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Se il deposito si sveglia

Il regolamento sui depositi dormienti individua le modalità per alimentare il fondo che dovrebbe risarcire i risparmiatori coinvolti nei grandi crac. Si applica alle banche e a tutti gli intermediari. Rimangono però ancora molti interrogativi su come potrà realmente funzionare evitando rimborsi generalizzati. Pericolosa la convinzione che nei casi di default, non solo degli emittenti privati, ma anche degli stati sovrani, possa comunque esserci una sorta di garanzia di rimborso, con grave pregiudizio per la funzionalità del mercato finanziario.

Il governo ha approvato il testo del regolamento di attuazione delle norme, contenute nella legge Finanziaria di due anni fa, sui depositi “dormienti” nelle banche, quelli cioè non rivendicati dai titolari e che dovrebbero adesso confluire in un fondo per risarcire i risparmiatori colpiti dai grandi default.
Si tratterà, secondo il regolamento, non solo di depositi denaro, ma anche di rapporti relativi a strumenti finanziari e polizze assicurative con pagamento di rendita o capitale a una data prestabilita. La nuova disciplina si applica, quindi, alle banche e a tutti gli altri intermediari, comprese le assicurazioni.

Quando il deposito dorme

È qualificato come “dormiente” il rapporto sul quale il cliente per dieci anni non compie alcuna operazione di sua iniziativa. È elemento importante, questo, perché non vengono considerate le movimentazioni a cura esclusivamente dell’intermediario, come l’accredito di interessi e di dividendi. Trascorso questo periodo, l’intermediario deve inviare una lettera al cliente chiedendogli di impartire eventuali disposizioni e avvisandolo che, in caso contrario, le somme o i valori depositati saranno trasferiti al fondo.
Se entro i successivi 180 giorni non succede niente, avviene il trasferimento, previa però una comunicazione al ministero dell’Economia che a sua volta rende pubblici gli elenchi di tutti i rapporti non rivendicati. Questo perché l’eventuale titolare, anche dopo i 180 giorni, potrà sempre esercitare i propri diritti nei confronti del fondo.

Quando il deposito si sveglia

Vengono, così, definite con precisione le caratteristiche dei depositi dormienti anche se non c’è alcuna certezza sul loro reale ammontare, e quindi sulla effettiva capacità del fondo di realizzare i suoi obiettivi. È evidente che le possibilità di ristoro per i risparmiatori dipenderanno dall’ammontare dei flussi di alimentazione, ma non solo: sarà necessario stabilire chi e secondo quali modalità dovrà essere rimborsato.
E qui il decreto non dice niente, limitandosi a istituire una nuova commissione e rinviando (articolo 5) a successivi regolamenti “la disciplina tecnica per la concreta attivazione del fondo”, regolamenti che avranno un compito difficile.
Non è ben chiaro quali possano essere i criteri per individuare coloro che hanno subito un danno ingiusto dai default, anche perché questo richiederebbe una attenta indagine sui singoli rapporti, sui comportamenti dei risparmiatori e su quelli degli intermediari.
Da tempo nel nostro ordinamento si è affermato un principio, ribadito di recente anche dalla direttiva Mifid, di diversificazione delle tutele a seconda delle caratteristiche dell’investitore.
È un principio giusto perché, per sintetizzare, colui che dispone di cospicue risorse e decide consapevolmente di scommettere sull’andamento dei mercati, è una figura diversa, e quindi merita un diverso grado di protezione, dal piccolo risparmiatore che senza adeguate informazioni è stato indotto a investire i suoi pochi soldi in titoli eccessivamente rischiosi. Soltanto una attenta analisi dei singoli casi e delle specifiche responsabilità può realizzare soluzioni equilibrate la cui sede naturale dovrebbe, però, essere quella giudiziaria.
Il pericolo è che, trovandosi di fonte a una massa di richieste, il fondo finisca o con operare in tempi lunghissimi, oppure con il favorire rimborsi generalizzati che avrebbero un duplice rischio. Da un lato, quello di iniquità e, dall’altro, quello di ingenerare la pericolosa convinzione che nei casi di default, non solo degli emittenti privati, ma anche degli stati sovrani, possa comunque esserci una sorta di garanzia di rimborso, con grave pregiudizio per la funzionalità del mercato finanziario. Infatti, l’investitore ha il sacrosanto diritto di essere sempre correttamente informato e di compiere scelte consapevoli. Tuttavia, una volta soddisfatti questi presupposti, ciascuno deve essere nella condizione di guadagnare, ma anche di perdere.

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Difficoltà e giustizia

Per questo motivo il regolamento che disciplinerà l’operatività del fondo si muoverà su un terreno oggettivamente difficile. D’altronde, se nelle norme sulla identificazione dei depositi dormienti si è fatto opportunamente riferimento alle più avanzate esperienze straniere, le stesse esperienze, e in particolare quella irlandese, ci dicono che i fondi vengono poi utilizzati per interventi di grande importanza, ma decisamente più semplici, quali il finanziamento all’assistenza a persone disagiate.
L’origine di tutte le difficoltà è, però, nel nostro Parlamento. Nelle fasi finali della passata legislatura, di fronte alla gravi conseguenze sulle tasche dei risparmiatori dei grandi default, ha rincorso affannosamente soluzioni forse di grande effetto mediatico, ma affrettate e di sapore decisamente “elettorale”, invece di pensare a misure, come quelle per ridurre i costi di accesso alla (e i tempi della) giustizia, sicuramente più utili per una reale ed equilibrata tutela dei risparmiatori.

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  1. Andrea Di Corrado

    Aldilà dei buoni propositi della norma…la lettura del dpr 116/2007 appare davvero difficoltosa! L’applicazione della dormienza agli strumenti finanziari in custodia ed amministrazione (depositi titoli) non sembra chiara. Chiunque può investire in azioni e decidere di tenerle nel proprio deposito x 10-15 o anche 20 anni. La norma invece impone l’obbligo di comunicazione e per il cliente l’ordine di impartire disposizioni! Quale disposizione potrebbe impartitre il cliente se decidesse di far perdurare il proprio investimento?

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