diverse delle attività finanziate con il canone e quelle finanziate con pubblicità, senza tuttavia identificare queste diverse attività in canali distinti.

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Commenti

Abbiamo commentato a suo tempo come queste due misure vadano ad incidere sul problema cruciale della concentrazione degli ascolti che caratterizza la situazione italiana, riducendo direttamente (tetti antitrust) e indirettamente (minore audience potenziale del digitale) la capacità di raccolta pubblicitaria e quindi le possibilità di investire nei palinsesti dei due gruppi maggiori, liberando risorse per i nuovi entranti. Pur condivisibile nella sua impostazione, questo disegno di legge appare tuttavia poco incisivo, dal momento che la migrazione anticipata al digitale di due reti crea una finestra temporale di un triennio, troppo breve perché nuovi gruppi televisivi trovino conveniente investire prima del ritorno al dominio dei gruppi multicanale che si ricostituirà con il passaggio completo al digitale. Gli stessi strumenti per applicare concretamente il divieto di superare la soglia del 45% nella raccolta pubblicitaria appaiono poco incisivi vista la situazione di partenza. Nel disegno di legge Gentiloni sul riassetto del settore televisivo si riscontra quindi una impostazione condivisibile ma soluzioni timide e poco incisive rispetto, ad esempio, all’opzione di cedere una rete a testa da parte di Rai e Mediaset.
Per quanto riguarda la Rai, il modello di governance appare potenzialmente in grado di allentare i forti condizionamenti politici nella gestione del servizio pubblico. Rimane tuttavia confermata la logica unitaria che non distingue canali di servizio pubblico e canali commerciali ma solamente tra attività di diversa natura all’interno di una programmazione unitaria. Questa reticenza rende quindi arduo il percorso che potrebbe portare al mantenimento in mano pubblica della/e sola rete con contenuti di servizio pubblico privatizzando le altre.
In conclusione, il Governo ha presentato disegni di legge coerenti con il programma annunciato e in tempi complessivamente ragionevoli. Le luci e ombre che segnalavamo nel programma dell’Unione in materia televisiva sembrano in gran parte riproporsi anche guardando ai disegni di legge del Governo.

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