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Sistemi elettorali alla scelta finale

In un quadro pienamente federalista è preferibile il sistema proporzionale con premio di maggiorana, soglia di sbarramento e voto di preferenza. Ma anche il maggioritario a doppio turno sarebbe comunque migliore della legge elettorale in vigore. In ogni caso, infatti, scomparirebbe la spinta alla frammentazione da cui nasce il ricatto continuo dei piccoli partiti. Che oggi lo esercitano proprio per impedire l’adozione di nuove norme che li priverebbero del potere di veto. Una situazione che si può risolvere solo attraverso il referendum.

Sotto la minaccia del referendum, i discorsi sulla riforma elettorale si sono almeno decantati, il che consente di riprendere il tema in termini semplificati. Dato per scontato che bisogna ripristinare la preferenza sui candidati e vietare le candidature in più collegi, sono due gli schemi a confronto. Da un alto, il maggioritario a doppio turno: in ogni collegio, se non c’è maggioranza assoluta al primo turno, si va al ballottaggio tra i primi due e o al massimo tra i primi quattro candidati, come in Francia. Dall’altro lato, il proporzionale con soglia di sbarramento, secondo il modello tedesco, e con in più il premio di maggioranza all’italiana.

I meriti del proporzionale

Ho già scritto su queste colonne a favore del proporzionale. Motivo principale, il rispetto sostanziale della sovranità popolare nel nuovo quadro federalista.
Quando il dettato costituzionale sarà attuato appieno, nella forma e nello spirito, i parlamentari, che una volta decidevano anche su un campo di calcio, si pronunceranno solo su questioni di interesse nazionale: difesa, bioetica, giustizia, grandi reti di trasporto, livelli essenziali delle prestazioni sociali, eccetera. Temi che in una democrazia diretta sarebbero sottoposti a referendum nazionale, perché è giusto che, nella decisione, contino i voti di tutti gli italiani. In una democrazia rappresentativa, quando si decide in maniera intermediata eleggendo i parlamentari, è giusto che continui a contare il voto di ciascuno, indipendentemente dalle preferenze dei suoi vicini di casa. E ciò richiede il proporzionale, perché con il maggioritario-uninominale la minoranza dei votanti in ogni collegio scompare, con la possibilità, già verificatasi più volte nella storia, che la diversa concentrazione dei voti nei vari collegi generi una maggioranza dei parlamentari eletta dalla minoranza dei votanti o che la semplice maggioranza dei votanti ottenga addirittura la totalità dei seggi. Si aggiunga che il maggioritario rende probabile, ma non sicura, una robusta maggioranza in Parlamento, che è invece esito certo con il premio di maggioranza.

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Sempre meglio della legge attuale

Molti considerano il sistema a doppio turno superiore in termini evolutivi, perché spinge alle grandi formazioni. Ma se è vero che dopo il primo turno gli sconfitti hanno il potere di contrattare il loro sostegno ai candidati rimasti in lizza, si tratta pur sempre di candidati che provengono dai partiti maggiori, senza contare che la contrattazione tra politici al secondo round può avere poco peso sugli elettori: tutto ciò induce ad abbandonare i piccoli partiti che non hanno speranza di entrare nei ballottaggi. Al contrario, si sente dire, ogni piccolo partito può sopravvivere benissimo nel sistema proporzionale puro; e può farlo, pur se costretto per un attimo a celare la propria identità e a entrare in una coalizione per via del premio di maggioranza: negoziando a priori tra segreterie dei partiti, infatti, mantiene una forza contrattuale che gli fa ottenere propri candidati vincenti in alcuni collegi e quindi avere una sua successiva rappresentanza autonoma in Parlamento. La prova di tale tesi è sotto i nostri occhi quotidianamente.
Orbene, è una tesi sbagliata. Ignora che l’esito deludente dell’attuale maggioranza in Parlamento, dimostratasi coalizione non coesa, è frutto di un sistema proporzionale che non ha adottato serie soglie di sbarramento e soprattutto ha depredato l’elettore della sua possibilità di scelta tra candidati. Una volta introdotta una soglia seria al 4-5 per cento e una volta ripristinato il voto di preferenza, il candidato del piccolo partito ha poche speranze di essere eletto sia presentandosi come tale sia entrando a far parte della rosa di candidati di una più larga coalizione. Meglio per lui entrare in un partito maggiore, come avviene con il sistema a doppio turno. Naturalmente, la spinta ai “matrimoni di interesse”, comune ai due sistemi, ha come conseguenza la coabitazione di anime diverse nello stesso partito. Ma una dialettica interna forte senza diventare dirompente (e che non sia dirompente è assicurato dalla comune convenienza a restare insieme per vincere le prossime elezioni), va vista come un positivo fattore di democrazia sostanziale.
Ribadita la preferenza per il sistema proporzionale con premio di maggiorana, soglia di sbarramento e voto di preferenza, va detto che anche il maggioritario a doppio turno andrebbe benissimo rispetto alla situazione attuale. In ogni caso, infatti, scomparirebbe la spinta alla frammentazione da cui nasce il ricatto continuo dei piccoli partiti. Ma come vincere il ricatto attuale dei piccoli partiti contro l’adozione di un sistema che eviterebbe il loro ricatto in futuro? Votando per il referendum. Come volevasi dimostrare.

