Lunedì 9 luglio il presidente della Consob terrà la sua relazione annuale al mercato. Cosa è cambiato nell’ultimo anno? Apportate le opportune correzioni alla legge sul risparmio, è però ancora lontano il riordino complessivo di una legislazione eccessivamente frammentata e al continuo inseguimento dell’attualità. Mentre l’Autorità dovrebbe sviluppare maggiormente l’analisi di impatto della regolamentazione e impegnarsi in una campagna per l’alfabetizzazione degli investitori. E tra le sfide per il futuro, c’è l’integrazione a livello europeo.

Il 3 luglio del 2006 il presidente della Consob concludeva la relazione annuale invocando “regole certe e chiare” per garantire un funzionamento del mercato dove ogni attore – intermediari, emittenti e risparmiatori – potesse valorizzare i propri “talenti”, e anche regole certe e chiare per consentire alla Autorità di operare in modo efficiente autonomo e indipendente.
A un anno di distanza, può essere utile chiedersi se le sue invocazioni hanno colto nel segno, cosa nel frattempo è cambiato e soprattutto quali sono le sfide che aspettano la Consob.

Luci e ombre

Non vi è dubbio che qualche richiamo ha dato i suoi frutti: con una certa eleganza, si definiva la legge sul risparmio caratterizzata da un approccio “sintomatico”, suggerendo qualche correzione; in realtà era quella una legge approvata di fretta e furia a fine legislatura, con un occhio demagogico agli elettori e conteneva alcuni autentici svarioni ai quali il nuovo governo ha opportunamente rimediato con un decreto correttivo. Altri richiami hanno, però, avuto meno effetto. Ad esempio, di fronte alla mole di misure necessarie per recepire le direttive comunitarie si richiedeva un intervento legislativo “organico e coordinato”, evitando un “approccio per singolo adempimento”, per recuperare la coerenza sistematica del Testo unico della finanza del 1998, che era, poi, il suo pregio, e che rischia ora di disperdersi. A prescindere dai cronici e tradizionali ritardi nel recepimento delle norme comunitarie, la sensazione è che sia ancora lontano un riordino complessivo di una legislazione eccessivamente frammentata e al continuo inseguimento dell’attualità. Non si tratta, è bene precisarlo, di riscrivere il Tuf. Tuttavia, di fronte alle mille modifiche imposte dall’agenda comunitaria (si pensi alle disposizioni della Mifid o a quelle sull’Opa) o dall’agenda politica (dalle proposte di riforma delle banche popolari a quelle sulle piramidi societarie), a dieci anni di distanza, è necessaria una riflessione su come conservare e valorizzare l’impianto normativo sul quale in fin dei conti si regge la disciplina dei nostri mercati finanziari. E questo riguarda le stesse Autorità di vigilanza. L’auspicio della relazione del 2006 di “perseguire fino in fondo il modello di ripartizione delle competenze secondo le loro finalità” è caduto, finora, nel vuoto: il governo ha presentato un ambizioso disegno di legge di riorganizzazione e semplificazione del sistema dei controlli, immediatamente impantanato nelle sabbie parlamentari e con molti dubbi su una sua rapida approvazione. Senza tener conto, poi, che quel disegno, a proposito di regole “certe e chiare” contiene alcune pericolose ambiguità circa il ruolo del governo nei poteri di vigilanza.

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Le regole e la Consob

Ma sul terreno delle regole anche per la Consob ci sono nuovi compiti. Il nostro ordinamento impone alle Autorità di controllo di ispirarsi ai principi di consultazione degli operatori, di proporzionalità, di analisi di impatto e di valutazione dei costi regolamentari.
Importanti e significativi passi avanti nella fase di coinvolgimento dei destinatari dei provvedimenti ci sono stati, mentre l’analisi di impatto della regolamentazione merita di essere ulteriormente sviluppata. Il recente rapporto annuale della Financial Services Authority britannica dedica grande spazio agli sforzi compiuti per migliorare la qualità della normativa emanata e per identificarne con precisione i costi. (1) Sarebbe bello vedere anche all’interno della relazione Consob un capitolo dedicato alla better regulation.
C’è, infine, un altro terreno sul quale la Consob, si dovrà, in futuro, misurare. Nelle relazione del 2006, a proposito del processo di integrazione europea, si sottolineava l’esigenza, per rafforzare la tutela degli investitori, che le norme “siano attuate con uguale intensità e secondo analoghe modalità” e si mettevano in evidenza le (meritorie) attività di coordinamento in sede internazionale. Quando ormai non solo gli intermediari, ma anche i mercati concludono ambiziosi processi di aggregazione pan-europea il coordinamento è importante, eppure non sufficiente per soddisfare quella esigenza, e anche per le Autorità di controllo si impone la scelta dell’integrazione. Una scelta ormai da molti (risparmiatori e intermediari) auspicata, ma alla quale i governi degli stati membri, in un clima non certo di grande entusiasmo per le istituzioni europee, oppongono resistenza. Se le singole Autorità di vigilanza cominciassero a includere nei loro richiami ai propri governi anche questo problema, la strada verso l’unificazione dei controlli sul piano europeo, sicuramente accidentata, diventerebbe più breve.

Non solo regole

Pochi, forse, si sono accorti che la relazione del 2006 nel capitolo dedicato alla “evoluzione organizzativa e al potenziamento delle risorse della Consob” faceva riferimento alle iniziative nel campo della educazione, ma meglio sarebbe dire della alfabetizzazione, degli investitori. È, questo, un tema tanto importante quanto trascurato da chi non si rende conto che la protezione del risparmio si basa su regole “certe e chiare” per garantire correttezza e trasparenza di intermediari e emittenti, ma anche su investitori disposti, banalmente, a perdere dieci minuti del loro tempo nella lettura dei documenti che, ad esempio, spiegano che quando si compra una obbligazione con tasso di interesse molto alto, magari di uno Stato estero, si rischia molto di più. Probabilmente, più che di informazione, in alcuni casi fin troppo abbondante e anzi sempre più da semplificare per renderla effettivamente usufruibile, c’è bisogno di “formazione attiva” dei risparmiatori. Il lancio di una campagna nazionale su questi temi, che coinvolga anche le scuole e le università, come la relazione del 2006 in parte suggeriva, è sicuramente una iniziativa che non può ricadere solo sulle spalle della Consob, ma rappresenterebbe un messaggio significativo per la maturazione dei nostri mercati finanziari.

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(1) Fsa, Annual Report for the year 2006/7 sul sito www.fsa.gov.uk

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