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Una defiscalizzazione costosa e aleatoria*

La Francia non utilizza efficacemente le sue risorse di mano d’opera. La scelta delle 35 ore di lavoro settimanale ha arrecato danni al paese, strangolando le attività. Ma la legge appena varata sulla soppressione degli oneri fiscali e dell’imposta sul reddito delle ore straordinarie non è una soluzione efficace: giocherà a sfavore delle nuove assunzioni; e rischia di costare più del previsto perché molte aziende dichiareranno ore straordinarie fittizie per beneficiare dell’assenza di prelievi.
Una scelta del genere dovrebbe prima essere sperimentata su alcuni settori.

La Francia non riesce a mobilitare in modo efficace le sue risorse di mano dopera. Non lavorano in molti e quelli che lavorano lo fanno poco. Il reddito di un paese, come si sa, dipende dalla quantità di lavoro prodotto. Per andare al nocciolo: i Francesi guadagnano il 30% per cento in meno degli Americani, perchè lavorano il 30% in meno.
Guadagnare meno non significa per forza di cose essere meno felici. Secondo un sondaggio della CSA, realizzato nel dicembre 2006, molti francesi mettono al primo posto il tempo libero e non il lavoro
 : almeno il 57% preferisce « guadagnare meno, ma avere più tempo libero ». Dal medesimo sondaggio risulta anche però che il 40% delle persone intervistate preferisce « guadagnare di più e avere meno tempo libero ». La sfida che la nostra legislazione del lavoro deve affrontare consiste quindi nel riuscire ad adattarsi a tale diversità di opinioni.
Sono trent
anni che il nostro paese vive sul mito della «divisione del lavoro », il che ha profondamente influenzato la nostra legislazione. Oggigiorno possiamo esaminare, con sufficiente distacco e grazie a numerosi studi, le conseguenze della riduzione dellorario di lavoro. Le conclusioni vertono in ununica direzione: la riduzione delle ore lavorate non crea nuovi posti di lavoro. Strangola solo lattività. Se la legge Aubry ha effettivamente creato posti di lavoro è solo grazie alla diminuzione degli oneri, che ha permesso di ridurre il costo del lavoro, e grazie alla razionalizzazione dellorganizzazione del lavoro. Ma, nel complesso, limpatto della sola riduzione del tempo lavorativo sul numero di nuovi posti di lavoro è stato assolutamente marginale.
Per permettere di guadagnare di più a coloro che vogliono lavorare di più, bisogna risolutamente chiudere col mito della divisione del lavoro. E
il cammino intrapreso dai nuovi dirigenti che intendono « valorizzare il lavoro ». Per riuscirci, il parlamento ha appena votato la soppressione degli oneri fiscali e dellimposta sul reddito delle ore straordinarie. Tale proposta si basa sullidea che non sia conveniente metter mano alla durata legale del lavoro, che resterebbe quindi di 35 ore settimanali. Le ore straordinarie diventano, a tal punto, un effettivo strumento privilegiato per aumentare le ore lavorate e, conseguentemente, il reddito di coloro che lavorano di più. I provvedimenti adottati consistono nellabbassare, per il datore di lavoro, il costo orario degli straordinari e nellaumentare il guadagno del lavoratore che li pratica, il che dovrebbe, a rigor di logica, spingere verso un incremento degli straordinari. Nella pratica, questo seducente meccanismo rischia di deragliare, per due ragioni.

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Una scelta rischiosa e controproducente