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Sommario 13 luglio 2007

  1. Carmelo Dragotta

    Perfettamente d’accordo con lei sull’opportunità di firmare per il referendum (già fatto).
    Restano le mie perplessità sull’opportunità e sull’efficacia dello sbarramento. L’incapacità dei nostri politici di attuare una dialettica interna non dirompente è dimostrata dall’evoluzione del sistema partitico nella seconda Repubblica: col maggioritario prima e col proporzionale dopo, ogni partito che avesse delle contraddizioni all’interno ha sempre dato vita a scissioni. E’ successo a sinistra, a Rifondazione comunista e ai Ds, a destra, ad An, al centro con Ccd, Udeur, Udc e le altre vari sigle. Il problema sta proprio nell’immaturità della nostra classe politica, che infatti dà vita a oscenità come il binomio liste bloccate + candidature multiple, “costringendo” l’elettorato a mobilitarsi per dar vita al referendum.
    Una classe politica sana ha in primo luogo il dovere di favorire il proprio ricambio attraverso l’espressione più ampia e più chiara della volontà popolare in quell’unica occasione, una volta ogni 5 anni, in cui ciò è previsto.
    Per questo sono contrario alle soglie di sbarramento, che limitano l’espressione delle sfumature di pensiero, ma pienamente favorevole al proporzionale a doppio turno, in modo che gli agglomerati politici più forti abbiano la garanzia di poter governare liberi dai ricatti e quelli più piccoli il diritto di esprimere le proprie opinioni.
    Favorendo la rappresentanza parlamentare, e più facili evitare l’insorgere di fenomeni para-politici che in passato, anche in quello più recente, hanno causato non poche morti e un clima di grave tensione nel nostro Paese.

  2. Bastiano.B.Bucci

    Condivido in linea di massima l’analisi fatta nell’articolo, ma o mi sono perso qualche passaggio, o non capisco cosa c’entri con quanto espresso la riuscita del Referendum.

    Tanto per cominciare dai quesiti referendari si desumono solo due modifiche
    1) Favorire l’accorpamento, mediante il premio di maggioranza, in un’unica lista anziché alle coalizioni che, come abbiamo visto fino ad oggi, è la strada migliore per consentire a piccolissime formazioni, in qualche caso anche a qualche singolo personaggio ritenuto foriero di voti, di porre in atto tutti i ricatti possibili ed immaginabili essendo una scelta a priori sarà basata sul semplici stime ed accordi delle segreterie dei partiti costituenti il listone (con buona pace di chi dice che questo referendum sarebbe contro la partitocrazia)

    2)Il secondo quesito è un’ovvietà che non si può non condividere (cioè impedire candidature multiple di uno stesso personaggio).

    Davvero dai quesiti (e non potrebbe essere altrimenti) non viene fuori niente di nuovo o di diverso di quanto è già in essere, se non che la coalizione non sarà più composta da partiti e partitini, riconoscibili ed esattamente commensurabili, ma da una castalia indistinta e vorace che tenderà a presentasi sotto un’unica bandiera per poi sbranarsi appena conseguito il risultato.
    Abbiamo già esperienza in proposito: nessun partito sta mettendo in crisi il governo Prodi, ma singoli personaggi di sinistra di centro, riformisti o radicali.