Coloro che si accolleranno straordinari vedranno effettivamente crescere i loro redditi. Tuttavia l
aumento degli straordinari rischia di giocare a sfavore di nuove assunzioni. Bisognerà inoltre finanziare la perdita di introiti, causata dalla detassazione del lavoro straordinario. E tali prelievi peseranno per forza di cose sui redditi di determinate categorie della popolazione. A conti fatti, risultano aleatori gli effetti sulloccupazione e sullinsieme dei redditi.
La detassazione degli straordinari comporta un altro grosso difetto
 : rischia di costare molto più dei 5 miliardi di euro inizialmente previsti, perché datori di lavoro e salariati avranno tutto linteresse a dichiarare ore straordinarie fittizie, per beneficiare dellassenza di prelievi. Basterà che essi dichiarino che incentivi e bonus, versati attualmente per premiare un maggior rendimento lavorativo, retribuiscono invece gli straordinari. Potranno anche aumentare i salari mensili, dichiarando ore straordinarie inesistenti, oppure incrementando le paghe orarie. Tali scappatoie, assolutamente inverificabili da parte dellamministrazione a meno di piazzare un ispettore del lavoro dietro ogni salariato aumentano la spesa pubblica senza provocare i benefici ipotizzati.
Riassumendo, è quantomeno complesso e imprevedibile pronosticare gli effetti della defiscalizzazione degli oneri sociali. Le sottigliezze legali e le difficoltà di realizzazione rischiano di provocare una catena di effetti disastrosi. Si sarebbe dovuto applicare il principio della sperimentazione, caro a Tony Blair. Come del resto bisognerebbe applicarlo a molte future riforme. Prima di spendere parecchi miliardi di euro, sarebbe stato opportuno sperimentare, su un campione ridotto, la defiscalizzazione degli straordinari. Per esempio, applicandola in alcuni settori in cui vi è difficoltà di reperire mano d
opera, come il settore alberghiero, quello della ristorazione o quello delledilizia. Se avesse avuto successo, sarebbe stato facile generalizzarla. Se, invece, avesse creato troppi problemi, sarebbe stato facile modificarla o abbandonarla. Ma, al punto in cui siamo, ancora una volta un eccesso di ideologia ha soppiantato il pragmatismo e la riflessione, al prezzo di alcuni miliardi di euro.

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* traduzione di Daniela Crocco

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  1. hominibus

    Perché vi ponete il dubbio sulla utilità di esentare lo straordinario e non quello della stupidità di un tale onere sul lavoro, che certamente non favorisce la competitività delle aziende, pesa sui prezzi al consumo per lo stesso lavoratore e non rispetta, almeno per l’Italia, il riferimento alla capacità contributiva complessiva?

  2. Diego d'Andria

    Vorrei puntualizzare che l’assunto esposto all’inizio dell’articolo, secondo il quale “i Francesi guadagnano il 30% per cento in meno degli Americani, perchè lavorano il 30% in meno”, non mi pare del tutto condivisibile.

    Prima di tutto, deriva da una visione ottocentesca del lavoro. L’introduzione dell’automazione industriale, dell’informatica e di strutture aziendali più agili, consente politiche di labor saving che non alterano i livelli di produzione. Percio’, meno lavoratori e meno ore lavorate non significano, necessariamente, minor prodotto.
    A supporto di ciò, i risultati di uno studio (R. H. McGuckin e B. van Ark, Performance 2002: Productivity, Employment and Income in the World Economics, The Conference Board, marzo 2003), secondo cui la Francia delle 35 ore godrebbe di una produttività per addetto del 7% superiore a quella degli USA.
    Forse, tale maggior produttività è dovuta anche al fatto che i francesi sono “più felici”, come indicherebbe il sondaggio CSA, e dunque lavorano meglio e con maggior attenzione.

    In quest’ottica, condivido l’opinione degli autori dell’articolo sulla scelta del governo Sarkozy.
    Incentivare il lavoro straordinario è un ritorno al passato. La sfida odierna sta nel riuscire a reditribuire non il lavoro, ma la ricchezza prodotta dall’industria automatizzata.

    Diego d’Andria
    uovooggi.blogspot.com

  3. Davide Balzani

    Decontribuire gli straordinari in Italia penso che non sia un operazione molto efficace. In moltissimi settori del mondo del lavoro, eccetto probabilmente le imprese grandi e medio/grandi, lo straordinario è già di fatto decontribuito e detassato.
    Infatti la gran parte delle prestazioni straordinarie viene retribuita in nero essendoci una evidente convergenza di interessi fra il datore di lavoro e il lavoratore.
    Il primo riduce comunque i costi (procurarsi del denaro”nero” non è molto difficile) evitando il verasmanto dei contributi, i secondi percepiscono una retribuzione oraria sicuramente superiore e in più possono usufruire di benefici collegati a livelli di redditi inferiori come assegni familiari più alti, accesso a servizi pubblici colegati ai redditi della famiglia ecc.