    (segue) chiedo scusa non vorrei abusare dell’ospitalità, ma visto che nessuno parla contro questo referendum, avrei piacere di argomentare un pò meglio (sempre se consentito)

  3. Bastiano.B.Bucci

    Dunque il referendum (che fra l’altro non ripristina il voto di preferenza) non ha fra le sue possibilità quella di prefigurare un sistema elettorale diverso da quelli che abbiamo tristemente sperimentato in questi ultimi anni. Invece gli si attribuisce un significato politico preciso: si dice, se vince il referendum, vuol dire che i cittadini italiani vogliono un sistema pibartitistico con elezione maggioritaria.
    Che sarebbe una sciagura, il peggiore dei sistemi immaginabili, perché come tutti sanno, questo sistema sacrifica la rappresentatività degli organi statuali (del parlamento in particolare che diventa solo una camera di yesmen) a vantaggio di una governabilità certa. i piccolissimi partiti che con un’eventuale proporzionale con sbarramento non avrebbero più voce in capitolo, tornerebbero a contare moltissimo sulla base della loro capacità di contrattuale e di rappresentare lobbies e poteri forti, indipendentemente dalla reale incidenza delle loro idee presso i cittadini.
    Il tutto col bel risultato di allontanare i cittadini, che non avrebbero più ambiti di partecipazione e di discussione, né alcun processo identitario o di confronto, dalla politica. Insomma l’apoteosi dell’antipolitica. Con buona pace degli artt. 1 e 49 della Costituzione.

  4. fp

    Magari dico una sciocchezza, ma davvero non mi sono chiari i dati del problema. Se il problema è l’inefficienza che scaturisce da coalizioni troppo frammentate o invece l’inefficienza che scaturisce da coalizioni di partiti ideologicamente troppo distanti. Con un esempio: una soglia di sbarramento al 5% e premio di maggioranza alla coalizione(quindi non al partito come nel referendum), molto probabilmente manterrà la struttura bipolare del sistema con, certamente non inevitabilmente, ma probabilmete il ripresentarsi di coalizioni con partiti lontani ideologicamente. Senza nessun risultato di efficienza. Per questo ho più fiducia in un sistema alla francese.

  5. pasqualeandreozzi

    d’accordo sulle domande referendarie, esprimo il mio disaccordo sul doppio turno, l’unico sistema che reputo capace di portare a sviluppi positivi. il doppio turno è democratico e non penalizza le formazioni minori. sulla base dell’esperienza dei comuni, il doppio turno, non induce ad accordi sottobanco, anzi laddove si è espresso svincolato da accordi di coalzione (centroD/centroS) ha permesso a tutte le aggragazione dotate di programma comune di battersi per la vittoria non sulla base di posti assegnati ad di ogni sngola componente, ma proprio sulla base del programma. all’eventuale doppio turno le formazioni minori, che non si erano già aggregate sulla base del programma condiviso, hanno potuto convergere, ma senza potere di veto assoluto come avviene ora e come avverre con un premio di maggioranza. e questo accadrebbe anche con elezioni nazionali, senza la finta del programma comune, che o c’è ed è genuino o lo si rimette agli elettori. in ogni, caso nessun partito, soprattutto i piccoli, non avrebbero il potere di determinare la sconfitta dell’intera coalizione. la domada è, vista la frammentazione e la debolezza anche dei partiti più forti delle due coalizioni, quali maggioranze, quali leadership, possono varare un sistema che non debba essere “ririformato” domani? è per questo che il doppio turno non si attuerà mai a livello nazionale, ed invece sarebbe ottima cosa anche per i piccoli. saluti cordiali

  6. giuseppe faricella

    Secondo me, un altro forte incentivo alla frammentazione della rappresentanza politica è il sistema dei finanziamenti pubblici: se un gruppo rappresentante l’1% può avere accesso a rimborsi, a erogazioni dirette e a contributi a suoi organi di stampa, è naturale che esista una “spinta” a creare nuovi raggruppamenti anche, eventualmente, dopo essere stati eletti grazie ad apparentamenti. secondo me la nuova legge elettorale dovrebbe essere proporzionale con sbarramento “forte” al 5% ma andrebbe, poi, accompagnata da ulteriori forti disincentivi alla frammentazione di tipo finanziario e di tipo regolamentare. ps: una provocazione: in italia si parla spesso di crisi della (rappresentanza) politica riferendosi agli eletti, ma mai riferendosi agli elettori: ma non è che tassi di partecipazione al voto dell’85% sono troppo alti?

  7. Alessandro

    Il sistema migliore per l’italia credo sia un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento al 5%, simile al modello tedesco dove vi sono anche collegi uninominali. L’importante è che non ci sia nessun premio di maggioranza. E’ una contraddizione in termini parlare di proporzionale con premio di maggioranza, che non farebbe altro che alimentare il bipolarismo all’italiana caratterizzato più dai voti contro una coalizione, piuttosto che dai voti a favore di partiti con forti identità.

  8. Patrizio Carlet

    Gentile Professore,
    mi pare che la sua analisi, ampiamente anche se non completamente condivisibile, abbia una conclusione del tutto contradditoria. Il referendum proposto non garantisce affatto il ripristino del voto di preferenza, dunque di cosa state parlando?
    Cordiali saluti.

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