  4. marella monaro

    E il 30% dei lavoratori che invece preferiscono lavorare meno? Per “flessibilità” non era da intendersi la possibilità di una variabile di spostarsi in qualunque direzione? Perché infine si parla solo di aumento delle ore di lavoro? La strategia vincente della riforma Thatcher del mercato del lavoro è stata una politica fiscale che, entro certe fasce, rende invariante per l’impresa il costo unitario del lavoro al variare delle ore lavorate. La conseguenza è una grande varietà di tipologie di accordi contrattuali (“flessibilità”, appunto) capaci di rispondere alle più svariate esigenze della domanda e dell’offerta. Il che significa domanda di lavoro sostenuta e un elevato numero di posti di lavoro offerti.
    In Italia, invece, sembra che per “flessibilità” debba intendersi solo “possibilità di aumento” delle ore lavorate (un po’ come per il prezzo della benzina…). Con il risultato che il mercato del lavoro (almeno quello ufficiale) è stagnante, il numero di posti di lavoro non aumenta e chi lavora può solo scegliere fra lavorare di più e lavorare di più. A parità di stipendio, nella maggior parte dei casi. Con un impatto sul benessere sociale, tutto da valutare.

  5. Francesco A

    Nel sommario dell’articolo scrivete:

    Conviene ridurre le tasse sul lavoro straordinario, come ha fatto Sarkozy in Francia e come propone il protocollo d’intesa firmato il 23 luglio scorso in Italia?

    La proposta Sarkozy in Francia prevede la decontribuzione e defiscalizzazione totale del costo degli straordinari. Il protocollo welfare propone semplicemente che dal punto di vista dei contributi, gli stipendi per straordinari siano considerati alla stregua degli stipendi per le ore normali (come lo sono già per molte professioni e molti settori). Quello che è abolito è una sovraccontribuzione!

    Il costo delle due misure è senza paragoni possibili. La riformetta italiana costa molto poco già “al lordo”; al netto, se la maggiore trasparenza e neutralità del fisco risulta in minori incentivi a pagare straordinari fuori busta paga e se una parte dei risparmi sono riversati sotto forma di stipendio, rischia di costare pochissimo.

    La riforma di Sarkozy, come scrivono Blanchard, Cahuc e Zulberberg (che tra l’altro, pochi mesi fa si astenevano dal criticare la misura-faro del programma di Sarkozy apertamente e invitavano, almeno in parte, a votare per lui), rischia di costare moltissimo.

    Già si potrebbe obiettare che le stesse cause in economia raramente producono gli stessi effetti. Ma qui, mettere sullo stesso piano Francia e Italia è chiaramente disonesto!

  6. SILVANO

    Riforma che in Italia non avrebbe grande seguito, lo sgravio contributivo la stragrande maggioranza delle aziende lo ha già oggi. Infatti gran parte dello straordinario delle piccole e medie aziende viene erogato in “nero”. Un provvedimento in tal senso sarebbe utile se accompagnato da verifiche ispettive “serie” e continue al fine di scoraggiare abusi.

  7. ANTONIO PIACENTINI

    La decontribuzione italiana, che parte dalla 40^ ora e non dalla 35^,rappresenta una sforbiciata ai contribuiti addizionali delle imprese. Niente di più. Invece una misura più drastica (defiscalizzazione per intendersi) romperebbe questa stagnazione dei salari e dove si lavora di più si inizia a guadagnare di più. Non ovunque, il pubblico impiego ad esempio lo escluderei perchè la contrattazione è impegnata su altri fronti: i premi. Quest’ultimi sono infatti gli altri grandi assenti dell’impresa ed anche qui l’incoraggiamento italiano è poca cosa. Una mezza misura, appunto. Ringrazio

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